L’insostenibile tasso di consumo di suolo in Italia

Scritto da: Simona Manzo
Fonte: http://www.soloecologia.it/31052013/linsostenibile-tasso-di-consumo-di-suolo-italia/5669

consumo-di-suolo1Scientificamente parlando, il suolo è lo strato superficiale che ricopre la crosta terrestre, ed è il risultato dell’alterazione chimica-fisica del substrato roccioso. Si ottiene quindi attraverso l’azione degli eventi atmosferici, dell’acqua e degli organismi, che degradano lentamente la roccia madre. Per produrre pochi cm di suolo sono necessari diversi secoli, di conseguenza il suolo è considerata una risorsa non rinnovabile.

In Italia il suo consumo ha raggiunto livelli a dir poco preoccupanti: negli ultimi 20 anni si sono persi circa 2 milioni di ettari di suolo coltivabile a causa dell’urbanizzazione, e soltanto in Lombardia ogni giorno vengono cementificate circa 117.000 m2 di suolo. Non solo stiamo consumando una risorsa non rinnovabile, ma stiamo perdendo anche i benefici ad essa connessi.

Il suolo infatti ha diverse funzioni molto importanti non solo per l’uomo ma anche per gli altri organismi viventi:
* trattenere l’acqua;
* riciclo di sostanze organiche;
* stoccaggio di CO2;
* grande contenitore di biodiversità.

Ma la più importante (almeno per noi esseri umani) è che esso ci da cibo attraverso l’agricoltura. Un ettaro di suolo può produrre in media abbastanza per sfamare sei persone per un anno. Basta fare due conti per capire la quantità di cibo che stiamo inevitabilmente perdendo.

Un bel problema, considerando quanto sia piccola la superficie coltivabile sul nostro pianeta rispetto alla sua intera area. La superficie della Terra è di circa 510 milioni di km2, di cui solo 150 milioni corrispondono a terre emerse. Di queste il 50 % è costituito da aree desertiche e dai poli, e dell’altra metà solo il 60% è ritenuto fertile.
Considerando quanto è piccola l’Italia rispetto all’intero globo, si capisce che andando avanti così, nel futuro non ci resterà molto su cui coltivare.

Pronti alla guerra in Siria via Amman

Fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/

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Mentre a Bruxelles l’Unione europea sblocca i trasferimenti di armi alle milizie anti-Assad, più di 15.000 uomini delle forze armate di 17 paesi Nato ed extra-Nato stanno per trasferirsi in Giordania per dar vita ad un’imponente esercitazione congiunta. Come annunciato dal governo di Amman, “a partire dalle prossime settimane” prenderà il via Eager Lion 2013 con operazioni di combattimento aeronavale e terrestre che interesseranno l’intero paese. All’esercitazione che durerà una quindicina di giorni, parteciperanno Arabia Saudita, Bahrain, Canada, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Giordania, Gran Bretagna, Iraq, Italia, Libano, Repubblica Ceca, Pakistan, Polonia, Qatar, Stati Uniti, Turchia e Yemen. In preparazione di Eager Lion, il Capo di stato delle forze armate giordane, generale Mishal Mohammed Zabin, si è incontrato nei giorni scorsi con i vertici militari di Stati Uniti, Francia e Turchia e con il vicesegretario generale della Nato, Alexander Vershbow.

La notizia dei nuovi giochi di guerra in Medio oriente giunge alla vigilia della visita a Washington del segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen. Egli incontrerà il presidente Barack Obama, il segretario di Stato John Kerry e il responsabile per la sicurezza nazionale Tom Donilon. Al centro dei colloqui innanzitutto il conflitto siriano; il Pentagono starebbe analizzando l’ipotesi d’imporre la No fly zone sui cieli siriani, mentre alcuni paesi Nato invocano un intervento militare simile a quello realizzato due anni fa contro la Libia. In stato di massima allerta sono già le forze armate dei paesi che confinano con la Siria: Giordania, Libano, Israele e Turchia. Quest’ultima ha ricevuto nei giorni scorsi quattro batterie di missili “Patriot” dalla Nato, più altre due direttamente dagli Usa.

Truppe speciali statunitensi stanno fornendo assistenza tecnico-logistica e intelligence ai militari giordani. Qualche mese fa sono stati trasferiti in Giordania 200 uomini circa della 1st Armored Division di Us Army, la divisione corazzata già di stanza in Germania e poi rischierata a Fort Bliss (Texas). Ala task force potrebbe seguire pure l’invio di un reparto specializzato nella guerra contro-aerea. Amman ha inoltre chiesto ai “paesi amici” di rafforzare i dispositivi “difensivi” alla frontiera con la Siria, fornendo magari batterie di missili “Patriot”. Intanto – secondo il generale Mishal Mohammed Zabin – sono state installate videocamere, radar e sofisticati sistemi d’allarme “per prevenire traffici e infiltrazioni nel paese”. Alle operazioni di “vigilanza” del confine con la Siria partecipano quotidianamente cacciaintercettori dell’aeronautica militare giordana. Uno di essi (un addestratore T-67 “Firefly” di produzione britannica) è precipitato il 15 maggio scorso per un non meglio specificato “problema tecnico”, causando la morte dei due membri d’equipaggio. Il velivolo era decollato dalla base “King Hussein Air College” (nei pressi della cittadina di frontiera di Mafraq) dove sono ospitati più di 3.000 appartenenti all’esercito e alla polizia nazionale e i 200 militari della 1st Armored Division Usa. Per l’agenzia The Associated Press è in questa installazione che i “consiglieri” militari statunitensi starebbero addestrando segretamente le formazioni ribelli in lotta contro il regime di Bashar Assad.

Secondo un’inchiesta pubblicata nel marzo scorso da Le Figarò, ci sarebbe una seconda installazione militare utilizzata per l’addestramento e l’equipaggiamento dei ribelli siriani. Si tratta del “King Abdullah Special Operations Training Center” (Kasotc), realizzato poco a nord di Amman a fine 2008 dalle forze armate Usa. Nel centro opererebbero addestratori statunitensi, francesi e britannici. “In un ampio poligono gli insorti siriani sono preparati all’uso di sistemi contro-carro, ad operare in zone urbane, a creare trappole, a fronteggiare reparti convenzionali, ecc.”, riporta il quotidiano francese.

Il ““King Abdullah Special Operations Training Center” ha ospitato il comando centrale dell’edizione 2012 di Eager Lion. Alle esercitazioni, le più imponenti mai tenutesi nello scacchiere mediorientale, parteciparono 12.000 militari provenienti anche allora da Stati Uniti, Nato (Italia compresa) e partner arabi.

Parole dal passato per il nostro presente

Fonte: http://etleboro.blogspot.it/

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“Ho lottato contro l’idea fissa che esisteva nel mio Paese: che l’Italia fosse condannata ad essere povera per mancanza di materie prime e di fonti energetiche. Queste fonti energetiche le ho individuate e le ho messe in valore e ne ho tratto delle materie prime. Ma, prima di far tutto questo, ho dovuto fare anch’io della decolonizzazione perché molti settori dell’economia italiana erano colonizzati anzi, direi, che la stessa Italia meridionale era stata colonizzata dal Nord d’Italia!”. (Enrico Mattei – Discorso a Tunisi, 10 giugno 1960)

Dopo 36 anni, il segnale ‘WOW’ rimane ancora un mistero: una trasmissione aliena?

Fonte: http://ilnavigatorecurioso.myblog.it/archive/2013/05/27/dopo-36-anni-il-segnale-wow-rimane-ancora-un-mistero-una-tra.html

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Dal momento in cui ha cominciato le sue attività, il programma SETI ha visto gli astronomi impegnati a perlustrare in lungo e in largo il cielo stellato, nella speranza di ricevere qualche segnale radio generato artificialmente da una qualche civiltà aliena.

Nel corso degli anni sono stati rilevati molti falsi allarmi, ma anche alcuni segnali interessanti molto brevi, comparsi in maniera fugace sugli strumenti: se una trasmissione radio non si ripete, in modo da poter essere studiata più attentamente, allora è praticamente impossibile stabilire se sia veramente di origine naturale.

Uno dei questi segnali, il più stuzzicante di tutti, è stato rilevato il 15 agosto del 1977, divenuto famoso con la denominazione di ‘Segnale WOW’. La trasmissione fu intercettata dall’astronomo Jerry Ehman mentre era impegnato nell’utilizzo del Big Ear Radio Observatory, presso l’Ohio State University, in un progetto di studio per conto del SETI.

Il ricercatore individuò una breve raffica di onde radio durata solo 72 secondo, trenta volte più forte del rumore di fondo e mai più riascoltato, nonostante le ripetute ricerche successive.

Il segnale fu ritenuto talmente notevole che Ehman cerchiò con la penna rossa la sequenza numerica del tabulato stampato da computer, annotando a margine la parola ‘WOW’, affibbiando involontariamente il nome che poi avrebbe reso famoso il segnale.

Gli scienziati ritennero che il segnale si adattasse molto bene ad alcuni criteri che permettevano di ipotizzarne un origine extraterrestre. Ma, nonostante le numerose ore di lavoro seguenti, nessuna sorgente fu identificata, nè fu possibile intercettare nuovamente la trasmissione. Ad oggi, il segnale ‘WOW’ risulta essere ancora un completo mistero.

L’unica certezza degli astronomi è che il segnale ha avuto origine nello spazio profondo, quindi o si tratta di un fenomeno astrofisico ancora sconosciuto agli scienziati, oppure abbiamo a che fare con un segnale generato da un’intelligenza aliena. Ma perchè ‘WOW’ è così interessante?

Innanzitutto, sembra essere un segnale radio artificiale, piuttosto che un emissione naturale di onde radio, come quella prodotta da una pulsar o un quasar: il radiotelescopio Big Ear usava un ricevitore con 50 canali radio, ma ‘WOW’ fu ascoltato su un’unica frequenza, senza nessun altro rumore rilevato sugli altri canali.

Le emissioni radio naturali, infatti, causano molto rumore elettrostatico che tende a comparire su tutte le frequenze. Il segnale, invece, era “stretto e concentrato”, come ci si aspetterebbe da un segnale artificiale.

Non riuscendo a captare per la seconda volta il segnale, Ehman escluse l’origine extraterrestre del segnale, ritenendo che “i fatti suggerivano che il segnale fosse partito dalla Terra e poi semplicemente riflesso da un detrito di spazzatura orbitante”.

Ma quando si cercò di indagare su questa ipotesi, gli scienziati ottennero più problemi che soluzioni.

Le indagini stabilirono che era impossibile che il segnale fosse originato dalla Terra, ed era altrettanto improbabile che fosse stato riflesso da un pezzo di spazzatura spaziale.

Si trattava di un segnale troppo specifico e queste spiegazioni necessitavano di troppe ipotesi indimostrabili. Una delle questioni fondamentali era la frequenza del segnale ‘WOW’ pari a 1420 Mhz, uno ‘spettro protetto’ nel quale è proibito trasmettere da Terra, in quanto utilizzato in radioastronomia.

La frequenza a 1420 Mhz, nota anche come ‘Linea dell’Idrogeno’. è infatti normalmente emessa dagli atomi di idrogeno presenti nello spazio interstellare. E’ possibile rilevarla in modo uniforme in ogni direzione del cosmo, ed è utilizzata per la tracciatura della nostra galassia. Ma nel programma del SETI ha anche un altro utilizzo.

L’idrogeno è l’elemento più semplice e abbondante dell’universo e ogni possibile civiltà intelligente sarebbe a conoscenza della sua frequenza nello spazio. Di conseguenza, i ricercatori del SETI considerano logico che venga utilizzata per eventuali trasmissioni aliene destinate ad essere ascoltate. E’ altrettanto logico che astronomi di altre civiltà potrebbero pensare la stessa cosa.

Il signoraggio nasce con la nascita della moneta

Scritto: Antonio Tanza
Fonte: http://fantpolitik.blogspot.it/

Time - Money

Qualche anno fa ho conosciuto a Roma, in metropolitana, un signore distinto, professore all’Università di Teramo, che mi raccontò una storia: quell’incontro mi è servito a capire meglio ilRisiko giocato dai banKster sulle nostre vite. La moneta, mi disse, è uno strumento “econometrico”, sostitutivo del rudimentale baratto, che serve per misurare il valore nelle transazioni commerciali. Originariamente il valore della moneta era pari al valore dei metalli usati (oro, argento, rame ecc.): i sovrani acquistavano sul mercato i vari metalli, li convertivano in monete e questi nuovi valori ritornavano in circolo sul mercato stesso. Il sovrano tratteneva per sé un piccolo guadagno, corrispondente alle spese di coniazione e di amministrazione: nasceva così il “signoraggio”. La scarsa reperibilità di oro e argento ha comportato una carenza di quantità di denaro in circolo sul mercato, determinandone la stasi, ed ecco perché è nata la moneta convenzionale.

L’usurpazione perpetrata dal sistema bancario ai danni dello Stato, nella gestione e nell’emissione monetaria, ebbe inizio quando i banchieri cominciarono a prestare i certificati, rappresentativi di oro ed argento, da loro stessi emessi: nacque così la note of bank, ovvero, la banconota. I bankster si arrogarono il diritto di stampare banconote in vece dello Stato che poi acquistava il valore nominale delle banconote ricevute pagando con dei titoli cosiddetti di “debito pubblico”. I banchieri cominciarono, poi, ad emettere banconote in quantità ben superiore all’oro posseduto. Pertanto, così facendo, aumentarono il capitale ed ottennero il pagamento degli interessi anche a fronte dei titoli cartacei prestati, ma privi di riserva aurea.

ll 15 agosto 1971, Forte Knox era stato quasi svuotato dalla Francia che presentava all’incasso i titoli per convertirli in oro, come prevedeva il vigente trattato di Bretton Woods: ma i banchieri avevano stampato Dollari per 9 volte il valore dell’oro che possedevano. Il Presidente Nixon dovette spazzare i patti di Bretton Woods e sospese la convertibilità del Dollaro in oro: il dollaro, però, mantenne inalterato il proprio valore. Il valore della banconota non è determinato dalla sua riserva aurea, ma unicamente da una convenzione sociale. Ciò comporta che la Banca d’Emissione guadagna un lucrosissimo signoraggio che consiste nella differenza tra il valore facciale stampato sul foglietto e il costo della carta e dell’inchiostro sostenuto per realizzare i biglietti stessi. E’ evidente come non possa essere consentito alla Banca d’Emissione d’impossessarsi del signoraggio in occasione dell’emissione monetaria: il signoraggio deve essere solo ed esclusivamente di proprietà dello Stato. E’ lo Stato che deve garantire la stabilità di un mercato tenendo sotto controllo il rapporto tra circolazione monetaria e beni da misurare: se il mercato dispone e produce maggiori beni, occorre maggior quantità di moneta, per non incorrere nella “deflazione”; quantità che va ridotta in caso di diminuzione dei beni stessi, per non creare “inflazione”.

Ora, è evidente come l’attuale crisi economica è stata realizzata mediante la folle distribuzione di titoli inventati, piazzati dalle grandi banche ai privati ed alle stesse banche minori, valori poi volatilizzati.Lo Stato deve ritornare alla propria emissione monetaria diretta, non solo per riacquisire la propria sovranità economica e politica, ma ancor più per smettere d’indebitarsi per acquistare al valore facciale la moneta emessa dai bancheri pagandola con i propri titoli di debito, sui quali scatta da subito anche il pagamento degli interessi passivi. Queste crisi vengono organizzate per sottrarre beni e sistemi produttivi ai legittimi proprietari, per farli confluire alle grandi multinazionali controllate dai banchieri stessi. Ah, già ! … quel signore in metro era Giacinto Auriti, al quale prima della sua morte ho potuto donare, grazie a Savino Frigiola, la sentenza n. 3712/04 del GdP di Lecce, prototipo della provocazione giudiziaria del cittadino ai Signori delle banche.
 

Trovato il parassita che devastò l’Irlanda nell’Ottocento

Scritto da  Roberto Cantoni
Fonte: http://oggiscienza.wordpress.com/author/robertocantoni/

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NOTIZIE – Un milione di morti e un milione di emigrati. Questo fu, nel 1852, il bilancio di una spaventosa carestia abbattutasi sull’Irlanda a partire dal 1845: in quei sette anni, l’isola perse tra il 20 e il 25% della popolazione. La causa principale dell’ecatombe fu un fungo che colpì l’alimento su cui era basata la dieta irlandese dell’epoca, la patata, dalla quale un terzo della popolazione era interamente dipendente.

Oggi, un gruppo internazionale di biologi rivela su arXiv (il maggiore archivio online per bozze definitive) che a scatenare la carestia fu un ceppo fino a oggi sconosciuto della peronospora della patata. È la prima volta che vengono decodificati i genomi di un parassita e della sua pianta ospite a partire da campioni secchi conservati in un erbario: attraverso questa metodologia, si potrà ora analizzare come si evolvano i patogeni e come l’attività umana influisca sulla diffusione delle malattie delle piante.

La peronospora ha in un certo senso cambiato il corso della storia: ancora oggi, infatti, la popolazione irlandese non è tornata ai livelli pre-carestia. “Abbiamo finalmente scoperto l’identità esatta del ceppo che ha causato questa piaga”, afferma Hernán Burbano dell’Istituto Max Planck di biologia evolutiva di Tubinga, Germania. Nonostante gli esemplari di piante studiati avessero tra i 120 e i 170 anni, i ricercatori sono riusciti a trovare molti frammenti di Dna intatti.

“Gli erbari sono una fonte ricchissima e ancora poco esplorata, da cui possiamo ricavare una quantità enorme d’informazioni sulla distribuzione storica delle piante e dei loro parassiti, e anche sulla storia dei popoli che coltivavano queste piante”, aggiunge Kentaro Yoshida del Sainsbury Laboratory di Norwich, Regno Unito.

I ricercatori hanno esaminato la diffusione storica del fungo che causò la carestia delle patate, scoprendo che non sarebbe stato un ceppo già noto della peronospora a provocare la carestia, ma un altro, meno recente e mai studiato prima. Secondo Burbano, i due ceppi, per quanto simili, si sarebbero separati qualche anno prima della carestia irlandese.

I biologi hanno confrontato i campioni storici coi ceppi moderni trovati in Europa, Africa e America, e sono riusciti a stimare con grande precisione il momento in cui i vari ceppi di peronospora si sarebbero divisi durante l’evoluzione. Il ceppo scoperto sarebbe emerso agli inizi del 1800, e si sarebbe poi diffuso nel mondo, attraverso il commercio marittimo, nel corso del secolo. Soltanto nel XX secolo, dopo l’introduzione di nuove varietà di patate, questo fungo sarebbe stato sostituito da un altro, quello finora noto, ritenuto in precedenza la causa della carestia.

Per raggiungere questo risultato, è stato necessario decifrare interi genomi di undici campioni storici di peronospora da foglie di patate raccolte nel corso di più di 50 anni e provenienti da tre continenti, conservate negli erbari della Collezione botanica di stato di Monaco di Baviera e nei Kew Gardens di Londra. Grazie alla notevole quantità e qualità del Dna dei campioni, il gruppo ha potuto ricostruire l’intero genoma del fungo e della sua pianta ospite, la patata, nel breve arco di qualche settimana.

I metodi di selezione delle varietà di piante alimentari possono influire sull’evoluzione dei patogeni, e questo studio lo documenta in maniera diretta: una maggiore biodiversità nelle varietà scelte avrebbe potuto, se non impedire, almeno limitare gli effetti della carestia. “Forse il ceppo responsabile si è estinto quando sono state selezionate le prime varietà di patate resistenti al parassita nel XX secolo”, ipotizza Yoshida. “Ciò che è certo è che questa scoperta ci aiuterà a capire le dinamiche dell’emergenza dei patogeni, oltre a portare a una rivalutazione del ruolo degli erbari in biologia evolutiva”.

Crediti seconda immagine: USDAgov, Flickr

L’Italia in crisi non rinuncia al drone-killer (da 30 milioni)

Fonte: http://www.libreidee.org/2013/05/litalia-in-crisi-non-rinuncia-al-drone-killer-da-30-milioni/

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Dal suo ufficio, il tele-pilota seduto davanti al computer individua il bersaglio, lo inquadra con la guida laser, schiaccia il bottone e fa partire il missile Hellfire: quel piccolo siluro di un metro, largo un palmo, ammazza per te. Costo: da 68.000 a 122.000 dollari a missile. Gli Hellfire equipaggiano il nuovo drone-killer a cui l’Italia in crisi non sa rinunciare. Si chiama M-Q9, made in Usa, in dotazione anche agli inglesi e all’aviazione italiana. «The MQ-9 – spiegano – is the first hunter-killer Uav designed for long-endurance, high-altitude surveillance». Anche senza aver frequentato l’accademia militare di Annapolis, osserva Ennio Remondino, la definizione di “cacciatore-assassino” dice tutto. I primi acquisti di droni da parte dell’aeronautica militare italiana risalgono al 2004: velivoli di stanza ad Amendola sono tuttora impiegati a Herat, in Afghanistan, con compiti di ricognizione e intelligence.

Nessuno, in Parlamento, ha mai parlato di armi da montare sugli italici “cacciatori-assassini”, scrive Remondino su “Globalist”. Eppure le fonti droneamericane, solitamente precise e disinvolte in fatto di armi, nel 2012 parlano di droni “Reapers” destinati all’Italia ed equipaggiati con missili anticarro Hellfire e bombe a guida laser. Vale a dire che l’Italia ha ordinato, assieme a sei “assassini tecnologici”, anche i kit per armare i “Reapers” con i più moderni ordigni di distruzione. «Voglie occultate di potenza: come la decisione del governo “tecnico” di usare i quattro aerei Amx della base italiana di Herat non più per semplice ricognizione». Finora, in caso di necessità di “supporto aereo” in soccorso a truppe a terra in difficoltà, erano sempre intervenuti i nostri elicotteri Mangusta A-129 con i loro missili Tow e i loro micidiali cannoni rotanti da 500 colpi al minuto. «Qualche contraddizione costituzionale si affaccia», annota l’ex inviato di guerra della Rai.

Lasciando da parte le questioni etico-giuridiche, si scopre che ognuno di quegli “assassini volanti” costa circa 29 milioni di euro. «Una bella somma per l’Italia della cassa integrazione da rifinanziare». Altrettanto inquietante, aggiunge Remondino, l’intenzione di guerra e la scelta di colpire che è propria della dotazione stessa di un certo tipo di armamento: l’Agm-114 Hellfire è un missile anticarro, nato per dotare gli elicotteri di capacità d’attacco contro veicoli corazzati. E l’acronimo Hellfire, letteralmente “fuoco infernale”, sta per “Helicopter Launched Fire and Forget”, missile eli-lanciato “spara e dimentica”. E’ il “New York Times” a rivelare la scelta statunitense di far diventare la base Nato di Sigonella la nuova “capitale” per i suoi attuali 7.500 droni in servizio, a due passi dal temuto terminal Muos di Niscemi, che si sospetta faccia parte del dispositivo Haarp per la manipolazione del clima mondiale attraverso “bombardamenti” della ionosfera.

Secondo il Sipri, il centro ricerche per la pace di Stoccolma, nel 2012 i governi di tutto il mondo hanno speso l’esorbitante cifra di 1.750 miliardi di dollari per mantenere le proprie strutture militari: armi, apparato militare e il suo complessivo mantenimento. «Veniamo così a sapere che il nostro paese “cresce”, unico caso di sviluppo attuale oltre le vendite di vino: dopo un anno di assenza per il sorpasso brasiliano, torniamo nei primi 10 posti della lista di chi spende di più per armamenti», chiosa Remondino. Podio per Stati Uniti, Cina e Russia. «L’Italia, soltanto decima, dai conti dell’istituto svedese viaggia sui 34 miliardi di dollari, con qualche pasticcio di cambio con l’euro. Ma nel 2013 promette ufficialmente di crescere!».

 

Inferno Guantanamo

Fonte: http://www.articolotre.com/2013/05/inferno-guantanamo/172683

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-G.C.- 24 maggio 2013-Torna a parlarne, Barack Obama. Come se questo potesse in qualche modo metterlo al riparo dall’opionione pubblica mondiale.
Gli scioperi della fame a Guantanamo stanno diventando sempre più un’emergenza, la decisione dei detenuti di rifiutare il cibo ha dato un forte scossone a coloro che, pur sapendo sel carcere di massima sicurezza sito sull’isola di Cuba, chiudevano gli occhi e fingevano di non vedere.

Detenuti, nella stragrande maggioranza, innocenti. Portati dietro le sbarre per “precauzione”, perchè “sospettati di terrorismo” e mai processati, tanto meno condannati. Rinchiusi in condizioni disumane, costretti a subire angherie e torture indicibili, attuate per estorcere confessioni.

Guantanamo, battezzato The battle lab, il laboratorio della guerra, è un luogo infimo, per i reclusi è l’inferno. Qui, come spiegarono già anni fa il generale Mike Dunlean ed il maggiore Geoffry Miller, i detenuti vengono sottoposti “ad esperimenti umani e psicologici”.

Tenuti svegli per giorni, appesi ai soffitti, picchiati, maltrattati e umiliati. Coloro che sono rinchiusi del carcere di massima sicurezza, patiscono le pene dell’inferno, e vengono spesso e volentieri drogati con la meflochina, un farmaco utilizzato nella cura della malaria ma che ha effetti devastanti sulla psicologia dell’individuo. Istiga al suicidio, provoca allucinazioni, depressione, attacchi di panico. Non furono rari i casi in cui, a seguito di una somministrazione superiore alla norma, del farmaco, si verificarono suicidi.

In un documento del dipartimento di Difesa degli Usa, lo Standard Inprocessing Orders For Detainees, il dottor Remington, medico del dipartimento di stato, spiegò: “Tutti detenuti che arrivarono a Guantanamo nel Gennaio 2002 ricevettero un dosaggio della meflochina pari a 1,250mg, 5 volte superiore al dosaggio previsto nei casi di trattamento.” Questa medicina, inoltre, “viene somministrata senza tener conto del quadro  medico pregresso del paziente e cioè se sia affetto già da depressione, malattie varie,o problemi psichici,con il rischio che il farmaco vada a peggiorare le condizioni del soggetto, sicuramente i prigionieri sotto effetto della medicina hanno una visione distorta della realtà e possono prestarsi più facilmente a confessioni.”

Sebbene, poi, gli Usa spiegarono che utilizzarono il farmaco a scopo preventivo, quando ci furono veramente casi di malaria all’interno del carcere – è il caso dei prigionieri di Haiti tra il 1991 e il 1992, quando 235 persone su 14000 ne erano affette- la meflochina non fu somministrata a tutti.

Gli appunti dello psicologo Bruce Jessen, invece, a servizio della Cia presso Guantanamo, parlano delle sevizie a cui i prigionieri venivano sottoposti sotto il governo di Bush. Una tesi che, seppur smentita dalle alte cariche dello stato, trovava conferma in un rapporto ufficiale fornito dalla commissione d’inchiesta del senato, all’interno del quale si potevano trovare elencati i diversi metodi di estorsione di confessioni: “Il programma di tortura prevede che i prigionieri vengano buttati a terra, calpestati, accecati con la luce artificiale e  trattati come bestie”. Lo stesso documento riporta anche le “istruzioni” per gli aguzzini: “la tortura federale stabilisce che la pena inflitta debba essere pari a quella che si prova quando un individuo è seriamente ferito, ha un’emorragia interna o sta per morire. Bisogna torturarli fino alla morte, la tortura psicologica deve durare anni ed essere lenta”.

Questa è Guantanamo, questa è la prigione che il presidente democratico Obama ha promesso di chiudere il giorno in cui venne eletto. Il premio Nobel per la pace che, nonostante tutto, il carcere lo tiene ancora aperto. Nonostante ora torni a porre le mani avanti e ribadisca il suo desiderio, annunciando, ancora, il trasferimento dei detenuti. Ma è impossibile non domandarsi se la sua non sia realmente soltanto una manovra per pararsi dalle critiche e dagli attacchi che il mondo intero gli sta muovendo, dopo le proteste interne al carcere.

Che cos’è il ‘Nearly zero energy building’

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/22052013/che-cos-il-nearly-energy-building/5593

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Nearly Zero Energy Building (NZEB) espressione tecnica tradotta in italiano “edifici a energia quasi zero” (EEQZ) è il modo sintetico con cui si indica la direttiva europea 2010/31/UE che obbliga i costruttori edili a realizzare strutture dai consumi energetici prossimi allo zero entro il 2020 (termine che però è anticipato al 31 dicembre 2018 per gli edifici pubblici). Nel giro di qualche mese tutti i paesi membri dell’UE dovranno presentare a Bruxelles i loro piani nazionali – per il momento soltanto la Danimarca lo ha preparato.

E’ già iniziato il countdown, dunque, e nel frattempo bisogna lavorare a soluzioni costruttive e/o tecnologiche che consentano il raggiungimento degli obiettivi cosiddetti 20-20-20: diminuzione del 20% delle emissioni in atmosfera, aumento del 20% del ricorso a fonti energetiche rinnovabili, risparmio energetico migliorato del 20%.

Lo Stato deve fare la sua parte mediante normative e opportuni incentivi: a partire dal 2015, ogni anno una quota pari al 3% del patrimonio pubblico dovrà essere riqualificato.

Un esempio di eccellenza da imitare nel nostro paese per quanto riguarda la ristrutturazione degli edifici pubblici, è quello degli uffici della Provincia di Bolzano (un tempo sede delle Poste): è stato completamente ristrutturato a portato allo standard di casa passiva, con un consumo di soli 7 kiloWattora al metro quadro l’anno contro i 200 che consumava in passato (la riduzione nel costo del combustibile è passata da 90.000 a 4000 euro. L’investimento per la ristrutturazione è costato il 10% in più di un intervento tradizionale, ma sarà ammortizzato nel giro di 5 anni, dopo il quale l’edificio produrrà un guadagno.

Se le normative saranno applicate come da manuale i consumi energetici italiani potranno essere tagliati del 44% entro il 2030, in quanto si stima che il consumo energetico di un edificio in classe A+ sia solo la ventesima parte di quello di un edificio in classe G. Senza contare le ricadute economiche e la creazione di posti di lavoro: se tutte le nuove costruzioni europee seguiranno gli standard NZEB, si stima un volume d’affari annuo di 62 miliardi di euro.

No tedesco agli eurodroni di Sigonella

Fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/
Scritto da: Antonio Mazzeo

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Droni di guerra troppo pericolosi per il traffico aereo civile e il governo Merkel decide di fermare il programma di acquisizione di cinque grandi velivoli-spia “Euro Hawk”. Dopo anni di studi e investimenti per 550 milioni di euro per realizzare il primo prototipo, le autorità tedesche hanno fatto sapere che per ragioni di sicurezza e di bilancio non si doteranno più dei velivoli senza pilota derivati dal “Global Hawk”, il falco globale schierato dalle forze armate Usa nella base siciliana di Sigonella.

 

Secondo la stampa tedesca l’“Euro Hawk” non risponderebbe agli standard di sicurezza richiesti dall’European Aviation Safety Agency (EASA), l’agenzia europea per la sicurezza aerea. E cosa ancora più grave, la società statunitense progettista dei “Global Hawk” (la Northrop Grumman) non intenderebbe fornire tutta la documentazione tecnica necessaria per il procedimento di certificazione EASA. Da quanto calcolato dal ministero della difesa tedesco, per regolarizzare i velivoli senza pilota e dotarli di un idoneo sistema anti-collisione sarebbero necessari non meno di 500-600 milioni di euro da sommare ai 1.300 milioni previsti per lo sviluppo degli aerei e dei loro sensori. Da qui la scelta di abbandonare l’ambito programma militare.

 

La produzione degli “Euro Hawk” venne affidata nel 2010 all’azienda aerospaziale europea EADS e fu presentata come un contributo “autonomo” della Germania al nuovo programma Nato di sorveglianza terrestre “AGS” (Alliance Ground Surveillance), il cui comando sarà insediato a Sigonella entro il 2015 congiuntamente a 800 uomini e a cinque falchi globali dall’Alleanza Atlantica. “Se i costi minacciano di lievitare troppo è preferibile abbandonare il progetto anche per il futuro”, ha dichiarato il ministro della difesa Thomas de Maziere. “Meglio una fine dolorosa che un dolore senza fine. Daremo in Parlamento una spiegazione cronologica degli avvenimenti”.

 

Intervistato dalla rediotelevisione tedesca, il ricercatore dell’Istituto per gli Affari Internazionali e la Sicurezza di Berlino, Christian Mölling, ha spiegato che più del denaro hanno pesato nella scelta del governo le difficoltà ad integrare l’“Euro Hawk” nello spazio aereo europeo. “Ciò non è un problema solo per questo tipo di drone ma riguarda tutti i droni nel continente”, ha aggiunto l’esperto. “Ad oggi non ci sono soluzioni in Europa. Di certo il governo tedesco era a conoscenza da tempo della questione. Il problema delle restrizioni al traffico dei droni non è esploso adesso; una nuova regolamentazione per l’uso dello spazio aereo è in agenda da tantissimo tempo. Non si può dare una soluzione in ambito strettamente nazionale, ma è in ambito europeo che si deve decidere come potranno operare insieme i velivoli con pilota e quelli senza. Bisognerà prevedere una serie di innovazioni tecniche e di norme legali che assicurino che i droni non si scontrino in volo con gli aerei di linea”.

 

Nel marzo 2010, l’agenzia europea per il controllo del traffico aereo (Eurocontrol) aveva indicato le “linee guida” a cui gli stati membri si sarebbero dovuti attenere per la gestione degli aerei senza pilota nello spazio europeo, “considerato che cinque velivoli Euro Hawk opereranno in Germania e sino a 20 Global Hawk saranno schierati a Sigonella dalle forze armate statunitensi o entreranno in funzione con la Nato con il nuovo programma AGS”. Eurocontrol raccomandava di prevedere “normalmente rotte specifiche” evitando che i droni “sorvolino aree densamente popolate o uno spazio aereo congestionato o complesso”. In considerazione che i droni “mancano delle capacità di sense & avoid e di prevenzione delle collisioni con altri velivoli che potrebbero incrociare le proprie rotte”, Eurocontrol chiedeva inoltre d’isolare i Global Hawk nelle fasi di ascensione ed atterraggio (le più critiche) e durante le attività di volo in crociera che “devono avvenire in alta quota al di fuori dello spazio aereo riservato all’aviazione civile”. Le linee guida dell’agenzia europea per il controllo del traffico non erano obbligatorie: il governo tedesco le ha però accolte mentre le autorità italiane hanno aperto lo spazio aereo siciliano alle spericolate operazioni dei droni Usa e Nato con numerosi effetti negativi sul traffico passeggeri negli scali di Catania Fontanarossa e Trapani Birgi.

 

Il progetto “Euro Hawk” ha preso il via nel 2000 con la costituzione di una joint venture tra la statunitense Northrop Grumman e la holding europea EADS. La nuova società con sede a Friedrichshafen è divenuta il prime contractor del ministero della difesa tedesco. Il progetto per il nuovo drone è stato elaborato a partire dal velivolo RQ-4 “Global Hawk” in grado di volare ad alte altitudini (sino a 60.000 piedi) e per lunghi periodi (36 ore circa). Dotato di una potentissima antenna radar e di altri sensori in grado di fornire immagini ad altissima risoluzione, il drone può funzionare perfettamente con qualsiasi condizione meteorologica. Nei piani della joint venture tedesco-statunitense l’“Euro Hawk” dovrebbe migliorare la capacità del “Global Hawk” nella raccolta dei segnali d’intelligence (SIGINT) e delle informazioni elettroniche (ELINT) di radar ed emittenti di comunicazioni, mettendoli in rete con le stazioni terrestri e i centri di elaborazione dati.

 

Il primo e unico prototipo “Euro Hawk” è stato completato nel 2011; per i suoi test sperimentali è stata utilizzata la base aerea di Manching nei pressi di Monaco di Baviera. Ad esso dovevano seguire altri quattro velivoli-spia telecomandati da schierare permanentemente nello scalo di Schleswig-Jagel, in Germania settentrionale, dove sono stati spesi 40 milioni di euro per l’ammodernamento delle piste.

 

Il responsabile del settore aerospaziale di Northrop Grumman, Tom Vice, ha affermato di non avere conferme ufficiali dello stop tedesco al programma “Euro Hawk”. “Non credo tuttavia che ciò che deciderà la Germania potrà avere effetti sulle altre nazioni europee, compreso per il contratto di 1,7 miliardi di dollari sottoscritto con la Nato nel 2012 per la produzione e consegna di cinque velivoli Global Hawk”, ha aggiunto Tom Vice.

Se in Germania le forze armate sperano ancora di poter ricevere la certificazione per l’uso dei droni nello spazio aereo nazionale, i manager di EADS affermano che le apparecchiature già realizzate per gli aerei-spia potranno avere comunque altri utilizzi. “I sistemi d’intelligence da noi sviluppati in Germania sono tra i più avanzati al mondo e possono essere integrati a supporto di altre piattaforme aeree delle forze armate”, ha dichiarato Bernhard Gerwert, presidente di Cassidian, una delle principali aziende impegnate nel programma “Euro Hawk”. Intanto a Berlino c’è chi pensa ad acquistare in Israele i droni-killer “Heron TP”. Sul tema il ministro Thomas de Maiziere ha tenuto due meeting ufficiali con i capi delle forze armate israeliane (il primo nel novembre 2012, il secondo nel febbraio di quest’anno). Il capo di stato maggiore dell’aeronautica tedesca, gen. Karl Muellner, si è invece recato tempo fa a Gerusalemme per partecipare alla presentazione ufficiale dell’“Heron TP”. Secondo il settimanale Der Spiegel la decisione finale sui nuovi droni verrà presa solo dopo le elezioni politiche nazionali fissate per il prossimo 22 settembre