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Gli scienziati cercheranno di aprire uno “STARGATE” verso Universi Paralleli

Fonte: https://www.segnidalcielo.it/gli-scienziati-cercheranno-di-aprire-uno-stargate-verso-universi-paralleli/

Gli scienziati dell’Oak Ridge National Laboratory metteranno alla prova una squadra di tecnici, ingegneri e fisici che li aiuterà a vedere gli universi paralleli per la prima volta, e forse uno potrebbe essere molto simile al nostro, con particelle, pianeti speculari e persino possibili specchi delle nostre vite.

Secondo un’intervista alla NBC di Leah Broussard, uno dei fisici a capo del progetto, questo sarà un tentativo di rivelare una realtà nascosta. La scoperta di universi paralleli potrebbe sembrare la storia di una serie di fantascienza, ma gli esperti hanno affermato in diverse occasioni che questo potrebbe essere un mezzo per spiegare i fenomeni fino ad ora rimasti senza spiegazione.

Tuttavia, ad oggi, non sono state trovate prove concrete dell’esistenza di un mondo parallelo ma ci si è limitati alle sole teorie. L’insieme di strani risultati che hanno ispirato questa nuova ricerca viene dagli anni Novanta, quando le particelle fisiche misuravano il tempo necessario a una particella di neutroni per decomporsi in protoni dopo aver eliminato il nucleo dell’atomo.

Due diversi studi hanno mostrato come i neutroni si sono decomposti a velocità diverse, piuttosto che alla pari, come è normale che accada. In uno, i neutroni liberi sono stati catturati dai campi magnetici e portati alle provette. Nell’altro, sono stati rilevati dall’aspetto di particelle di protoni da una corrente di reattore nucleare.

Queste particelle sparate nella corrente dal reattore nucleare hanno vissuto, in media, nove secondi in più rispetto a quelle rilevate nelle provette. Qualcosa che può sembrare minuscolo, ma per gli scienziati, è qualcosa che non dovrebbe accadere. Tuttavia, l’esistenza di un mondo speculare potrebbe offrire una spiegazione; che ci sono due vite di neutroni separate, e potrebbe essere che circa l’uno percento dei neutroni possa attraversare la “fessura” tra una realtà e l’altra ed emettere un protone rilevabile.

Il nuovo esperimento farà scoppiare un raggio di neutroni su un muro impenetrabile. Dall’altro lato, verrà posizionato un rilevatore di neutroni, che normalmente non dovrebbe rilevare nulla. Ma se fosse stato rilevato un neutrone, la teoria è che avrebbe potuto attraversare il muro “oscillando” da un mondo all’altro e apparire in questo universo, in particolare nel laboratorio del Tennessee. Il team installerà anche campi magnetici sui lati del muro, che potrebbero alterare la loro forza. Si prevede che alcune forze aiuteranno l’oscillazione delle particelle.

Sebbene la teoria e l’esperimento siano stati seriamente trattati, gli esperti non hanno speranza di trovare un universo parallelo. Tuttavia, se viene rilevato un neutrone sull’altro lato del muro, ciò potrebbe significare qualcosa di molto più profondo di quanto pensi. L’esistenza di universi paralleli, o mondi speculari, potrebbe anche spiegare altre anomalie, come la mancanza dell’isotopo di litio 7 nell’universo, che gli scienziati ritengono non essere fattibile con gli importi che il Big Bang avrebbe dovuto creare.

Gli immensi raggi cosmici di energia rilevati che provengono da oltre la nostra galassia, potrebbero anche essere spiegati attraverso gli universi paralleli. Anche se questa non è la prima volta che si fa un esperimento simile, è ancora incredibile che gli scienziati continuino a trovare modi per dimostrare l’esistenza di mondi paralleli

Produrre energia elettrica in discoteca: un’idea dall’Europa del Nord

Scritto da: Elena Carbotti
Fonte: https://www.soloecologia.it/18022019/produrre-energia-elettrica-in-discoteca-unidea-dalleuropa-del-nord/11861

Tutelare l’ambiente in discoteca: è possibile? Forse in futuro lo sarà, ad esempio con l’impiego di piste da ballo che generano elettricità mentre vengono calpestate da centinaia di persone.

Normalmente le discoteche non sono esattamente annoverate tra i luoghi più rispettosi dell’ambiente, anzi. Secondo i calcoli di alcuni esperti, una discoteca di media grandezza consuma durante un fine settimana la stessa quantità di elettricità di una normale abitazione in un anno intero. Ma nell’Europa del Nord dei nuovi progetti sembrano andare nella direzione di rendere le discoteche più ecofriendly. Il designer olandese Daan Roosegaard, ad esempio, è l’inventore della cosiddetta pista da ballo sostenibile. La pedana dovrebbe produrre elettricità attraverso il movimento esercitato dalle persone durante la danza, diventando così un vero e proprio generatore di energia. L’idea piace molto anche in Germania, dove sono in atto valutazioni per implementarla in alcuni dei più famosi club di Berlino. Al momento la tecnologia è ancora molto costosa, ma avrebbe un valore aggiunto: quello di incoraggiare un alto numero di persone (giovani!) a partecipare attivamente alla protezione dell’ambiente. Il lancio delle prime discoteche “verdi” potrebbe diventare un modello di riferimento per il resto del mondo.

Detto questo, ci sono anche altri modi in cui i gestori delle discoteche possono risparmiare energia e rendere i loro locali più ecocompatibili: ad esempio utilizzare luci e tecnologie per il risparmio energetico, escogitare dei metodi per ridurre al massimo il consumo di acqua e la produzione di rifiuti.

 

Lampioni stradali a LED: deleteri per gli insetti?

Scritto da: Elena Carbotti
Fonte: https://www.soloecologia.it/27082018/lampioni-stradali-a-led-deleteri-per-gli-insetti/11574

Da tempo sappiamo che i LED sono più economici e duraturi delle lampade tradizionali. I lampioni da giardino a LED ad energia solare sono ormai presenti in quasi tutti i giardini e hanno un loro perché: i moduli fotovoltaici caricano le batterie durante il giorno e i sensori integrati accendono automaticamente le luci quando scende il buio. Tuttavia queste fonti di illuminazione emanano una luce molto intensa che per certi versi trasforma la notte in giorno. La loro luce bianca con un alto contenuto di blu è particolarmente attraente per gli insetti. Alcuni studiosi dell’università tedesca di Potsdam, guidati dalla professoressa Jana Eccard hanno effettuato degli esperimenti per per scoprire in che misura l’illuminazione a LED sta cambiando le proporzioni della fauna.

Nel regno animale gli insetti sono le specie più spiccatamente influenzate dall’illuminazione a LED. Negli occhi di molti insetti sono presenti delle proteine ​​sensibili alla luce. Sappiamo bene che la popolazione di api e farfalle è diminuita drasticamente negli ultimi decenni. Spesso si dà la colpa all’agricoltura intensiva, maanche l’aumento dell’inquinamento luminoso è una causa di questa moria. Nel loro studio, i sopracitati biologi hanno dimostrato che vi sono fondamentalmente due diverse reazioni alla luce: le specie diurne sono attratte dalle lampade e tendono ad accumularsi nell’area illuminata – diventando più facile preda di ragni, formiche, anfibi, pipistrelli e uccelli. Le specie notturne, invece, cessano tutte le loro attività quando è presente l’illuminazione (non cercano il cibo e non procreano, bensì restano immobili), diventando così facili prede per altri animali. La luce artificiale può quindi favorire le specie in grado di estendere la loro attività nella notte, mentre le specie strettamente notturne tendono a perdere la loro nicchia temporale di attività.

La raccomandazione è dunque: utilizzare i LED con cautela per evitare danni agli animali notturni, ad esempio spegnendo quelli da giardino prima di andare a letto . Gli studiosi raccomandano anche ai produttori di LED di iniziare cambiare la temperatura di colore dei diodi emettitori di luce portandoli su valori bianchi caldi, che sono più gradevoli per gli esseri umani e meno attraenti per gli insetti.

24Bottles, l’alternativa sostenibile alle bottiglie di plastica. Intervista ai fondatori Matteo Melotti e Giovanni Randazzo

Scritto da: Lucia Lenci
Fonte: http://www.green.it/24bottles-lalternativa-sostenibile-alle-bottiglie-plastica-intervista-ai-fondatori-matteo-melotti-giovanni-randazzo/

Secondo le stime, ogni anno più del 30% della plastica prodotta viene dispersa nell’ambiente, impattando gravemente sull’habitat naturale e sulla biodiversità. In questo scenario, il consumo di bottiglie di plastica è in crescita e, numeri alla mano, l’Italia detiene il primato del più alto consumo di acqua in bottiglia, con 208 litri di acqua bevuti. Produrre, trasportare e riciclare le bottiglie di plastica è costoso, sia in termini economici che ambientali. La situazione ha spinto anche la Commissione Europea a ridefinire la direttiva sulle acque potabili, stilando un programma per garantire maggiori informazioni e puntando alla sensibilizzazione dei cittadini. L’obiettivo a lungo termine è ridurre, entro il 2030, i 25 milioni di tonnellate di plastica consumati annualmente nel territorio dell’Unione, fissando al 30% la percentuale del riciclo. Ma com’è possibile risolvere il problema? Ne abbiamo parlato con Matteo Melotti e Giovanni Randazzo, fondatori di 24Bottles, brand italiano di design che contribuisce alla diminuzione del consumo di plastica con una bottiglia alla moda, leggera e sostenibile in acciaio 18/8.

Da dove nasce l’idea di creare 24Bottles?

Ci siamo incontrati lavorando in banca e siamo diventati amici da subito. In uno dei nostri viaggi insieme, abbiamo visitato una meravigliosa baia siciliana il cui paesaggio era stato rovinato da sacchi di immondizia e  rifiuti abbandonati sia lungo i sentieri che sulla spiaggia. Da lì è nato il desiderio di impattare positivamente nella vita delle persone, contribuendo alla risoluzione del problema ambientale che affligge il Pianeta.

L’insoddisfazione sul posto di lavoro ci ha dato la spinta finale per fare il grande passo. Abbiamo iniziato informandoci per capire quale fosse il prodotto ideale che combinasse i nostri obiettivi: eco-sostenibilità, rispetto dell’ambiente e influenzare le abitudini della comunità sociale.

24Bottles

Le bottiglie 24Bottles coniugano la sostenibilità ambientale al design, cosa volete comunicare?

Le bottiglie sono il veicolo attraverso il quale esprimiamo i nostri valori e quelli della nostra community. Da subito abbiamo fatto in modo di coniugare il lato estetico al principio etico, facendo leva sul primo per raggiungere dei risultati in termini di buone abitudini e rispetto dell’ambiente. L’idea della bottiglia riutilizzabile ovviamente non è originale, ma originali sono il design e la qualità dei nostri prodotti. Abbiamo cercato di portare la borraccia fuori dall’immaginario “outdoor”, creando delle bottiglie dal design elegante che si adattassero alle esigenze della vita e allo stile della città. Per questo, per esempio, abbiamo fatto in modo di ridurre al minimo il peso delle bottiglie, in modo che siano davvero comode e facili da portare sempre con sé.

La ricerca dei materiali rende il vostro prodotto unico e ricercato, raccontateci come nascono le bottiglie 24Bottles e il loro impatto sull’ambiente.

I nostri originali design nascono principalmente da lunghi brainstorming in cui ci confrontiamo per cercare di rispondere ad una specifica necessità. L’impatto dei rifiuti plastici, in particolare degli oggetti e imballaggi usa e getta, è grave ed allarmante. Il nostro obiettivo è contribuire a diminuire lo spreco e il consumo di bottiglie di plastica, innescando abitudini responsabili che tengano conto dell’ambiente. Siamo partiti dalla produzione, spesso sottovalutata, che invece ha un ruolo predominante in termini di impatto ambientale. Basti pensare che la produzione di una singola bottiglia di plastica da 500ml genera 80 grammi di CO2 nell’atmosfera. Per questo sulle nostre Urban Bottle si trova il numero -0,08: sta a indicare la CO2 che si evita di disperdere nell’ambiente ogni volta che si riempie la nostra bottiglia.

24Bottles

A questo proposito, in che modo bilanciate l’impatto ambientale dei vostri processi produttivi?

Abbiamo coinvolto un ente certificatore indipendente per valutare l’impatto ambientale dei nostri prodotti. Una volta avuto il risultato in mano abbiamo considerato diverse opzioni per compensare la CO2. Ad oggi ci siamo appoggiati a Treedom, società attraverso la quale abbiamo creato una foresta di 1500 alberi su 5 diversi paesi. Oxygen, questo il nome della nostra foresta, azzera l’impatto ambientale dei nostri prodotti. Inoltre, Treedom coinvolge la comunità locale, creando lavoro nei paesi in cui sono presenti i nostri alberi.  La gestione è infatti affidata ai contadini che ovviamente possono sfruttare e godersi i frutti, veri e propri, del loro lavoro per avviare le proprie attività commerciali dove c’è più bisogno.

In che modo 24Bottles fa la differenza?

A livello pratico cerchiamo di proporre sempre la soluzione più semplice e comoda per risolvere un problema. Le nostre bottiglie in acciaio sono le più leggere sul mercato: tutti possono portarsela dietro senza sentirne il peso. Inoltre, siamo gli unici a proporre prodotti completamente a impatto zero grazie alla compensazione della CO2. E soprattutto, a differenza di altri brand, i nostri design sono originali, studiati e realizzati da noi dalla A alla Z in modo da poter perfezionare i nostri prodotti in qualsiasi momento per venire incontro alle esigenze del nostro pubblico.

24Bottles

Quali sono gli ostacoli principali che un’azienda come la vostra, attenta alla sostenibilità ambientale, incontra?

Entrambi proveniamo da settori lontani dal mondo del design industriale e della moda. Inizialmente non avevamo nessun tipo di conoscenza del settore retail e di cosa significasse fare impresa. Ciò che ci ha consentito di crescere sono state una vision molto limpida e una grande passione. Tuttavia, il vero ostacolo è stato riuscire a entrare nel mercato italiano, essendoci dovuti creare uno nostro spazio da zero. L’Italia è stato infatti un paese ostico da coinvolgere perché, dati alla mano, è da sempre uno dei maggiori consumatori di acqua in bottiglia. Nel nord Europa, ad esempio in Germania, siamo riusciti a farci notare permettendoci di crescere da subito. Oggi abbiamo un ottimo riscontro anche nel nostro paese, grazie alla qualità, al passaparola e alla comunicazione sui social.

Quali sono le vostre prospettive future?

La nostra priorità è diventare sempre più efficienti e specializzati: vogliamo consolidare la nostra esperienza e diventare un punto di riferimento nel mondo per quanto riguarda le bottiglie in acciaio. Attualmente stiamo lavorando a nuove linee di bottiglie, nuovi colori, nuove fantasie e nuovi accessori. Cerchiamo di proporre qualcosa di nuovo almeno ogni 6 mesi in corrispondenza delle stagioni della moda, perché prima di tutto noi ci consideriamo tali. Inoltre a livello di mercato, abbiamo cominciato a distribuire i nostri prodotti in Asia e in Australia. Per il prossimo futuro il grande salto sarà entrare nel competitivo mercato Usa.

Machine learning in sanità: al via un progetto innovativo in Veneto

Scritto da: Cristina Da Rold
Fonte: https://oggiscienza.it/2018/05/25/machine-learning-sanita/

Un algoritmo per estrarre informazioni cliniche: al Google Cloud Summit di Milano Noovle e Arsenàl.IT presentano una ricerca per innovare la sanità

SALUTE – Una finalità del fascicolo sanitario elettronico, definita dalla normativa nazionale DPCM n.178 del 29 settembre 2015 “Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico“, ma di cui si parla sempre poco è quella della ricerca scientifica. Con la messa a regime del Fascicolo Sanitario Regionale si sono rese disponibili una serie di informazioni raccolte all’interno dei documenti sia in formato strutturato, come il referto di laboratorio, sia non strutturato, come per esempio le lettere di dimissione ospedaliera in formato PDF. Documenti che aggregano moltissime informazioni, che grazie alla tecnologia potrebbero essere estrapolate dai documenti, anonimizzate e utilizzate singolarmente per studi epidemiologici. Ieri a Milano in occasione del Google Cloud Summit è stato presentato un innovativo progetto made in Veneto per testare l’utilizzo di algoritmi di Machine Learning proprio per classificare automaticamente i documenti clinici digitali ed estrarre da quelli non strutturati il maggior numero possibile di informazioni cliniche significative. Il progetto è nato in collaborazione tra Noovle e Consorzio Arsenàl.IT, che dal 2012 su mandato di Regione Veneto e Azienda Zero coordina il progetto fascicolo sanitario elettronico regionale (FSEr).

“L’obiettivo è duplice: da un lato capire quanto e come gli algoritmi di Machine Learning e le soluzioni di Artificial Intelligence sviluppati in altri ambiti siano applicabili a quello clinico sanitario; dall’altro sviluppare un preciso algoritmo di Machine Learning da trasformare in servizi collegati al FSEr, capaci di offrire un valore aggiunto sia all’ambito clinico, sviluppando applicazioni di supporto alle decisioni cliniche, sia a quello della governance regionale (medicina di popolazione, prevenzione, ecc.)” spiega Lorenzo Gubian, CIO di Azienda Zero. “La ricaduta e le potenzialità che i risultati della ricerca potranno avere dalla medicina predittiva e preventiva, offrendo vantaggi a tutta la popolazione, sono facilmente intuibili. Per fare questo abbiamo scelto di usare la Google Cloud Platform, che a oggi è uno dei partner tecnologici che offre una suite di strumenti/tools più all’avanguardia nelle tematiche del Machine Learning e Artificial Intelligence. A questo si aggiunge la preziosa partnership con Noovle, che in quanto partner commerciale ha un expertise nell’uso degli strumenti della Google Cloud Platform molto avanzato”.

I risultati del progetto, che si concluderà entro fine 2018, saranno resi noti dopo l’analisi accurata dell’applicazione dell’algoritmo in fase di studio ad oltre 70.000 lettere di dimissione ospedaliera. Allo stato attuale i documenti presenti nel FSEr Veneto sono circa 193.600.000 dei quali oltre 5.600.000 non strutturati. Di questi fanno parte 540.000 lettere di dimissione ospedaliera, pari a oltre 1.200 al giorno.

L’algoritmo sarà capace di ricavare elementi utili a definire una diagnosi, permettendo di implementare un sistema di classificazione automatica delle Lettere di Dimissione Ospedaliera, utilizzando tecniche di Machine Learning con l’identificazione automatica di diagnosi presenti nel documento. “In particolare – continua Gubian – ci si è soffermati sull’individuazione di alcune delle sezioni che compongono il documento (motivo del ricovero, inquadramento clinico iniziale, descrizione clinica alla dimissione) con l’obiettivo finale di identificare automaticamente le diagnosi presenti secondo la codifica internazionale ICD-9-CM.”