Licia Colò confessa… Non vedo grande futuro per il nostro pianeta E nemmeno per la Tv…

Fonte: Il giornale di Vicenza

Sorriso incantatore, sguardo magnetico. Licia Colò, 48 anni in luglio, è ridiventata un po’ bambina quando è nata la sua Liala, peperina di 5 anni che parla già inglese, in braccio all’aitante papà Alessandro Antonino. L’altra sera a villa Sesso Schiavo di Sandrigo la conduttrice di origini veronesi ha ricevuto il premio Basilica Palladiana, assegnato dalla Pro loco ai veneti che si sono distinti nel loro lavoro e che del Veneto amano le tradizioni. In una cornice di danza acrobatica, musica e show materializzatisi tra gli alberi, Licia Colò ha ribadito la sua vocazione primaria: «La difesa della natura».
Riparte il 3 ottobre la sua trasmissione a Raitre. Novità?
“Alle falde del Kilimangiaro” farà una diretta fino alle 19 e puntiamo molto sull’attualità: ci occuperemo dei minatori prigionieri della terra in Cile, sul posto tra mamme e figli. Dovrebbero tirarli fuori a giorni e saremo lì al conto alla rovescia. Il programma è una finestra di storie solari ed allegre ma anche drammatiche come questa. Non è più spettacolo. Per il resto continuiamo con i reportage e i filmati degli spettatori.
Dopo 10 anni è cambiato il suo modo di raccontare il mondo?
Non vedo grande futuro per il nostro pianeta. Sono appena rientrata dal Kenia dove abbiamo girato quattro prime serate sugli animali in onda in gennaio. Stando nei parchi più belli d’Africa ho realizzato che ormai la natura è nelle riserve… come quelle indiane. La spazzatura ha invaso tutto, c’è plastica perfino nel Sahara.
Negli oceani i cetacei spiaggiano con sacchetti nella pancia. Il mondo non è infinito, lo stiamo consumando. Il petrolio fuoriesce in Messico ed è lontano? Ma non è lontano, è piccola la Terra che stiamo saturando.
Ai suoi telespettatori che messaggi manda?
Chi apre gli occhi deve essere attento ai comportamenti. L’inquinamento non è la spazzatura di Napoli, non solo. A Roma, io abito un po’ fuori, quando vado in redazione vedo i cartelloni luminosi che annunciano “l’aria è accettabile”…ma quando non lo è che facciamo, non respiriamo più? 17 delle 30 città più inquinate d’Europa sono italiane, riflettiamo.
La Tv che ruolo può giocare?La Tv è finita, quella che conoscevo io 30 anni fa non c’è più. Ho lavorato in Mediaset e in Rai con criteri che oggi sono scomparsi. Ci sono talmente tanti canali che non si può più parlare di televisione al singolare.
La qualità dei programmi è calata, gli investimenti sono decimati e fare produzioni di livello è impossibile. Me ne sono accorta quando è nata Liala, ho dovuto ricorrere ai canali tematici perchè non vedesse schifezze.
La Tv di oggi non dà valori che sono poi quello che resta nella vita di una persona.
“Alle falde del Kilimangiaro” è allora…
Un programma che ha visto scendere gli ascolti ma meno di altre trasmissioni, e che ha almeno un milione e mezzo di amici ogni domenica. Cerchiamo di sgomitare per l’audience perchè quello lo cerca chi ha tronisti, veline e transessuali in studio.
Vorrebbe fare cose diverse?
Mi ritengo un medico specialista, ho scelto la natura che non è il mio lavoro ma il mio credo e di conseguenza ecco i viaggi per 9 mesi l’anno. Ciò non toglie che potrei fare altro, ad esempio un varietà spiritoso, ma tempo oggi non ne ho più, sono anche direttore di un quotidiano on line sugli animali. Più amici o nemici?
Io non sono integralista anche se i cacciatori mi odiano perchè non accetto l’uccisione per divertimento. E non mi piacciono nemmeno gli animalisti dai messaggi esasperati. Ciò che mi innervosisce seriamente è quando dicono o scrivono che faccio l’ambientalista perchè mi conviene per lavoro. Niente di più falso. Pensi che spesso viene fuori anche la storia che lavoro in Rai perchè mi chiamo Colò come il famoso campione di sci… che non ho mai conosciuto.

Il sogno di Elisany, la ragazza più alta del mondo: diventare una modella

Ha soltanto 14 anni, è alta 2,06 metri e cresce ancora. A scoprirla sono stati i media brasiliani
Di Elmar Burchia
 
I genitori sono troppo poveri per farla visitare da uno specialista
Il sogno di Elisany, la ragazza più alta
del mondo: diventare una modella
Ha soltanto 14 anni, è alta 2,06 metri e cresce ancora. A scoprirla sono stati i media brasiliani.
Capelli castani, occhi color nocciola, fisico statuario e gambe lunghissime. Elisany Silva ha quattordici anni, ma non è una teenager qualsiasi: è l’adolescente più alta al mondo. Elisany infatti è alta circa due metri e sei centimetri. A scoprirla sono stati i media brasiliani che hanno raccontato la sua storia. Una storia fatta di problemi fisici, di discriminazioni per colpa della incredibile altezza ma anche di sogni. Uno su tutti: diventare una modella. A settembre debutterà in una sfilata per abiti da sposa. Le sue dimensioni sono da record: 2,06 metri, un’altezza che a soli 14 anni le è valso il titolo di teenager più alta del mondo. Cresciuta in una modesta casa di Ajuruteua, una piccola cittadina nello stato brasiliano di Pará, Elisany fin da piccola è stata sempre la benimanina in famiglia. Dei sette fratelli lei è però l’unica che ha cominciato a crescere a dismisura dall’età di 11 anni.

La sua statura le ha creato non pochi problemi: per esempio, due anni fa ha dovuto lasciare la scuola elementare perché non entrava più nello scuolabus. Ha avuto problemi fisici, con perenni emicranie. In casa deve continuamente fare attenzione per non sbattere la testa contro il soffitto, e fa fatica a dormire perché il letto è troppo corto. «Purtroppo i miei genitori non hanno i soldi sufficienti per le medicine o per specialisti che possano determinare quale sia la mia malattia. Per questi motivi vorrei cominciare una nuova vita e lavorare come modella», ha spiegato l’adolescente.
Secondo gli esperti contattati dai giornali brasiliani, la giovane soffrirebbe di gigantismo, ovvero di una eccessiva secrezione dell’ormone della crescita, la somatotropina. Elisany cresce in altezza fino a 15 centimetri ogni anno. Il suo sogno non è tuttavia quello di diventare una giocatrice di pallavolo o di pallacanestro, come molte sue coetanee, bensì una modella affermata in tutto il mondo. Ora la sua triste storia, pubblicata su numerosi giornali del Paese e trasmessa con un documentario in tv, ha centrato il bersaglio: a settembre debutterà come modella in una sfilata per abiti da sposa organizzata nella città di Belem, qualche giorno prima del suo 15esimo compleanno.
In Brasile, un Paese di 190 milioni di abitanti, Elisany non è però un caso isolato: quasi tre anni fa fece notizia la vicenda del 25enne José Cristovão da Silva, con un’altezza misurata allora in 2,24 metri. José soffre effettivamente della rara malattia conosciuta come acromegalia. Solo un costante trattamento medico è in grado di ridurre la produzione di ormoni, ma una simile terapia può costare fino a 3000 euro al mese. Ciò nonostante, José non detiene il record di persona più alta del Sudamerica: prima di lui c’è il 24enne Joélisson Fernandes da Silva, con i suoi 2,29 metri. In tutti e tre i casi il cognome Silva è però pura coincidenza: non sono parenti tra loro.

Tanzania: il Serengeti rischia di essere spaccato in due

Autore: Lino Bottaro
di Romina Arena – 24/09/2010 – Fonte: il cambiamento

Il Serengeti, il parco tanzaniano dove ogni anno si ripete la meravigliosa e straziante migrazione degli gnu, rischia di essere spaccato in due da una superstrada commerciale che il Governo ha intenzione di mettere in cantiere nel 2012. Insieme al progresso che avanza, migliaia di animali rischiano di scomparire, tagliati fuori dalle zone di approvvigionamento di acqua. Un rischio troppo alto per la biodiversità.Il Serengeti rischia di essere sventrato da una strada commerciale che il Governo ha intenzione di mettere in cantiere nel 2012.

Il Serengeti, uno dei parchi più spettacolari e importanti del Pianeta, nel quale si concentrano i famosi ‘big five’, ovvero i 5 grandi animali d’Africa (l’elefante, il leone, il leopardo, il rinoceronte e il bufalo) è messo a dura prova dal governo tanzaniano che ha in programma la costruzione di una superstrada commerciale.
Il Parco è anche l’area nella quale si può assistere alla più massiccia e anche straziante delle migrazioni, quella degli gnu, che attraversano il fiume Grumeti per raggiungere il Masai Mara in Kenia.
Il tracciato della strada, che taglierà in due il Parco, collegherà il più velocemente possibile molti centri che circondano il Serengeti, tra cui città importanti dell’Africa orientale come Mombasa, Dar es Salaam o Tanga con i Paesi del Centrafrica, ma creerà anche enormi problemi all’ecosistema della zona.
La zona a nord del Serengeti ed il vicino Masai Mara sono fondamentali per la sopravvivenza delle zebre e degli gnu che vi migrano durante la stagione secca poiché assicurano loro acqua tutto l’anno. Secondo uno studio della Frankfurt Zoological Society se gli animali fossero privati delle loro naturali aree di sopravvivenza il numero degli esemplari crollerebbe dal milione e 300 mila attuali a circa 200.000 poiché la strada impedirebbe loro di raggiungere le aree di pascolo e di riproduzione.
Nel parco si può assistere alla migrazione degli gnu che attraversano il fiume Grumeti per raggiungere il Masai Mara in Kenia.
Programmare un percorso viabile così controverso tra l’altro contravverrebbe la raccomandazione fatta dall’Unesco affinché le strade non passino attraverso qualsiasi parco nazionale o Patrimonio dell’umanità.
La costruzione della strada implicherebbe, di conseguenza, anche la necessità di alzare recinzioni per evitare incidenti: ostacoli insormontabili per gnu, zebre ed elefanti che non potrebbero raggiungere l’unica fonte di acqua dolce disponibile durante la stagione secca: il fiume Mara. Gli esempi nefasti, purtroppo, non mancano: le recinzioni hanno già fermato le migrazioni di gnu e zebre in Botswana e in Canada la migrazione dell’alce nel Banff National Park è stata compromessa dalla realizzazione di una strada.
Il timore concreto, quindi, è che, qualora la strada si trasformasse in un’arteria commerciale fondamentale (com’è effettivamente nel suo poteziale), il traffico dei mezzi pesanti possa mettere a repentaglio la vita della fauna selvaggia con il conseguente allontanamento degli animali da quelle zone. La morte accidentale di una femmina di leopardo sarebbe un danno incalcolabile se si pensa che tra questi mammiferi il tasso di mortalità dei cuccioli è pari al 90%.
La zona a nord del Serengeti ed il vicino Masai Mara sono fondamentali per la sopravvivenza delle zebre e degli gnu
Inoltre, secondo Christof Schenck, direttore della Frankfurt Zoological Society, la strada sarebbe anche la via più breve per la trasmissione di malattie e piante infestanti. Pochi semi, caduti dai mezzi di trasporto, potrebbero diffondere pollini che entrerebbero in competizione con quelli autoctoni, fino a determinarne la scomparsa.
Non da ultimo, una strada facilmente percorribile attirerebbe nel Serengeti interessi tutt’altro che nobili come, ad esempio, le attività di bracconaggio.
Ma allora perché rischiare di bissare uno scempio già commesso altrove? Una soluzione alternativa e meno traumatica sarebbe quella di ‘bypassare’ il Serengeti aggirandolo a sud, con la costruzione di un collegamento asfaltato da Karatu all’esistente Shinyanga-Musoma Road, una strada che servirebbe addirittura 5 volte più abitanti di quella progettata a nord e collegherebbe gli stessi principali centri regionali, salvando la biodiversità e l’incredibile bellezza del Serengeti.
Nonostante le numerose mobilitazioni di Ong ed istituzioni che hanno a cuore la salvaguardia della biodiversità, la Tanzania va avanti nello sviluppo del suo programma, annunciando che i lavori di costruzione della strada potrebbero iniziare già nel 2012.

Lo zucchero é un veleno?

Autore: Lino Bottaro
Fonte: pensiero laterale

Lo zucchero bianco, o saccarosio, è un vero e proprio veleno che crea dipendenza, al pari di una droga, e impoverisce la riserva di minerali del nostro organismo.

Già il solo processo produttivo chiarisce molto la natura di questa sostanza:  lo zucchero bianco viene sottoposto ad una serie di complesse trasformazioni industriali, tra cui la depurazione con latte di calcio che provoca la perdita di sostanze organiche, enzimi e sali. Poi, per eliminare la calce in eccesso, il succo zuccherino viene trattato con anidride carbonica, poi con il velenoso acido solforoso per eliminare il colore scuro.

Successivamente viene filtrato e decolorato con carbone animale e, per eliminare gli ultimi riflessi giallognoli, viene trattato con il blu oltremare o il blu idantrene (proveniente dal catrame e quindi cancerogeno).

Rimane una sostanza bianca cristallina senza vitamine, sali minerali, enzimi e oligoelementi che si dimostra causare stress pancreatico, demineralizzazione ossea, fermentazioni intestinali e gas, alterazione della flora batterica, alti e bassi glicemici con vere e proprie forme di dipendenza, aggressività nei bambini e molti altri problemi. [1]

E’ una sostanza che crea forte acidificazione del sangue, che il nostro organismo, per mantenere il PH ad un livello accettabile, è costretto a tamponare ricorrendo alle proprie riserve di sali minerali.

Di conseguenza il nostro corpo, privato di preziose sostanze minerali, manifesta una serie di sintomi, che vanno dalla caduta dei capelli all’accumulo di scorie sotto forma di cuscinetti di adipe, cellulite e ritenzione idrica. [2]

Molte malattie della civiltà moderna sono dovute ad un eccesso di zucchero nell’alimentazione. La depressione è spesso favorita da un eccesso di zucchero, così come tutte le forme di candidosi e le varie infezioni ginecologiche.

Ma, essendo appunto una droga, il saccarosio e le preparazioni alimentari che lo contengono non si possono eliminare di punto in bianco senza soffrire di violente crisi di astinenza. Bisogna allora prendere una serie di accorgimenti ed usare degli espedienti per riportare l’organismo sulla strada naturale senza pericolo di ricadute (il classico tuffo notturno nella nutella dovuto ad astinenza!).

Mentre tutti gli alimenti a base di saccarosio sono dannosi e acidificano il corpo, il fruttosio è lo zucchero naturale più adatto all’uomo, ed ha un effetto alcalinizzante, che contribuisce alla salute.

Naturalmente solo il fruttosio contenuto nella frutta, fresca o essiccata, ha un effetto benefico. Quella polverina bianca che viene venduta, spesso anche nei negozi di alimenti naturali, non è certo il fruttosio che si assume mangiando della buona frutta matura, ed è da evitare al pari del saccarosio.

Per cui il mio consiglio è di fare scorta di frutta fresca biologica (di tutti i tipi e secondo i propri gusti) e mangiarne senza limitazioni quando si sente il morso lancinante della carenza di saccarosio.

Utilissima, e dai validi effetti depurativi, è la frutta secca: fichi, uva passa, datteri. È importante però che sia assolutamente di origine biologica, perché nella frutta secca industriale è sempre presente anidride solforosa, un veleno usato come conservante che annulla tutti gli effetti benefici dell’alimento.

Le banane molto mature hanno un alto apporto di fruttosio, e possono essere un valido “pronto soccorso” per le crisi improvvise di astinenza.

Ottima alternativa, per chi teme gli effetti lassativi delle fibre, sono i centrifugati di frutta. Ricchi di sali minerali e vitamine, possono essere integrati con l’aggiunta di carote e sedano, verdure alcalinizzanti che ben si sposano con la frutta.

Si può e si deve mangiare frutta ogni volta che si sente il bisogno di dolce. Senza tenere in alcun conto le calorie (un parametro che non ha alcun valore ai fini della depurazione del corpo) perchè quello che conta è eliminare la dipendenza per trasformarla in una alimentazione sana.

Il corpo, quando è in buona salute perché ben alimentato, sa come eliminare quello che è superfluo, e spesso il senso di fame diminuisce gradualmente quando si passa ad una alimentazione sana e benefica.

Se proprio non si riesce ad evitare l’uso del saccarosio, ad esempio nel caffé o nel the, allora il consiglio è di sostituirlo con dello zucchero di canna grezzo, quello scuro ricco di melassa, oppure usare sciroppo di acero o di agave.

Ero un drogato di zucchero e dolci, eppure con questi semplici piccoli accorgimenti ho eliminato in meno di due mesi una dipendenza che durava dall’infanzia, con benefici notevoli per il mio corpo.

[1] http://www.broussais.it/sezione-7-sottosezione-63-id-72-nutrizione-superiore.htm

[2] Peter Jentschura – La Salute Attraverso l’Eliminazione delle Scorie – 2006

Alimentazione: in crisi fast food con boom dei farmers market

Autore: Jacopo Castellini
Fonte: Coldiretti

La notizia rende evidente come l’ineluttabilità della globalizzazione e il dogma dell’assoluta interdipendenza (o meglio, eterodipendenza) dei mercati sia solo un’invenzione propagandistica del sistema mediatico e accademico. Chi decide è sempre ognuno di noi, consciamente o no.  Sono lieto, ancora una volta, di vedere che il popolo è sempre migliore e più intelligente dei suoi vertici, siano essi politici, economici o accademici. Continuiamo così e fra qualche anno la globalizzazione e la Grande Distribuzione Organizzata saranno un ricordo di un passato preistorico di inciviltà e decadenza.

2 Settembre 2010 – Yahoo

La crisi del fast food con la messa in vendita del colosso statunitense Burger King è la conferma di un cambiamento in atto nelle abitudini alimentari anche negli Usa dove negli ultimi dieci anni sono piu’ che raddoppiati i mercati degli agricoltori dove comprare prodotti locali di grande qualità alternativi ai menù globalizzati. E’ quanto afferma la Coldiretti che, nel commentare le difficoltà che sta incontrando la catena di Fast Food, sottolinea che negli Stati uniti sono aperti 6132 mercati degli agricoltori in aumento del 16 per cento rispetto allo scorso anno.

Una tendenza sostenuta dalla stessa amministrazione Obama che ha avviato numerose iniziative contro il cibo spazzatura e a favore di stili di vita sani che vanno dall’obbligo ad indicare il conto delle calorie nei menu’ offerti da oltre 200mila catene di fast food, ristoranti e take away previsto dalla riforma sanitaria alla coltivazione di un orto alla Casa Bianca nelle cui prossimità è stato aperto anche un farmers market per favorire l’offerta di cibi freschi e genuini provenienti dalla campagna.

Anche in Italia si registra il successo di esperienze di vendita di prodotti locali rispetto ai quello delle multinazionali come McDonald’s con il 54 per cento degli italiani preferisce acquistare prodotti alimentari locali e artigianali che battono nettamente le grandi marche, che si fermano al 12 per cento, secondo una indagine Coldiretti/Swg. Secondo l’indagine per il 29 per cento degli italiani la scelta tra le due tipologie di prodotto dipende dalla qualità, mentre per il 5 per cento dal prezzo. Si tratta di una opinione confermata da un vero boom degli acquisti diretti dai produttori dove compra regolarmente l’11 per cento degli italiani e ben il 47 per cento ha dichiarato di farlo almeno qualche volta durante l’anno.

La spesa in cantine, malghe o frantoi per acquistare direttamente dai produttori vini, ortofrutta, olio, formaggi, e altre specialità supererà nel 2010 i 3 miliardi di euro secondo e coinvolge 63mila imprese agricole attraverso spacci aziendali, chioschi, bancarelle, sagre e oltre 500 mercati degli agricoltori di Campagna Amica. L’acquisto di un alimento direttamente dal produttore è una opportunità per conoscere non solo il prodotto ma anche la storia, la cultura e le tradizione che racchiude dalle parole di chi a contribuito a conservare un patrimonio che spesso non ha nulla da invidiare alle bellezze artistiche e naturali del territorio nazionale. Si tratta di un fenomeno in controtendenza rispetto alla crisi generale perché concilia la necessità di risparmiare con quella di garantirsi la sicurezza del cibo.

Olindo del Pretto: E=mc2

Da molto tempo è risaputo che il probabile vero creatore della celebre formula non è Einstein….Qui di seguito un articolo apparso sul corriere della sera nel 2007.
Sul celebre industriale Vicentino si trova una vasta letteratura navigando in Iternet…

Scritto da: Simona Marchetti 
Fonte:Il Corriere della sera

La celebre equazione sarebbe stata anticipata nel 1903 da De Pretto

 

E=mc2: “Tutto merito dell’italiano Olinto”
La tesi di un docente di matematica dell’Università di Perugia, ripresa dal quotidiano britannico “The Guardian”

 MILANO – L’equazione della relatività di Einstein non sarebbe, in realtà, di Albert Einstein, bensì di un matematico autodidatta italiano, Olinto De Pretto. La sconcertante rivelazione arriva dal serissimo giornale inglese “Guardian” che già otto anni fa aveva raccontato la genesi della celebre formula della relatività (il tempo e il movimento sono relativi alla posizione dell’osservatore, se la velocità della luce è costante), altrimenti conosciuta come E=mc2 (l’energia è uguale al prodotto della massa per il quadrato della velocità della luce) e che nell’edizione di martedì scorso ha riproposto la controversa questione circa la primogenitura dell’equazione forse più famosa al mondo.

Stando a quanto si racconta, il 23 novembre del 1903 l’italiano De Pretto, un industriale di Vicenza con la passione per la matematica, avrebbe pubblicato sulla rivista scientifica Atte un articolo dal titolo “Ipotesi dell’etere nella vita dell’Universo”, in cui sosteneva che “la materia di un corpo contiene una quantità di energia rappresentata dall’intera massa del corpo, che si muovesse alla medesima velocità delle singole particelle”. Insomma, la celebre E=mc2 spiegata parola per parola, anche se De Pretto non mise la formula in relazione con il concetto di relatività, ma con la vita dell’universo.

Secondo la ricostruzione fatta dal professor Umberto Bartocci, docente di Storia della matematica all’Università di Perugia, questo difetto nell’impostazione di De Pretto sarebbe stato il motivo per cui inizialmente il significato dell’equazione non venne capito. Solo successivamente, nel 1905, lo studioso svizzero Michele Besso avrebbe avvisato Albert Einstein del lavoro svolto due anni prima da De Pretto e delle conclusioni alle quali era arrivato, che il geniale fisico e matematico avrebbe poi fatto sue, senza tuttavia attribuire alcun merito all’italiano.

Questa, ovviamente, è la tesi di Bartocci, alla quale il professore ha dedicato pure un libro, pubblicato nel 1999 da Andromeda: Albert Einstein e Olindo De Pretto – La vera storia della formula più famosa del mondo, dove viene appunto spiegata la teoria della “contaminazione einsteiniana” ad opera di De Pretto, morto nel 1921. «De Pretto non scoprì la relatività – ha riconosciuto Bartocci – però non ci sono dubbi sul fatto che sia stato il primo ad usare l’equazione e questo è molto significativo. Sono anche convinto che Einstein usò le ricerche di De Pretto, sebbene questo sia impossibile da dimostrare». Nel corso degli anni ci sono poi state altre polemiche circa i contributi scientifici che avrebbero permesso ad Einstein di scoprire e rendere pubblica la rivoluzionaria formula nel 1905 e fra questi, particolarmente importanti si dice siano state le ricerche del tedesco David Hilbert.

Sembra, però, impossibile porre fine alla controversia e nemmeno Edmund Robertson, professore di matematica dell’Università di St.Andrew, è riuscito nell’intento: «Una grande parte della matematica moderna è stata creata da gente a cui nessuno ha mai dato credito, come ad esempio gli Arabi – ha raccontato Robertson al Guardian – Einstein può avere preso l’idea da qualcuno, ma le idee stesse arrivano da ogni parte. De Pretto merita sicuramente credito per gli studi che ha svolto e il contributo che ha dato, se queste cose si possono provare. Ma ciò non toglie, comunque, che la genialità di Einstein resti indiscutibile». Il dubbio persiste, le polemiche pure, la sola certezza è proprio quell’equazione E=mc2, di cui tutti, almeno una volta, hanno sentito parlare.

Cannibalismo minerario in Afghanistan…

Autore: Pino delle Donne – stampa libera
Scritto da  Umberto Mazzantini

Il nuovo tesoro afghano nella polveriera dell’Asia centrale (ma i russi sapevano già tutto)

LIVORNO. Gli occupanti-liberatori americani dell’Afghanistan hanno rivelato che quello strategico scatolone di polvere e montagne, quello che è attualmente un narco-stato occupato dalla Nato, amministrato da un governo asserragliato a Kabul e dai talebani dilaganti, è in realtà un vasto ed ancora inesplorato giacimento di materie prime rare, un vero e proprio forziere medievale al servizio della green economy e della post-modernità.

Secondo quanto scriveva ieri il New York Times, un piccolo gruppo di ricercatori del Pentagono e di geologi americani avrebbe scoperto che i giacimenti di ferro, rame, cobalto, oro e di materiali ricercatissimi come il litio presenti in Afghanistan avrebbero un valore di quasi mille miliardi di dollari.

Secondo una nota del Pentagono l’ Afghanistan potrebbe diventare «L’Arabia Saudita del litio», contendendo probabilmente alla Bolivia india e socialista di Evo Morales il primato dei giacimenti di una materia essenziale per costruire le nuove batterie ad alta efficienza dei computer portatili dei telefonini e soprattutto quelle delle auto elettriche.

In realtà gli americani il tesoro lo hanno riscoperto, visto che nel 2004 trovarono nella biblioteca del Geological Survey afgano a Kabul una serie di dati su grandi giacimenti minerari che erano stati raccolti dagli esperti minerari sovietici durante l’occupazione dell’Afghanistan, documenti che i talebani avevano stranamente risparmiato (probabilmente perché per loro erano incomprensibili), ma che erano stati dimenticati quando i sovietici si ritirarono nel 1989. E’ più che probabile che i russi quei dati se li ricordassero bene e che siano stati zitti per non dare un “vantaggio” agli americani. «Le mappe c’erano – spiega al New York Times l’ingegnere afghano Ahmad Hujabre – ma non c’è stato uno sviluppo perché abbiamo avuto 30 – 35 anni di guerra».

Da quelle mappe sovietiche sono partite nel 2006 una serie di indagini aeree delle risorse minerarie dell’Afghanistan, effettuate da super attrezzati aerei Old Navy Orion P-3 aerei che hanno sorvolavano circa il 70% del Paese. I dati erano così buoni che nel 2007 i geologi Usa hanno realizzato uno studio ancora più sofisticato, utilizzando un vecchio bombardiere britannico dotato di strumenti che hanno fornito un profilo tridimensionale di depositi minerali sotto la superficie terrestre. Ma quei risultati sono stati ignorati fino al 2009, quando una task force del Pentagono che aveva lavorato ai programmi di sviluppo del business in Iraq è stata trasferita in Afghanistan e ha compreso l’enorme potenziale economico di quelle ricerche: l’Afghanistan potrebbe diventare il più grande produttore mondiale di rame e ferro ma avrebbe anche a disposizione grandi depositi di niobio, un metallo usato nella produzione di superconduttori, terre rare e depositi di oro di grandi dimensioni nelle problematiche zone pashtun del sud dell’Afghanistan.

Il litio invece si troverebbe in grandi quantità nei laghi salati dell’Afghanistan occidentale e le prime analisi in un’area della provincia di Ghazni hanno svelato la presenza di litio a livelli di quelli della Bolivia.

Forse non a caso, subito dopo l’annuncio della scoperta mineraria, è rispuntato immediatamente il fantasma di Osama bin Laden per minacciare gli invasori statunitensi e Barack Obama, ma certamente non a caso l’annuncio della scoperta dell’immenso tesoro minerario è stato dato direttamente dal generale David H. Petraeus, comandante in capo del comando centrale Usa, che ha detto al New York Times: «Qui c’è un potenziale impressionante. Ci sono molti “se”, ma penso che sia potenzialmente estremamente importante».

Secondo i ricercatori statunitensi «L’Afghanistan potrebbe alla fine essere trasformato in uno dei centri minerari più importanti del mondo», la scoperta potrebbe far uscire dalla miseria atavica un Paese devastato dalle guerre infinite e che ha attualmente un Pil di 12 miliardi di dollari. Se è vero che lo sviluppo dell’industria mineraria potrebbe richiedere molti anni, il potenziale è così grande che le multinazionali minerarie potrebbero anche correre il rischio della guerra e fare pesanti investimenti e dare posti di lavoro a migliaia di afghani, una vera e propria boccata di ossigeno per gli Usa e la Nato in cerca disperatamente di notizie positive e che non riescono a mettere fine all’economia dell’oppio che è gestita sia dai talebani che dal corrotto governo filo-occidentale.

Ma il problema è quello di chi utilizzerà davvero queste enormi ricchezze e come verranno divise, cioè se all’occupazione occidentale seguirà l’occupazione delle multinazionali occidentali (e russe e cinesi), non è un caso se sul New York Times gli stessi americani dicono che «Le scoperte dei minerali avrà quasi certamente un impatto a doppio taglio. Invece di portare la pace, la ricchezza minerale ritrovata potrebbe portare i talebani a combattere anche più ferocemente per riprendere il controllo del paese».

Chi non ha dubbi è Jalil Jumriany, un consigliere del ministro afghano delle miniere: «Questa diventerà la spina dorsale dell’economia afghana», ma è difficile credere alla buona fede di un funzionario del governo Karzai che sta trattando con i talebani e che tollera, quando non incoraggia e gestisce con la sua cricca, una corruzione dilagante: l’anno scorso l’ex ministro delle miniere di Kabul è stato accusato dagli statunitensi di aver preso una tangente da 30 milioni dollari dai cinesi in cambio dei diritti per lo sfruttamento di una miniera di rame.

I giacimenti minerari sono sparsi in tutto il Paese, anche nelle regioni meridionali e orientali lungo il confine con il Pakistan dove ci sono stati alcuni dei combattimenti più violenti tra occidentali e talebani. Intanto ai confini settentrionali, in quella che fu l’Asia centrale sovietica, le stesse etnie presenti anche in Afghanistan si stanno scannando in Kirghizistan in una sanguinosa guerra tribale e decine di migliaia di uzbeki varcano i confini alla ricerca di una disperata salvezza dai progrom. Molto probabilmente i signori della guerra afghane delle due etnie, nemiche in Asia centrale e alleate a Kabul, si attrezzeranno e tra il debole governo centrale di Kabul e i leader tribali potrebbero scoppiare scontri per il controllo delle aree ricche di minerali che servirebbero anche a foraggiare le guerriglie etniche, il traffico di droga ed i movimenti integralisti islamici oltre-confine.

Il Tesoro é custodito in una polveriera che sta esplodendo ed anche Paul A. Brinkley a capo del team del Pentagono che lo ha scoperto e sottosegretario alla difesa per il business, é preoccupato: «Nessuno ha verificato questa legge (quella Afghana sulle miniere, ndr), nessuno sa come riuscirà a restare in piedi con una lotta tra il governo centrale e le provincie».

Quello che più temono gli americani è un arrivo in forze dei vicini cinesi, pronti ad investire cifre iperboliche nelle ricchezze minerarie afghane e che si sono già accaparrati la miniera di rame di Aynak nella provincia di Logar. Sembra la nemesi di una storia sbagliata: le bandiere con la falce e il martello che gli occidentali hanno scacciato dall’Afghanistan finanziando i signori della guerra e i mujaheddin integralisti (poi diventati talebani e Al Qaeda) ritornerebbero in Afghanistan sulle ali del turbo-capitalismo cinese e Pechino si sta appropriando delle ricchezze (e dei corridoi del petrolio e del gas) che sono state la vera ragione dell’invasione sovietica, della cacciata dei russi e della guerra di “liberazione” della Nato che si è impantanata tra i campi di papaveri e le strade minate dell’Afghanistan.

Brinkley teme non poco gli sbrigativi metodi dei compagni cinesi applicati ad un Paese ambientalmente fragile, socialmente arretrato e che non ha mai conosciuto l’industria pesante: «La big question è: tutto questo può essere sviluppato in modo responsabile, in un modo che sia ecologicamente e socialmente responsabile?. Nessuno sa come andrà a finire». E Jack Medlin, un geologo dell’international affairs program dell’ United States geological survey sottolinea: «Questo é un Paese senza cultura mineraria. Hanno avuto qualche piccola miniera artigianale, ma ci potrebbero essere diverse grandi miniere, molto grandi, che richiederanno molto più di un setaccio per l’oro»

«Il Ministero delle Miniere non è pronto a gestire questa situazione – dice Brinkley – Stiamo cercando di aiutarli a prepararsi». Sperando che l’Afghanistan non scoppi prima e che i fuochi dell’Asia centrale non diventino un incendio.

Le straordinarie proprietà curative dell’acqua

Approfondimento di Marcello Pamio
fonte: disinformazione.it

“Memoria” dell’acqua e Jacques Benveniste (1935 – 2004)
Nato a Parigi, Jacques Benveniste studia medicina e nel 1967 Direttore clinico della facoltà di Medicina della capitale, poi Ricercatore all’Istituto sulla Ricerca sul Cancro del C.N.R.S. (l’omologo francese del nostre C.N.R.) e nel 1980 viene posto a capo dell’unità di ricerca 200 dell’I.N.S.E.R.M. (Istituto Superiore di Sanità, sezione “immunologia delle allergie e infiammazioni”). Autore di oltre 300 pubblicazioni su riviste scientifiche.

Benveniste ha sperimentato e proposto un nuovo modello interpretativo, di tipo elettromagnetico, per rendere conto dei “segnali molecolari”, secondo il quale una molecola antigene (molecola capace di reagire con il sistema immunitario) emette un segnale elettromagnetico che risuona con il segnale emesso dal “recettore”, così attivandolo e inducendo la funzione cellulare corrispondente.[1]

Il suo famoso esperimento iniziale consisteva nel misurare quanti basofili (cellule del sistema immunitario) nel sangue umano venivano degranulati dalla tossina del veleno delle api.
In una serie di misurazioni il numero dei basofili, logicamente diminuiva man mano che la tossina veniva diluita.
Ma la cosa interessante è che oltre una certa diluizione (la tossina non c’era più) non avrebbe dovuto accadere nulla, e invece, la degranulazione riprendeva. Come mai? Forse perché nell’acqua rimaneva traccia, rimaneva una “memoria” della tossina. Era proprio così.
Le sue ricerche hanno confermato, grazie a centinaia di esperimenti, la possibilità di trasferire all’acqua, mediante un campo elettromagnetico emesso, la specifica attività molecolare di più di 30 sostanze diverse.

In pratica grazie ad un esperimento di immunologia, eseguito da uno dei più stimati ricercatori a livello mondiale, si è potuto dimostrare che l’acqua ha “memoria”, e questa sua peculiarità conferma l’omeopatia!
Quindi un campo elettromagnetico esterno, un campo energetico, può trasferire nelle molecole di acqua una determinata “vibrazione“ o “impronta”.

Benveniste, dopo che la rivista “Nature” pubblicò il 30 giugno del 1988 il suo articolo dove spiegava tale fenomeno (dal titolo: “Human basophil degranulation triggered by very diluite antiserium against IgE”), toccò con mano il lato oscuro della scienza.
Tale articolo infatti venne preceduto da un altro, dal titolo: “Quando credere all’incredibile”, in cui si evidenziava l’inspiegabilità teorica dei fenomeni descritti e infine si invitavano i lettori a sospendere il giudizio fino a ulteriori controlli…
Controlli “vergognosi” che non tardarono a farsi attendere: per una intera settimana nel suo laboratorio arrivarono tre personaggi: James Randi un illusionista ed ipnotizzatore membro del C.S.I.C.O.P. (l’omologo americano del C.I.C.A.P.), John Maddox direttore di “Nature” e il sedicente acchiappa-frodi Walter Stewart.[2] L’intento ovviamente era quello di trovare la frode, il trucco, l’imbroglio, e i loro risultati furono pubblicati immediatamente su “Nature”, il 28 luglio successivo.

In questo articolo si parlava di pseudoscienza, conclusero che c’erano stati errori di campionatura statistica, ma non essendo biologi, non erano minimamente consapevoli dell’argomento, questo confermato dal fatto che nessun altro “esperto” ha valutato il loro lavoro.
Non hanno chiarito il mistero della “memoria” dell’acqua, ma nonostante tutto, questo articolo è esploso e ha continuato a propagare il discredito verso tali ricerche!
L’obiettivo però era stato raggiunto: Benveniste, da grande luminare quale era, divenne di punto in bianco uno dei tanti ciarlatani imbroglioni.

La verità però è figlia del tempo, e nel gennaio del 1990, al termine di ulteriori esperimenti per la verifica delle scoperte di Benveniste, il prof. Alfred Spira, direttore dell’unità 292 dell’I.N.S.E.R.M., si è così espresso:
“Il fenomeno esiste, gli esperimenti hanno dato risultati positivi e tuttavia, benché sia stata seguita una metodologia corretta, i risultati appaiono strani dal punto di vista statistico. E’ un fatto che non riesco a capire né a spiegarmi”.[3]
E’ logico che i risultati appaiano strani a chi non apre la propria mente e sgombera il campo da preconcetti e indottrinamenti accademici!
Altri studi, effettuati in parallelo in 4 laboratori indipendenti (Gran Bretagna, Italia, Francia e Olanda) confermarono che il fenomeno esiste.
Nel 2001 la biologa Martha Ennis della Queen’s University di Belfast, ripetè l’esperimento e i risultati confermarono quanto scoperto da Benveniste.[4]
Quindi non si tratta di una bufala!

La “memoria dell’acqua sarebbe dovuta al debole campo elettromagnetico del soluto che rimane impressionato sulle molecole d’acqua e pertanto sarebbe registrabile e riproducibile a distanza”[5]
Il 3 ottobre del 2004 Jacques Benveniste, muore in circostanze misteriose, a Parigi all’età di 69 anni durante una operazione al cuore di routine, nello stesso ospedale (Pitié-Salpetrière), dove è arrivata viva e poi deceduta Lady Diana…

(…)

Come agisce l’acqua

L’acqua, come abbiamo visto, è indispensabile alla vita, e tra le altre cose è un importante termoregolatore dell’organismo umano.
La contrazione muscolare è il maggior generatore di calore corporeo e l’acqua svolge proprio il ruolo di assorbimento del calore generato e lo dissipa affinché la temperatura del corpo rimanga costante[6].
In pratica il calore viene portato dai liquidi (acqua, sangue, linfa) fino alla pelle da dove viene inoltre dissipato, anche sotto forma di vapore attraverso i polmoni.
I successi dell’idroterapia non dipendono dall’acqua in sé, ma dalla reazione energetica del corpo.

Acqua fredda

Applicando dell’acqua fredda direttamente sulla pelle, si produce una contrazione immediata dei vasi sanguigni cutanei: vasocostrizione, che scarica all’interno il sangue dei capillari. Quando l’applicazione cessa, avviene la reazione contraria: i vasi sanguigni si dilatano aumentando il flusso sanguigno, la temperatura della pelle aumenta a causa del riempimento dei vasi e infine si decongestionano gli organi interni. Affluendo alla pelle il calore interno con le impurità del sangue, queste vengono eliminate attraverso i pori.
L’acqua fredda provoca una reazione attiva interna su tutto l’organismo, non solo esternamente: nervi, metabolismo, sistema simpatico, organi digestivi, ecc.
Sbagliato è credere che applicando il freddo direttamente sulla pelle, il corpo si raffreddi. E’ vero esattamente il contrario: con il freddo il corpo si scalda, perché reagisce producendo calore, proprio per difendersi dal freddo!
Con applicazioni ripetute di acqua fredda, la temperatura esterna (pelle) si alza e quella interna (visceri) diminuisce. In pratica avviene una regolarizzazione delle temperature interne/esterne.
Le stimolazioni meccaniche esterne come frizioni, massaggi, ecc. amplificano tale effetto, inoltre i vasi cutanei contratti per l’azione dell’acqua si dilatano per l’effetto meccanico della frizione o fregagione.

Acqua calda

Applicando dell’acqua calda sulla pelle si aprono i pori e quindi si ha una notevole dispersione termica che provoca un raffreddamento.
Quindi l’effetto dell’acqua calda sulla pelle alla fine raffredda il corpo!
Ecco il motivo per cui si consiglia SEMPRE dopo l’acqua calda quella fredda, in modo da provocare il restringimento dei pori e trattenere il calore interno.
Applicazioni di acqua calda per breve tempo stimolano, mentre le applicazioni di acqua calda per lungo tempo possono indebolire.
Impacchi di acqua calda, come le compresse, rilassano la muscolatura e il sistema nervoso. Il bagno caldo indebolisce l’organismo.

Le temperature del corpo

Riprendendo il concetto del maestro igienista Manuel Lezaeta Acharan, l’organismo umano è composto da due involucri, uno esterno (pelle) che ci isola dall’ambiente, uno interno (mucosa) che riveste le cavità. La salute dipende proprio dall’equilibrio termico tra i due.
Il sangue, prodotto delle digestioni, va a nutrire entrambi gli “involucri”.
Quindi se la circolazione del sangue e la sua qualità (fluido e non viscoso, privo di tossine, ecc.) sono ottimali, anche la temperatura sarà nella norma: si è quindi in equilibrio termico.
Se invece la circolazione del sangue, per vari motivi, è deficiente, la temperatura sarà maggiore nella zona congestionata e minore nella zona carente.
Un organismo sano ha una temperatura uniforme di 37 °C sia fuori nella pelle che all’interno nelle mucose intestinali.
Un organismo malato avrà invece un aumento della temperatura interna (da 38° fino a 40 ° non misurabili con il classico termometro) e un raffreddamento della pelle e delle estremità (mani e piedi freddi).

Cosa origina la febbre interna?

Da una parte il costante sforzo digestivo necessario all’elaborazione di alimenti sbagliati ed inadeguati (cibi cotti, raffinati, proteine animali, combinazioni errate, ecc.), dall’altra il costante raffreddamento della pelle a seguito di vestiti sempre più aderenti e innaturali (sintetici).
La pelle inoltre possiede milioni di piccoli buchi, detti pori, che servono, da una parte ad assorbire gli elementi esterni che l’aria (ossigeno) e il sole (cariche magnetiche) ci offrono, dall’altra ad eliminare le tossine attraverso il sudore. Queste due peculiarità sono i motivi per cui la pelle si definisce come “secondo rene” e “secondo polmone”. 
Per equilibrare le temperature del corpo è necessario risvegliare la reazione nervosa e circolatoria nella superficie esterna (pelle) e contemporaneamente decongestionare l’interno (i visceri).
Come fare?

– Per febbricitare la pelle si usa la reazione che produce il freddo dell’acqua, attraverso frizioni, getti, spugnature, bagni, ecc.
– Per decongestionare i visceri invece ci sono i bagni ai genitali, del tronco, i semicupi. In più anche una alimentazione sana di tipo vegetariana (frutta e vegetali) a base di cibi freschi crudi aiutano a raffreddare l’addome.

Obiettivi dell’idroterapia

L’idroterapia aiuta a sciogliere le tossine prodotte dall’organismo e ad eliminarle attraverso le vie di elezione: intestini, pelle, reni e polmoni. Nel nostro caso soprattutto attraverso l’organo più esteso: la pelle.
Non a caso la pelle, possedendo milioni di pori, da una parte assorbe gli elementi esterni che l’atmosfera ci offre, e dall’altra elimina attraverso le secrezioni sudorifere, le tossine. Proprio per queste sue peculiarità, la pelle è definita anche come il secondo polmone e il secondo rene!
Questa importantissima disintossicazione, tonifica e rinforza di conseguenza TUTTE le attività vitali dell’organismo umano.
Per l’igiene naturale, l’origine di tutte le malattie è la Tossiemia, quindi abbassando il carico tossico dell’organismo (tossine nel sangue e nel terreno biologico), la salute si fa più vicina se si è ammalati, o si mantiene in via preventiva se si sta bene.

E’ bene a tal proposito sapere che la guarigione è sempre e solo autoguarigione (Vis Medicatrix Naturae) e noi possiamo agevolarla oppure bloccarla con il nostro stile di vita.
Il nostro stile di vita generale è quello che fa la differenza: alimentazione, movimento, riposo, tranquillità emotiva e ricerca spirituale giocano un ruolo di fondamentale importanza in tutto questo.
Non a caso abbiamo visto precedentemente che l’alimentazione era molto curata da tutti i grandi maestri dell’idroterapia.
Infatti, hanno poco senso le applicazioni dell’acqua (calda o fredda) se poi il corpo viene costantemente inquinato da cibi errati e innaturali; se le energie vitali vengono sperperate in maniera futile; se non si conosce il movimento corporeo, ecc.

(…)

Tecniche idroterapiche (spiegate nel dettaglio con tanto di immagini)

Frizioni
Bagno di Just
Bagno del tronco
Bagno dei genitali
Pediluvi freddi
Bracciluvio
Semicupio
Fasciatura
Compressa

[1] “L’affaire Benveniste”, tratto dal libro “Aqua” di Roberto Germano, edizioni Bibliopolis
[2] “L’affaire Banveniste. Ovvero: sulla memoria dell’acqua e della scienza”, di Roberto Germano, fisico della materia
[3]  Idem
[4] “Viviamo tutti sulla cresta dell’onda” di Renzo Mazzaro, ed. New Media Publishing House.
[5]  “Caratteristiche fisiche e chimiche dell’acqua”, tratto da “Curarsi con l’acqua” di Catia Trevisani ed Elisabetta Poggi, edizioni Urrà.
[6] “Come agisce l’idrotermofangoterapia”, tratto da “Curarsi con l’acqua” di Catia Trevisani ed Elisabetta Poggi, edizioni Urrà.

Continua il Mistero di Obama

Scritto da: Steve Baldwin
Traduzione a cura di Anticorpi  

Molti americani non si rendono conto che abbiamo eletto un presidente di cui sappiamo davvero molto poco. 

Alcuni ricercatori hanno scoperto che i libri autobiografici di Obama sono poco più che una serie di acrobazie da pubbliche relazioni, avendo ben poco a che fare con gli eventi reali della sua vita. 

La verità è che il presidente Obama è forse il meno conosciuto di qualsiasi  altro presidente nella storia americana, ed in gran parte ciò è dovuto ad una serie di sforzi che sono stati effettuati per nascondere i suoi dati biografici. Questo fatto quindi dovrebbe interessare tutti gli americani. 

Una rete nazionale dei ricercatori è sorta per tentare di riempire gli spazi vuoti, ma il team di costosi avvocati al soldo di Obama ha innalzato invalicabili muri intorno a numerosi documenti, o semplicemente tali documentazioni sono state fatte sparire. Si calcola che il team legale di Obama abbia speso più di 1,4 milioni di dollari per impedire lo accesso a documenti ai quali tutti gli americani dovrebbero poter accedere. 

La domanda è: perché sono stati spesi così tanti soldi a tale scopo?
Proprio il presidente che ha fatto propri cavalli di battaglia motti come il “governo aperto” e  la “comunicazione completa” ha deciso di mantenere segrete le sue cartelle cliniche, le sue pagelle, i suoi dati di nascita o di suoi dati di cittadinanza. Ha affermato che non renderà pubblici i suoi dati universitari di Harvard, nè quelli relativi allo Occidental College, nè renderà mai nota la sua tesi presentata presso il Columbia College. Tutti i suoi record legali presso il Senato dello Stato dell’Illinois sono scomparsi. Inoltre, non è possibile rintracciare i suoi dati relativi alla frequenza presso la scuola di élite K-12 College Prep, Punahou School, con sede alle Hawaii. 

Molti americani non si rendono conto che abbiamo eletto un presidente di cui sappiamo davvero molto poco.
Alcuni ricercatori hanno scoperto che i libri autobiografici di Obama sono poco più che una serie di acrobazie da pubbliche relazioni, avendo ben poco a che fare con gli eventi reali della sua vita.
La verità è che il presidente Obama è forse il meno conosciuto di qualsiasi  altro presidente nella storia americana, ed in gran parte ciò è dovuto ad una serie di sforzi che sono stati effettuati per nascondere i suoi dati biografici. Questo fatto quindi dovrebbe interessare tutti gli americani. 

Una rete nazionale dei ricercatori è sorta per tentare di riempire gli spazi vuoti, ma il team di costosi avvocati al soldo di Obama ha innalzato invalicabili muri intorno a numerosi documenti, o semplicemente tali documentazioni sono state fatte sparire. Si calcola che il team legale di Obama abbia speso più di 1,4 milioni di dollari per impedire lo accesso a documenti ai quali tutti gli americani dovrebbero poter accedere.
La domanda è: perché sono stati spesi così tanti soldi a tale scopo?
Proprio il presidente che ha fatto propri cavalli di battaglia motti come il “governo aperto” e  la “comunicazione completa” ha deciso di mantenere segrete le sue cartelle cliniche, le sue pagelle, i suoi dati di nascita o di suoi dati di cittadinanza. Ha affermato che non renderà pubblici i suoi dati universitari di Harvard, nè quelli relativi allo Occidental College, nè renderà mai nota la sua tesi presentata presso il Columbia College. Tutti i suoi record legali presso il Senato dello Stato dell’Illinois sono scomparsi. Inoltre, non è possibile rintracciare i suoi dati relativi alla frequenza presso la scuola di élite K-12 College Prep, Punahou School, con sede alle Hawaii.

 

I dati riguardanti Obama presso la già citata Punahou School – ora misteriosamente scomparsi – probabilmente contenevano anche un certificato di nascita. E, secondo l’avvocato Gary Kreep: “i suoi dati riguardanti la frequenza presso lo Occidental College sarebbero  molto importanti in quanto potrebbero dimostrare che abbia frequentato quella scuola in qualità di studente straniero.” 

Effettivamente, Obama ha utilizzato il nome indonesiano “Barry Soetoro” mentre frequentava la Occidental. Kreep ha sollevato una obiezione di ineleggibilità di Obama ed in tal senso ha richiesto la produzione dei suoi documenti relativi allo Occidental. Tuttavia, gli avvocati di Obama si sono mossi molto in fretta per impedire che lo Occidental soddisfacesse tale richiesta. 

Inoltre, ora che tre esperti in falsificazione di documenti ufficiali hanno dichiarato evidentemente falsa la scansione del  “Certificato di Nascita” del presidente mostrato su un sito web pro-Obama, abbiamo la certezza che si stia nascondendo qualcosa anche qui.
Oltre 49 singole azioni legali sono stati registrate in materia di ammissibilità / rilascio  del certificato di nascita di Obama, alcune di esse giunte fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti, solo per vedersi respinta una udienza completa. 

Ma c’è di più. Ad esempio ci si chiede come abbia pagato i suoi studi alla Harvard Law School, poiché, nonostante una precisa domanda posta alla moglie, Michelle Obama, nessuno ha fornito alcun elemento che certifichi che il presidente abbia usufruito di prestiti per studenti. 

Obama non ha mai rilasciaro alcun dettaglio in merito, e ciò nonostante le ripetute richieste da parte del Chicago Tribune. Tuttavia, alcune fonti sostengono che i suoi studi ad Harvard siano stati finanziati da una fonte straniera, ed esattamente dal principe saudita Bin Talah Al-Walid. 

Più di recente, si è scoperto che la tessera di servizio Selective di Obama possa essere stata manipolata  La legge federale richiede che tutti i maschi americani si registrino per un eventuale servizio militare in caso di scoppio di eventi bellici importanti. 

La blogger Debbie Schlussel ha scoperto prove attendibili le quali dimostrerebbero che il modulo di registrazione per il servizio Selective di Obama  non siano state presentate  quando il presidente era in età giovane, come richiesto, ma nel 2008, e successivamente modificate affinchè  apparissero “consunte.” In effetti, i falsificatori hanno dimenticato di modificare anche il “Location Number Document” dal quale si evince che esso risale chiaramente a non prima del 2008. 

 

Questa è una frode ed un crimine. Le accuse della blogger sono sostenute anche da Stephen Coffman,  ex agente federale di rango elevato. Inoltre, sul documento risulta 4 SETTEMBRE 1980  come data di rilascio e HAWAII come luogo della transazione, mentre all’epoca è risaputo che Obama si trovasse a migliaia di chilometri di distanza, impegnato nei corsi di studio presso lo Occidental College di Los Angeles. 

La vera ragione per cui Obama probabilmente non inviò il modulo ai tempi della adolescenza risiede nel fatto che la sua cittadinanza keniota o indonesiana lo esentavano da tale obbligo. Ma chiaramente, una volta  intrapresa la carriera politica, realizzò che tutti i documenti che rivelassero una nazionalità estera  –  quindi il Selective Service, il certificato di nascita, i dati scolastici etc – gli avrebbero creato molti problemi  per la corsa alla presidenza. Dunque non è un caso se tutti i documenti che dovrebbero recare informazioni sulla sua nascita e cittadinanza siano assenti, sigillati, oppure manipolati. 

In effetti, ogni volta che sitenti di indagare a fondo sulla figura di Obama si trovano documenti secretati, siti web “ripuliti”, documenti alterati e domande senza risposta. Eppure, come per ogni altra cosa riguardante Obama, i  mass media hanno dato al presidente una grossa mano. 

Di tutte queste assurdità, l’ultimo mistero e probabilmente il più sconcertante di tutti, riguarda il codice di previdenza sociale di Obama. 

Sembra infatti che in base ai molti numeri di previdenza sociale che gli sono stati collegati, Obama abbia più di una identità. Orly Taitz, avvocato che ha presentato numerosi atti contro Obama circa la sua inidoneità a servire come presidente, sembra essere stato il primo ad accorgersi di tale  particolare.  Nelle vesti di rappresentante legale di un certo numero di ufficiali militari che si rifiutano di servire un comandante supremo a parer loro non in possesso dei requisiti necessari, ha ingaggiato l’investigatore privato Neil Sankey per condurre una ricerca sui numeri di previdenza sociale di Obama. 

Utilizzando Intelius, Lexis Nexis, Choice Point ed altri registri pubblici, Sankey ha rinvenuto circa 25 codici di previdenza sociale connessi al nome di Obama.
In effetti i codici potrebbero essere inferiori a 25, dal momento che Sankey ha impostato le sue ricerche anche su nominativi non identici ma strettamente correlati, quali: “Barak Obama”, “Batock Obama”, “Barok Obama,” e “Barrack Obama.” Potrebbero quindi esistere alcuni keniani residenti in America ed aventi lo stesso cognome o un nome rassomigliante. 

In ogni caso, concentrandoci esclusivamente sui nomi identici, si è potuto verificare come molti dei codici di previdenza sociale validi fossero collegati ad indirizzi presso cui è noto che  il presidente abbia risieduto. Nello Stato di cui Obama è originario – l’Illinois –  Sankey ha rintracciato ben 16 indirizzi diversi riferiti ad un Barack Obama o ad un Barack Obama H., i quali – come già specificato – è risaputo siano stati indirizzi dove il presidente ha risieduto. A tali indirizzi sono connessi due diversi codici di previdenza sociale, uno che inizia con 042 e l’altro che inizia con 364. 

In California, dove Obama ha frequentato lo Occidental College, esistono sei indirizzi iai quali è collegato. Ebbene, connessi a tali indirizzi vi sono ben tre codici di previdenza sociale, uno che inizia con 537 e gli altri due che iniziano con 999. 

Non sono stati rintracciati indirizzi presso New York, dove Obama ha frequentato la Columbia University, ma ne risulta uno nella vicina città di Jackson, New Jersey, a cui è connesso un codice di previdenza sociale che  inizia con 485. 

In Massachusetts – dove Obama ha frequentato la Harvard Law School – troviamo tre indirizzi, ad ognuno dei quali è collegato un codice di previdenza sociale che inizia con 042. 

Dopo essere stato eletto al Senato degli Stati Uniti nel 2005, Obama si trasferì in un appartamento  presso  Massachusetts Avenue, 300, NY. Il codice di previdenza sociale allegato a tale indirizzo è il 042. Eppure, tre anni dopo, Obama utilizzò un diverso numero di previdenza sociale per  l’indirizzo del suo ufficio di senatore degli Stati Uniti. A questo indirizzo è stato associato un codice di previdenza sociale che inizia con 282, codice verificato dal governo nel 2008. 

Questo mistero diventa ancora più strano se si considerano i molti altri indirizzi e codici di previdenza sociale di Barack Obama che appaiono in una dozzina di altri stati, ma non collegati a lui ufficialmente. 

Anche in questo caso, stiamo parlando di nomi del tutto identici a quello del presidente.
Tennessee, un indirizzo con un codice di previdenza sociale che inizia con 427
Colorado, un indirizzo con un codice di previdenza sociale che inizia con 456.
Utah, due indirizzi, con due codici di previdenza sociale che iniziano con 901 e 799.
Missouri, un indirizzo con un codice di previdenza sociale che inizia con 999.
Florida, due indirizzi (tre se si conta quello elencato a nome di Barry Obama). Uno di essi è collegato a un codice di previdenza sociale che inizia con 762.
Georgia, tre indirizzi, tutti con diversi codici di previdenza sociale: 579, 420 e 423.
Texas, quattro diversi indirizzi di cui uno collegato al codice di previdenza sociale 675.
Inoltre vi sono due indirizzi elencati per Barack Obama in Oregon e uno per gli  stati del Wisconsin, Michigan, Carolina del Sud e Pennsylvania. 

Insomma, esistono  49 indirizzi e 16 diversi codici di previdenza sociale connessi ad una persona il cui nome è “Barack Obama”. Se si dovesse espandere la ricerca a nomi strettamente correlati, quali: “Barac”, “Barak,” e “Barrack” Obama, si troverebbero oltre una dozzina di altri indirizzi e codici di previdenza sociale. 

Infine, il codice di previdenza sociale usato più frequentemente da Obama, quello che inizia con 042, è un codice rilasciato in Connecticut in qualche momento del biennio 1976-1977, tuttavia non esiste alcuna traccia di alcun Obama che abbia mai vissuto o lavorato nel Connecticut. Tra l’altro durante quel periodo Obama aveva 15-16 anni e viveva alle Hawaii. 

 

Il mistero che circonda Barack Obama sembra essere una cosa generazionale.
Alcuni ricercatori hanno scoperto una dozzina di pseudonimi, almeno due diversi codici di previdenza sociale, ed oltre 99 diversi indirizzi  per Ann Dunham, la madre. 

La assenza di documenti si estende anche alla madre ed ai nonni. Infatti, i ricercatori  non  sono stati in grado di trovare licenze di matrimonio riguardanti i due matrimoni di sua madre, ammesso che sia mai stata legalmente sposata. Stesso discorso vale per la licenza di matrimonio dei genitori di Ann. Non è stato possibile trovare un certificato di nascita di Ann, nè dei suoi genitori, e nemmeno dei nonni. 

Per motivi che nessuno conosce, gran parte della vita di Obama, di sua madre e dei suoi nonni  è stata cancellato dai registri come se non siano mai esistiti. 

Tornando ai codici di previdenza sociale, a che scopo qualcuno dovrebbe possederne così tanti? 

Secondo gli investigatori, coloro ai quali siano collegabili numerosi codici di previdenza sociale sarebbero in genere impegnati in attività criminose come frode della sicurezza sociale, frode fiscale, frode immobiliare, frodi elettorali, e così via. 

L’investigatore privato che ha compilato questa lista ha affermato che il possesso di diversi codici di previdenza sociale non proverebbe alcuna attività criminale, aggiungendo però testualmente che: “ho personalmente sperimentato in moltissimi casi che tali stranezze siano collegate a frode, inganno, riciclaggio di denaro e altri reati. Quello che è interessante notare è che la nonna di Obama, Madelyn Dunham, fosse una volontaria presso il reparto di successione Oahu Circuit Court e avesse quindi accesso ai numeri di previdenza sociale dei cittadini deceduti.” 

E ‘ chiaro che questo tema avrebbe bisogno di essere approfondito. 

Il Western Center for Journalism (http://www.westernjournalism.com) invita tutti i lettori a partecipare alla ricerca della verità. Se avete informazioni su uno degli indirizzi elencati, ci piacerebbe conoscerle. Per trovare un elenco completo di tutti gli indirizzi ed i numeri di previdenza sociale registrati a nome di Obama e della sua famiglia, visita il sito del Western Center for Journalism 

Articolo pubblicato sul sito Western Journalism
Link diretto all’articolo:
http://www.westernjournalism.com/exclusive-investigative-reports/the-mystery-of-barack-obama-continues/

Sole pallido, Terra oscura

Scritto da: Tom Bosco

È proprio vero che la realtà supera le più sfrenate fantasie, come pure che sembra non esserci limite all’incompetenza, al cattivo gusto e al totale disinteresse dei personaggi, protagonisti e comprimari, direttamente o indirettamente coinvolti nella più grave catastrofe ambientale che la storia planetaria ricordi. Tony Hayward, l’amministratore delegato della BP da 1 milione di sterline l’anno, ha pensato bene di andarsi a riposare dalle faticose tribolazioni del Golfo del Messico partecipando sulla barca di 16 metri della quale è co-proprietario (e del valore di 470.000 sterline) ad una prestigiosa regata nelle azzurre acque di Solent, presso l’isola di Wight.

Povero Tony, bisogna capirlo: la società che gestisce è stata esplicitamente accusata di aver mentito al Congresso USA per ridurre le proprie responsabilità nell’incidente, dopo la divulgazione di un documento interno che dimostra come l’entità della fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico venisse stimata essere venti volte maggiore delle cifre divulgate pubblicamente dalla BP. Laddove lo scenario peggiore previsto consisteva in 100.000 barili di petrolio al giorno, la compagnia parlava di 5.000 barili al giorno che nel peggiore dei casi potevano arrivare al massimo a 60.000.

Tyrone Benton, uno degli addetti alla piattaforma sopravvissuti all’incidente, ha dichiarato in un’intervista rilasciata alla BBC che già settimane prima del disastro si stavano verificando perdite di petrolio dall’impianto di sicurezza del pozzo, il cosiddetto BOP (Blowout Preventer) che avrebbe dovuto chiudere le valvole in caso d’incidente, che sia la BP che la Transocean, che gestivano la piattaforma, erano stati avvertiti del problema e che il pezzo difettoso era stato semplicemente staccato, invece di essere sostituito, così da non rendere necessario fermare la produzione. Benton non sa dire se poi, prima dell’esplosione, la sostituzione fosse stata effettuata.

Comunque Tony non ha di che lamentarsi troppo, dato che nel caso rassegnasse quelle dimissioni da più parti invocate, incasserebbe un bonus pari a 10.8 milioni di sterline e una pensione annua di 500.000, o almeno così sembra.

Nel frattempo, proprio in base alla sua testimonianza di fronte alla commissione del Congresso, si prevede che se non si troverà un modo di bloccare la perdita (si dice non sarà possibile prima di Natale…), il petrolio continuerà ad uscire per almeno due anni, forse addirittura quattro (basandosi sulla stima prudenziale di 60.000 barili giornalieri).

Mi viene da ridere (per non piangere) quando sento che la BP ha garantito un fondo di 20 miliardi di dollari per ripagare i danni: concordo con Patrick Martin (1) quando lo definisce un crimine corporativo oltre ogni immaginazione e afferma che il costo finale di questo immane disastro, combinando i danni agli ecosistemi, all’industria turistica e della pesca, nonché le conseguenze a lungo termine per la salute delle popolazioni locali, è probabile superi il bilione di dollari (mille miliardi).

ComeDonChisciotte ha pubblicato un paio di interessanti articoli (2), che esaminano le vere ragioni a monte dell’incidente, ma resta il fatto che trovo semplicemente grottesco quantificare in denaro un disastro ambientale di proporzioni tali che nessuna cifra al mondo potrà mai compensare:

“Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto,

l’ultimo fiume avvelenato,

l’ultimo pesce pescato,

vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.”

(Piede di Corvo)

Per aggiungere al danno la beffa, il 22 giugno un giudice federale di New Orleans ha bloccato una moratoria di sei mesi sulle trivellazioni in acque profonde, istituita dall’amministrazione Obama che in seguito agli eventi aveva sospeso l’approvazione di qualunque nuovo permesso di trivellazione nelle acque del Golfo del Messico. Il giudice ha affermato che il provvedimento era da considerarsi “nullo” e ingiustificato, in quanto l’impatto sulle imprese locali (leggi: petrolifere) sarebbe semplicemente eccessivo (in altre parole, un impatto negativo sul cosiddetto “ecosistema degli affari”). La Casa Bianca farà appello contro questa decisione…

Nel frattempo il petrolio ha cominciato a lambire Cuba, penetrando nelle correnti oceaniche:

Osservate questa mappa delle correnti, studiatevela e fatevi due conti su dove potrà arrivare tutto quel petrolio col passare del tempo…

Per darvi meglio un’idea, questa immagine termica sarà d’aiuto per visualizzare come si diffonderà il petrolio con le correnti oceaniche…

Nel frattempo, in caso di “emergenza nazionale” il buon Obama verrà investito del potere di “spegnere” Internet a volontà: questo il controverso disegno di legge (3) proposto da Joe Liebermann, guarda caso a capo della commissione statunitense per la sicurezza interna. Coi tempi che corrono e gli scenari che si prospettano nelle prossime settimane, mi sembra che questa legge caschi proprio a fagiolo…

Ovvio che di fronte a un’apocalisse del genere, la perdita di petrolio da una piattaforma egiziana nel Mar Rosso sia ben poca cosa, se non fosse che la chiazza sta minacciando Hurghada, un paradiso naturale visitato annualmente da milioni di turisti per immergersi nelle sue acque (sinora) incontaminate. 

Nel frattempo, in caso di “emergenza nazionale” il buon Obama verrà investito del potere di “spegnere” Internet a volontà: questo il controverso disegno di legge (3) proposto da Joe Liebermann, guarda caso a capo della commissione statunitense per la sicurezza interna. Coi tempi che corrono e gli scenari che si prospettano nelle prossime settimane, mi sembra che questa legge caschi proprio a fagiolo… 

Ovvio che di fronte a un’apocalisse del genere, la perdita di petrolio da una piattaforma egiziana nel Mar Rosso sia ben poca cosa, se non fosse che la chiazza sta minacciando Hurghada, un paradiso naturale visitato annualmente da milioni di turisti per immergersi nelle sue acque (sinora) incontaminate.