La relazione Fioroni sul caso Moro e la sovranità limitata dell’Italia

Fonte: http://www.clarissa.it/editoriale_n1976/La-relazione-Fioroni-sul-caso-Moro-e-la-sovranita-limitata-dellItalia

Nel quasi generale disinteresse dei grandi mass-media, è stata pubblicata lo scorso 20 dicembre la seconda relazione sui lavori svolti dalla Commissione parlamentare di inchiesta, “commissione Fioroni” dal nome del suo presidente, sul rapimento e la morte di Aldo Moro.
Può sembrare strano e per molti versi paradossale che non si sia giunti ancora oggi ad una verità accettabile, a quasi quarant’anni dal sequestro del presidente democristiano, avvenuto a Roma il 16 marzo 1978 e conclusosi con la sua uccisione ed il ritrovamento del suo corpo in via Caetani, il 9 maggio seguente. Questo nonostante il cosiddetto “caso Moro” sia stato oggetto, oltreché di ripetute attività giudiziarie, anche di accertamenti da parte di numerose commissioni parlamentari di inchiesta, tra le quali ricordiamo la “prima Commissione Moro” del 1979; le due Commissioni stragi, costituite rispettivamente nel 1986 e del 1988, la cui ultima ha visto prorogate le sue attività per un decennio, fino al 1996; la Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2, costituita nel 1981 e prorogata nel 1983; infine quella concernente il «dossier Mitrokhin» e l’attività d’intelligence italiana, istituita nel 2002.
La relazione pubblicata pochi giorni fa, nelle sue duecento pagine, mette in evidenza il perdurare ancora oggi di singolari lacune e zone d’ombra che già da sole sono la conferma, per chi ha avuto modo in questi quarant’anni di studiare le vicende del terrorismo e dello stragismo degli anni Settanta e oltre, della specifica condizione del nostro Paese nel secondo dopoguerra: un Paese limitato nella sua sovranità nazionale ed etero-diretto da un nucleo egemone di poteri condizionanti, operanti dietro il paravento di un sistema di democrazia partitocratica incapace di recuperare all’Italia la sua indipendenza e di sviluppare una propria autonomia politica.
Questo è infatti a nostro avviso il denominatore comune dele acquisizioni che anche la commissione Fioroni è stata capace di raccogliere nel suo lavoro: tutti fatti già in qualche modo emersi in passato, ma sorprendentemente non utilizzati. La mancata precisa individuazione dei covi brigatisti; la lacunosa ricostruzione della dinamica esatta dei movimenti degli attentatori subito dopo il cruento rapimento; il ruolo effettivo del centro Hyperion e del gruppo dei suoi costitutori; il ruolo della ‘ndrangheta, che sembra ora confermato dalla presenza di un suo esponente di spicco proprio in via Fani; lo sviluppo di trattative tra Stato e BR, condotte segretamente anche su canali internazionali, e poi improvvisamente lasciate cadere; la profonda penetrazione di servizi segreti italiani ed esteri all’interno del mondo della sinistra extra-parlamentare e del suo cosiddetto “partito armato”; la presenza costante di figure di snodo, operanti fra servizi segreti, criminalità organizzata e ambienti di vertice dello Stato. Tornano quindi tutti gli ingredienti ormai classici nelle ricostruzioni più spregiudicate ed analitiche dei drammatici fatti italiani di terrorismo, eversione, stragi, tentati golpe, delitti eccellenti.
Le nuove acquisizioni ed i nuovi filoni d’indagine proposti da questa relazione, ad un’occhio attento, non fanno in definitiva altro che inserirsi o meglio collocarsi tra i pezzi mancanti di questo tragico puzzle nel quale molti cittadini innocenti, molti servitori dello Stato, molti giovani in cerca della rivoluzione hanno perso la vita, mentre altre decine hanno bruciato la loro esistenza in carcere, senza che tutto questo abbia minimamente modificato i dati di fondo di un sistema di potere che ancora oggi riproduce le sue classi dirigenti entro lo stesso schema di costante dipendenza dai grandi centri del potere mondiale, indipendentemente dal voto degli elettori e dalle lotte di partito e delle lobby affaristiche che gli si affiancano.
Il raffinato meccanismo strategicamente rivolto a “destabilizzare per stabilizzare” è stato messo in luce ormai più di un quarto di secolo fa, in modo estremamente chiaro e documentato, da Vincenzo Vinciguerra, uno degli uomini che hanno più tragicamente vissuto quelle vicende, e certo il primo che ne ha preso coraggiosamente e lucidamente coscienza, facendo luce, nel suo libro Ergastolo per la libertà, sulle concrete modalità operative con cui quel meccanismo operava in Italia e non solo in Italia: intuizioni e ricostruzioni storiche che sono state poi via via confermate da un’incredibile quantità di elementi, dalla scoperta delle reti Stay-behind fino appunto ai rapporti organici fra servizi segreti, mafie e centri decisori dello Stato.
Ricordare ancora questa storia, che può sembrare ormai lontana, è invece un’esigenza essenziale del presente, soprattutto nei momenti come questo, in cui sembra che basti cambiare l’assetto istituzionale o mutare governo, per risolvere i problemi del Paese. Questo rimane il nodo decisivo della nostra storia attuale: chiunque voglia davvero cambiare il nostro Paese, risvegliandone le capacità e le energie, dovrà per prima cosa confrontarsi con questa storia, per trarre da essa indicazioni su come si possa e si debba liberare l’Italia dal sistema a sovranità limitata che ci ha poco a poco condotto all’attuale vicolo cieco.

L’Ue imbroglia: ok al glifosato della Monsanto, cancerogeno

Fonte: http://www.libreidee.org/2017/03/lue-imbroglia-ok-al-glifosato-della-monsanto-cancerogeno/

Irrorazione di glifosato

 

 

 

 

L’Unione Europea aiuterà la Monsanto ad avvelenarci per altri 15 anni con un micidiale diserbante come il glifosato. E’ un rischio concreto, denunciato da “Sustainable Pulse”, network di scienziati e attivisti impegnati sul fronte dell’agricoltura sostenibile e contro gli Ogm, dopo la recente decisione dell’agenzia europea per le sostanze chimiche di non considerare il controverso diserbante come un probabile cancerogeno. Tutto ciò, rileva “Voci dall’Estero”, nonostante diversi studi indipendenti – esaminati anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – abbiano suggerito che si dovrebbe considerarlo tale, quantomeno in via precauzionale. «La Ue ha chiaramente calpestato la propria prassi per la sicurezza alimentare». In più, anche se «la cosa ovviamente non ci sorprende», per “Voci dall’Estero” c’è anche «il sospetto di conflitto di interessi nella commissione incaricata della valutazione», che potrebbe «spianare la strada a un rinnovo di 15 anni dell’autorizzazione».

Seguendo quanto già fatto dall’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare – scrive “Sustainable Pulse” – anche l’Echa, l’agenzia per la chimica, «ha respinto l’evidenza scientifica che mostrava che il controverso diserbante chiamato glifosato potrebbe essere cancerogeno». Si tratta di uno dei diserbanti più diffusi al mondo, che la Iarc (l’agenzia per la ricerca sul cancro, una costola dell’Oms) aveva già classificato come “probabile” causa di tumori. Per arrivare alla sua conclusione, Bruxelles «ha rifiutato lampanti prove scientifiche raccolte in laboratorio sugli animali, ha ignorato gli avvertimenti lanciati da oltre 90 ricercatori indipendenti e si è basata su studi non pubblicati commissionati dagli stessi produttori di glifosato». La denuncia è firmata Greenpeace, la cui direttrice dell’unità europea per la politica alimentare, Franziska Achterberg, protesta: «L’agenzia si è spinta molto in là nel momento in cui ha rifiutato tutte le prove che il glifosato potrebbe causare il cancro: le ha nascoste come la polvere sotto il tappeto».

«I dati a disposizione – aggiunge la Achterberg – superano di gran lunga il limite legale necessario perché la Ue sia tenuta a bandire l’uso del glifosato, eppure l’agenzia ha preferito guardare dall’altra parte». Se pretende di rispettare le risultanze scientifiche, l’Unione Europea «non può distorcere l’evidenza dei fatti». E attenzione: «Se la Ue non opera come sarebbe tenuta a fare, le persone e l’ambiente continueranno a essere le cavie da laboratorio dell’industria chimica». Come per la valutazione dell’autorità europea per la sicurezza alimentare, anche il parere dell’agenzia per le sostanze chimiche si è basata su un dossier iniziale preparato dal Bfr, l’istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi, che però – a detta di Ong e scienziati indipendenti – contraddice l’evidenza scientifica, sottolinea “Sustainable Pulse”. E dire che l’Echa è responsabile della classificazione Ue sulla pericolosità della chimica: ogni sostanza va classificata come “presumibilmente” cancerogena quando almeno due studi indipendenti dimostrano che causa un aumento dell’incidenza del cancro in una stessa specie. La Iarc (Oms) ha provato la proliferazione di tumori in due studi sui topi sottoposti al glifosato, ma l’Ue li ha ignorati.

L’agenzia europea, aggiunge “Sustainable Pulse”, ha inoltre respinto altri indizi di una possibile cancerogenicità del glifosato negli esseri umani, nonché le prove sulla presenza, nel glifosato, di due caratteristiche associate alle sostanze cancerogene, tutte cose documentate dalla Iarc. «Secondo le leggi Ue sui pesticidi, le sostanze classificate come “presumibilmente” cancerogene non possono essere utilizzate, a meno che il rischio per l’uomo non sia “trascurabile”». Le organizzazioni ambientaliste e per la salute sollevano preoccupazioni per possibili conflitti d’interessi all’interno della commissione responsabile della valutazione del glifosato, e criticano la scelta dell’agenzia stessa di basarsi su studi non pubblicati condotti dalle stesse industrie chimiche. A febbraio, associazioni e cittadini hanno lanciato un appello alla Commissione Europea affinché proibisca l’uso del glifosato e riformi il processo Ue di approvazione dei pesticidi, stabilendo obiettivi vincolanti per la loro riduzione. Quasi mezzo milione di persone hanno già firmato la petizione.

Pigafetta, un vicentino intorno al mondo

Scritto da: Luigina Pizzolato
Fonte: https://www.venetostoria.com/?p=13532

 

 

 

Ad Antonio Pigafetta Vicenza ha dedicato il Liceo classico cittadino, una delle più antiche istituzioni scolastiche. E un monumento sul viale che dalla stazione ferroviaria porta al centro della città, chi arriva viene accolto dall’illustre vicentino alto su una prua  di nave marmorea.La sua fama deriva dall’aver circumnavigato per primo il globo terrestre con Ferdinando Magellano e di averlo descritto.

Eppure della biografia di Pigafetta non si conosce molto, pochi documenti originali e qualche lettera autografa, rare le testimonianze di contemporanei, solo qualche notizia riportata, posteriore al famoso viaggio. Rampollo di una famiglia nobiliare di Vicenza, nato intorno al 1492, solo nel ‘900 si è riusciti a stabilire la paternità, della madre non c’è certezza, visto che il padre, Giovanni Antonino Pigafetta,  si era sposato tre volte. Antonio aveva un carattere portato alla curiosità e alla conoscenza,  era  studioso di scienze, matematica e astronomia.  Trovandosi nel 1519 a Barcellona al seguito del nunzio vicentino Francesco Chiericati  e avendo sentito parlare della spedizione di Magellano, Pigafetta volle intraprendere il viaggio come passeggero pagante, spinto dalla sua curiosità di visitare terre lontane.

Imbarcatosi sull’ammiraglia Trinidad, non fu subito bene accetto da Ferdinando Magellano, ma ne conquistò  gradualmente la stima, tanto da diventare il suo uomo di fiducia.
Nello scontro con gli indigeni dell’isola di Mactan, nelle isole Filippine,  che vide la morte di Magellano, anche Pigafetta rimase ferito. Dopo la scomparsa di Magellano, Pigafetta assunse un ruolo di maggiore responsabilità nell’equipaggio, in particolare gestendo le relazioni con le popolazioni autoctone.
Fu uno dei pochi superstiti della spedizione, che il 6 settembre 1522 rientrarono in Spagna con la nave Victoria, unica nave rimasta. Nel 1524 Pigafetta  scrisse la Relazione del primo viaggio intorno al mondo, dettagliato resoconto della spedizione,  oggi ritenuto uno dei più preziosi documenti sulle grandi scoperte geografiche del Cinquecento. Il 5 agosto1524 il Senato  della Serenissima gli accordò il privilegio della stampa del suo Diario.

Inizialmente donato all’imperatore Carlo V°, il diario fu fatto sparire, ritenuto dagli spagnoli una poco gradita testimonianza dell’impresa leggendaria del portoghese  Magellano. Anche Pigafetta fu dall’imperatore frettolosamente congedato. Andato perduto, l’importante diario fu rinvenuto nel 1797 dallo scienziato e letterato  ligure Carlo Amoretti.
Poco si sa anche della morte di Pigafetta, avvenuta forse per una pestilenza, nel 1527 anno del sacco di Roma, vicino a Viterbo.  Altra ipotesi è che sia caduto  in combattimento al largo dell’isola di Modone nel 1531.

Poco competitiva? Destinata al declino? E’ davvero questa l’Italia?

Scritto da: Marco Fortis
Fonte: https://italiariunita.com/2014/11/06/poco-competitiva-destinata-al-declino-e-davvero-questa-litalia/

Poco competitiva? Destinata al declino?Non è così, la nostra economia è ancora in prima fila sui mercati esteri.

Basti pensare che nel 2013 l’Italia è stata tra i soli cinque paesi al mondo, assieme a Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud, a presentare un saldo commerciale con l’estero per i manufatti industriali superiore ai 100 miliardi di dollari.

Secondo stime dell’Eurostat, fra l’ottobre del 2008 e il giugno del 2013 il fatturato estero dell’industria italiana è cresciuto più di quello tedesco e francese.

L’Italia ha fatto registrare ben 946 casi in cui è risultata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero, per un controvalore di 183 miliardi di dollari. Sempre nel 2013 l’Italia ha presentato un surplus commerciale con l’estero superiore a quello della ipercompetitiva Germania in 1.215 prodotti, che hanno generato un attivo commerciale di 150 miliardi di dollari. Abbiamo la più alta produzione in valore dell’Ue nei prodotti vegetali ed orticoli e il più alto numero di pernottamenti di turisti extra Ue.

L’Italia si è specializzata sempre di più nella meccanica-mezzi di trasporto, che oggi rappresenta di gran lunga il settore più importante e dinamico del made in Italy.

L’Italia oggi esporta più farmaci che mobili, più meccanica che moda.

Oggi centinaia di imprese italiane sono leader di nicchia a livello mondiale per esclusivi meriti propri, generando decine di miliardi di euro di surplus commerciale; dalle macchine per l’industria ai rubinetti, dagli yacht agli elicotteri, dai segmenti di lusso delle calzature, degli occhiali, dell’abbigliamento e dell’arredamento alla refrigerazione commerciale, dai vini ai prodotti dell’alimentazione mediterranea.

In altre parole, il made in Italy non è affatto condannato al declino.

Purtroppo, tra gli osservatori e gli investitori stranieri è invece sempre più diffusa la pericolosa sensazione, alimentata dalle rappresentazioni apocalittiche che gli stessi italiani danno della loro economia, che il nostro Paese sia entrato in una crisi strutturale senza vie d’uscita.

Regna una confusione che serpeggia persino fra gli addetti ai lavori, ma che ovviamente tende a diventare massima tra la gente comune, ingenerando nell’opinione pubblica interna, bombardata da dati contraddittori su cui tuttavia tendono a prevalere quelli negativi, un cronico stato di pessimismo e frustrazione. Tutto ciò con grave detrimento per la nostra immagine internazionale e per l’attrattività degli stessi titoli di stato.

La tesi del «declino» irreversibile dell’Italia, supportata principalmente dall’evidenza che il pil italiano da tempo cresce molto poco (o addirittura è arretrato) e dal proliferare di indicatori e analisi che «spiegano» tale scarsa crescita principalmente con la mancanza di competitività, ignorando le reali cause, a cominciare dalla pluriennale stagnazione della domanda interna e dalla perdita di potere d’acquisto delle famiglie.

Sta di fatto che il fatturato estero dell’industria italiana continua a tirare, mentre sul mercato interno domanda e produzione sono crollati.

Contro l’idea di una catastrofe irreversibile della nostra economia, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Unioncamere hanno presentato un manifesto, intitolato «Oltre la crisi. L’Italia deve fare l’Italia», sottoscritto anche dai presidenti di molte associazioni produttive e territoriali.

Per lanciare un appello contro la rassegnazione dilagante, per ritrovare un po’ di orgoglio nazionale e invitare le forze politiche a porre gli interessi del Paese davanti a tutto, mettendo finalmente le imprese dell’industria, del turismo e dell’agricoltura nelle condizioni di esprimere tutto il loro straordinario potenziale.

Governo perennemente in bilico, piccoli e medi imprenditori italiani che vanno a Chiasso ad ascoltare le sirene delle autorità svizzere che li invitano a delocalizzare i loro investimenti. Ce n’è abbastanza da essere scoraggiati. In più, la crescente divaricazione tra la vivace competitività delle imprese italiane, misurata dai positivi risultati meritoriamente ottenuti sul campo, e all’opposto le condizioni di contesto in progressivo peggioramento del sistema paese in cui le aziende si trovano a operare (costi dell’energia, burocrazia, incertezza del diritto, rigidità del mercato del lavoro) è tale da creare una enorme confusione.

http://www.panorama.it/economia/opinioni/dove-italia-economia-vince/

Italy has many chronic inefficiencies at political, bureaucratic and infrastructural level that are serious constraints for the enterprises. The Italian Government is acting to remove these inefficiencies and to reform the labor market, bureaucracy, legal and regulatory framework.

  • But, anyway, Italy’s manufacturing sector remains the second in Europe and the sixth in the world in term of value added.
  • In 1999-2013 period Italy’s shares in the world export of manufactured products diminished less than other advanced countries’ like Japan, France, US or UK.
  • The country market share in world exports is not an exhaustive parameter to measure competitiveness. It is important to consider also the country market share in world imports to obtain a complete information. In other words, the trade balance is a more meaningful indicator of competitiveness than exports.
  • The Italian industry is highly competitive. Italy is one of the only five economies in the world with a trade balance surplus for manufactured products exceeding 100 billion dollars.
  • In 2013 Italy recorded the highest trade balance value for manufactured products of its history: 131 billion dollars.

http://www.economist.com/blogs/freeexchange/2013/10/competitiveness

Most interestingly, Italy’s exports have held up surprisingly well during the crisis for a country often seen as having serious competitiveness problems. Exports in high-value sectors, such as fashion, have proved particularly robust. For instance, brands like Gucci have almost never had it so good, even as many of their products are still made in Italy. According to UNCTAD’s Trade Performance Index, Italy has remained, during the downturn, the world’s top ranking exporter in textiles, clothing, and leather goods. Even for non-electronic machinery and manufactures it is still ranked second in the world, behind only Germany.

So why is Italy doing so badly on cost competitiveness measures when much of its industry looks like it is doing quite well?

The International Monetary Fund, in a report published last week, has suggested that traditional cost competitiveness measures may no longer be the best way of calculating how well countries like Italy are doing.

Comment:

That’s basically what I tell people when I talk Italian economics. It’s not true that Italian economy is so bad, in fact, considering the negligent political class has not provided this nation with an economic policy for 20 years now… The achievements ought to be considered incredible!
With politicians only half as bad as these ones (but also with a more united and less quarrel-prone society), Italy would most probably be among the 5 richest countries in the world considering GDP per capita measures.
Italians do k now how to work, and do work well. It’s all the rest that is a problem. 🙂

Sale, killer silenzioso: i 5 cibi più salati che non ti aspetti

Scritto da: Francesca Mancuso
Fonte: https://www.greenme.it/mangiare/alimentazione-a-salute/23382-sale-nei-cibi

sale nei cibi

Il sale fa male, ormai lo sanno anche i bambini. È in corso in questi giorni la Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo di sale, promossa dall’associazione mondiale World Action on Salt & Health (WASH). Purtroppo, anche se si fa attenzione a ridurne le quantità in cucina, molto spesso il sale si nasconde in alimenti considerati insospettabili.

L’eccessivo consumo di sale provoca l’aumento della pressione e favorisce malattie cardiovascolari, infarto del miocardio e ictus cerebrale, ma è associato anche ad altre malattie cronico-degenerative, come i tumori dell’apparato digerente, l’osteoporosi e la malattia renale cronica.

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Limitare l’utilizzo del sale è utile ma non basta se si considera che gran parte del sale che consumiamo ogni giorno proviene dai prodotti alimentari presenti sul mercato, dal pane ai formaggi.

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Ecco 5 alimenti insospettabili, che contengono sale:

1. Cioccolata calda

Ebbene sì. Pensando a una bella tazza bollente, la prima cosa che ci viene in mente è lo zucchero. Ma la cioccolata contiene anche tanto sale, il cui sapore è ovviamente nascosto dallo zucchero.

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2. Cereali per la colazione

Una porzione di cornflakes Kellogg contiente 0,34 grammi di sale, la stessa quantità trovata nei cereali più dolci, come quelli al caramello ad esempio.

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3. Insalate preconfezionate

Inutile dire che farsele da soli è decisamente la soluzione. Ciò vale ancora di più se si considera che alcune insalate contengono tantissimo sale.

4. Maionese

Anche la maionese contiene troppo sale. Forse non è proprio tra gli insospettabili ma magari ad essa è solitamente associata una grande quantità di grassi. Come sempre, il nostro consiglio è di preparla in casa.

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5. Hummus e creme di formaggio

Il formaggio è certamente un alimento saporito ma le creme lo sono ancora di più. Anche l’hummus acquistato nella grande distribuzione contiene troppo sale. Meglio prepararlo in casa abbondando di spezie e aromi, non credete?

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Cosa si può fare inoltre per ridurre il consumo di sale?

  • Leggiamo sempre le etichette
  • Scegliamo gli alimenti che ne contengono meno, meglio se a basso contenuto di sale, cioè inferiore a 0.3 grammi per 100 g
  • Riduciamo il sale a tavola preferendo il sale marino integrale, le spezie, le erbe aromatiche
  • Riduciamo gli alimenti trasformati ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola)

Importante, nel primo anno di vita evitare il sale nelle pappe dei bambini.

 

Luigi Einaudi

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=475&biografia=Luigi+Einaudi

Luigi Einaudi

Il grande statista nacque a Carrù (Cuneo) il 24 marzo 1874 da una modesta famiglia, originaria della valle Maira. Dopo la morte del padre, la madre si trasferì con la famiglia a Dogliani, dove visse per il resto dei suoi giorni.

Intanto il giovane Einaudi meritò una borsa di studio per frequentare il ginnasio presso i padri delle Scuole Pie a Savona, e nel 1895, a soli ventuno anni, si laureò in giurisprudenza a Torino. Nel 1902 è già docente all’Università di Torino ed occupa la cattedra di Scienze delle Finanze con l’incarico di Legislazione Industriale ed Economia Politica. Due anni dopo ottiene la cattedra di Scienze delle Finanze all’Università Bocconi di Milano.

Luigi Einaudi si dedicò nei suoi studi alla ricerca nel campo dell’economia e della scienza delle finanze, all’insegnamento e al giornalismo; dal 1896, infatti, collaborò con il quotidiano torinese La Stampa, passando poi nel 1900 al già prestigioso Corriere della Sera di Milano, mentre dal 1908 diresse la rivista Riforma sociale. Intanto, nel 1903, aveva sposato una sua allieva, Ida Pellegrini; la loro fu un’unione felice, dalla quale nacquero tre figli.

Nel 1912 propone una nuova e rivoluzionaria teoria finanziaria, presentata dapprima sotto forma di articoli giornalistici e poi in un suo saggio dal titolo: “Concetto di reddito imponibile e sistema di imposte sul reddito consumato”. La rivoluzione fiscale, poi attuata, consiste nel far prelevare dallo Stato a tutti i cittadini un’imposta comunale di famiglia in base al reddito prodotto dai salari, o dalle attività, o dagli immobili o altro, applicando un’aliquota. Questa sua idea porterà alla dichiarazione annuale delle imposte sui redditi delle persone fisiche, l’attuale 740.

Tra le opere pubblicate nel primo periodo merita ricordare: “Studi sugli effetti dell’imposta” (1902), “La finanza sabauda all’aprirsi del secolo XVII” (1908), “Intorno al concetto di reddito imponibile e di un sistema di imposte sul reddito consumato” (1912), “La terra e l’imposta” (1924), “Contributo alla ricerca dell’ “ottima imposta”” (1929).

Luigi Einaudi venne nominato Senatore del Regno nel 1919, su proposta di Giovanni Giolitti, e al Senato fu uno dei più tenaci sostenitori della necessità di abbandonare ogni forma di socialismo di stato che si era infiltrato nella vita economica italiana durante la prima guerra mondiale; queste idee furono ampiamente esposte nel libro “La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana”, 1933. Inizialmente Einaudi guardò con speranza al programma economico del fascismo, ma già prima della marcia su Roma (ottobre 1922) prese posizione contro la ventilata dittatura, e nel 1927 lasciò il Corriere della Sera che era passato sotto il controllo del regime.

Nel 1935 le autorità fasciste fecero chiudere la rivista Riforma Sociale, e l’anno successivo Einaudi dette vita alla Rivista di storia economica (1936 – 1943). Dopo il 25 luglio, l’insigne economista fu nominato rettore dell’università di Torino, ma con la proclamazione della Repubblica Sociale di Salò dovette abbandonare questo incarico e rifugiarsi in Svizzera.

Alla fine del 1944 rientrò a Roma e il 5 gennaio 1945 venne nominato governatore della Banca d’Italia, dove ebbe modo di dimostrare le sue altissime capacità di statista. Nel 1946 fu eletto deputato all’Assemblea costituente per il Partito Liberale Italiano, e dal 31 maggio 1947 fece parte del Governo quale vice Presidente e ministro del Bilancio, provvedendo alla stabilizzazione della lira mediante una severa politica di restrizione creditizia.

Il 10 maggio 1948 venne eletto Presidente della Repubblica, e alla scadenza del mandato (25 aprile 1955) rientrò a far parte del Senato.

Nel mese di giugno del 1955, l’università inglese di Oxford gli conferì la laurea honoris causa e ne tracciò questo sintetico ma eloquente profilo: “Luigi Einaudi ha fatto molto per la salvezza del suo Paese. Egli è oggi la più rispettata di tutte le figure d’Italia, e agli occhi degli stranieri simboleggia il risorgere di un Paese che, dopo vent’anni di dittatura ed i grandi disastri della guerra, ha ritrovato il suo posto onorevole fra le nazioni libere del mondo”.

Il Presidente fu anche uno dei primi e più convinti sostenitori della necessità di creare l’Europa unita e, avversario di ogni forma di monopolio, si schierò in particolare contro quello statale nel settore della scuola.

Luigi Einaudi morì a Roma il 30 ottobre 1961 e fu sepolto nella tomba di famiglia a Dogliani, il paese nel quale amava passare le vacanze e discorrere con la gente dei problemi quotidiani. Fra le altre cose che vanno dette, bisogna ricordare che Luigi Einaudi si è sempre dedicato personalmente alla conduzione della sua azienda agricola presso Dogliani, applicandovi i più moderni sistemi colturali.

Per i suoi altissimi meriti gli sono stati conferiti ampi riconoscimenti, tra i quali si ricordano: Socio e Vice-Presidente della Accademia dei Lincei; Socio della Accademia delle Scienze di Torino; Socio dell’Institut International de Statistique de L’Aja; Socio dell’Econometric Society di Chicago; Socio onorario dell’American Academy of Arts and Sciences di Boston; Socio dell’American Academy of Political and Social Science di Filadelfia; Socio onorario della American Economic Association; Socio onorario della Economic History Association di New York; Presidente onorario della International Economic Association; Socio corrispondente della Societè d’Economie Politique di Parigi; Vice Presidente della Economic History Society di Cambridge; Socio corrispondente del Coben Club di Londra; Socio corrispondente della Oesterreichische Akademie der Wissenschaften di Vienna. Gli sono state conferite le lauree “Honoris Causa” dalle Università di Parigi e di Algeri.

L’eredità di McGuinness, la vittoria dell’Ira e la sconfitta dell’Eta

Fonte: http://www.ilprimatonazionale.it/esteri/leredita-di-mcguinness-la-vittoria-dellira-e-la-sconfitta-delleta-59818/

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Derry, 21 Mar. – Veglie di preghiera notturna si sono susseguite in tutta l’Irlanda per rendere omaggio a Martin McGuinness, morto a 66 anni ieri, in seguito a una malattia genetica rara. L’ex Capo di Stato Maggiore dell’Ira dal 1979 al 1982, dopo essere spirato all’ospedale di Derry, è stato trasportato verso casa a spalle, nella bara avvolta nella bandiera irlandese lungo le strade della città. Una folla commossa ha seguito il feretro interrompendo il silenzio con qualche applauso.Il leader repubblicano, cattolico, esponente del partito Sinn Fein è stato quasi un’istituzione per l’Irlanda del Nord, e la sua vita testimonia il successo della battaglia militare e politica dell’IRA e del Movimento Repubblicano irlandese.

Il tragico Bloody Sunday di Derry dal 1972, con l’annessa la rivolta del quartiere cattolico Bogside di cui Guiness  fu uno degli artefici e dove ancora campaggia un murales la famosa scritta “You are now entering in Free Derry”. La guerriglia dell’Ira. Gli accordi di pace del Venerdì Santo del 1988 che misero fine alla guerra civile nordirlandese costata quasi tremila vite. E infine l’arrivo al governo dell’Ultster come vicepremier, carica abbandonata lo scorso gennaio per motivi di salute. Questa in estrema sintesi è la parabola politica di Martin Mc Guiness per molti anni numero 2 dell’Esercito repubblicano Irlandese e poi braccio destro dello storico leader Gerry Adams. La sua scomparsa coincide con la nuova speranza di un referendum per la riunificazione dell’Irlanda dopo il travolgente successo elettorale delle recenti elezioni politiche.

Ma mentre il Sinn Fein di Mc Guiness il partito politico che ha sempre affiancato e sostenuto le istanze politiche dell’Ira è tornato al massimo del suo splendore, la stessa cosa non si può dire per l’Eta basca che sta per arrendersi e consegnare le armi.Quella dell’Ira e dell’Eta sono due lotte dai tratti comuni, una per l’indipendenza dell’Irlanda del Nord e l’altra per la medesima istanza dei Paesi baschi. A essere diversi però sono gli interpreti e le opposte fini. Da una parte ci sono gli irlandesi, con legami e comunità di immigrati in tutto il mondo che mandavano finanziamenti, capaci di trasmettere oltre alla solidarietà anche le sensibilità di quello che si pensava dell’Ira nel mondo. Dall’altra un mondo, quello basco, ripiegato su se stesso, incapace di dialogare con i nemici di Spagna e Francia e soprattutto senza supporti e legami forti all’estero.

Quello che gli irlandesi hanno capito e che quello che i baschi non hanno capito è stata la portata emotiva e politica dell’11 settembre. Con l’attacco alle Torri Gemelle l’Occidente rompe irrimediabilmente con ogni forma di terrorismo. L’Ira capisce il cambio di paradigma storico e tratta con Londra deponendo le armi, e ottenendo il pieno riconoscimento politico. L’Eta all’opposto continua autisticamente, anche dopo l’attacco aereo a New York, con l’uso della violenza terroristica fino alla consunzione politica e militare del movimento. La tragedia dei baschi è stata quella di non avere una leadership politica in grado di guidare il passaggio dalle armi alla politica.

Insomma a Bilbao e dintorni non ci sono stati personaggi politici della statura di Martin Mc Guiness e Gerry Adams. Uomini di guerra e uomini di pace.

Australia: il governo si rimangia l’accordo e abbatte le foreste protette

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/it/deforestazione/4273-australia-il-governo-si-rimangia-l-accordo-e-abbatte-le-foreste-protette.html

Nel 2015, dopo un decennio di conflitto ambientale, l’industria forestale, le associazioni ambientaliste e il governo hanno firmato un accordo che assicurava una moratoria sul taglio delle foreste native. Due anni dopo però, il governo si è rimangiato l’accordo, annunciando un piano che permette l’accesso a 356.000 ettari di foresta coperti da moratoria fino al 2020. La legge è stata fortemente opposta, non solo dagli ambientalisti, ma anche dall’industria forestale, la cui associazione ha promesso di vare campagna contro la decisione del governo.
Le foreste della Tasmania sono alcune delle più spettacolari foreste del mondo, e ospitano alcune tra le ultime foreste pluviali dense che risalgono all’epoca dei dinosauri, composte da alberi giganteschi e che ospitano una fauna selvatica unica al mondo. L’unicità e l’importanza della Tasmanian Wilderness sono tali da essere state proclamate nel 1982 patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO. L’estremo isolamento della Tasmania ha infatti plasmato una biodiversità unica nell’isola, permettendo la sopravvivenza di specie peculiari tra le quali l’eucalipto gigante (Eucalyptus regnans, può raggiungere i 90 metri di altezza), il mirtofaggio (Lophozonia cunninghamii) e il “King Billy” (Athrotaxis selaginoides), una conifera preistorica simile al cipresso,

Il misterioso ammiratore di Edgar Allan Poe

Scritto da: Gabriele Luzzini
Fonte: http://www.sogliaoscura.org/misterioso-ammiratore-edgar-allan-poe-gabriele-luzzini/

Il ‘Poe Toaster’ (inteso come ‘colui che fa il brindisi a Poe’) è il soprannome dato ad un misterioso personaggio che dal 1949 al 2009 ha portato un suo personale tributo alla tomba di Edgar Allan Poe.
Visto il lasso di tempo in cui fu in attività, è stato ipotizzato che fossero almeno due persone connesse fra loro e che si siano succedute nel protrarre questa suggestivo omaggio a uno dei più grandi scrittori americani.

Tra le ipotesi più accreditate in merito al legame, è stata proposta sia quella padre-figlio che insegnante-allievo.
Ma esattamente, cosa faceva questo sfuggente individuo?

A partire dal 1949, nelle prime ore del 19 gennaio (giorno di nascita di Poe), una figura vestita di scuro con un cappello a tesa larga ed una sciarpa bianca si introduceva di nascosto nel cimitero di ‘Westminster Hall and Burying Ground’ (Maryland) per brindare con un bicchiere di cognac e lasciare poi la bottiglia col liquore rimasto e tre rose davanti al monumento funerario dello scrittore.
Nel corso degli anni, diversi curiosi e giornalisti hanno cercato di immortalare l’inafferrabile ammiratore ma senza grande successo.
In base a diverse testimonianze accumulatesi negli anni, sembrerebbe che il ‘Poe Toaster’ originale sia rimasto attivo dal 1949 al 1998, per poi passare il testimone a un successore.
Nel 2006, addirittura, alcuni uomini riuscirono a bloccarlo per cercare di identificarlo ma poi il misterioso individuo riuscì a dileguarsi nella notte.
E’ dal 2010 che l’inconsueto ammiratore sembra essere scomparso, facendo supporre che la tradizione dovesse durare esattamente 60 anni.

In occasione del 207° compleanno di Poe e quindi nel 2016, La ‘Maryland Historical Society’ e altre associazioni quali la ‘Poe Baltimore’ hanno indetto una gara per individuarne l’erede, spogliando però l’insolita celebrazione originale dell’aura inspiegabile che la permeava.
Il presunto successore (che di fatto non lo è, essendo appunto una gara alimentata dalle sopracitate organizzazioni) non ha esitato a farsi fotografare mentre suonava il violino, dopo aver deposto le rose e il cognac.

Rimane insoluto l’enigma su chi fosse il ‘Poe Toaster’ autentico, attivo dal 1949 al 2009, e quale motivazioni lo animassero.