Il delta del Danubio: una delle più importanti riserve della biosfera in Europa

Scritto da: Elena
Fonte: http://www.soloecologia.it/27042016/delta-del-danubio-delle-piu-importanti-riserve-della-biosfera-europa/8597

delta del DanubioIl delta del Danubio è un territorio che si estende su quasi 3500 chilometri quadrati fra la regione ovest della Romania e l’Oblast di Odessa in Ucraina e si affaccia sul Mar Nero. La zona paludosa della foce del celeberrimo Danubio è una Riserva della Biosfera protetta dall’UNESCO e ospita una ricchissima varietà di specie, anche rare, di volatili e piante protette. La zona è prevalentemente paludosa, interrotta qua e là da canneti e aree boschive (soprattutto pioppi, querce, salici, larici, meli e peri selvatici). In questi territori umidi, accanto a piante rare e numerose specie di insetti, vivono oltre 300 specie di volatili, tra cui garzette, pellicani e spatole e molti uccelli migratori. Nella riserva si trova anche una ricca fauna ittica, di cui fa parte anche l’ormai raro storione, oltre a lucci e carpe selvatiche. Gli specchi d’acqua sono coperti da una vegetazione acquatica galleggiante e occupano il 2% della superficie del delta. Attorno alla zona del delta vivono circa 15.000 persone, molte delle quali trovano sussistenza grazie all’attività di pesca svolta con i loro tradizionali kayak di legno. Tra essi, una comunità di Lipovani che sono discendenti dei cosiddetti “fedeli del vecchio rito”, che lasciarono la Russia nel 1772 per evitare persecuzioni religiose.

22.11.63 e la raffinatissima manipolazione mediatica

Scritto da: Andrea Zennaro
Fonte: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/27-media/4394-22-11-63-e-la-raffinatissima-manipolazione-mediatica

(Avviso per coloro che non hanno letto il libro o visto la miniserie: contiene spoiler).

Dopo aver visto la miniserie 11.22.63 tratta dall’omonimo libro di Stephen King del 2011, che avevo letto alla sua uscita, mi sono tornati alla mente dei pensieri ‘complottistici’ inerenti al metodo  di veicolare messaggi alle masse. La raffinatissima manipolazione mediatica attuata dai canali mainstream contemporanei per consolidare versioni ufficiali istituzionalizzate, che stanno in piedi su di un filo molto sottile, si insinua in modo subdolo per indottrinare le nuove generazioni.

Partiamo innanzitutto dal romanzo pseudo-fantascientifico di Stephen King basato sulla semplice idea di far viaggiare un uomo indietro nel tempo per impedire l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy: l’idea è presa di sana pianta da un episodio della prima stagione della nuova serie de “Ai confini della realtà” (The Twilight Zone [1]) datata 1985. Nell’episodio in questione dal titolo “Dallas, novembre 1963” (Profile in Silver [2]), il professore di storia Joseph Fitzgerald, lontano parente del presidente e proveniente da duecento anni nel futuro, salva Kennedy: come nel romanzo di King, oltre al canovaccio molto simile del viaggio nel tempo e del protagonista professore, vi sono similitudini anche nelle conseguenze al mancato omicidio che portano ad un paradosso temporale che crea un continuum distopico apocalittico [3].

La miniserie televisiva 11.22.63, andata in onda negli Stati Uniti nel febbraio 2016 e prodotta da J.J. Abrams, non si discosta di molto dalla storia del libro:

a parte l’eliminazione di passaggi superflui e l’aggiunta di personaggi per portare avanti la trama senza dover utilizzare la voce fuori campo, la trasposizione per lo schermo segue in modo pressoché fedele l’opera di King. Il presupposto del libro, e quindi anche della miniserie, è che Lee Harvey Oswald fosse l’unico responsabile dell’omicidio del presidente Kennedy a Dallas: molti argomenti vengono toccati tra cui il tentato omicidio del generale Walker, il possibile coinvolgimento del ricco geologo del petrolio, il russo George de Mohrenschildt, morto suicida nel 1978, per poi venire sistematicamente resi privi di fondamento.

King, da buon narratore per le moltitudini qual è, sa toccare le corde giuste raccontando una storia avvincente e ben costruita, compresa la storia d’amore strappalacrime tra il protagonista e la ragazza conosciuta nel passato con climax finale che fa venire il magone. Pagina dopo pagina il lettore, e poi di conseguenza lo spettatore grazie anche all’utilizzo di giovani star come James Franco e Sarah Gadon, viene portato a credere che la versione degli avvenimenti storici narrati, con i quali il protagonista si trova a combattere, siano quelli avvenuti nella realtà. Tutta questa operazione è fumo negli occhi o meglio, specchietto per le allodole atto a manipolare il pensiero libero e ad avallare la versione della commissione Warren.

Sarebbe interessante conoscere le vere ragioni per cui il regista Jonathan Demme nel 2012 abbandonò il progetto di dirigere la miniserie perché in disaccordo con King sulla stesura della sceneggiatura. Le teorie complottiste possono essere inserite in contesti fumettistici come negli strepitosi titoli di testa del film del 2009 Watchmen, tratto dalla graphic novel Alan Moore [4], ma non in film ‘istituzionali’ come Parkland del 2013, ed incentrato in parte sulla figura di Abraham Zapruder, fatto uscire per il cinquantesimo anniversario dell’assassinio che mostra solo ciò che sta in superficie.

Se il film di Oliver Stone del 1991 JFK – Un caso ancora aperto apriva un varco nella foschia attorno all’omicidio, a rimettere sulla retta via possibili reazioni critiche nei confronti della versione ufficiale ci pensò, anche allora, una serie televisiva fantascientifica prodotta tra il 1989 ed il 1993: la famosa In viaggio nel tempo (Quantum Leap). Con l’avvicinarsi del trentesimo anniversario del tragico evento la quinta stagione della fortunata serie di Donald P. Bellisario si aprì con una puntata doppia dedicata a Lee Harvey Oswald dove il protagonista Sam, viaggiatore nel tempo, si ritrova ad interagire con il presunto omicida per evitare che venga coinvolto in una cospirazione: si arriverà alla conclusione che Oswald agì da solo, come da manuale, e Sam, il crononauta, era a Dallas per salvare la first lady Jackie.

Dunque ci troviamo di fronte ad un meccanismo molto elaborato ed astuto di trasmettere e cristallizzare versioni di eventi tragici che hanno cambiato il corso della Storia con una propaganda all’apparenza invisibile ad una visione affrettata. Prima o poi, la data dovrebbe essere l’anno prossimo anche se la commissione Warren l’aveva fissata per il 2039, tutti i documenti secretati diventeranno di dominio pubblico, salvo rinvii o nuovi depistaggi per comprendere appieno uno dei tanti misteri della nostra storia contemporanea

Andrea Zennaro (and_zen)

1 – Stephen King ha parlato spesso della serie televisiva “Ai confini della realtà” anche per denigrare l’odiata trasposizione cinematografica kubrickiana del suo Shining: nell’intervista pubblicata sul numero di Playboy del giugno 1983, disse che il finale del film con la fotografia del 1921 Kubrick l’aveva copiata da un episodio della serie senza mai specificare di quale si trattasse. Interessante, nell’episodio finale di 11.22.63, la citazione al film Shining del 1980.
2 –  https://www.youtube.com/watch?v=t_WhkZazUks
3 – Che King prenda spunto, come tutti, dalle più svariate fonti è naturale: si pensi all’idea per il romanzo del 2009 The Dome (Under the Dome), diventato poi nel 2013 una serie televisiva, presa da I Simpsons – Il Film del 2007.
4 – https://www.youtube.com/watch?v=aVUDdQS2UxA

Fotogramma della puntata finale di 11.22.63 con citazione del film Shining.

L’utile pretesto del terrorismo

Scritto da: SoniaSavioli
Fonte: http://www.ilcambiamento.it/editoriale/terrorismo_pretesto.html

Nel 1914 un atto di terrorismo costituiva il pretesto per dare inizio alla prima guerra mondiale. Era una guerra tra imperi, o meglio tra imperialismi, che si preparava da tempo; una guerra annunciata e prevista ma qualcuno deve aver pensato che fosse meglio dare una spintarella al corso degli eventi.

L’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’Austria-Ungheria, fu ucciso a Sarajevo dal nazionalista serbo Gavrilo Princip. L’arciduca nella sua politica aveva sempre puntato ad evitare i conflitti e progettava, una volta divenuto imperatore, di creare un impero federale che avrebbe dato grande autonomia politica a tutte le etnie che ne facevano parte.

Gavrilo Princip era membro dell’associazione indipendentista serba Mano Nera. La Serbia uscì indipendente dalla prima guerra mondiale, tuttavia la “Mano Nera”, questa associazione che aveva perorato la causa dell’indipendenza serba fino all’estremo, o così appariva, scomparve senza lasciare traccia.

La prima guerra mondiale fece diciassette milioni di morti. Quasi tutti giovani. Per la stragrande maggioranza, contadini.

Fu una guerra, come tutte, determinata da interessi economici e politici; una guerra di supremazia tra capitalismi vigorosi e in ascesa, a cui si accodarono alleati vari e in cui si inserirono in maniera decisiva gli Stati Uniti, con più di un milione di soldati.

Finiva l’imperialismo legato al territorio, si affermava definitivamente l’imperialismo economico colonizzatore. Il “terrorismo” dell’omino Gavrilo Princip era talmente sproporzionato come pretesto, che nessuno poté più tardi credere che fosse stato la causa della guerra.

Eppure bisognerebbe ricordarsi anche dei pretesti.

Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppia a Milano, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana “affollata come tutti i venerdì, giorno di mercato”. Sedici morti, novanta feriti, nella banca dei contadini in giorno di contrattazione.

Quella bomba fece molte altre vittime, a partire dall’anarchico Pinelli, morto di “interrogatorio”, per finire con l’anarchico Valpreda, accusato ingiustamente, che trascorrerà più di tre anni in carcere e che solo molti anni più tardi verrà scagionato. Si volle far credere che fosse una bomba “di sinistra”, in un periodo in cui la parola “sinistra” aveva ancora il suo originario significato e in cui il movimento operaio, il partito comunista, il movimento studentesco conducevano lotte molto partecipate e sempre più unitarie, ottenevano vittorie importanti, acquistavano ogni giorno più forza e più consensi nel paese.

Molti anni dopo, nel 1997, con l’ultima istruttoria portata avanti dal giudice Salvini, una volta tanto si arrivò ad una parte della verità. Gli autori della strage appartenevano o dirigevano gruppi neofascisti. Tra i mandanti e complici c’erano apparati dello stato, i servizi segreti nostrani e quelli statunitensi.

Non per fare la rivoluzione, dunque, venivano fatti saltare in aria piccoli agricoltori, treni di povera gente, stazioni ferroviarie di seconda classe, nell’Italia della “strategia della tensione”, ma per distruggere le forze popolari e rivoluzionarie, le forze del cambiamento, addebitando loro attentati e stragi. Si parlò poi di “apparati deviati” e di “poteri occulti”.

I nostri vecchi che s’interessavano di politica e che vi partecipavano attivamente ci avevano insegnato a usare una semplice cartina di tornasole, per orientarci nella confusione e nell’ambiguità: la semplice domanda “a chi giova?” L’antica formula “cui prodest?” sembra ormai, nell’epoca della massima confusione e del massimo inganno, essere stata dimenticata, in particolare dai media.

Il terrorismo giova sempre a qualcuno, quasi mai a quelli cui viene addebitato. Nell’italiana strategia della tensione, durata decenni e culminata nel rapimento e assassinio di Aldo Moro, si muovevano gli interessi di fazioni politiche ed economiche italiane assieme agli interessi, come al solito paranoici, degli USA. Si potrebbe quindi definirla una sotterranea e dissimulata guerra civile con intervento di una potenza straniera; o, forse meglio ancora, la guerra occulta di una potenza straniera sostenuta da una fazione interna.

“E’ stato operato il tentativo più pericoloso che la destra reazionaria abbia mai portato avanti, con una trama disgregante che aveva radici organizzative e finanziarie consistenti, che ha trovato solidarietà internazionali. Questo tentativo non è finito.” (Arnaldo Forlani, 1972)

L’11 settembre 2001 due aerei si schiantarono contro le Torri Gemelle di New York, un terzo colpì il Pentagono; i due grattacieli si sbriciolarono come biscotti presi a martellate, ci furono tremila morti, la colpa fu data a una masnada di dirottatori arabi, ben diciannove, che sarebbero stati per la maggioranza sauditi integralisti islamici.

Come ritorsione gli USA, con la benedizione dell’ONU e l’assistenza attiva di tutto l’Occidente, invasero l’Afganistan. Non uno dei dirottatori era afgano. Che ci azzecca?, direbbe qualcuno.

Si vede che anche la CIA perde colpi (al giorno d’oggi non si trovano più bravi e seri professionisti in nessun campo), e che di afgani negli USA, utilizzabili come pretesti e che sapessero almeno guidare un deltapalano, non ne avevano trovati.

Sta di fatto che il fatidico “cui prodest?” troverebbe una sola, semplice risposta: le multinazionali della guerra hanno tratto giovamento dagli attentati dell’11 settembre. E non bisogna credere che siano soltanto le industrie degli armamenti; sono centinaia le ditte che forniscono l’esercito statunitense e si va dalle armi ai fiocchi di cereali, dagli scarponi agli occhiali da sole. Loro fanno affari e gli USA s’indebitano, ma questo non ha portato alcuna conseguenza, tranne che nell’impoverirsi del popolo americano, perché gli Stati Uniti possono ancora giovarsi, ebbene sì, del terrore che ispirano a tutto il mondo. Quale “recupero crediti” avrebbe il coraggio di bussare alla loro porta?

Oggi, chi vuol sapere come sono andate veramente le cose, lo sa. Ci sono ottime inchieste, come “11 settembre 2002 – La verità sulle Torri Gemelle” di Giulietto Chiesa e Claudio Fracassi, giornalisti di provata esperienza e scrupolosità. Ci sono anche finte inchieste deliranti che mischiano verità e menzogna proprio per screditare la verità. Ma negli Stati Uniti sono sorti da tempo comitati al di sopra di ogni sospetto, che chiedono con forza la verità su quell’atto terroristico: “Commissioned and Non Commissioned U.S. Military Officers for 9/11 Truth” (Ufficiali Militari per la verità sull’11 settembre); “Achitets and Engineers for 9/11 Truth” (Architetti ed Ingegneri); “Pilots for 9/11 Truth” (Piloti d’aviazione); “Firefighters for 9/11 Truth” (Vigili del Fuoco); “Veterans for 9(11 Truth” (Veterani); “Medical Professionals for 9/11 Truth” (Medici); “Lawyers for 9/11 Truth” (Avvocati).

Sono migliaia di persone riunitesi in comitati per distruggere la cortina di menzogne imbastite da alte cariche dello stato e servizi segreti. Solo gli architetti e ingegneri sono più di quattrocento, tra gli ufficiali ci sono decine di generali e colonnelli pluridecorati in servizio attivo nell’esercito degli Stati Uniti: “… è nostro dovere come ufficiali denunciare i veri perpetratori dell’11 settembre e consegnarli alla giustizia… crediamo che la versione ufficiale della Commissione d’Inchiesta sia grossolanamente inaccurata e fuorviante…”, dicono i Military Officers sul loro sito. E non sono certamente persone che possano essere accusate di dietrologia o complottismo.

Ora abbiamo, in Europa, il terrorismo islamico. Che non giova certo agli islamici, nemmeno ai cosiddetti integralisti, cioè ai nazislamici finora coccolati dall’Occidente, utilizzati dall’Occidente, pagati e protetti dall’Occidente.

A chi giova? Forse il tempo e la riflessione ce lo diranno. Sembrerebbe non giovare a un’Europa ormai del tutto recalcitrante a seguire gli USA nelle loro avventure belliche, tanto più che questi ultimi, con una situazione economica e sociale interna sull’orlo del baratro, ormai pretenderebbero di essere dall’Europa non seguiti ma preceduti: “Vai avanti te, che a me mi vien da ridere”.

Il generale di divisione a riposo Vincent Desportes, professore associato presso la facoltà di Scienze Politiche di Parigi, già il 17/12/2014, in una seduta pubblica della Commissione per gli Affari Esteri, per la Difesa e per le Forze Armate del parlamento francese, dichiarava: “Chi è il dottor Frankestein che ha creato questo mostro? Diciamolo apertamente perché ciò comporta delle conseguenze: sono gli Stati Uniti. Per interessi politici a breve termine, altri soggetti – alcuni dei quali appaiono come amici dell’Occidente – hanno contribuito… ma le responsabilità principali sono degli Stati Uniti… non siamo in alcun modo responsabili. I nostri interessi sono indiretti. Da quelle parti le nostre capacità sono limitate e irrisorie rispetto a quelle degli Stati Uniti, e la nostra influenza strategica estremamente limitata.”

In soldoni: loro hanno creato l’esercito del Daesh, con l’aiuto degli Arabo Sauditi, della Turchia e compagnia bella per i loro interessi che non erano i nostri. Noi ci siamo già infognati in Afganistan, e prima in Irak, e non ne abbiamo ricavato niente. Difendiamo i nostri pozzi di petrolio e che vadano a…

Evidentemente il generale Desportes, che non rappresenta soltanto sé stesso, non penserebbe che alla Francia possa giovare un terrorismo che fungesse da pretesto per intervenire di nuovo in Libia.

Non sembra giovare ad un’Europa ormai in qualche modo riottosa anche nelle trattative per il TTIP: non tutti i paesi sono facilmente disposti a distruggere la propria economia per far felice quella statunitense. Dopotutto pensavamo di essere alleati e di spartirci il bottino, non di diventare noi il bottino.

Il terrorismo è sempre stato, storicamente, la maschera di guerre occulte, sotterranee, le cui vittime sono state prevalentemente i civili. Persone ignare e innocue, vittime innocenti e non sempre del tutto casuali. La paura viene usata come arma di ricatto e minaccia di destabilizzazione sociale e politica: come leva per un’auspicata reazione violenta e/o per una violenta repressione.

Ma può succedere qualcosa di diverso, al tramonto di un impero e di un sistema. Può succedere che i popoli non si lascino confondere e ingannare; può succedere che non sui lascino “distrarre” dal terrorismo e, pur piangendo le sue vittime, come quelle di tutte le guerre palesi e occulte, continuino le loro lotte per cambiare una società di prevaricazione, distruzione, sfruttamento. Una società la cui follia è ormai evidente, dove i potenti non esitano di fronte ad alcuna nefandezza pur di mantenere e aumentare il proprio potere ma, nello stesso tempo, non hanno più nulla da offrire nemmeno ai loro popoli. Nemmeno un piatto di lenticchie, in cambio della vita intera del mondo.

 

North-Stream 2: così Renzi segue la linea di Washington e ci mette contro la Russia

Scritto da: Eugenio Cipolla
Fonte: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=15391

North-Stream 2: così Renzi segue la linea di Washington e ci mette contro la RussiaLa linea italiana sullo spinoso progetto del North Stream-2, dopo mesi di silenzi e apparenti menefreghismi, è uscita improvvisamente l’altra sera, al termine del vertice G5 di Hannover che ha visto protagonisti Barack Obama, Angela Merkel, François Hollande, David Cameron e Matteo Renzi. «Credo che se uno vuole porre l’attenzione sulla necessità di aiutare l’Ucraina – ha detto il premier italiano – non si preoccupa tanto della posizione del governo italiano quanto del progetto del North Stream. Il raddoppio del North Stream è un’operazione che taglia fuori l’Ucraina. Un anno fa – ha continuato  – è stato detto di no al South Stream perché tagliava fuori l’Ucraina, adesso come facciamo a dire di sì al raddoppio di North Stream? Su questi singoli argomenti abbiamo soltanto iniziato la discussione e immagino che del tema Ucraina e delle sanzioni si parlerà al Consiglio europeo» del 28-29 giugno prossimi.
Mai prima d’ora la leadership italiana si era espressa a riguardo. E i dubbi e le ipotesi che si fanno sui motivi di un’uscita così diretta e a gamba tesa sono molti. La prima è che sia una sorta di ripicca per la mancata realizzazione del South Stream, il gasdotto che doveva arrivare in Europa meridionale, bypassando l’Ucraina. Un progetto che avrebbe dovuto portare nei territori Ue 67 miliardi di metri cubi di gas l’anno, dal costo di 15,5 miliardi di euro e del quale Eni sarebbe stato il principale partner. Poi, dopo una serie di ostracismi da parte dell’Unione Europa, a fine 2014 si è deciso di sospendere tutto fino a tempo indeterminato. In parole povere non si farà nulla. Ripicca, dunque, perché se con il South Stream Eni avrebbe avuto un ruolo fondamentale, con il gemello North Stream-2 a farla da padrone saranno le aziende tedesche, E-On e Basf in particolare, e francesi.  La capacità del nuovo gasdotto sarà di 55 miliardi di metri cubi l’anno, mentre il costo del progetto molto simile a quello del South Stream.

 

Così la Russia sarà capace di fornire gas a Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Francia e Danimarca attraverso il Mar Baltico, senza dover passare per forza dall’Ucraina.

Una prospettiva molto gradita a tre dei cinque partecipanti della riunione di Hannover, ma non a Renzi e soprattutto a Obama, che non vede di buon occhio l’espansione russa nel settore del gas e una conseguente riduzione delle possibilità di piazzare shale oil in Europa. E’ questo, secondo molti analisti, il vero motivo che ha spinto il premier italiano a opporsi al fronte anglo-franco-tedesco: allearsi con Obama per riconquistare posizioni in un Europa dove l’Italia conta sempre meno. Già sei mesi fa, a novembre, il dipartimento di Stato Usa aveva criticato apertamente l’idea del North Stream-2, avvertendo che l’attuazione del progetto avrebbe causato perdite pari a 2 miliardi di $ l’anno per i già malandati bilanci dell’Ucraina. «Bisogna chiedersi perché da una parte si aiuta l’Ucraina, mentre dall’altra si prova a strangolarla», aveva commentato Robin Dunnigan, assistente del Segretario di Stato Usa per l’energia.
Contro il progetto negli scorsi mesi si è creato un fronte pro-americano formato da diversi paesi dall’est. Oltre alla stessa Ucraina, che con l’ex premier Yatsenyuk aveva chiesto all’Ue di bloccare la costruzione del nuovo gasdotto, si sono pronunciati anche la Polonia, che ha definito l’affare «contrario al diritto comunitario», e l’Estonia, il cui primo ministro ha chiesto a Bruxelles di verificare la legalità dell’accordo siglato da Gazprom con le aziende tedesche e francesi. Come andrà a finire, e se l’opposizione di Renzi al prossimo Consiglio Europeo avrà qualche effetto, è ancora presto per dirlo. Sta di fatto che a Mosca non hanno affatto apprezzato la posizione di Renzi a riguardo, giudicando le sue dichiarazioni opportuniste e incoerenti rispetto alle parole di apertura pronunciate verso la Russia nei mesi scorsi.

 

MicroVast, la capsula robotica che ripulisce il sangue

Scritto da: Francesca Mancuso
Fonte: http://www.nextme.it/tecnologia/robotica/9412-microvast-capsula-arterie

capsula pisaSi muove nel sangue e distrugge le placche aterosclerotiche presenti. Si chiama MicroVast ed è la speciale capsula robotica realizzata dall’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa.

MicroVAST sta per “Microsystems for VAscular diagnosticS and Intervention”. Finanziato dalla Fondazione Pisa, il progetto ha lo scopo di ideare e realizzare tecnologie in grado di contrastare le malattie cardiovascolari.

La piccola capsula è a locomozione magnetica, viene controllata dall’esterno da un robot. Una volta in circolo, quando rivela una placca aterosclerotica, libera delle particelle magnetiche e delle microbolle tramite focalizzati e infine recupera gli eventuali frammenti.

“Il progetto MicroVAST si propone di sviluppare strategie innovative per la diagnosi e la terapia del sistema vascolare, che rappresenta uno degli scenari più impegnativi per robotica medica. La piattaforma comprende strategie dal macro al micro-scala, coniugando microutensili (capsula esempio magnetico, funzionalizzato micro-particelle) con comando esterno, principalmente magnetico e energia acustica. Diversi moduli si concentrerà sugli scambi pre e strategie innovative post-operatorie, insieme con l’applicazione delle tecnologie esistenti” spiega l’Istituto.

I risultati del progetto sono stati illustrati il 2 aprile scorso in occasione dell’Open day organizzato dalla Fondazione. A illustrarli è stato il prof. Paolo Dario, Direttore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore S. Anna di Pisa e Responsabile Scientifico del progetto:

“La messa a punto di una piattaforma robotica con due manipolatori, uno per la navigazione magnetica e uno per la guida ultrasonica, validata con test in vitro ed ex-vivo, la dimostrazione dell’attacco di trombi in vitro tramite ultrasuoni focalizzati, il recupero magnetico dei frammenti di placca e trombi in simulatore in vitro e sistemi per il rilascio di farmaci anti-infiammatori post-terapia nei vasi, tramite supporti nanostrutturati. Ora proseguiremo il lavoro per sviluppare soluzioni utilizzabili nella pratica clinica”.

Un altro passo avanti della robotica in aiuto della medicina.

 

Gli alimenti alleati del fegato

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/alimenti-alleati-fegato.php

alimenti salute fegato

Il succo di limone è ricco di vitamina C e antiossidanti e svolge un’azione protettiva delle cellule del fegato

Una corretta alimentazione è fondamentale per la salute del fegato, organo importantissimo per l’organismo poiché interviene nel metabolismo degli alimenti, dei farmaci, delle tossine e più in generale di qualsiasi cosa venga introdotta nel corpo umano.

Un’alimentazione errata, pesante, troppo grassa, un eccesso di farmaci, inquinamento e bevande alcoliche possono ostacolare le funzioni epatiche, riducendo così l’efficienza di questo organo. Per depurare il fegato è essenziale bere molta acqua durante la giornata e portare a tavola gli alimenti giusti.

Ecco quindi una lista di alimenti che contribuiscono alla salute del fegato.

Carciofo
La cinarina, sostanza amara e aromatica contenuta nelle foglie del carciofo, facilita la produzione e la secrezione di bile, oltre a favorire la diuresi. La cinarina svolge anche un’azione ipocolesterolemizzante e aiuta la rigenerazione delle cellule epatiche.

Cardo mariano
Il cardo mariano contiene la silimarina, un composto che protegge il fegato inibendo le sostanze dannose che causano danni alle cellule. La silimarina, inoltre, stimola la rigenerazione delle cellule danneggiate del fegato. Sebbene non molto noto, il cardo mariano può essere facilmente reperibile ed essere assunto come tisana oppure come estratto secco.

Broccoli e cavolfiori
Questi alimenti consentono un notevole apporto di enzimi naturali, che hanno la funzione di aiutare a liberarsi delle tossine cancerogene e in questo modo diminuiscono il rischio di incorrere nei tumori.

Peperoncino
Secondo uno studio condotto dal Liver Cell Biology Laboratory della Vrije Universiteit di Bruxelles, il peperoncino favorisce una più efficiente risposta epatica nei confronti di eventuali lesioni. Secondo i ricercatori belgi la capsaicina in esso contenuta riduce al minimo la formazione di fibrosi epatiche e blocca lo sviluppo di ulteriori danni.

Aglio
L’aglio presenta composti contenenti zolfo che attivano gli enzimi epatici che aiutano il corpo a liberarsi delle tossine. Inoltre l’aglio contiene l’allicina e il selenio, due sostanze che contribuiscono ad aiutare l’organismo nel processo di disintossicazione.

Noci e frutta con il guscio
Da questi alimenti proviene un aiuto in termini di fornitura di acidi grassiomega-3. Inoltre rappresentano ottime riserve di calcio, ferro, fosforo, ma anche rame e zinco, questi alimenti naturali forniscono anche un prezioso contributo in termini di vitamine (A, B2, B9, C, F e P) e acidi grassi polinsaturi omega-6(efficaci contro il colesterolo cattivo nel sangue).

Mela
La mela contiene i triterpenoidi, sostanze in grado di prevenire il tumore al fegato. Le mele inoltre sono ricche di pectina, una sostanza che aiuta le funzioni digestive e contribuisce all’equilibrio dell’apparato digerente.

Orzo e cereali integrali
L’orzo e in generale i cereali integrali, sono ricchi di vitamine del gruppo B, importanti per migliorare sia il metabolismo dei grassi che il funzionamento del fegato.

Tè verde
Il tè verde contiene catechine che svolgono un’importante azione antiossidante, in grado di contribuire al funzionamento generale del fegato.

Avocado
L’avocado aiuta l’organismo a produrre il glutatione, un aminoacido solforato con funzione antiossidante utile per contrastare i danni provocati dai radicali liberi e necessario al fegato al fine di liberare l’organismo da pericolose tossine.

Limone
Il succo di limone è ricco di vitamina C e antiossidanti e svolge un’azione protettiva delle cellule del fegato, migliorandone la funzionalità e la rigenerazione. Il succo di limone o un bicchiere di acqua e limone assunto la mattina a digiuno è un ottimo depurante.

 

Furto di energia: come riconoscerlo?

Scritto da: Daniele Grattiere
Fonte: http://www.soloecologia.it/19042016/furto-energia-riconoscerlo/8590

 

furto di energiaGli improvvisi aumenti delle bollette della luce e le anomalie del contatore possono indicare un furto di energia elettrica. Cosa fare in questi casi?

Il furto di energia è considerato dalla legge italiana un vero e proprio reato che prevede l’applicazione di pesanti sanzioni, compresa perfino la reclusione. Ma quali sono i fattori che possono indicare un presunto furto di energia e cosa bisogna fare quando ci si accorge di essere le vittime di questo fastidioso problema? In questo articolo cercheremo di rispondere non solo a queste domande, ma anche di fornire qualche informazione utile per difendersi e tutelare i propri diritti di consumatori.

Furto di energia: quali sono i segnali di allarme?
Il primo segnale di allarme che potrebbe indicare il furto di energia elettrica arriva in questo caso dalla bolletta elettrica. Se notate delle variazioni improvvise delle spese di consumo di energia elettrica è possibile che qualcuno sia collegato al vostro contatore elettrico e si stia rifornendo di energia elettrica a vostre spese. Per limitare questo pericolo e quindi intervenire tempestivamente, raccomandiamo di prestare attenzione alle voci di spesa indicate nelle bollette.

In questo caso sapere come leggere la bolletta della luce si rileva fondamentale perché consente di escludere la possibilità di aumenti sui costi fissi, e quindi collegare l’aumento dei costi direttamente ai consumi.  Le possibilità di essere le vittime inconsapevoli di furti di energia aumentano se il proprio contatore elettrico si trova in uno spazio comune, come avviene nella maggior parte dei condomini oppure tende a “saltare” con una certa frequenza, proprio perché supera i limiti energetici.

Un’altra possibilità potrebbe riguardare i casi di dispersione energetica, dovuta magari ad un malfunzionamento della rete o un impianto elettrico troppo vecchio. Infine, per escludere ogni altra possibilità, è possibile staccare la corrente tramite un dispositivo salvavita e verificare se il contatore continua ad essere ancora in attività. Se la risposta è si, allora non ci sono è più dubbi, siete le vittime dell’ennesimo caso di furto di energia.

Cosa fare in questi casi?
Se vi trovate in una di queste situazioni, la prima casa che dovrete fare è denunciare l’accaduto alle Autorità. In questo modo potrete anche tutelarvi dalle eventuali accuse del fornitore di energia che potrebbe quindi citarvi per manomissione o cessione a terzi di energia elettrica. Solo dopo aver fatto la denuncia potrete quindi chiamare il numero di assistenza alla clientela della vostra compagnia energetica e segnalare l’accaduto. Fatto questo, l’operatore energetico provvederà ad inviare un tecnico qualificato per un sopralluogo che non solo dovrà riparare il contatore, ma potrà anche risalire all’identità del “ladro di energia”.

Trattandosi di un reato grave, il furto di energia va sempre segnalato e denunciato. In questo caso vi consigliamo di visitare le sezione dedicata ai consumatori di energia elettrica del sito dell’Aeegsi, l’Autorità per l’energia elettrica, dove sono raccolte tutte le informazioni utili per presentare un reclamo e far valere i propri diritti di consumatori.

Quali sono le tecniche più diffuse per il furto di energia elettrica?
Il furto di energia elettrica è ormai diventato un reato molto diffuso in Italia ma, nonostante questo, le tecniche utilizzate sono principalmente le stesse e prevedono:

  • allacciamento abusivo ai cavi della rete pubblica;
  • manomissione del contatore di casa attraverso l’uso di un magnete o una resistenza; più raramente con una modifica software;
  • collegamento al cavo di alimentazione di un altro utente, rottura del sigillo del distributore.

La grotta di Chauvet ha più di 30.000 anni

Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences

Fonte e traduzione: https://ilfattostorico.com/2016/04/15/la-grotta-di-chauvet-ha-piu-di-30-000-anni/#more-16726

La grotta di Pont d’Arc, detta grotta di Chauvet-Pont d’Arc (MCC/DRAC)

La grotta di Pont d’Arc, detta grotta di Chauvet-Pont d’Arc (MCC/DRAC)

Le magnifiche pitture e incisioni rupestri della grotta Chauvet, nel sud-est della Francia, risalgono a oltre 30.000 anni fa, e sono dunque di 10.000 più antiche di quanto si pensasse.

Una serie di oltre 250 datazioni al radiocarbonio ha infatti stabilito che la grotta venne utilizzata in due distinti periodi separati da diverse migliaia di anni. Il primo periodo durò dai 37.000 ai 33.500 anni fa; il secondo dai 31.000 ai 28.000 anni fa. L’occupazione della grotta potrebbe essere finita quando una caduta di massi ne bloccò l’ingresso.

Gli studiosi dicono che la maggior parte dei disegni venne creata nel primo periodo di occupazione. Gli orsi lasciarono dei graffi sui muri tra i 48.500 e i 33.300 anni fa, ma probabilmente usavano la caverna solo in inverno. «Solo le pitture nere sono state datate», scrivono i ricercatori su PNAS. «La tecnica di datazione per le pitture rosse deve ancora essere sviluppata».

(MCC/DRAC)

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Una nuova cronologia

Gli scienziati hanno fatto questo scoperta mettendo a punto la prima precisa cronologia delle occupazioni della grotta con uno strumento inedito per risalire indietro nel tempo.

«La novità nel nostro studio è che restituiamo lo schema cronologico della grotta, e per la prima volta lo esprimiamo in anni del calendario», spiega Anita Quiles, scienziata dell’Istituto francese d’archeologia orientale al Cairo, che ha compiuto questo lavoro.

«All’inizio avevamo ricondotto l’arte della grotta di Chauvet a quella di Lascaux poiché quest’arte è molto bella e dinamica. Ma ora constatiamo 10.000 anni, e perfino 15.000 anni, di differenza tra le datazioni dei due siti». «Sappiamo ormai con certezza che non c’è più stata attività umana nella grotta di Chauvet dopo i circa 30.000 anni fa», dice all’AFP la fisica, il cui lavoro compare nell’ultima pubblicazione apparsa su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

(MCC/DRAC)

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Due occupazioni distanti migliaia di anni

Con le prime datazioni al carbonio 14 sul carbone di legna, prelevato dalle incisioni o dalle ossa animali, non era stato possibile stabilire con precisione quando gli uomini occuparono la grotta e realizzarono le numerose pitture e incisioni, di cui 447 rappresentano degli animali.

Secondo questa nuova datazione, la prima occupazione umana ha avuto luogo 37.000 anni fa da parte degli Aurignaziani, degli uomini paleolitici anatomicamente moderni. Questa occupazione è durata fino a 33.500 anni fa. La fine della prima occupazione di Chauvet da parte di uomini e orsi ha corrisposto a una frana avvenuta circa 34.500 anni fa, fermando parzialmente il suo accesso.

Il secondo periodo di occupazione umana è cominciato 31.000 anni fa, fino a 29.400 anni fa, quando una nuova frana ha ostruito l’ingresso della caverna.

(MCC/DRAC)

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Piuttosto rivoluzionario

Nessun resto umano è stato scoperto nella grotta poiché gli uomini non ci abitavano, bensì la frequentavano occasionalmente.

Questo quadro cronologico rivela non solamente l’età precisa delle pitture e delle incisioni, ma anche i periodi di occupazione umana e animale e anche le loro relazioni con l’evoluzione geomorfologica della grotta, dicono i ricercatori.

Per arrivare a questi risultati, frutto di 18 anni di lavoro, è stato necessario elaborare un modello statistico che includesse delle decine di datazioni al carbonio 14 fatte su ossa, carboni di legna, stalattiti, e persino sulla parete rocciosa, dice Jean-Michel Geneste, direttore scientifico della grotta di Chauvet. «È abbastanza rivoluzionario per noi. È un nuovo strumento che può essere utilizzato altrove e per altri periodi antichi», aggiunge, ritenendo che esso possa «aprire veramente delle prospettive».

«Oggi possiamo dunque affermare che ben 36.000 anni fa, all’inizio del Paleolitico superiore – caratterizzato dalla modernità delle tecniche di lavoro, dell’arte e dei gioielli e altro – abbiamo già un’arte che è anche evoluta, matura, e già oggetto di una lunghissima memoria, una lunga tradizione culturale nell’Europa occidentale», sottolinea lo scienziato. «Finora era un’ipotesi, ma ora abbiamo decine di date e ne abbiamo la certezza».

(MCC/DRAC)

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Questo nuovo modello matematico «è in verità una sorta di macchina per andare indietro nel tempo, che potrebbe andare fino al limite estremo del carbonio 14», dice. Gli scienziati stimano che il carbonio 14 permetta di datare gli eventi fino a circa 50.000 anni.

Scoperta nel dicembre del 1994, la grotta di Chauvet-Pont d’Arc è patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 2014. Una replica è stata aperta al pubblico nel 2015.

Dettaglio della riproduzione della grotta Chauvet (JEFF PACHOUD AFP/Archives)

Dettaglio della riproduzione della grotta Chauvet (JEFF PACHOUD AFP/Archives)

Gruppo di cavalli, disegnato nella grotta Chauvet (Wikimedia)

Gruppo di cavalli, disegnato nella grotta Chauvet (Wikimedia)

La Madonna Nera di Sovereto

Fonte: http://tanogabo.com/la-madonna-nera-di-sovereto/

La Madonna di Sovereto è un’icona di tipo bizantino ritrovata in una cavità carsica nel bosco del sovero, in agro di Terlizzi (BA), intorno all’anno mille.

Icona-della-Vergine-Maria-di-Sovereto

La leggenda narra di un pastore intento a liberare la zampa di una pecorella del suo gregge incastrata nel suolo in cui oggi sorge il Santuario di Sovereto.
Dal suolo vide filtrare una luce che lo indusse a scoprire una grotta abbandonata nella quale era stato lasciato il quadro della Madonna. A fare testo dell’avvenimento c’è l’oralità della tradizione che ovviamente non può essere certificata o documentata, ma due sono i dati certi: la presenza dell’Icona e di una piccola grotta in cui essa è stata ritrovata e inoltre la curiosa analogia di questa tradizione terlizzese con quella di molte altre realtà meridionali. Tanti altri paesi possono vantare il ritrovamento di icone di matrice bizantina.
Bisogna ricordare l’effetto della dura posizione dottrinaria dovuta all’iconoclastia, il movimento di carattere religioso sviluppatosi intorno alla prima metà dell’VIII secolo, basato sulla convinzione che la venerazione delle icone spesso sfociasse in idolatria, che portò, oltre alla distruzione di un gran numero di icone sacre, alla fuga di madonnari in terre come il nostro meridione, nascondendo al meglio le icone superstiti per preservarle dalla distruzione.

Nei primi del 1700 il popolo terlizzese proclamò la Vergine di Sovereto la patrona di Terlizzi e fece incastonare l’icona in un tempietto d’argento di fattura napoletana.

La ricorrenza della Madonna di Sovereto cade il 23 aprile, ma la “Festa Maggiore” si tiene nella prima decade di agosto. In quest’occasione, l’antica icona, oggi conservata nel Duomo di Terlizzi, viene solennemente ricondotta al Santuario.

Carro Madonna di SoveretoL’effige viene portata in processione in cima a un carro trionfale alto 20 metri, guidata da cinque timonieri e spinto da sessanta uomini. La caratteristica più interessante ed insolita per questa cerimonia, che suggerisce un retaggio più arcaico e, per certi versi, misterioso, è che sia il trasferimento iniziale dal Duomo di Terlizzi al Santuario di Sovereto, sia il ritorno finale a Terlizzi, avvengono durante la notte, senza che nessuno se ne accorga. Per i fedeli, semplicemente, l’effigie scompare da un luogo e riappare in un altro.

 

da ricerche sul web