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Un rapporto indipendente conferma: i salvataggi bancari hanno distrutto la Grecia, ma hanno salvato l’Euro

Fonte: http://movisol.org/un-rapporto-indipendente-conferma-i-salvataggi-bancari-hanno-distrutto-la-grecia-ma-hanno-salvato-leuro/

Un rapporto indipendente commissionato dai governatori del MES ha evidenziato i gravi danni causati dal programma di salvataggi bancari dell’UE, che ha imposto all’economia greca un debito di 210 miliardi di euro e disastrose misure di austerità sociale. Il rapporto è stato preparato dall’ex commissario europeo Joaquín Almunia (foto), che ha ammesso che anche se i salvataggi hanno mantenuto la Grecia nell’Eurozona salvando l’Euro, “il Paese e i suoi cittadini hanno subìto le conseguenze di otto anni di duro aggiustamento economico”. Ciò solleva “preoccupazioni”, ha aggiunto che tali programmi debbano essere pensati con priorità sociali quando vengono stilati (fonte: Euractiv).

Il rapporto di 167 pagine chiarisce questo punto, affermando che l’Eurogruppo, assieme alla Commissione Europea, al MES, alla Banca Centrale Europea e al Fondo Monetario Internazionale, che ha progettato il programma, non prestarono “sufficiente attenzione alle esigenze sociali di fondo della popolazione greca”. Gli obiettivi fiscali non erano “favorevoli a una crescita inclusiva e mancavano di prospettive economiche a lungo termine”. Il programma del MES non è riuscito a perseguire in modo sistematico e vigoroso l’obiettivo della sostenibilità macroeconomica e della resilienza a lungo termine”.

In un ovvio riferimento alla prepotente influenza della Germania, dei Paesi Bassi e di altri Paesi, il rapporto ha rilevato le forti richieste di austerità di alcuni di essi, che “a volte hanno ostacolato la capacità delle istituzioni di progettare e negoziare efficacemente misure politiche”. Cercando di minimizzare, il rapporto afferma che la sostenibilità del debito greco non è stata “ripristinata completamente”, con il debito pubblico che quest’anno dovrebbe salire al 196% del PIL. Inoltre, il settore bancario rimane “debole” e la disuguaglianza tra i redditi è superiore alla media dell’area dell’euro, con tassi di povertà complessivi e disoccupazione che rimangono elevati.

La risposta dei governatori del MES nel loro comunicato stampa è stata tipicamente insensibile: “Pur rilevando i notevoli costi economici e sociali della crisi per la Grecia, essi sottolineano il beneficio complessivo del programma nel fornire un indispensabile sostegno finanziario alla Grecia a seguito della perdita di accesso al mercato e nel preservare l’integrità dell’area dell’Euro”. In altre parole, l’Euro è stato salvato, ma a spese della vita dei greci.

ITALIA: NON TUTTO ANDRA’ BENE!

Fonte: https://icebergfinanza.finanza.com/2020/04/29/italia-non-tutto-andra-bene/

Questo post non volevo scriverlo, ma purtroppo io sono un ottimista ben informato che non può fare a meno di condividere alcune dinamiche, ma soprattutto di cercare di ragionare insieme su quello che sta accadendo.

Io però non posso far finta di nulla, non riesco a stare tranquillo di fronte a questa impressionante inerzia, di fronte a questa generale sottovalutazione di un fenomeno, la pandemia, che è sostanzialmente inedito nella storia delle dinamiche economico/finanziarie mondiali.

Abbiamo oggi di fronte a noi due pericolosi nemici, uno è il virus, l’altro è la depressione economica, si tratta di scegliere quali dei due nemici farà la strage più dolorosa, se la pandemia o il fallimento e la depressione di molte FAMIGLIE e IMPRESE.

Ieri su TWITTER ho postato quello che sta accadendo in America al settore dei servizi, basterebbe questo per comprendere quello che sta accadendo e accadrà al nostro Paese, una dinamica STORICA inedita, pericolosissima…

L’occupazione nel settore dei servizi USA è passata dal 25% della forza lavoro nel 1910 all’86% oggi. Il settore più colpito oggi è quello dei servizi, unico che ha attenuato gli effetti delle ultime recessioni passate. Ciò renderà questa recessione la più grave della storia!

Questa è veramente la madre di tutte le crisi!

Ieri il Governo, per giustificare la prudenza ha fatto girare l’ennesimo report segreto del famigerato comitato tecnico scientifico, fantasticando 151.000 anime in rianimazione se si riapre tutto.

Si tratta dello stesso comitato tecnico scientifico che ha tenuto nascosto un altro fantasioso report nel quale si prefigurava una strage vicina al milione di morti, sulla base di non si sa quale dinamica o studio.Immagine

Il solo fatto di aver tenuto secretato un tale documento in possesso già a gennaio e di aver atteso addirittura i primi di marzo prima di chiudere il Paese e imporre il lockdown a mio modesto parere basterebbe, per mandare a casa l’intero Governo, compresi gli sciocchi che a febbraio suggerivano aperitivi e involtini primavera in ogni momento.

Non solo, l’ultimo documento parla di 430.000 persone in rianimazione per fine anno. I posti in rianimazione in Italia al momento sono 10.000, quindi immaginatevi cosa significa.

Ma torniamo a noi, oggi non ci interessa trovare il colpevole, ci penserà la storia a fare piazza pulita e le responsabilità salteranno fuori o verranno insabbiate.

Quello che ci interessa è ragionare con Voi, se è meglio affrontare il rischio della pandemia o vedere morire, giorno dopo giorno, aziende e uomini e donne per fallimento o suicidio, come purtroppo sta già accadendo.

Non solo, alcune demenziali scelte di questo Governo, hanno messo in crisi anche aziende sane, costrette a chiudere mentre in tutta Europa i rivali, la concorrenza continuava a produrre, erodendo quote di mercato.

Purtroppo abbiamo un ministro delle finanze totalmente inadeguato al suo compito, un professore di lettere che sino a qualche settimana fa parlava di una caduta del PIL di solo un punto percentuale e di una rapida ripresa…

Le stime oggi del DEF sono prudenziali, si parla di un crollo del 8% ma per alcuni si può arrivare anche ad una perdita del 15 %, il che tradotto significa milioni e milioni di disoccupati e quindi potenziali centinaia e centinaia di depressioni e suicidi.

Significa ancora meno risorse per la Sanità, meno posti in rianimazione, meno risorse per i sussidi, la cassa integrazione e maggiore debito oltre che perdita di competitività e futura maggiore deflazione salariale, tagli di stipendi o licenziamenti.

Si parla già di mettere un limite di reddito a chi percepirà l’elemosina di 800 euro ad aprile e maggio, un limite di 35.000 perchè non ci sono più soldi. Nel frattempo perdiamo tempo in Europa per avere il nulla da un RECOVERY FUND impossibile, grazie alla criminale condotta di Germania, Olanda, Austria e Finlandia, di cui mi auguro gli italiani si ricorderanno e si mendicano spiccioli, facendo finta di non usare il MES e gli altri fondi fantasma.

In America non ci hanno pensato due volte, lo sanno che il popolo americano in casa ha un arsenale, li le armi si comprano come le caramelle al bar, la Federal Reserve ha stampato il denaro necessario e il Tesoro, SENZA ALCUNA RICHIESTA SPECIFICA o INOLTRO DI DOMANDA, ha inviato alle famiglie americane e ai single, rispettivamente 2400 dollari e 1200.

Il tutto confermato da alcuni miei clienti che vivono in America!

Quindi torno a ripetere per l’ennesima volta, in un grido disperato, lasciate perdere tutte le inutili richieste all’Europa, dimenticatevi che tutto andrà bene e iniziate a comprendere che non c’è alternativa alla creazione del denaro necessario da parte delle banche centrali, per sostenere FAMIGLIE e IMPRESE alla cancellazione non di tutto il debito, ma del debito che è stato e verrà creato da oggi in poi, per colpa di questa PANDEMIA, anche se una crisi sarebbe arrivata comunque, per colpa di un sistema finanziario e monetario completamente marcio.

Roosevelt fece un discorso di inaugurazione memorabile in mezzo ad una feroce depressione economica, non originata dalla pandemia, ma da un manipolo di psicopatici banchieri e speculatori, come oggi…

Ancora più grave è la circostanza che una folla di disoccupati si trova di fronte al tetro problema della propria esistenza, mentre un numero non minore di cittadini continua a lavorare con scarso
profitto. Solamente uno sciocco ottimista potrebbe negare l’oscura realtà del momento. Eppure le nostre sciagure non derivano da alcun fallimento sostanziale. Ne siamo colpiti da alcun flagello di locuste. Dovremmo anzi aver seri motivi
di riconoscenza, ponendo mente ai pericoli vinti dai nostri avi grazie  alla loro fede e alla loro audacia. La natura ci offre ancora le sue incalcolabili ricchezze, e gli sforzi dell’uomo sono giunti a moltiplicarle. L’abbondanza è alle soglie delle nostre case, ma la possibilità di valercene viene meno benche questi tesori ci siano a portata di mano. Questo accade perché quanti dominano nel campo dello scambio dei beni materiali, venuti meno dapprima al loro compito per ostinazione ed incompetenza, ammettono poi il loro fallimento ed abdicano alle loro responsabilità. Davanti al tribunale dell’opinione pubblica, condannati dal cuore e dalla mente degli uomini, stanno i sistemi di speculatori poco scrupolosi.

Rileggetevi questi due post, che vi riporto qui sotto lasciate perdere l’ironia e la rabbia contro soggetti che oggi non fanno altro che fare la morale seduti nelle loro reggie dorate, circondati da lauti stipendi e generose gratifiche, prego il Signore che qualcuno possa ascoltare e comprendere, diversamente sarà davvero dura, durissima…

No, non potevo stare zitto, ora è il momento di agire in una maniera o nell’altra, diversamente, la luce in fondo al tunnel è quella del treno che sta per arrivare.

Io il mio contributo credo di averlo dato, ho salvato i risparmi di molte famiglie, ho diffuso consapevolezza dove possibile, ora offro l’unica soluzione possibile, non lo dico solo io, ma lo dice pure un volpone come Mario Draghi…

Questa è l’unica possibilità che ci offre una feroce pandemia, una feroce deflazione da debito, prego il Cielo che qualcuno sia così illuminato da comprenderlo, sostenere FAMIGLIE e IMPRESE siano a quando la pandemia sarà scomparsa, basta egoismi e egemonia, basta narcisi al potere è il tempo che il popolo riprenda il suo posto nella storia.

Troppo è il coinvolgimento emotivo in questi giorni, buona fortuna Italia.

PHASE ONE: LA COMMEDIA E’ FINITA!

Fonte: https://icebergfinanza.finanza.com/2020/01/14/phase-one-la-commedia-e-finita

Come amava ripetere il grande Kenneth Arrow, non siamo mai sicuri, in una certa misura siamo sempre ignari…

” La nostra conoscenza del modo in cui funzionano le cose, nella società o nella natura, è avvolta nella nebbia della vaghezza. Grandi mali sono derivati dalla fede nella certezza.” (…) Le nostre vite abbondano di numeri, ma a volte ci dimentichiamo che i numeri sono soltanto strumenti. Pur non avendo un’anima, possono diventare dei feticci. Molte decisioni cruciali sono prese dai computer, strani congegni che divorano numeri, come mostri voraci, e che chiedono di essere nutriti con quantità sempre maggiori di cifre da masticare, digerire e risputare.”

I dati comunicati dal BLS venerdì dimostrano che in America le rilevazioni sono pura fantasia, talvolta come abbiamo visto anche manipolazione. Ad essere buoni verrebbe da dire che si tratta di sistemi rilevazioni obsoleti, ma intanto milioni e milioni di investitori o contribuenti si beveno quotidianamente dati approssimativi.

Ad esempio nel sondaggio con domande alle famiglie se tu lavori un’ora al giorno, tu sei considerato occupato.

Abbiamo appena finito di scrivere giovedi…

Ieri, qualche ingenuo ha preso per meravigliosi di dati della ADP, domani qualcun altro diventerà pazzo di gioia per quelli del BLS, in attesa che nel mese di febbraio come preannunciato vengano cancellati oltre 500.000 posti di lavoro creati nel 2019 per una semplice revisione, si quelle che si fanno tanti mesi dopo che qualche fesso si è bevuto la favola della splendida economia americana.

Le assunzioni non sono state così forti nel 2018 e all’inizio del 2019 come inizialmente riferito dal governo, con circa mezzo milione di posti di lavoro.

L’ economia ha avuto circa 501.000 posti di lavoro in meno a marzo 2019 rispetto all’Ufficio di statistica del lavoro inizialmente calcolato nel suo sondaggio tra le imprese. Questa è la revisione più grande dalle fasi calanti della Grande Recessione nel 2009.

145.000 contro i 202.000 della ADP e gli oltre 180.000 attesi dai mercati in media.

Un pessimo dato dall’industria manifatturiera oltre 12.000 lavori persi come non si vedeva dal 2016, ancora peggio i salari, i guadagni orari medi sono saliti di un miserabile 0,1% M / M a dicembre, ben al di sotto della stima del consenso dello 0,3%, annualmente del 2,9% il peggior aumento annuale da luglio 2018. Inoltre le revisioni dei mesi scorsi non fanno sperare nulla di buono!

La scusa degli scioperi General Motors è finita ora attendiamo le tempeste di neve e di gelo. 14.000 posti in meno nei mesi scorsi, nel numero di revisione del BLS spariranno un milione di posti di lavoro oltre ai quelli preannunciati, le revisioni degli ultimi due trimestri del 2019 saranno uno shock.

Mentre in Europa si guarda con paura ai nuovi possibili dazi dell’amministrazione Trump su olio, pasta e vino, soprattutto in Italia…

… in giornata dovrebbe essere firmata la farsa del presunto accordo tra Cina e Stati Uniti che non potrà mai essere rispettato visto che è praticamente impossibile che i cinesi comprino 200 miliardi di merci americane.

Un fantastico accordo senza accordo ma con una firma per prendere tempo!

Anche così, l’accordo non è quello che entrambe le parti hanno detto di aver voluto. Gli Stati Uniti non ottengono le riforme fondamentali della politica economica cinese che hanno cercato per aiutare le imprese americane. (…)

Gli Stati Uniti, contano sulle tariffe rimanenti per costringere Pechino a continuare i negoziati e ad accettare i cambiamenti di politica economica. In caso contrario, Washington potrebbe utilizzare altri punti di pressione, come limitare la capacità delle aziende cinesi di quotare le azioni sui mercati statunitensi.

Ma alla fine il fantastico deal si riduce ad un piatto di lenticchie, qualche popcorn in più acquistato, nessuna apertura del mercato o riforma economica cinese, dazi che continuano a erodere la crescita mondiale, fase due, altra commedia in arrivo, nessun dettaglio dell’accordo per la maggior parte segreto e ripristino della sovranità cinese che può riprendere allegramente a manipolare la propria valuta.

Ancora qualche giorno di festeggiamenti, magari con trimestrali meglio delle aspettative sempre più riviste al ribasso per vendere fumo a gestori e investitori e tanti auguri a tutti.

Francamente non capisco come il 97 % dei manager delle corporation americane è così pessimista, visto che i buybacks, stanno iniziando a scomparire dal radar.

Nel frattempo mentre aspettiamo l’evoluzione degli eventi, via Zero Hedge è davvero interessante comprendere come le persone spesso diventano prigioniere del loro ruolo, gente come Bernanke considerato il massimo esperto di deflazione da debiti si è fatto travolgere dalla Grande recessione o come Powell che rinnega tutto quello che ha detto qualche anno fa.

Era il 2012, un mese dopo che la Fed aveva annunciato il QE3…

Ho preoccupazioni per ulteriori acquisti.(…) quasi un bilancio di $ 4 trilioni e acquisti nel primo trimestre del 2014. Ammetto che è una reazione molto più forte di quanto mi aspettassi, e non mi sento a mio agio con questo per un paio di motivi.

Innanzitutto, la domanda, perché fermarsi a $ 4 trilioni? Il mercato nella maggior parte dei casi ci incoraggerà a fare di più. Non sarà mai abbastanza per il mercato. I nostri modelli ci diranno sempre che stiamo aiutando l’economia e probabilmente sentirò sempre che questi benefici sono sopravvalutati. E saremo in grado di dirci che la funzione di mercato non è compromessa e che le aspettative di inflazione sono sotto controllo. Cosa ci può fermare, a parte una crescita economica molto più rapida, che probabilmente non è in nostro potere produrre?

Rileggetele bene queste parole, le ha pronunciate l’attuale presidente della Federal Reserve Powell, qualche anno fa, ora stanno facendo tutto il contrario, stanno incoraggiando il mercato a chiedere sempre di più. 

[Quando] arriverà il tempo di vendere, o addirittura smettere di comprare, la risposta potrebbe essere abbastanza forte; ci sono molti motivi per aspettarsi una risposta forte. (…)

Ma questa dichiarazione supera qualunque immaginazione…

La mia terza preoccupazione è il problema di uscire da un bilancio di quasi $ 4 trilioni di dollari. Abbiamo una serie di idee da giugno 2011 e da allora abbiamo lavorato un po ‘, ma mi sembra che siamo troppo fiduciosi che l’uscita possa essere gestita senza problemi. I mercati possono essere molto più dinamici di quanto possiamo pensare.

In effetti da quando la Fed ha smesso di acquistare e ha iniziato a vendere alla fine del 2017 i mercati sono collassati un paio di volte, prima a febbraio 2018 e poi alla fine dello stesso anno arrivando a perdere oltre il 20 %.

Il discorso è semplice il mercato senza la Fed è morto e sepolto insieme a tutte le idiozie scritte in questi anni sulle aspettative razionali e sul libero mercato, una risposta “molto dinamica” quella di fine 2018 che ha costretto la Fed ad abbassare i tassi e riavviare segrtamente il QE4.

Penso che in realtà siamo in grado di incoraggiare l’assunzione di rischi e questo dovrebbe farci prendere una pausa. 

Scriveva nel 2012 il burattino preferito di Donald Trump…

Gli investitori comprendono davvero ora che siamo lì per prevenire gravi perdite. Non è facile per loro fare soldi, ma hanno tutti gli incentivi per correre più rischi, e lo stanno facendo. 

La più grossa idiozia che poteva mai dire è la seguente…

Nel frattempo, sembra che stiamo soffiando una bolla sul reddito fisso in tutto lo spettro del credito che comporterà grandi perdite quando i tassi saliranno lungo la strada. Puoi quasi dire che questa è la nostra strategia.

Si certo, la bolla è solo nel reddito fisso, caro Jerome, ricorda che Mangiafuoco era un bravuomo e aveva un cuore grande, si commuoveva facilmente, mentre Donald non sarà così paziente con te, come non sarà paziente la storia.

DEUTSCHE BANK E EARNINGS… COUNTDOWN RECESSION!

Fonte: https://icebergfinanza.finanza.com/2019/07/17/deutsche-bank-e-earnings-countdown-recession/

Rieccoci qui dopo una piccola pausa per commentare le meraviglie dell’economia americana, soprattutto la stagione delle trimestrali americane appena incominciata dove come al solito le banche raccontano come quotidianamente fanno fessi milioni di risparmiatori che a loro si affidano…

Goldman Sachs vede gli utili scivolare, JP Morgan li aumenta. Entrambe le grandi banche americane danno segni di tenuta delle performance, che risultano migliori delle attese, anche se ridimensionate. Ma anche del nuovo clima di nervosismo attorno alle trimestrali americane – non soltanto bancarie – che potrebbero mostrare un declino complessivo nei profitti in una fase di rallentamento dell’economia.

Il giochino è il più semplice del mondo, fai collassare le aspettative e poi ogni dato che esce è migliore delle attese…

Goldman ha intascato profitti per 2,42 miliardi di dollari nel secondo trimestre dell’anno, subendo una flessione del 6% sull’anno scorso. Le entrate sono scivolate a loro volta a 9,46 miliardi. Le cifre hanno tuttavia battuto anticipazioni ferme rispettivamente a 1,9 miliardi e 8,8 miliardi.

La sintesi ve la faccio io, i profitti netti sono in declino, altri 1300 posti di lavoro andati in fumo, il resto è puro contorno!

Non so se è vera la notizia che circola in rete, secondo la quale Bloomberg ha informazioni che alcune controparti di Deutsche Bank, stanno ritirando liquidità al ritmo di 1 miliardo al giorno, ma non manca poi molto al momento della verità per la fragile banca tedesca.

Brutte notizie in arrivo dal commercio globale, il Cass Freight Index Report suggerisce che nel secondo trimestre l’economia globale e USA si stanno notevolmente raffreddando…

  • Con una flessione del -5,3% a giugno dopo il calo del -6,0% di maggio, ripetiamo il nostro messaggio del mese scorso: l’indice delle spedizioni è passato da “avviso di un potenziale rallentamento” a “segnalazione di una contrazione economica”.
  • Le cadute di maggio e giugno sono abbastanza significative da porre la domanda: “Il PIL della Q2 ’19 sarà negativo?”

Come potete osservare qui sotto questo indice segnala spesso la contrazione dell’economia USA…

” Sempre più dati indicano che questo è l’inizio di una contrazione economica : se si verifica una contrazione, l’indice delle spedizioni Cass sarà ancora una volta uno dei primi indicatori”.

In Cina nel frattempo peggiore crescita economica nel secondo trimestre da 27 anni, tutto bene, il riacquisto di azioni, il buy back sostiene da solo il mercato azionario ovunque.

Ci sono cose che loro non hanno il coraggio di dirvi, non possono dirvele, c’è una tempesta deflattiva la fuori, si chiama deflazione da debiti, in realtà non è una tempesta, è un uragano.

Osservate come stanno crollando i prezzi all’import e export, stanno continuando a cadere, senza sosta, ecco perchè le banche centrali abbassano i tassi, non hanno scelta, sono in trappola, in una trappola della liquidità…

Vorrei inoltre ricordare a chi suggerisce che i dazi, la guerra commerciale farà decollare l’inflazione in America, che i dati, quella cosucci  asettica, suggeriscono il contrario, la Cina è una bomba deflattiva…

Dopo un rimbalzo anche i rendimenti sono tornati a scendere e scenderanno, scenderanno, vedrete cose che Voi umani non avete mai visto nella Vostra vita.

Ieri c’è stato un balzo iniziale nel pomeriggio, qualcuno si è bevuto i dati sui consumi ma ha dovuto ricredersi poco dopo con la produzione industriale…

In Germania le cose non vanno male, vanno malissimo…

Tra tante brutte notizie, ce ne sono alcune che faranno andare in bestia la stampa nazionale mainstream, che da oltre un anno si prodiga a denigrare il proprio Paese, seminando panico e terrore, quotidianamente…

Calano debito pubblico e spread, speriamo che calino anche i neuroni marci di chi quotidianamente professa sventure.

Tornando ai nostri tesorucci, sembra che mentra la Cina continua con dolcezza a ridurre gli acquisti i giapponesi si sono dati alla pazza gioia, tornando a comprare in maniera massiccia titoli di Stato americani, come suggeriscono i dati dei TIC USA…

Nel frattempo a maggio il Giappone ha acquistatoben 37 miliardi di dollari di titoli di Stato americani, il suo più grande acquisto mensile dall’agosto del 2013, portando il suo totale a 1,101 trilioni di dollari appena 9 miliardi in meno della Cina, mica fessi i giapponesi con i renidmenti che regalano in Giappone non c’è nulla di meglio in circolazione.

Nel frattempo, in uno sviluppo sorprendente, il Regno Unito – che ha acquistato aggressivamente titoli negli Stati Uniti per conto proprio o in delega per altri acquirenti – ha visto le sue partecipazioni aumentare ancora una volta, di oltre 22 miliardi nel mese di maggio…

Analogamente a quanto è successo in passato spiega Tyler, in Belgio con Euroclear, è molto probabile che questa ondata di acquisti sia semplicemente il risultato di qualche fondo offshore che lavora per qualche Paese sovrano che non vuole apparire direttamente, ma con sede nel Regno Unito, sta facendo gli acquisti. Che si tratti della Cina o di qualcun altro, verrà rivelato a tempo debito.

Da tempo vi stiamo spiegando che la Cina non può fare diversamente, mentre quotidianamente vi raccontano che i cinesi si stanno disfando dei tesoruccio, non suggeriamo che la Cina con il suo surplus ha disperatamente bisogno di dollari per reinvestire quello che gli americani con il dollaro forte comprano da loro, non possono investire in altri asset, se non dollari o oro, chiaro il messaggio?

Nono mese consecutivo in calo per gli acquirenti stranieri, che sono scesi di altri 22 miliardi, ma le vendite stanno registrando cali sempre più modesti e a breve ci sarà la corsa ad acquistare titoli di Stato americani, l’ingenuità ha un suo limite.

Negli ultimi 12 mesi le istituzioni straniere hanno venduto titoli di Stato americani per 33,8 miliardi, e 1,4 miliardi in azioni per acquistare 15,1 miliardi di titoli emessi da Agenzie e addirittura 14,9 miliardi di dollari di titoli corporate, un’idiozia che la dice lunga sulla lungimiranza dei gestori, che si muovono ormai tutti in gregge, vendono la merce più sicura al mondo per portarsi a casa nitroglicerina corporate, ma la verità è figlia del tempo e a breve presenterà il conto.

Un consiglio, date un’occhiata ai Vostri portafogli corporate, HY e immondizia varia, in una recessione è un rischio non indifferente.

DEUTSCHE BANK: GERMANIA IN FIAMME!

Fonte : https://icebergfinanza.finanza.com/2019/06/04/deutsche-bank-germania-in-fiamme/

E’ proprio il caso di dire che i mercati ormai da tempo si stanno cuocendo a fuoco lento Deutsche Bank, nuovi minimi storici della principale banca tedesca, fanno cambiare rapidamente idea anche all’integralista Weidmann…

E’ incredibile come dopo aver cercato di distruggere i sistemi finanziari di mezza Europa, attraverso il loro integralismo di maniera, guai a creare più debito, guai a creare più liquidità sui mercati, questa gente all’improvviso, di fronte alla triste realtà di un sistema bancario locale in evidente affanno, cambi all’improvviso idea…

Questo signore dopo aver testimoniato contro Draghi presso la Corte costituzionale tedesca nel 2012, contrario in tutto e per tutto a qualunque decisione degli ultimi anni, ora che i giochi tra la Merkel e Macron sono quelli di spartirsi l’Europa futura, cambia idea e si prepara a diventare governatore della BCE, la tomba dell’intera Europa.

Dopo questa notizia, anche se io sono come San Tommaso e non ci credo sino a quando non vedo, dopo questa notizia abbiamo assistito ad un rally dei nostri titoli di Stato, vediamo cosa succede nei prossimi giorni, per il momento lo spread resta in tensione e come abbiamo scritto nell’ultimo Machiavelli, non è ancora sotto controllo.

Nel frattempo cattive notizie dall’economia tedesca, mentre Italia e Francia sono in leggera ripresa, Germania palla al piede d’Europa…

Fermiamoci qui, il maialino continua a girare sulla graticola dei mercati e torniamo in America, perchè li sta cuocendo a fuoco lento, un’intero bisonte, altro che un maialino qualunque.

L’indice IHS Markit dell’indice dei responsabili degli acquisti di prodotti manifatturieri USA (EBT) finale destagionalizzato ha raggiunto il valore di 50,5 a maggio, in calo rispetto a 52,6 di aprile. L’ultima intestazione ha segnato solo un leggero miglioramento delle condizioni operative, con l’ultima lettura la più bassa da settembre 2009. I dati del secondo trimestre fino ad ora hanno indicato un netto rallentamento nel settore manifatturiero rispetto ai primi tre mesi del 2019.

Davvero pessime le notizie in arrivo anche dal settore delle costruzioni…

Se qualcuno ha bisogno di interpretare meglio questo grafico qui sopra alla luce della solita tempesta in un bicchiere d’acqua, suggerisco la fine di questa ennesima ripresa immobiliare drogata dal debito.

Nel frattempo dopo aver messo nel mirino il Messico, Trump sembra annunciare sorprese anche per India e forse Australia…

Una guerra commerciale sempre più aspra, che non esclude colpi di scena all’ultimo momento come nell’incontro previsto a fine mese ai margini del G20 in Giappone, talmente aspra che fa dire ad uno dei governatori della Fed pubblicamente, che è arrivato il momento di ridurre i tassi…

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – New York, 03 giu – Un taglio dei tassi “potrebbe essere presto necessario”. Lo ha detto James Bullard, presidente della Federal Reserve di St. Louis. Secondo il componente del Federal Open Market Committee, il braccio di politica monetaria della banca centrale Usa, l’economia americana dovrebbe crescere “piu’ lentamente andando avanti, con alcuni rischi di rallentamento che potrebbero essere piu’ pesanti del previsto a causa del regime di incertezza sul commercio globale”. Inoltre, recita il discorso di Bullard, “sia l’inflazione, sia le aspettative sull’inflazione restano al di sotto del target [di crescita annua del 2%] e la curva dei rendimenti dei Treasury [che in parte si e’ invertita] segnala che i tassi sono troppo alti”. Secondo lui, abbassare il costo del denaro “potrebbe aiutare a ricentrare l’inflazione e le aspettative sull’inflazione” e allo stesso tempo potrebbe “fornire rassicurazioni in caso di un rallentamento piu’ pronunciato delle attese”. I tassi in Usa sono al 2,25-2,5% dal dicembre 2018, quando furono alzati di 25 punti base per la quarta volta di quell’anno.

Strano davvero questo mercato, Bullard aveva detto la stessa cosa il 22 di maggio e in molti lo avevano ignorato, oggi invece dotti, medici e sapienti, strillano per giustificare l’ultimo movimento sul dollar index.

Nel frattempo altro spettacolare colpo del nostro Machiavelli, la Banca centrale australiana costretta a ridurre i tassi per la prima volta dopo 3 anni…

BIS: la Banca Centrale della Sinarchia…

Scritto da: Marcello Pamio
Fonte: https://disinformazione.it/2019/01/20/bis-la-banca-centrale-dei-banchieri-mondiali/

La Banca per i Regolamenti Internazionali (BIS) è la cupola del capitalismo e vertice di quella cricca finanziaria che sta tenendo in scacco il mondo intero.
Dopo aver indotto la Prima Guerra Mondiale infatti i veri Poteri Forti, cioè i banchieri internazionali volevano creare un sistema globale di controllo finanziario concentrato in mani private, in grado di dominare il sistema politico di ciascun paese oltre all’intera economia planetaria.
Questo Sistema doveva essere controllato con criteri feudali dalle banche centrali del mondo che agivano di concerto grazie ad accordi segreti, ai quali pervenivano nel corso di frequenti incontri e conferenze private.
Il vertice del Sistema era la BIS, Bank for International Settlements di Basilea in Svizzera: una banca privata di proprietà e sotto il controllo di banche centrali mondiali, esse stesse società private di capitali.

All’epoca le banche centrali nelle mani di uomini come Lord Montagu Norman della Banca d’Inghilterra, Benjamin Strong della Federal Reserve New York, Charles Rist della Banca di Francia e Hjalmar Shacht della Reichbank, cercavano di dominare i governi grazie alla loro capacità di controllo dei prestiti del Tesoro, di manipolare gli scambi con l’estero, di influenzare il livello dell’attività economica del paese e acquisire politici disposti a cooperare nel mondo degli affari dietro compensi economici.


I tempi cambiano, ma le strategie sono rimaste le medesime: le tresche di ieri infatti sono le stesse di oggi…

Nella costituzione, avvenuta nel 1930 a Basilea, oltre alle banche appena elencate si unirono anche J.P. Morgan & Co. di New York, First National Bank of New York e First National Bank of Chicago.
Il capitale autorizzato ammontava a 500 milioni di franchi svizzeri, equivalenti a oltre 145 milioni di grammi di oro fino, diviso in 200 mila azioni.[1]
La BIS in quanto istituzione privata era di proprietà di 7 direttori di banche centrali, e operava attraverso di loro che ne formavano allo stesso tempo il gruppo direttivo. Essi si accordavano su tutti i maggiori problemi finanziari del mondo, come pure su molti problemi economici politici, specie in riferimento a prestiti, pagamenti e al futuro economico delle aree più importanti del globo.
Stiamo parlando di una struttura finanziaria le cui remote origini risalgono alla creazione della Banca d’Inghilterra nel 1694 e Banca di Francia nel 1803.

Il Washington Post del 28 giugno 1998 dedicava alla Banca delle banche un articolo dal titolo inequivocabile: “Uomini chiave controllano il flusso mondiale del denaro”.
«Dieci volte l’anno gli alti papaveri finanziari che controllano i flussi monetari mondiali si raccolgono a cena sulle rive del Reno in conversazioni segrete in grado di mutare il corso dell’economia globale.
I 13 membri di questa Cabala economica sono i governatori delle banche centrali delle 10 nazioni industrializzate, più la Svizzera.
La BIS venne fondata nel 1930 per facilitare i pagamenti ai vincitori delle riparazioni dei danni di guerra conseguenti la Prima Guerra mondiale. Con gli anni essa è diventata la Banca Centrale delle banche centrali. Suo ruolo successivo è stato quello di stanza di compensazione per regolatori, fornendo supporto nella supervisione di banche commerciali, mercati e degli scambi oltremare e protezione del sistema finanziario mondiale».

Un altro fuggevole sguardo sul gruppo segreto ci è fornito da Gerald Corrigan direttore della potente Goldman Sachs. Nella sua qualità di presidente della Federal Reserve New York fra il 1984 e 1993, Corrigan partecipò a ben 115 incontri mensili consecutivi alla BIS: «intorno al tavolo nessuno si serve di assistenti, agende, registratori e comunicati … vengono sviluppate relazioni personali meravigliose. Di conseguenza quando qualcosa va storto, lavorare con queste persone diventa molto più facile per via della fiducia che si è instaurata nel corso delle frequenti cene riservate. Per conto mio questo aspetto costituisce l’atto geniale dell’organizzazione».
Dal punto di vista storico la BIS è essenzialmente un’istituzione europea a partecipazione americana.
Nel luglio 1994 si sono aggiunti i direttori delle Banche centrali di Canada e Giappone, e più recentemente sono entrate a farne parte altre nazioni non europee portando i membri delle banche centrali a 60 (l’elenco completo a fine articolo).
La banca ha depositi per 112 miliardi di dollari, dei quali una parte in oro.
I fondi sono investiti attraverso banche commerciali e assicurazioni. Il 16% delle quote della BIS sono in mano alle banche centrali che ne fanno parte, il resto è posseduto da privati…

Il quotidiano Le Figarò del 26 aprile 1994 pubblicava un articolo del Premio Nobel per l’economia Maurice Allais da cui si apprendeva che «l’ordine di grandezza dei flussi finanziari non sarà mai troppo sottolineato. I flussi finanziari controllati dalla Banca dei Regolamenti Internazionali ammontano a più di 1100 miliardi di dollari giornalieri, che corrisponde a circa 40 volte il livello di operazioni di trasferimento in transazioni commerciali attraverso il mondo».
Cifre da capogiro fondate in massima parte su denaro virtuale. Queste somme possono (e lo fanno) far saltare una banca, sconvolgere dall’oggi al domani l’economia di una nazione e/o le borse internazionali, ecc.
Incredibilmente un potere così immenso non può essere controllato da nessuno: né dalle banche centrali, né dagli stessi governi!

Questa sua intoccabilità è descritta nella Carta costitutiva del 20 gennaio 1930 al paragrafo 10: «la Banca, il suo patrimonio, le sue attività, nonché i depositi o altri fondi che le siano affidati, non potranno essere oggetto, né in tempo di pace né in tempo di guerra, di nessun provvedimento come espropriazioni, requisizioni, sequestri, confische, divieti o limitazioni di esportazione o importazione di oro o di divise, e di qualsiasi altro provvedimento analogo».
Nessuno può toccarla!

Consiglio di amministrazione
Da settembre 2015, il presidente del Consiglio di amministrazione (Board of Directors) è l’attuale governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, mentre il suo Direttore generale è, dal 1º dicembre 2017, il messicano Agustín Carstens.
Il Consiglio può avere 18 membri, inclusi 6 direttori d’ufficio e i governatori delle Banche centrali di Belgio, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Questi ultimi possono nominare congiuntamente un altro membro della nazionalità delle banche centrali.
Per l’Italia attualmente il membro è il governatore della Banca centrale Ignazio Visco.

Il ruolo della BIS
Nonostante sia organizzata come una banca commerciale con azioni pubbliche, la sua immunità dalle interferenze dei governi e le tasse sia in guerra che in periodo di pace sono garantite da un Trattato internazionale firmato all’Aia nel 1930.
Tutti i suoi depositanti sono banche centrali, eppure è in grado di realizzare profitti su ogni transazione.
Inizialmente i banchieri che ne facevano parte, volevano il massimo anonimato per le loro – più o meno sporche – attività, per cui il quartier generale si trovava in un hotel abbandonato di sei piani, il Grand et Savoy Hotel Universe, con un annesso sopra l’adiacente Frey’s Chocolate Shop.
Nessun segno sulla porta identificava la BIS, così i banchieri e gli spacciatori d’oro tranquillamente usavano anche il negozio Frey’s, che si trova dall’altra parte della strada rispetto alla stazione ferroviaria..

In quelle stanze rivestite di legno sopra il negozio e nell’hotel, venivano prese decisioni importantissime che andavano dalla svalutazione o protezione delle valute mondiali; al prezzo dell’oro (Gold Fixing), alle regolamentazioni delle operazioni bancarie off-shore, per giungere al rialzo o al ribasso dei tassi di interesse a breve termine. Insomma decide vita e morte finanziaria di miliardi di persone!

Nel marzo 1977 l’anonimato finì perché cambiarono sede, facendo costruire un grattacielo circolare di 20 piani fuori terra, che con i suoi 69,5 metri di altezza sovrasta la città medievale.

Un mostro di vetro e acciaio conosciuto come BIS Tower Bulding, o semplicemente la Torre di Basilea.
Assomiglia ad una centrale atomica, ma l’edificio è completamente climatizzato e totalmente autonomo, con un rifugio antiaereo nucleare nel sottosuolo, un sistema ridondante di estinzione degli incendi per cui i vigili del fuoco non devono mai essere chiamati, e perfino un ospedale privato, oltre a 20 chilometri di archivi sotterranei…

Più che la sede di una banca è una vera e propria fortezza indipendente e inespugnabile.
Ai piani inferiori ha sede il computer centrale che è direttamente collegato ai computer delle banche centrali membri e fornisce accesso istantaneo ai dati sulla situazione monetaria globale.

Una squadra di 18 trader professionisti, principalmente inglesi e svizzeri, collegati costantemente in Rete, lavorano per ricollocare i prestiti a breve termine sui mercati dell’Eurodollaro e difendere dalle perdite di cambio (vendendo contemporaneamente la valuta).
Un altro piano è invece tutto dedicato agli scambi e ai commerci di oro, e qui è normale vedere numerose persone al telefono che organizzano prestiti d’oro della banca agli arbitri internazionali, consentendo così alle banche centrali di ottenere interessi sui depositi in oro.

Tuttavia esiste una ragione molto più importante e occulta per cui le banche centrali trasferiscono regolarmente depositi alla BIS: vogliono fornire un grande profitto (alla banca e a sé stessi) per sostenere i servizi che fornisce…
La BIS infatti è molto più di una banca, anche se dall’esterno e ufficialmente sembra essere una piccola organizzazione, infatti solo 86 dei suoi 298 dipendenti sono classificati come personale professionale: e il rimanente? La Banca non è un’istituzione monolitica: artatamente nascosta nel guscio di una banca internazionale, come una serie di scatole cinesi l’una dentro l’altra, rappresenta i gruppi e i servizi di cui i banchieri hanno bisogno, e per questo pagano….
Abbiamo a che fare con una banca sconosciuta alla maggior parte delle persone, anche agli abitanti di Basilea, ma talmente potente da essere inviolabile.
Perfino l’economista John Maynard Keynes ha cercato di farla chiudere perché riciclava i soldi e l’oro che nazisti avevano rubato nei paesi occupati durante la Seconda Guerra Mondiale, ma senza risultato.
Anzi dopo la guerra, divenne ancora più influente e si trasformò nella principale camera di compensazione per le valute europee e luogo segreto di incontro privilegiato dei banchieri centrali…

Membri BIS:
Bank of Algeria, Central Bank of Argentina, Reserve Bank of Australia, Central Bank of the Republic of Austria, National Bank of Belgium, Central Bank of Bosnia and Herzegovina, Central Bank of Brazil, Bulgarian National Bank, Bank of Canada, Central Bank of Chile, People’s Bank of China, Central Bank of Colombia, Croatian National Bank, Czech National Bank, Danmarks Nationalbank (Denmark), Bank of Estonia, European Central Bank (BCE), Bank of Finland, Bank of France, Deutsche Bundesbank (Germany), Bank of Greece, Hong Kong Monetary Authority, Magyar Nemzeti Bank (Hungary), Central Bank of Iceland, Reserve Bank of India, Bank Indonesia, Central Bank of Ireland, Bank of Israel, Bank of Italy, Bank of Japan, Bank of Korea, Bank of Latvia, Bank of Lithuania, Central Bank of Luxembourg, National Bank of the Republic of Macedonia, Central Bank of Malaysia, Bank of Mexico, Netherlands Bank, Reserve Bank of New Zealand, Central Bank of Norway, Central Reserve Bank of Peru, Bangko Sentral ng Pilipinas (Philippines), National Bank of Poland, Bank of Portugal, National Bank of Romania, Central Bank of the Russian Federation, Saudi Arabian Monetary Authority, National Bank of Serbia, Monetary Authority of Singapore, National Bank of Slovakia, Bank of Slovenia, South African Reserve Bank, Bank of Spain, Sveriges Riksbank (Sweden), Swiss National Bank, Bank of Thailand, Central Bank of the Republic of Turkey, Central Bank of the United Arab Emirates, Bank of England, Board of Governors of the Federal Reserve System (United States).[2]

[1] https://www.bis.org/about/charter-i.pdf

[2] “BIS member central banks”, https://www.bis.org/about/member_cb.htm?m=1%7C2%7C601

 

KING DOLLAR… FOREVER!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2019/01/28/king-dollar-forever/

Prima di occuparci della farsa shutdown, con la presunta resa di Trump, il quale in queste ore sta di nuovo minacciando un nuovo arresto se non avrà i fondi per costruire il suo muro, una perla dedicata a tutti coloro che in questi anni hanno celebrato i funerali di sua maestà il dollaro, apparsa negli ultimi giorni dell’anno…

O si certo, prima o poi capiterà che il dollaro perda il trono della principale e quasi totalitaria valuta di riserva mondiale, ma se ascoltiamo Dalio di Bridgewater, come minimo ci tocca attendere almeno altri 100 anni…

Ma vediamo cosa ci racconta l’ultimo rapporto trimestrale del FMI, le riserve valutarie globali, sono arrivate a totalizzare oltre 11,4 trilioni di dollari lo scorso anno, l’ammontare di riserva in dollari sfiora i 7 trilioni, precisamente 6,63 trilioni di dollari, equivalente di 61,9 % delle riserve valutarie detenute dalle banche centrali.

Passare del 71% al 61 % in oltre 18 anni è stato un declino assolutamente insignificante per il dollaro, visto che le premesse per l’euro erano di ridurre l’egemonia di mistre Greenback, ma da tempo ormai il sogno dell’euro è in netto declino, la percentuale del 20,5 %

Risultati immagini per percent dollar reserve euro

La dinamica dell’euro ( line azzurra ) è stata assolutamente ridicola, rispetto alle premesse, quante volte in questi anni abbiamo sentito dire che l’euro avrebbe reso la vita difficile al dollaro nel commercio del petrolio, quante volte ci è stato raccontato che lo yuan o reminbi ( linea rossa) come volete chiamarlo, avrebbe messo a serio rischio il dominio del dollaro?

C’è chi addirittura parlava di raggiungere la parità percentuale con il dollaro, ma come ben sappiamo il mondo della finanza è pieno di ubriachi che scambiano lucciole per lampioni.Yen e sterlina, le uniche due monete che a mala pena arrivano vicine al 5 %.

E’ il dollaro bellezza e tu non ci puoi fare nulla, il dollaro maggiore valuta di riserva mondiale è il problema degli altri, agli americani serve per continuare a finanziare i loro disavanzi commerciali, prima o poi la festa finirà, forse tra 50 anni o forse chissà.

Lasciate perdere chi un giorno si e l’altro ancora prefigura la fine del dollaro, nella finanza i matti sono all’ordine del giorno come gli ignoranti, si quelli che all’inizio dell’anno con il dollaro a 1.155, continuavano a suggerire ulteriore debolezza, infatti venerdì mattina è finito sotto 1.13 ad un passo dal primo obiettivo del nostro Machiavelli, prima di rimbalzare sulle solite vocine su mamma Fed e babbo Powell, disponibili ad un altro giro di liquore per Wall Street…

Nel fine settimana, Donald Trump fa finta di riaprire il Governo…

Si certo, resa senza condizioni…

Il capo del personale della Casa Bianca,  Mick Mulvaney ha detto che il Presidente Trump sarebbe disposto a chiudere di nuovo il governo se i legislatori non soddisfano le sue esigenze, che lo ha riaperto perchè i democratici hanno ammesso che stava per vincere la sua battaglia, mamma mia, che massa di ingenui.

Giusto a beneficio di coloro che in questi anni si sono lasciati condizionare dal debito USA e dai vari shutdown, perdendo occasioni strepitose, ricordo che i tesorucci e il dollaro non hanno fatto una piega in questi 35 giorni, anzi, il più lungo arresto del governo della storia degli Stati Uniti.

In realtà, questo shutdown ha permesso all’economia americana di nascondere un bel numero di pessimi dati a partire dal mercato immobiliare, una settimana intensa quella che ci aspetta con il rilascio dei dati delle settimane precedenti da parte della BEA e Census, il rapporto di gennaio sul mercato del lavoro, il Pil del quarto trimestre 2018 e la riunione della Fed di marcoledì, una settimana davvero interessante, l’ultima occasione per i tori di dimostrare che il gatto ha davvero sette vite.

Undicesima settimana di fila di protesta in Francia…

La crescita economica non è generata dall’inflazione

Scritto da: Johnny Contanti
Fonte: http://ilporticodipinto.it/content/la-crescita-economica-non-%C3%A8-generata-dallinflazione

L’associazione positiva tra attività economica ed inflazione dei prezzi non è dovuta ad un’espansione della ricchezza reale, ma all’espansione dell’offerta di moneta. La crescita economica reale non può essere quantificata, non è possibile sommare patate e pomodori per ottenere un totale significativo e quindi calcolare la crescita economica reale. La cosiddetta crescita economica è stabilita da una componente monetaria, ammorbidita da un deflatore dei prezzi. Ciò che viene etichettato come crescita economica è in realtà il tasso di crescita di una componente monetaria distorta, la quale viene erroneamente chiamata produzione totale reale. Secondo il pensiero popolare, più forte è il pompaggio monetario, più forte sarà il ritmo di spesa e di conseguenza il reddito monetario, più forte sarà la cosiddetta economia reale. In questo contesto, più denaro significa più spese e questo porterebbe ad una crescita economica più forte.

Contrariamente a questo modo di pensare, più denaro scoperto indebolisce solo il processo di creazione di ricchezza reale. Di conseguenza più soldi e meno ricchezza significano più denaro per unità di beni, cioè un aumento generale dei prezzi.

Quindi non sorprende se osserviamo un’associazione positiva tra la cosiddetta attività economica forte e l’inflazione dei prezzi. Da qui possiamo dedurre che è errato suggerire che una crescita economica più forte debba portare ad una maggiore inflazione dei prezzi. Un calo dei prezzi è la manifestazione dell’espansione della ricchezza reale. Significa che ogni detentore di dollari avràe accesso a più ricchezza reale, cioè più beni. Contrariamente al pensiero popolare un calo dei prezzi, mentre aumenta la ricchezza reale, è una grande notizia.

Un calo dei prezzi mentre l’economia è in crisi è anch’essa una buona notizia, poiché riflette la liquidazione di varie bolle che indeboliscono il processo di creazione di ricchezza reale.

La cosiddetta associazione positiva tra crescita economica ed inflazione dei prezzi, etichettata come Curva di Phillips e considerata da quasi tutti gli economisti come legge naturale alla pari con la legge di gravità, è un concetto fuorviante.

Tutto ciò che descrive è il fatto che la variazione del tasso di crescita dell’offerta di moneta debba determinare una variazione dei prezzi nel tempo di beni e servizi. Finché il meccanismo della creazione di ricchezza è intatto, i banchieri centrali possono tenere in piedi l’illusione di poter far crescere l’economia.
Una volta che suddetto meccanismo viene gravemente danneggiato a causa delle continue manomissioni dei pianificatori monetari centrali (definite anche “politiche anticicliche”) l’illusione che la banca centrale possa aiutare l’economia si frantuma in mille pezzi e l’economia sprofonda ancora di più in un buco nero.

Qualunque tentativo da parte della banca centrale di ravvivare l’economia mediante massicci interventi monetari fa solamente peggiorare le cose.
Non ha molto senso che una crescita economica reale possa portare ad un’inflazione generale dei prezzi. Inoltre l’associazione positiva tra l’attività economica e l’inflazione dei prezzi non è dovuta ad un’espansione della ricchezza reale, ma all’espansione dell’offerta di moneta.

CNBC: Lasciate in pace l’Italia! L’UE vuole l’austerità fiscale da un’economia che affonda

Scritto da: Henry Tougha
Fonte:http://vocidallestero.it/2018/10/18/cnbc-lasciate-in-pace-litalia-lue-vuole-lausterita-fiscale-da-uneconomia-che-affonda/

CNBC, uno dei media mainstream americani, dà spazio a un articolo aspramente polemico verso i vertici UE, colpevoli di aver fomentato un inutile dissidio col governo italiano che propone una manovra economica appena moderatamente espansiva. Contrariamente alla nostra vulgata giornalistica, questo articolo addita proprio la commissione UE come colpevole dello “spread” che ha fatto seguito al braccio di ferro sulla manovra. È infatti inconcepibile, per gli americani, che nelle circostanze attuali la UE si ostini sull’applicazione di un’austerità fiscale che si è già dimostrata irrimediabilmente fallimentare. Nel frattempo altri grandi paesi, come la Francia e la Spagna, continuano ad accumulare deficit di bilancio tranquillamente maggiori di quello italiano senza dare adito ad alcun dibattito. L’articolo parteggia apertamente per l’Italia, nonostante nel finale proponga un’immagine idealizzante del “progetto” europeo.

di Michael Ivanovitch, 14 ottobre 2018

Un attacco ridicolmente feroce, diretto contro la politica fiscale timidamente espansiva presentata dall’Italia nella legge di bilancio per il prossimo anno, sta scatenando il panico sui mercati e offrendo uno spettacolo poco edificante sulle relazioni intra-europee, eternamente malgestite.

L’acrimonia manifestata dalla commissione UE nella sua revisione della legge di bilancio italiana è già costata ai contribuenti italiani un aumento – evitabile – del peso del debito sulle generazioni future. Solo nel corso degli ultimi due mesi, il già elevato costo del debito a dieci anni è aumentato di oltre 100 punti base – un duro colpo per un paese che ha già 2.400 miliardi di euro di debito pubblico. Si tratta di un debito pari a quasi il 150 percento del prodotto interno lordo italiano.

Qual è il problema che il governo italiano deve affrontare

Già nell’impossibilità di operare una politica monetaria indipendente con cui gestire la domanda e l’occupazione, l’Italia ha cambiato un po’ rotta rispetto alla precedente politica fiscale restrittiva, al fine di dare qualche sostegno all’attività economica e di prevenire ciò che appare già chiaramente come l’inizio di una nuova recessione ciclica, di ampiezza e durata ancora sconosciute.

La crescita economica del paese nel secondo trimestre di quest’anno ha continuato a indebolirsi, raggiungendo a stento un aumento dello 0,2 percento, e proveniva da una crescita già fiacca all’inizio dell’anno. Con l’eccezione delle esportazioni, tutti le più importanti componenti della domanda appaiono deboli.

La follia dell’austerità fiscale pro-ciclica

I consumi delle famiglie – che rappresentano circa i due terzi del PIL – sono frenati dalla elevata disoccupazione e dall’assenza di aumento dei redditi reali. Il volume delle vendite al dettaglio nei primi sette mesi dell’anno è diminuito con un tasso su base annuale dello 0,7 percento, a causa della stagnazione dei salari reali e del terzo più elevato tasso di disoccupazione (dopo Grecia e Spagna) dell’eurozona.

Lo scorso agosto il 9,7 percento della forza lavoro italiana era disoccupata, con uno spaventoso 31 percento di forza lavoro giovanile disoccupata e senza futuro. Oltre a questo, 6,5 milioni di italiani, l’11 percento della popolazione totale, vive sotto la soglia di povertà.

Sfortunatamente c’è anche di peggio. La UE riporta che il 30 percento della popolazione italiana è a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Di fronte a prospettive così cupe per la domanda interna, alcuni si chiedono se la ricetta tedesca che viene suggerita possa davvero funzionare. Le esportazioni, certo, sono l’ingrediente principale della panacea tedesca, poiché rappresentano il 30 percento dell’economia italiana.

Purtroppo però questa ricetta sarà un altro fallimento, ed è un tentativo spudorato di manipolazione. Nel corso degli ultimi tre anni le esportazioni nette rappresentavano uno 0,5 percento della già quasi stagnante crescita italiana dell’1,1 percento del PIL. E sebbene le esportazioni nei primi sette mesi dell’anno crescessero di 4 punti percentuali rispetto all’anno precedente, questo non ha fatto assolutamente niente per rivitalizzare la produzione industriale del paese. La produzione industriale durante il periodo tra gennaio e luglio è crollata di un tasso annuale di 0,5 punti.

Questo naturalmente fa presagire esiti negativi per gli investimenti aziendali, perché la debolezza del settore manifatturiero suggerisce una grande abbondanza di capacità produttiva inutilizzata. In altre parole le aziende italiane non hanno bisogno di nuovi macchinari o di impianti più grandi: hanno già quello che gli serve per soddisfare la domanda attuale e attesa per il futuro.

Quindi cosa resta per sostenere i posti di lavoro e i redditi in Italia? Nulla – assolutamente nulla – continua a gridare in modo enfatico questa UE tedesca: l’Italia non ha una politica monetaria indipendente e, secondo la Commissione UE, la sua posizione fiscale deve restare solida e dura come il ghiaccio in modalità restrittiva a tempo indeterminato.

Il momento “whatever it takes” dell’Italia

L’Italia sa cosa tutto ciò significhi. Prima dell’inizio della crisi finanziaria dello scorso decennio, prima che venisse imposta l’austerità fiscale tedesca, il deficit di bilancio italiano del 2007 era stato ridotto a -1,5 percento del PIL (a confronto di quasi -3 percento in Francia). L’avanzo primario (cioè il bilancio prima di sottrarre gli interessi sul debito) era dell’1,7 percento del PIL, e aiutava ad abbassare il debito pubblico fino al 112 percento del PIL, rispetto a una media del 117 percento dei sei anni precedenti.

Ma poi si è scatenato l’inferno non appena i tedeschi – che rifiutavano sprezzantemente gli appelli di Washington alla ragione – hanno deciso di impartire la loro lezione ai “miscredenti fiscali”, imponendo le politiche di austerità alle economie dell’eurozona che già stavano affondando.

L’Italia non deve permettere che questo accada mai più

Allora cosa dovrebbe fare l’Italia? La risposta è semplice: esattamente ciò che ha detto di voler fare nel suo progetto di bilancio per il 2019, approvato lo scorso martedì da un’ampia maggioranza in Senato (61 percento di voti a favore) e alla Camera (63,4 percento di voti a favore).

L’Italia sta comodamente dentro i parametri di bilancio dell’eurozona. Il suo deficit di bilancio previsto al 2,4 percento del PIL per il prossimo anno fiscale è inferiore al limite del 3 percento imposto dall’unione monetaria.

E allora perché tutto questo trambusto? Perché nessuno sembra voler obiettare il fatto che la Francia e la Spagna avranno deficit maggiori dell’Italia?

La Francia ha appena aumentato la propria stima sul deficit per il prossimo anno portandola al 2,8 percento del PIL, rispetto alla precedente stima del 2,6 percento, sulla quale si era impegnata. E non è tutto. Sono ancora da definire le stime al ribasso sulla crescita, non c’è consenso politico su cosa bisogna tagliare, e un governo sempre più debole e impopolare potrebbe non riuscire nemmeno a mantenere il deficit di bilancio sotto il 3 percento del PIL.

L’instabile governo di minoranza spagnolo è alle prese con lo stesso problema. L’economia sta rallentando e Madrid ha una lunga storia in fatto di sforamento delle previsioni del deficit di bilancio. Il deficit di quest’anno, per esempio, è previsto per il 2,7 percento del PIL, ma la stima ufficiale fornita l’anno scorso era del 2,2 percento. Per come stanno le cose adesso, mantenere il deficit spagnolo sotto il limite del 3 percento del PIL sembra già un’impresa epica.

Perché tutto questo viene accolto da Bruxelles con un assordante silenzio? Forse l’accondiscendenza della UE verso la Francia e la Spagna ha molto a che fare con il loro livello più basso di debito pubblico?

È possibile, ma se fosse vero sarebbe un grosso errore. Quei paesi hanno un debito più basso con una tendenza di bilancio che va in peggioramento. Il debito pubblico della Francia è al 122 percento del PIL. Il fatto che la Francia abbia un deficit primario significa che il debito continuerà ad aumentare. Il debito pubblico della Spagna è al 115 percento del PIL, sostanzialmente senza alcun avanzo primario. Entrambi i paesi sono sulla strada di un aumento delle passività pubbliche a seguito dell’ampliamento dei loro disavanzi fiscali.

Nessuna sorpresa se qualcuno si domanda: l’attacco della UE contro la politica fiscale dell’Italia fa forse parte di un programma diverso? Ve ne accennerò, ma un’altra volta.

Idee di investimento

L’austerità fiscale in un’economia Italiana che rallenta – su cui pesa l’elevata disoccupazione, pla overtà in crescita e le infrastrutture che crollano – dovrebbe essere considerata una follia totale.

Lo spazio per un sollievo fiscale è molto ridotto, ma questo è il momento del “whatever it takes” italiano: Roma deve sostenere la propria attività economica, la crescita dell’occupazione e la spesa per le infrastrutture.

I leader del governo italiano potrebbero non apprezzare molto alcuni dei propri vicini, ma questo non è un buon motivo per denigrare la UE. Gli italiani non li hanno votati per questo.

I padri fondatori della UE – come Alcide de Gasperi e Altiero Spinelli – hanno messo l’Italia lì dove deve stare. La Grecia e l’Italia sono la culla della civiltà europea.

Il processo di unificazione europeo ha portato pace, un gigantesco e sempre più omogeneo mercato unico, l’euro e la Banca Centrale Europea – certamente i maggiori risultati dell’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si può ben dire che l’Italia ha ragione di restare al centro di questo progetto epocale.

Sul fallimento della Turchia e l’opportunità dell’Italia di uscire dall’euro

Fonte: http://vocidallestero.it/2018/10/12/sul-fallimento-della-turchia-e-lopportunita-dellitalia-di-uscire-dalleuro/

Charles Gave, sul blog francese dell’Institut des Libertés, parla dei guai finanziari della Turchia, che si trova di fronte all’improbabile sfida di dover rinnovare una quota di debito estero pari al 30 percento del proprio PIL entro un anno. Molte grandi banche europee sono esposte verso la Turchia, e potrebbero subire pesanti perdite. In questo contesto, la necessità dei governi di ricapitalizzare alcune delle proprie banche potrebbe cozzare con le “regole europee”. L’Italia, con un forte surplus sia nei conti con l’estero sia nel bilancio primario (e con un governo spregiudicato),  avrebbe i migliori incentivi a uscire dall’euro, dato che nella situazione attuale non avrebbe la necessità di finanziarsi sui mercati internazionali. L’articolo è di fine maggio,  ma ancora attuale.

di Charles Gave, 28 maggio 2018

Qualche mese fa spiegavo ai lettori dell’Institut des Libertés che il prossimo paese a saltare sarebbe stata la Turchia – il paese del buon Erdogan, ben noto difensore dei diritti umani, posto che si parli di Palestina e non di Siria.

Adesso ci siamo.

Qualche cifra: circa 180 miliardi di dollari di debito estero della Turchia giungeranno a scadenza nel corso dei prossimi 12 mesi. A questo importo dobbiamo aggiungere circa 50 miliardi di deficit delle partite correnti, che dovranno a loro volta essere finanziati. La somma totale è pari a circa il 30 percento del PIL turco, mentre le riserve valutarie interne ed esterne ammontano a poco meno del 20 percento del PIL.

Oops…

Questo sembra indicare che c’è un problema di “liquidità” a breve, brevissimo termine.

E improvvisamente la lira turca comincia ad accartocciarsi su se stessa, e questo aggrava il problema, perché il debito è denominato in dollari o in euro, i tassi d’interesse a breve termine sono ai massimi, e a mio avviso il FMI è sul punto di prenotare dei biglietti (di prima classe, ovviamente, perché queste persone viaggiano esclusivamente in prima classe) per fare visita al caro Receip nel suo gran palazzo alle porte di Ankara.

In un certo senso è tutta routine.

Può essere.

Ma le cose cominciano a diventare davvero interessanti quando in tutta questa equazione si inseriscono le banche europee.

Secondo le statistiche ufficiali (che ancora sottovalutano la realtà) la Turchia è indebitata verso le banche per 450 miliardi di dollari… principalmente si tratta di banche europee, e indubbiamente che tra queste ci saranno i soliti sospetti come Deutsche Bank, Crédit Agricole, ING, Unicredit e Socgen.

E con un debito del genere ciò che si profila all’orizzonte non è solo un problema di liquidità, ma anche un problema di solvibilità.

Liquidità + Solvibilità = grossi guai in vista. E ci saranno elezioni anticipate a giugno in Turchia, destinate a consolidare il potere già assoluto del signor Erdogan.

Sembra dunque probabile che le banche non riavranno indietro che una piccola parte del denaro che avevano prestato alla Sublime Porta [metafora per indicare il governo dell’Impero Ottomano, NdT], e che nessuno sappia esattamente quando questi ipotetici rimborsi saranno effettuati.

Le suddette banche saranno costrette a subire perdite sulle loro esposizioni verso la Turchia fino al 50 percento del valore, ovvero circa 225 miliardi di dollari. Si tratterebbe di un duro colpo alla già precaria solvibilità delle nostre care (oh, certo!) istituzioni finanziarie, perché tali esposizioni saranno detratte dai loro propri fondi, che per alcune sono già quasi in negativo.

In effetti, come già tutti dovrebbero sapere, i crediti in sofferenza di queste stesse banche sono di circa 1000 miliardi di euro, una cifra già mostruosa.

Nel caso di un fallimento della Turchia si passerebbe ad almeno 1200 o 1300 miliardi di euro.

Poiché una tale somma sarebbe più grande del capitale delle banche stesse, ciò renderebbe sempre più difficile nascondere il fatto che una gran parte di essere è praticamente già fallita.

E quando i depositari se ne accorgeranno, è probabile che andranno a fare un salto in banca a prelevare tutti i loro risparmi. Avremmo dunque una “corsa agli sportelli” come nel diciannovesimo secolo…

Inoltre mi chiedo se queste banche europee, non contente di concedere prestiti alla Turchia anziché alle piccole e medie imprese francesi o italiane, non si siano avventurate anche a prestare fondi in… dollari statunitensi. Niente di più facile: la filiale americana della banca emette carta commerciale sul mercato di New York, poniamo all’uno percento, e la ripropone alle istituzioni turche al due percento. Ma se l’istituzione turca fallisce, allora la banca si troverà a corto della cifra in dollari che ha prestato. E allora la banca dovrà iniziare a coprire le proprie posizioni convulsivamente, generando un aumento del valore del dollaro, che non fa che fiaccare ancor di più la povera Turchia.

E di colpo il valore dei titoli bancari europei crollano con un tonfo, e questo rende del tutto impossibile qualsiasi aumento di capitale. Non vedo chi potrebbe sottoscrivere un aumento di capitale quando la gran parte di queste banche si trova tecnicamente in bancarotta, con un ammontare di fondi propri inferiore alla somma dei crediti in sofferenza. In effetti, perché dovrei pagare oggi per sottoscrivere un aumento del capitale o comprare una banca in Europa coi tempi che corrono?

E quindi non è affatto impossibile che le nostre élite finanziarie siano obbligate a fare un saltino a Bruxelles per chiedere nuovi aiuti vari ed eventuali in termini di ricapitalizzazioni, vantaggi fiscali, autorizzazioni alla fusione con un concorrente, sotto la semplice condizione di trasferire qualche migliaio di piccoli impiegati o altro del genere.

E tutte le persone del vecchio continente si renderanno conto da sole che i cosiddetti sforzi fatti da loro e solo da loro per “salvare” le banche dopo i disastri del 2008-2009 e del 2011-2012 non saranno serviti assolutamente a nulla.

Ed è qui che rischia di intervenire il nuovo governo italiano, il terzo personaggio di questo antico dramma, la cui condizione passa da interessante ad appassionante.

I due partiti arrivati oggi al potere in Italia hanno fatto una campagna elettorale usando un messaggio semplice e di buon gusto, che riassumo liberamente così:

Le élite europee sono incompetenti e corrotte, il progetto monetario comune (l’euro) è un’indicibile idiozia, ed è prioritario cambiare le prime e abbandonare il secondo. Di fatto e di diritto, le decisioni importanti in materia di moneta, di credito e banche, devono essere tolte a Bruxelles e riportate a livello nazionale”.

Ecco qui qualcosa di cui sono ben sicuro e di cui la maggior parte dei lettori dell’Institut des Libertés è convinta.

Immaginiamo ora che una grande banca italiana sia pesantemente esposta verso la Turchia.

Immaginiamo che questa banca italiana si trovi in difficoltà e chieda al governo italiano di essere salvata. Questo è formalmente vietato da quei geni che ci governano da Bruxelles.

Sarebbe una vera provocazione per il nuovo governo italiano, che in nessun caso potrebbe lasciar crollare una delle sue banche senza innescare una vera depressione in Italia.

Ecco la situazione dell’Italia oggi:

– Un avanzo dei conti con l’estero pari al 3,5 percento del PIL

– Un avanzo primario di bilancio (vale a dire prima di dover pagare gli interessi sul debito) pari al 2 percento del suo PIL

– Un debito la cui durata è aumentata significativamente dopo il 2012

– Un debito che è per la maggior parte detenuto da italiani

Vale a dire, in caso di uscita dall’euro i nostri cugini latini non avrebbero assolutamente bisogno di finanziarsi sui mercati internazionali.

E questo è ben lungi dall’essere il caso della Francia…

L’Italia non è mai stata in una posizione così favorevole per uscire dall’euro e dall’Unione Europea.

Senza dubbio la Gran Bretagna sarebbe ben lieta di iniziare immediatamente dei negoziati con il nuovo governo italiano per un trattato commerciale.

Ho sempre detto e scritto che sarà l’Italia a suonare la campana dell’uscita dall’euro.

Potremmo essere vicini a quel punto.

Il momento di comprare massicciamente in Europa si sta avvicinando. Ma per ora tenete la vostra polvere all’asciutto, bene all’asciutto, e tenetela dovunque ma ben lontana dall’euro.