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UN’ASSOCIAZIONE CHE IL MONDO CI INVIDIA…

Fonte: https://www.ana.it/la-storia-dellana/

CENNI STORINI SULL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI

Al termine della Prima guerra mondiale un gruppo di reduci l’8 luglio 1919 costituì l’Associazione Nazionale Alpini. L’idea nacque a Milano, presso la Birreria Spatenbräu il cui proprietario era Angelo Colombo – uno dei soci fondatori – e fu l’inizio di una lunghissima marcia che dura tuttora.
Il primo presidente fu Daniele Crespi, dal 2013 è in carica Sebastiano Favero (i presidenti dell’Associazione).

L’Ana è associazione apartitica e si propone di (art. 2 dello Statuto):

  • tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta;
  • rafforzare tra gli Alpini di qualsiasi grado e condizione i vincoli di fratellanza nati dall’adempimento del comune dovere verso la Patria e curarne, entro i limiti di competenza, gli interessi e l’assistenza;
  • favorire i rapporti con i Reparti e con gli Alpini in armi;
  • promuovere e favorire lo studio dei problemi della montagna e del rispetto dell’ambiente naturale, anche ai fini della formazione spirituale e intellettuale delle nuove generazioni;
  • promuovere e concorrere in attività di volontariato e Protezione Civile, con possibilità di impiego in Italia e all’estero, nel rispetto prioritario dell’identità associativa e della autonomia decisionale.

Nel settembre del 1920 viene organizzata la prima Adunata nazionale sull’Ortigara. A quel primo appuntamento ne seguono altri venti per giungere, nel giugno 1940, a Torino: il secondo conflitto mondiale è alle porte e perciò per sette anni la manifestazione è sospesa.
Nell’aprile del 1947, ricompare il giornale L’Alpino, anch’esso nato nel 1919 su iniziativa del tenente degli alpini Italo Balbo. Nell’ottobre del 1948 si svolge a Bassano del Grappa la prima Adunata del dopoguerra. Dopo la sosta del 1950, anno del Giubileo, essa riprende senza più interrompersi.

L’Associazione Nazionale Alpini presenta un organico di 345.501 soci (a dicembre 2018), con 80 sezioni in Italia, 30 sezioni nelle varie nazioni del mondo, più 8 gruppi autonomi: cinque in Canada (Calgary, Sudbury, Thunder Bay, Vaughan e Winnipeg), in Colombia, Slovacchia e a Vienna. Le Sezioni si articolano in quasi 4.500 Gruppi. Ai 264.220 soci ordinari si aggiungono circa 80mila Aggregati.

Fedele a sentimenti, quali l’amor di Patria, l’amicizia, la solidarietà, il senso del dovere, cementato durante la naja, l’Associazione ha saputo esprimere queste doti, intervenendo in drammatiche circostanze, nazionali e internazionali, dal Vajont (1963), al Friuli (1976/’77) dove nacque di fatto la Protezione Civile nazionale, dall’Irpinia (1980/81), alla Valtellina (1987), all’Armenia (1989), all’Albania a favore dei kosovari (1999). E ancora in Valle d’Aosta (2000), in Molise (2002), nell’Abruzzo terremotato (2009-’10), in Pianura Padana (2012) e in Centro Italia (2016-’17).
I volontari della Protezione civile ANA sono circa 12mila e sono guidati da Gianni Gontero.

Tra le numerose opere a favore del prossimo l’Associazione ha costruito in due anni di lavoro volontario dei propri soci (1992/’93), un asilo a Rossosch, al posto di quella che fu la sede del comando del Corpo d’Armata alpino nel 1942, durante la Campagna di Russia. Per i due anni di lavoro i volontari sono stati 721 suddivisi in 21 turni. Le ore di lavoro sono state 99.643.
Analoga operazione, su richiesta del vescovo ausiliare di Sarajevo mons. Sudar, è stata condotta a termine nel 2002, per ampliare un istituto scolastico multietnico a Zenica (Bosnia) che ospita studenti delle tre etnie: bosniaca, serba e musulmana.
In Mozambico dove nel 1993-’94 gli alpini di leva parteciparono alla operazione umanitaria disposta dalle Nazioni Unite, in un paese sconvolto dalla guerriglia, l’ANA ha costruito un collegio femminile, un centro nutrizionale di accoglienza per bambini sottonutriti e un centro di alfabetizzazione e promozione della donna.

Numerosi interventi sono stati promossi negli anni anche sul territorio nazionale. Nel Comune di Ripabottoni (Campobasso) è stata costruita una casa di riposo (2011). Nell’Abruzzo terremotato sono stati impegnati 8.500 volontari della Protezione civile ANA e il 14 novembre 2009 è stato inaugurato il “Villaggio ANA” a Fossa (L’Aquila) dove, grazie alle somme raccolte dall’Associazione e da altri enti, sono state costruite 33 case per gli sfollati del Comune abruzzese. Sempre a Fossa è stata costruita la chiesa di San Lorenzo (inaugurata il 27 novembre 2010) e oltre a numerosi altri interventi effettuati sul territorio del capoluogo abruzzese.
In seguito alle gravi, ripetute scosse di terremoto in Centro Italia del 2016 e del gennaio 2017 l’ANA ha aperto una raccolta di fondi in favore della popolazione, avviando dei progetti per la costruzione di edifici polifunzionali in altrettante Regioni, a Campotosto (opera inaugurata nel novembre 2017), Visso (2017), Arquata del Tronto (2018), Accumoli e Preci.

Un capitolo a parte merita l’ospedale da campo. Il 19 marzo 1994 l’Associazione ha inaugurato un nuovo ospedale da campo avioelitrasportabile, gioiello unico in Europa e forse nel mondo già impiegato più volte in occasione di pubbliche calamità. Il personale medico e paramedico è quello delle strutture sanitarie più avanzate. Ultimo intervento in ordine di tempo è stato compiuto a Kinniya nel Sri Lanka dopo il devastante tsunami. Per 6 mesi è stata attivata una parte dell’ospedale con medici, infermieri, personale tecnico e volontari della nostra Protezione civile.


STAMPA ALPINA

Un settore di strategica importanza associativa è quello della stampa alpina. Il mensile associativo L’Alpino viene inviato ai soci esclusivamente in abbonamento ed ha una diffusione di 350mila copie. Raggiunge gli iscritti in tutta Italia e in tanti Paesi del mondo, dall’Australia al Canada, dalla Svezia al Brasile, al Sud Africa. Ci sono inoltre altre 200 circa tra testate di Sezione e notiziari di Gruppo: con queste la stampa alpina si colloca con il suo milione e mezzo di lettori fra le principali correnti nazionali di informazione, nel rispetto del principio di apartiticità.
Ogni anno i responsabili delle testate alpine si riuniscono in convegno itinerante, per discutere tematiche di interesse associativo.
Fra rappresentanti delle testate alpine e osservatori, questo convegno che – grazie al fatto di essere organizzato ogni anno in una diversa località, in aggiunta all’accresciuto interesse associativo nei riguardi del mondo dell’informazione – è divenuto un appuntamento fondamentale per chi scrive sui giornali alpini. E’ l’unica occasione, infatti, di incontro ma anche di confronto dei direttori dei periodici sezionali e dei notiziari di gruppo, giornali sempre letti con grande attenzione e con spirito critico.
Esiste infine un canale informatico, il portale www.ana.it che contiene, fra l’altro, non solo il numero de L’Alpino del mese in corso ma anche i numeri precedenti. La redazione de L’Alpino cura anche la pubblicazione nel portale delle informazioni sull’ANA e di gran parte delle pagine del giornale.
A fine 2017 esce la prima puntata de L’Alpino settimanale televisivo, trasmesso dalle emittenti televisive di tutt’Italia e visibile in qualsiasi momento dal canale YouTube Ana.

STORIA DE L’ALPINO,
MENSILE UFFICIALE ANA

Cominciò quasi per caso. Nel 1919, quasi contemporaneamente alla fondazione Associazione Nazionale Alpini, tre ufficiali dell’8° reggimento alpini, reduci di guerra, mentre in libera uscita passeggiavano per Udine, ebbero l’idea di pubblicare un settimanale, in formato ridotto, per esaltare le glorie del reggimento, con i suoi battaglioni, il “Tolmezzo”, il “Cividale”, il “Gemona”, e dei battaglioni “Valle” e Monte” che avevano fatto parte dell’8°. I tre ufficiali erano Italo Balbo, Aldo Lomasti e Enrico Villa e il settimanale era L’Alpino.
Le prime 2500 copie del giornale furono esaurite in poche ore.
Oggi, quelle copie consunte dal tempo, con la testata Liberty e quel sottotitolo “Di qui non si passa”, fanno sorridere; ma sono un pezzetto di storia degli alpini, che sono tutt’uno con la storia d’Italia.
Oggi L’Alpino è il mensile ufficiale dell’Associazione Nazionale Alpini, che conta circa 200 tra testate di Sezione di Gruppo. La tiratura di queste testate sezionali varia da alcune migliaia ad alcune decine di migliaia, mentre hanno una tiratura ridotta al numero di iscritti (al massimo alcune centinaia di soci) i giornali di gruppo.
Per quanto riguarda L’Alpino, ha 11 numeri ed è diretto, da giugno 2012, da Bruno Fasani. I suoi referenti sono i corrispondenti delle ottantuno Sezioni, in Italia e all’estero. Come del resto tutte le cariche associative, i collaboratori sono tutti volontari che non percepiscono alcun emolumento (a parte, ovviamente, il personale amministrativo e di segreteria, indispensabile ad una associazione con un così rilevante numero di iscritti).
Le notizie riportate dal mensile associativo riguardano l’attività delle sezioni e dei gruppi, dalle tantissime iniziative locali alla più articolata e complessa opera dei volontari della Protezione civile dell’ANA. Ma L’Alpino tratta pure problemi e argomenti che, anche se apparentemente non riguardano direttamente la vita associativa, si riflettono pesantemente su tutto il mondo alpino: come il nuovo modello di difesa, con la drastica riduzione dei reparti alpini, e la “sospensione” della leva obbligatoria, problema, quest’ultimo, che trova tutta la stampa alpina schierata in difesa di valori insostituibili, che sono indispensabili non soltanto agli alpini ma a tutto il Paese.
Pur affondando nella tradizione, L’Alpino è un giornale moderno anche tecnologicamente. Computer e sistemi avanzati in redazione, stampa esterna d’avanguardia, tempi di chiusura quasi da quotidiano.


L’INTERNATIONAL FEDERATION OF MOUNTAIN SOLDIERS (I.F.M.S.)

A consolidamento dei rapporti di amicizia e collaborazione che intercorrono da anni con le consorelle associazioni d’arma di montagna di tutto il mondo, nel 1985 è stata fondata su iniziativa della nostra Associazione l’I.F.M.S. (International Federation of Mountain Soldiers), alla quale aderiscono a tutt’oggi le associazioni dei soldati della montagna di Austria, Francia, Germania, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Polonia, Svizzera, Italia. Come osservatori vi sono inoltre le Truppe da montagna di Argentina e Cile. Il segretario generale ricopre questa carica per un triennio, ed è designato a rotazione. Segretario generale dall’ottobre del 2015 è il gen. (alpino) Renato Genovese.

PAROLE AL VENTO

Scritto da: Gianni Lannes
Fonte: https://www.nexusedizioni.it/it/CT/parole-al-vento-5824

Ancora confini, barriere, muri, filo spinato e violenza in mare nonché sulla terraferma. L’Europa ha la colpa più grande di sfruttare da sempre il continente nero foraggiando ora quel governo corrotto, ora quel colpo di Stato. Francia in testa che vanta un incredibile numero di guerre su scala africana, dove opera la legione straniera, corpo di mercenari tra i più pericolosi al mondo.

A proposito, il ministro della Difesa Trenta non ha nulla da dichiarare a proposito di reclutamento di militari a pagamento? Sotto osservazione ci sono i suoi rapporti con la SudgestAid, che secondo fonti giornalistiche attendibili, si occuperebbe «di reclutare mercenari che operano nei teatri di guerra del Medio Oriente». Falsità, replica l’entourage di Trenta, spiegando che la SudgestAid promuove progetti di ricostruzione. Comunque, la stessa società risulta aver gestito un contratto nel quale è stata coinvolta la Stam, azienda di contractor fondata da Gianpiero Spinelli, l’ex parà assolto dall’accusa di aver “arruolato” gli italiani rapiti nel 2004 in Iraq, tra cui Fabrizio Quattrocchi, poi ucciso. Già indicata da Luigi Di Maio nella rosa dei possibili ministri a marzo scorso. Ha insegnato all’Università Link Campus dove è responsabile dei progetti speciali, coordina il master in Intelligence e sicurezza di cui è vice direttore, ed è consigliere scientifico del master sui fondi strutturali. Tra le altre attività, è stata anche ricercatrice in materia di sicurezza e difesa presso il Centro Militare di Studi Strategici. Nel suo curriculum c’è anche la presidenza del consorzio Criss (Consortium for research on intelligence and security services), messo in piedi da Gianpiero Spinelli. Parte di una serie di contratti con la Farnesina di cui il più singolare è quello del 2012. Spinelli racconta di essere stato ingaggiato da Sudgest per recuperare i micidiali missili terra-aria sottratti dagli arsenali di Gheddafi e segnalati dai nostri servizi segreti: una questione di sicurezza nazionale in appalto ai privati. Ma, vista la pericolosità della situazione libica, sempre Spinelli, questa volta in Libia, si dedica ad addestrare 134 ex miliziani a cui affidare la protezione delle zone archeologiche. Poi la guerra civile cancella questa seconda operazione, condotta dai mercenari insieme con il consorzio parauniversitario di Elisabetta Trenta. Nella sintesi del quotidiano belga Le Point: “La società SudgestAid recluta mercenari per il vicino Oriente”.

Il crimine occidentale è aver lasciato un continente intero ricco di immense risorse naturali come terra sotto-sviluppata da predare. Gli africani potrebbero svilupparsi e anche da soli senza la nostra “cooperazione”, se i guadagni delle loro risorse restassero a loro per uno sviluppo sostenibile. Peraltro l’Occidente in Africa ha seppellito scorie nucleari e rifiuti pericolosi (vedi Somalia, ma non solo) rubando materie prime come petrolio, diamanti, coltan, legname e così via. Senza contare gli organi umani predati impunemente da decenni, sottratti anche ai neonati ma soprattutto ai giovani. E dire che secondo le ricerche antropologiche ed archeologiche, il luogo d’origine degli europei è proprio l’Africa.

L’emigrazione in Europa è una giusta contro partita, ma non una soluzione perché i depredatori dell’Africa, tra cui anche italiani, non vogliono africani. Li cacciano da noi. Ma uno sviluppo moderno e sostenibile dell’Africa come avvenuto in Asia dovrebbe essere la linea di tutto l’occidente per i decenni futuri. Non si tocca il nodo cruciale perché ci sono troppi egoismi e interessi multinazionali in ballo.

Gli immigrati sono discriminati rispetto agli italiani? Ecco il programma Lega-5 Stelle. Non avranno diritto alle misure di sostegno al reddito. Il cosiddetto ‘reddito di cittadinanza’, in realtà è un sussidio di disoccupazione (privo di copertura finanziaria) riservato soltanto agli italiani, vale a dire fumo negli occhi. Lo stesso vale per le integrazioni alle pensioni più basse. E gli asili nido gratuiti? Solo per le famiglie italiane. Sottolineato italiane, evidenziato famiglie. Passa il ‘prima gli italiani’ di Salvini e il Movimento 5 Stelle (ossia Casaleggio&Associati che tirano le fila) lo accetta. E per la prima volta un programma elettorale mette nero su bianco il numero di immigrati da espellere: 500mila. Per le persone da cacciare, Lega e 5 Stelle pensano di istituire dei centri di detenzione, uno in ogni regione italiana. Le norme per la richiesta dell’asilo vengono rese molto più dure, di fatto impossibili se si pensa all’idea di costringere il richiedente asilo a fare domanda nel proprio Paese. Tu scappi da un regime autoritario e ti devi rivolgere a quel regime per chiedere di ottenere asilo in Italia. E ancora, procedure di espulsione rapide e un trattamento giuridico speciale. “Occorre poi prevedere specifiche fattispecie di reato che comportino, qualora commessi da richiedenti asilo, il loro immediato allontanamento dal territorio nazionale” è scritto.

Il semplice fatto che Lega e Movimento 5 Stelle abbiano sottoscritto non un programma ma un ‘contratto’, firmato dai due partiti davanti a un pubblico ufficiale, denota una concezione privatistica della politica in contrasto netto con la democrazia e con la libertà.

Non è tutto. Drammaticamente concreto è l’attentato alla Costituzione per introdurre il vincolo di mandato dei parlamentari. La Costituzione repubblicana figlia della Resistenza al nazi-fascismo fa della libertà di deputati e senatori da qualsiasi vincolo di mandato uno dei suoi capisaldi per garantire libertà e democrazia. La ragione è intuibile. Un deputato il cui destino fosse legato alla fedeltà al partito con cui è stato eletto, si ridurrebbe a essere un mero esecutore delle scelte di chi quel partito comanda. Del resto, quali libertà di azione avrebbe un parlamentare a cui venisse imposto, se volesse presentare un disegno di legge, di ottenere il consenso congiunto dei capigruppo dei due partiti? Fantasie? No, lo prevede il ‘contratto’. Del ‘comitato di conciliazione’ nella bozza definitiva si dice poco. Il ‘contratto’ prevede, dopo le polemiche passate, non un passo indietro ma un semplice rinvio a successivi accordi per la definizione della sua composizione. Rimane inalterato il principio: sui temi di interesse principale e ogni volta che ci saranno contrasti, sarebbero i partiti a decidere. Il Governo e il Parlamento sarebbero svuotati delle loro prerogative, ridotti a esecutori di volontà altrui, eterodirette da interessi inconfessabili.


Riferimenti:

Magaldi: i falsi amici dei migranti che hanno piegato l’Italia

Fonte: http://www.libreidee.org/2018/07/magaldi-i-falsi-amici-dei-migranti-che-hanno-piegato-litalia/

Se ci sarà la possibilità che possa finire, un giorno, la tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo, lo si dovrà a Matteo Salvini – non certo ai finti progressisti che oggi lo contestano in modo violento e squadristico, pretendendo che ad accogliere i migranti sia la sola Italia, cioè il paese che il sedicente centrosinistra ha ridotto in bolletta, piegandosi ai signori europei del rigore e dello spread. Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e battistrada del cantiere politico per il “partito che serve all’Italia” (tavola rotonda a Roma il 14 luglio), difende a spada tratta il neo-ministro dell’interno. Tutte le polemiche pretestuose contro Salvini, premette Magaldi a “Colors Radio”, finiscono per portare acqua al suo mulino. «Se si è intellettualmente onesti, non si possono attribuire a Salvini aggettivi come xenofobo, razzista o fascistoide. Cos’ha fatto, Salvini? Quale sarebbe la sua grave colpa? Ha semplicemente costretto l’Europa a farsi carico, finalmente, di un problema che è europeo, prima che italiano». Tra parentesi: cos’hanno fatto, i governi precedenti, per il benessere dei derelitti, dei torturati e degli oppressi del continente africano? Assolutamente nulla: «Non c’è stata nessuna preoccupazione per la condizione di vita di queste persone, nemmeno quando dimoravano nel loro paese prima di essere costrette a fuggire». Diritti umani, questi sconosciuti: i finti progressisti vorrebbero che se ne facesse carico il solo Salvini, dopo che loro hanno ignorato per decenni il dramma dell’Africa?

Campioni mondiali di ipocrisia, i buonisti nostrani. Magaldi li definisce progressisti “sedicenti, finti, fasulli”. Se hai davvero a cuore i diritti umani – insiste – dovresti preoccuparti di farli rispettare innanzitutto nei paesi d’origine dei migranti. E invece, Gioele Magaldinessuno di quelli che oggi fanno la morale a Salvini ha mai lanciato «neppure una proposta politica, in sede nazionale ed europea, per un Piano Marshall risolutivo delle problematiche gravissime in cui versano parecchi popoli e Stati». Piuttosto s’è detto “fateli entrare, li accogliamo tutti in Italia”. Ammette Magaldi: Piacerebbe anche a me, la formula “accogliamoli tutti”, perché vorrebbe dire che l’Italia sarebbe in salute. Ma sarebbe un’altra Italia, impegnata a «fare piena occupazione, tutelando la dignità dei salari e delle pensioni, e quindi delle persone», cioè un paese «senza precarietà né disoccupazione, con un grande piano di opere pubbliche per rigenerare le infrastrutture». Allora la musica cambierebbe: «In quel caso sarebbe la benvenuta, la nuova manodopera da ogni paese, per essere inserita nel tessuto sociale italiano. Allora sì che tutti ne sarebbero contenti. Invece – sottolinea Magadi – siamo in un paese dove ci è stato raccontato da decenni che abbiamo “vissuto al di sopra delle nostre possibilità” e campato “sulle spalle delle future generazioni”». E’ per questo, ci viene ripetuto a reti unificate, che si applicano politiche di feroce austerità e «bisogna stare entro i parametri paranoidi offerti da quattro tecnocrati fasulli che lavorano per conto terzi nelle sedicenti istituzioni europee».

Questo è il contesto italiano di oggi: «Devi tirare la cinghia e stare attento ai numeri del bilancio, non puoi più fare spesa pubblica né gestire la tua moneta». La facoltà di spesa, ovviamente, permetterebbe di «risolvere crisi economiche importanti e dare nuova occupazione, ammodernare il paese e dare fiato all’economia». E in questa situazione catastrofica cosa si fa? «Si ammette una immigrazione che – in termini marxiani – fa aumentare l’offerta di manodopera poco qualificata». Marx l’avrebbe definito “esercito di riserva del capitale”, quello formato dagli immigrati, costretti a fare lavori sottocosto facendo quindi diminuire ulteriormente «la capacità di contrattazione dei lavoratori italiani, peraltro già sottopagati, precarizzati e sbattuti fuori dai posti di lavoro». E questo, aggiunge Magaldi, sarebbe il modo giusto di concepire un grande slancio umanitario a favore dell’umanità derelitta? E bravi finto-progressisti: non paghi di aver affossato l’Italia con l’euro-crisi, ora Thomas Sankaravorrebbero che il paese si accollasse – da solo – anche la disperazione degli africani, senza peraltro aver mai fatto niente di buono per l’Africa.

«A Salvini manca ancora la “pars construens” progressista», riconosce Magaldi, secondo cui «il Movimento Roosevelt la suggerirà alla Lega, ai 5 Stelle al governo gialloverde di Conte». La proposta? Un Piano Marshall per l’Africa e per il Medio Oriente, andando a risolvere i problemi alla fonte. «Ecco perché abbiamo immaginato nell’autunno a Milano un evento nel segno di Thomas Sankara». Il leader sovranista del Burkina Faso, assassinato nel 1987, sarà accostato a Carlo Rosselli, ideologo del socialismo liberale, e al premier svedese Olof Palme, promotore del più avanzato welfare progressista. Due europei e, non a caso, un centrafricano come Sankara: «Un grande statista africano – lo tratteggia Magaldi – le cui idee sono utili oggi, ancor più che ieri quando Sankara viveva, prima di essere brutalmente ucciso». Comunque, se Lega e 5 Stelle non hanno ancora dimostrato «uno slancio decisamente progressista» come quello dimostrato da Sankara – fautore di un’Africa libera, sovrana ed economicamente indipendente, non più sfruttata dall’Occidente post-coloniale – lo stesso governo Conte ha però fatto registrare un primo passo importante: costringere l’Unione Europea ad affrontare in modo serio, cioè collegiale, una tragedia come quella dell’emigrazione africana.  Di fatto, Salvini ha detto: visto che questo dell’immigrazione è un problema europeo, sarà bene che il resto dell’Europa smetta di fingere che sia soltanto un guaio che ricade sulle spalle della sola Italia.

«Le altre nazioni fanno come credono – aggiunge Magadli – ma nessuno dà dei razzisti xenofobi ai governanti spagnoli e francesi che sparano sui migranti, alzano muri e prendono a calci la gente alle frontiere». Aggiunge Magaldi: «In sostanza, Salvini ha detto: bene, per far capire che l’Italia finalmente ha un governo degno di questo nome, noi chiudiamo i porti. Non accettiamo più di farci carico da soli di questo problema, lo dobbiamo condividere in sede europea». E questo, sottolinea Magaldi, non lo fai con le chiacchiere: lo fai con i fatti. Per esempio: chiudendo i porti. «Salvini ha mostrato i muscoli, e il risultato deve far riflettere i finti progressisti: proprio la chiusura dei porti italiani ha indotto a più miti consigli questi ipocrici governanti europei che poi gridano alla “deriva fascistoide e xenofoba dell’Italia”. Questi sono i fatti, il resto sono chiacchiere». La crociata contro Salvini? «Oggi non ha senso spacciare la falsa moneta per cui, se si viene dalla Lega o dall’area del sedicente centrodestra, si è comunque sempre sotto esame di presunto fascismo o presunta xenofobia, mentre se si viene dal centrosinistra si è pronti per la santificazione umanitaria», conclude Magaldi. Troppo comodo, anche perché «il cosiddetto centrosinistra e il cosiddetto centrodestra, negli ultimi 25 anni, hanno fatta a gara nel non occuparsi dei diritti umani – né degli italiani, né tantomeno degli immigrati, che spesso vivono in condizioni infelici, di illegalità e sfruttamento».

Perù: riconosciuti i diritti territoriali delle tribù indigene incontattate

Fonte:  http://www.salvaleforeste.it/it/popoli-indigeni/4373-per%C3%B9-riconosciuti-i-diritti-territoriali-delle-trib%C3%B9-indigene-incontattate.html

Lo fa sapere Survival: il Perù creerà in Amazzonia due riserve per la protezione delle tribù incontattate, per un totale di oltre 2,5 milioni di ettari. È noto che nell’area compresa dalle nuove riserve Yavari Tapiche e Yavari Mirin – nello stato di Loreto, Perù nordorientale – vivono almeno sette diversi gruppi di tribù ancora non contattate dall’uomo bianco.Questa regione remota è sotto l’intensa pressione di prospezioni petrolifere, del taglio del legname e del progetto di una strada che potrebbe devastare le tribù. Coloro che vogliono sfruttare le risorse naturali dell’area negano da tempo l’esistenza di popoli incontattati in queste foreste, poiché la loro presenza potrebbe ostacolarne i progetti.

Le riserve sono cruciali per la sopravvivenza delle tribù incontattate: se la loro terra non sarà protetta, rischiano la catastrofe. Intere popolazioni vengono spazzate via dalla violenza di esterni che rubano loro terra e risorse. Già il semplice contatto con l’uomo bianco rischia di decimare queste popolazioni che non hanno difese immunitarie contro malattie che nel resto del mondo sono comuni e oramai innocue.

Il governo peruviano, tuttavia, non ha escluso ulteriori prospezioni petrolifere e si è anzi aggiudicato due concessioni all’interno delle due riserve Yavari Tapiche e Yavari Mirin.