Mentre prosegue il Russiagate, emerge la pista britannica

Fonte:http://movisol.org/mentre-prosegue-il-russiagate-emerge-la-pista-britannica/

Union Jack, British, Bandiera, Regno Unito, Inglese

L’operazione per destituire dal potere il Presidente Trump andava liquidata fin dall’inizio come “Made in London”. Stando all’autorevole dossier su Robert Mueller pubblicato dal LaRouchePAC, i servizi segreti britannici presero di mira Trump fin dal 2015, con il GCHQ a guidare la cordata. Fu la ditta britannica Orbis, in collaborazione con un’impresa americana, la Fusion GPS, a compilare il “dossier sul sesso” contro Trump. Il leader del team era la “ex” spia dell’MI6 Christopher Steele, fondatore di Orbis e collaboratore dell’FBI, che lavorò insieme all’ex ambasciatore britannico in Russia, Sir Andrew Wood, anche lui dell’Orbis, per produrre un dossier di bufale, secondo il quale non solo il Presidente russo Putin avrebbe avuto materiale per ricattare Trump, ma avrebbe anche interferito con le elezioni presidenziali americane per farlo eleggere. Negli ultimi giorni sono emerse prove di finanziamento da parte di Hillary Clinton (nella foto) alla spia britannica Christopher Steele per il suo dossier di invenzioni contro Trump.

Anche se i fatti sul ruolo britannico contro Trump sono noti a Washington, e i leader del Congresso hanno ammesso che non è stata fornita alcuna prova delle accuse contro Trump, il golpe da cambio di regime è proseguito dalla sua elezione, con pochi riferimenti all’ovvio ruolo britannico se non nelle pubblicazioni del movimento di LaRouche.

Questa situazione comincia finalmente a cambiare, grazie al lavoro di Devin Nunes, presidente repubblicano della Commissione di Intelligence alla Camera dei Rappresentanti, e del Senatore Charles Grassley, presidente repubblicano della Commissione Giustizia al Senato, che hanno denunciato entrambi il ruolo di Fusion GPS ed Orbis nel creare la falsa narrativa dietro al Russiagate. La settimana scorsa, gli avvocati della Fusion GPS si sono rifiutati di rispondere ai mandati di comparizione emessi dalla Commissione di Intelligence della Camera, e il cofondatore della ditta si è appellato al Quinto Emendamento per non rispondere alle domande, quando è comparso di fronte alla Commissione. Inoltre, gli avvocati della Fusion GPS hanno fatto richiesta al giudice federale di impedire che vengano messi a disposizione i loro estratti conto bancari, che potrebbero fornire una risposta su chi finanziò il dossier.

Il Presidente Trump ha risposto alle loro azioni evasive pubblicando il seguente tweei: “I funzionari dietro al dossier ormai screditato si appellano al Quinto Emendamento. Il Dipartimento di Giustizia e/o l’FBI dovrebbero immediatamente rendere noto chi li ha pagati”. È risaputo che l’FBI si offrì di dare a Fusion 50.000 dollari per proseguire il suo lavoro contro Trump, e questo mette ulteriormente in cattiva luce l’ex direttore dell’FBI James Comey come parte del tentato golpe contro il Presidente. Mueller è stato denunciato anche da altre forze. L’ex Vice ministro della Giustizia Sidney Powell ha scritto su The Hill a proposito dell’inchiesta di Mueller: “Quella che doveva essere un’inchiesta sulle intrusioni cibernetiche della Russia nella nostra politica elettorale si è trasformata in una missione malevola per colpire amici, familiari e colleghi del Presidente. L’inchiesta di Mueller è diventata un assalto frontale per trovare reati di cui incolparli, anche se non c’erano reati da trovare. Questo team ne creava qualcuno”.

Fascismo, il messaggio di Mussolini nascosto sotto l’Obelisco e pensato per le generazioni future. Ecco il Codex Fori

Scritto da: Giacomo Talignani
Fonte:http://www.huffingtonpost.it/2016/08/31/fascismo-mussolini-obelsi_n_11794500.html?utm_hp_ref=italy

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Un messaggio ai posteri nascosto sotto l’Obelisco, quello con la scritta Dux che Laura Boldrini suggeriva di cancellare. E’ in uscita in questi giorni il testo “Codex Fori Mussolini”: un testo in inglese e latino realizzato da Han Lamers e Bettina Reitz-Joosse e pubblicato da Bloomsbury che prova a far luce su una pergamena nascosta nella base dell’obelisco di Mussolini a Roma.

In quella pergamena, spiegano gli studiosi, c’è un inno al fascismo, alla sua storia, al dittatore stesso e soprattutto c’è l'”eredità del fascismo per il futuro”.

Il fatto che questo testo fosse stato nascosto sottolinea infatti la volontà di lasciare un documento non per i presenti (il monumento è del 1932) ma per le generazioni future. Da loro doveva essere visto e interpretato. Scritto in latino su una pergamena è stato nascosto con altri cimeli e tesori alla base dell’Obelisco del Foro Italico. Nel testo vengono esaltate le gesta di Mussolini e del fascismo e Bettina Reitz-Joosse e Han Lamers hanno per primi tradotto e studiato in dettaglio ogni riga di quella pergamena (anche grazie ai testi di diverse biblioteche e archivi romani, racconta la Bbc).

“Il testo non è stato pensato per i contemporanei ma per un pubblico futuro” raccontano gli studiosi. I fascisti, in sostanza, hanno pensato di lasciare un “conto delle loro azioni per le generazioni future”. Scritto da Aurelio Giuseppe Amatucci e diviso in tre parti si passa dalla storia generale all’ascesa del dittatore attraversando “l’Italia del dopo prima guerra mondiale, descritta come un paese sull’orlo del disastro. Salvata da Mussolini per “rigenerare il paese attraverso la sua intuizione sovrumana e risolutezza”.

Il Duce viene descritto come un “nuovo imperatore romano salvatore del popolo” e nella seconda e terza parte della pergamena vengono sottolineate l’organizzazione dei Balilla e la costruzione del Foro italico.

“Il testo presenta Mussolini come una sorta di nuovo imperatore romano, ma anche, utilizzando il linguaggio biblico, come il salvatore del popolo italiano”.

Secondo Dr Reitz-Joosse la scelta del latino, come riportano sulla Bbc, è dovuta alla necessità di “utilizzare un linguaggio del passato per disegnare un collegamento fra impero romano e ascesa del fascismo” e al contempo per la necessità di rilanciare la lingua latina come lingua del fascismo.

Infine, concludono gli autori, l’ironia del testo sta che la sua scoperta concide proprio con la fine del fascismo.

Sempre più mense scolastiche puntano su biologico, km 0 e filiera corta

Scritto da: Marta Valota
Fonte: http://www.terranuova.it/News/Alimentazione-naturale/Sempre-piu-mense-scolastiche-puntano-su-biologico-km-0-e-filiera-corta

Anche se ancora a macchia di leopardo, in Italia cominciano a essere numerose le mense scolastiche che puntano su prodotti biologici, a chilometro zero e a filiera corta. Uno dei Comuni che più di recente si è mosso in questa direzione è quello di Castelsaraceno (Potenza), dove le mense ora sono ecosostenibili, con prodotti gastronomici autoctoni e solidali con chi, sul fronte della produzione, ha deciso di puntare sul proprio territorio nel rispetto della natura.

Il Comune lucano di Castelsaraceno, in provincia di Potenza, ha riconfermato con un atto d’indirizzo per il 2017-2018 “Naturalmensa”, il servizio di refezione scolastica con prodotti bio a chilometro zero e filiera corta già sperimentato a novembre 2016 (erogando 9117 pasti) e strutturato dalla cooperativa sociale Cosmos.Un segnale che, insieme a numerosi altri analoghi, indica che qualcosa sul tema dell’alimentazione sta cambiando positivamente.Questo caso si inserisce infatti all’interno di un puzzle di esperienze che, seppur ancora parziale, riguarda diversi Comuni italiani come quello di Bologna (Emilia Romagna), Arzachena (Sardegna), Castelfidardo (Marche), Saronno, (Lombardia), Portogruaro (Veneto), Sarzana (Liguria), realtà diverse ma con il comune denominatore di dare una svolta alla refezione scolastica non solo ampliando le possibilità di scelta tra i menù, ma anche puntando sulla qualità e l’equilibrio alimentare. 

Oggi in Italia lo stimolo a ripensare i menù delle mense scolastiche viene da più fronti: dalle famiglie, ai medici, agli insegnanti fino ad arrivare alle istituzioni che, come nel caso di Castelsaraceno, vogliono creare sinergie positive tra chi riceve il servizio, chi produce le materie prime e chi si occupa della distribuzione.Alla base c’è un’idea di condivisione attraverso la promozione del consumo critico offrendo informazioni dettagliate sul cibo che finisce nelle mense scolastiche valorizzando il capitale umano, la sapienza, la provenienza degli alimenti e preoccupandosi quindi della genuinità non solo dei prodotti ma anche dell’intera filiera che di sano deve avere anche i meccanismi contrattuali di produzione, lavorazione e distribuzione.La ricerca di equilibrio nei pasti proposti a scuola diventa così il trampolino di lancio per la diffusione di una vera e propria cultura alimentare.Ne è un esempio il fatto che il Comune lucano abbia deciso di impreziosire di senso il servizio di refezione scolastica proponendo alcuni laboratori di educazione alimentare per le classi e aprendo sportelli di consulenza gratuita con la biologa nutrizionista Antonella Cirigliano a disposizione di bambini, ragazzi e delle rispettive famiglie. L’obiettivo è di educare ma soprattutto far partecipare la comunita’ ad una riflessione sull’agricoltura sociale, sugli stili di vita salutari, sulla tutela dell’ambiente fino ad arrivare al turismo responsabile e alla valorizzazione delle tradizioni gastronomiche locali.Partire dai più giovani e dalle loro tavole e’ una scommessa sul futuro e non sempre la strada e’ in discesa. Durante la prima sperimentazione del progetto nel 2016, i più piccoli hanno avuto all’inizio qualche difficoltà ad abituarsi a certi sapori soprattutto a quelli delle verdure. Un dato reale e preoccupante secondo l’epidemiologo Franco Berrino, tra i fondatori del coordinamento nazionale Cambiamo la mensa, che in un recente incontro organizzato dall’associazione La grande via, ha ricordato che il 97% dei nostri bambini beve bevande zuccherate e assume tre volte le proteine di cui avrebbe bisogno a discapito di cereali e verdure.Riabituare il gusto dei più giovani a sapori naturali, biologici, legati alla propria terra e alla ciclicità delle stagioni e’ quindi un investimento in termini di salute e benessere psicofisico e di rispetto del territorio in cui si vive.Alimentazione, salute e ambiente sono per il comune di Castelsaraceno necessariamente collegati ed è anche per questo che Naturalmensa ha deciso di coinvolgere nel suo progetto partner autorevoli come Uisp, Conprobio e Slowfood. Un partenariato che dovrà essere rafforzato con il coinvolgimento, nei prossimi mesi, del dipartimento Politiche agricole e forestali della Regione Basilicata e dei Parchi nazionali del Pollino e dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese.  Ultimo ma non da meno, questainterconnessione di aspetti presi in considerazione dal progetto valorizza e sostiene le realtà produttive locali.L’idea è di creare una localizzazione che ambisce ad indirizzare lo sviluppo di Castelsaraceno nel solco delle sue radici e delle vocazioni agro-silvo-pastorali del suo territorio garantendo, al contempo, un servizio pubblico all’avanguardia. Perché di questo si tratta visto che alle famiglie non sono richieste spese aggiuntive e i costi del progetto sono stati inseriti nel bilancio comunale.

 

CATALOGNA: LA SCINTILLA NELLA CAMERA A GAS EUROPEA!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2017/10/20/catalogna-la-scintilla-nella-camera-a-gas-europea/

Loro fanno finta di nulla, nessuno problema, continuano ad introdurre gas soporifero in Europa, ma prima di incominciare, facciamo un piccolo giochino, una serata con Juncker a chi trova per primo uno squarcio di notizia sulla crisi spagnola sulle testate online dei due principali giornali italiani…

Cliccare sull’immagine per ingrandire…

Qualcosa troverete in fondo alle pagine, in qualche angolino, ciò che importa agli italiani è il finto tonto Gentiloni che non sapeva nulla della mozione contro Visco e ad un manipolo di ignoranti far credere che l’indipendenza della Banca d’Italia è un altare e trasformare Visco in un martire, quando in realtà non ha fatto bene il proprio lavoro e visto quello che è successo, si può tranquillamente dire che dormiva.

Tornando a noi, la sintesi è tutta qui, per loro non è una notizia interessante, noi invece pensiamo che da qui non si torna più indietro con tutte le conseguenze relative per l’Europa…

Il presidente catalano in risposta a secondo ultimatum: «Se applicate l’articolo 155 della Costituzione dichiareremo l’indipendenza». Il governo: «Noi avanti, risponderemo con ogni mezzo». Convocato per sabato il consiglio dei ministri straordinario

La Catalogna ha proclamato l’indipendenza e la Spagna ha avviato la revoca dell’autonomia della stessa Catalogna dando via all’approvazione del famigerato articolo 155…

Catalogna, cosa prevede l’articolo 155

COSA DICE L’ARTICOLO – L’articolo 155 della Costituzione spagnola, mai utilizzato finora, è una misura di carattere eccezionale che implica il controllo politico delle comunità autonome da parte dello Stato centrale. Il testo dice infatti che se un governo regionale non rispetta i suoi obblighi o “agisce in modo da minacciare seriamente l’interesse dell’intera Spagna”, allora Madrid “può intraprendere le necessarie misure per obbligarla in modo coatto ad adeguarsi o a proteggere tale generale interesse”.

COME SI ATTIVA – La procedura stabilita dallo stesso articolo 155 prevede che innanzitutto il governo debba inviare una richiesta al presidente della comunità in questione. In questo caso, lo stesso premier Mariano Rajoy deve avvertire direttamente il presidente catalano Carles Puigdemont (come ha praticamente fatto). In secondo luogo, il governo deve presentare la sua proposta di misure di controllo dell’autonomia al Senato, che le può approvare con maggioranza assoluta. A sua volta, la procedura di applicazione del 155 al Senato è regolata dall’articolo 189: il governo deve presentare una proposta chiara per ciascuna delle misure specifiche che intende adottare e la relativa possibilità di emendamenti.

MARGINI DI MANOVRA – L’articolo 155 concede molto margine al governo centrale, a condizione che abbia l’approvazione del Senato. Il governo può infatti controllare le finanze della Generalitat, può dare ordini e assumere il controllo dei dipartimenti, può licenziare all’interno della pubblica amministrazione e può sciogliere il Parlamento.

I LIMITI – Quello che l’articolo 155 non può fare è implementare misure che presuppongano cambiamenti dello Statuto o della propria Costituzione. Ecco perché esperti ritengono che il 155 non prevede una sospensione né, ancora meno, una soppressione, dell’autonomia. Tuttavia, è ovvio che questa sarebbe molto limitata dal controllo totale o parziale dell’amministrazione statale. L’applicazione dell’articolo non ha limiti temporali: quello che indica la Costituzione è che si debba applicare fino a che non verrà ripristinata “la normalità costituzionale”.

A noi non interessa se il referendum era legale o no, a noi non interessano le questioni giuridiche che stanno dietro alla questione, di fronte al volere popolare, questi sono dettagli di poca importanza, la storia non chiede mai il permesso, non credo che guerre, guerre civili, guerre di indipendenza o rivoluzioni, siano mai nate chiedendo il permesso a qualcuno, tra le altre soluzioni che consente l’articolo 155 c’è quello di poter imporre alla polizia catalana, i Mossos d’Esquadra  di mettersi agli ordini diretti del ministero dell’Interno o addirittura scioglierli, manderanno loro ad arrestare tutti gli indipendentisti e loro cosa faranno?

O si certo, cosa vuoi mai che facciano quattro gatti in Catalogna, nessuno li vuole, finirà tutto come una bolla di sapone! Davvero, ne siete certi, le avete viste le piazze catalane, no sono mica come quelle italiane, dove ci trovi qualche formica che dialoga con tante cicale.

La dichiarazione di indipendenza è inevitabile ormai, l’ha chiesta che l’altro partito che fa parte della coalizione al governo, Esquerra republicana per non parlare di quelli della Cup che appoggiava il governo catalano dall’esterno.

Pensavano di far indire nuove elezioni, giusto per truccare qualche voto, per chi non conosce gli eventi,  prima di far uscire aria dal cervello, consiglio di studiare la storia, non sarà facile uscire da questo “incidente di percorso” come lo chiamano alcuni, state sintonizzati, non è una tempesta in un bicchiere d’acqua.

Domenica c’è il referendum consultivo in Veneto e Lombardia, auguri!

Il Mose è una porcata, se ne sono accorti anche loro

Scritto da : Marco Cedolin
Fonte: http://ilcorrosivo.blogspot.it/2017/10/il-mose-e-una-porcata-se-ne-sono.html

Quando nel 2008 andava in stampa Grandi Opere, con un intero capitolo dedicato alla truffa del Mose, tutti i media mainstream nessuno escluso, cantavano in coro le lodi della nuova opera, magnificandone le proprietà taumaturgiche, pronti a giurare che il “mostro” in costruzione avrebbe salvato la città di Venezia ed altrettanto pronti nel bollare come antimoderna e demagogica qualsiasi critica venisse portata nei confronti del progetto.
Oggi, a nove anni di distanza, La Stampa di Torino pubblica un articolo “Venezia e il suo Mose, storia di un fallimento”, nel quale racconta esattamente le stesse cose che a suo tempo ventilai in Grandi Opere, declinandole ovviamente al presente e non al futuro (come feci io) ed aggiornandole con il rendiconto di una serie di disastri ancora peggiori di quanto la Cassandra che alligna in me fosse stata in grado di vaticinare a suo tempo….
Il “mostro” non ancora completato (dovrebbe esserlo nel 2022) a fronte degli 1.6 miliardi di euro previsti (e dei 4,5 che ventilavo io) è già costato 5,5 miliardi del contribuente italiano e sostanzialmente la struttura versa in rovina, dal momento che per riparare gli elementi già rovinati dalla salsedine e dalle cozze prima ancora che l’opera sia entrata in funzione serviranno come minimo altri 700 milioni di euro, sempre che bastino, dal momento che stando a quanto scrive La Stampa anche buona parte delle strutture non ancora posate in mare si stanno arruginendo a causa della salsedine. Al tutto andranno sommati almeno 105 milioni di costo annuale per la manutenzione, sempre che bastino e la sensazione che emerge leggendo l’articolo è proprio quella che non basteranno.
Anche nel caso che l’opera riesca un giorno ad entrare in funzione, cosa di cui i giornalisti della Stampa dimostrano di dubitare fortemente, a Venezia non salverà un bel niente, dal momento che come scrivevo io allora e scoprono loro oggi, il Mose entrerà (se entrerà) in funzione solamente con le maree eccezionali oltre i 110 cm di altezza e resterà inerte con quelle inferiori che sono le più frequenti e la maggiore causa di danno per i veneziani.
Come se non bastasse intorno all’opera (come sostenevo in Grandi Opere) sulla Stampa viene fatto notare come abbia proliferato un giro di corruzione miliardario “per coprire lavori e opere mal progettati e peggio realizzati”, parte del quale sarebbe già stato svelato dalla magistratura.
E ciliegina sulla torta “secondo una perizia commissionata dal Provveditorato alle Opere Pubbliche di Venezia, braccio operativo del Ministero delle Infrastrutture, il MOSE rischia cedimenti strutturali per la corrosione elettrochimica dell’ambiente marino e per l’uso di acciaio diverso da quelli dei test. Le cerniere che collegano le paratoie mobili alla base in cemento – ce ne sono 156, ognuna pesa 36 tonnellate, un appalto da 250 milioni affidato senza gara al gruppo Mantovani – sono ad altissimo rischio (probabilità dal 66 al 99 per cento) di essere già inutilizzabili.”
Il tutto porta i giornalisti della Stampa (che come i loro colleghi 9 anni fa sostenevano l’opera contro la nostra miopia) ad affermare che il Mose sarebbe una vera e propria “antologia degli orrori”, che “non sempre il gigantismo paga” e che “il MOSE è il simbolo di quel che non si deve fare.”
Peccato che lor signori non abbiano preso coscienza della realtà prima che i miliardi dei contribuenti italiani venissero sperperati e la laguna veneta devastata, quando ancora le marchette in favore del Mose rendevano molti quattrini ed erano funzionali alla costruzione di fulgide carriere giornalistiche.

Ordine dei Medici di Roma: “Nessuna vaccinazione senza il consenso dei genitori”

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/nessuna-vaccinazione-consenso-genitori.php

“Nessuna vaccinazione senza il consenso dei genitori”. Così si è espresso il presidente dell’Omceo (Ordine dei Medici di Roma) Roma, Giuseppe Lavra, in merito ad una richiesta di parere da parte di un dirigente medico responsabile di uno dei centri vaccinali territoriali di una Asl della Capitale.

Il medico chiedeva come si dovesse comportare qualora i genitori di un minore si rifiutino di firmare il consenso informato, adducendo come motivazione che essendo obbligati per legge non intendono esprimere il proprio consenso.

Il Presidente dell’Ordine, Giuseppe Lavra, rispondendo all’interessata e a agli altri colleghi, ha precisato che “il principio del consenso informato – nel caso di minori, espresso dai genitori – è un principio cardine per l’espletamento di qualsiasi attivita’ sanitaria”. Infatti, la Corte Costituzionale ha già affermato che “il consenso informato, quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico” deve considerarsi “principio fondamentale in materia di tutela alla salute”, trovando “fondamento negli artt.2, 13 e 32 della Costituzione” (Corte Cost. sent. 43/2008).

“Da tutto ciò – si legge ancora della comunicazione dell’OMCeO – deriva che un atto sanitario posto in essere in assenza di consenso può integrare un illecito civile, penale e deontologico”.

“Il D.L. 73/2017 prevede che il genitore che non adempia venga dapprima indirizzato alla ASL competente e poi, in caso di perdurante diniego, condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria. In altre parole, nel caso in cui immotivatamente il genitore si rifiuti di sottoporre il proprio figlio a vaccinazione (non portandolo al centro vaccinale o non prestando il proprio consenso, ipotesi queste assimilabili al quesito posto), l’ordinamento non prevede di imporre coattivamente la vaccinazione, bensì di sanzionare il comportamento a livello amministrativo.

In sostanza, l’obbligatorieta’ della vaccinazione non appare come alcuna deroga al principio per cui il medico debba raccoglierne il consenso prima di procedere alla vaccinazione, dopo aver escluso che possano esservi circostanze ostative alla vaccinazione e dopo aver opportunamente informato. Nessuna vaccinazione, pertanto, senza il consenso dei genitori”.

Il picco del petrolio nel 2035? Ma la domanda mondiale è destinata a crescere fino al 2030

Fonte: http://www.greenreport.it/news/energia/picco-del-petrolio-nel-2035-domanda-mondiale-destinata-crescere-al-2030/

Diversi esperti di energia prevedono che la domanda mondiale di benzina raggiungerà il picco entro 13 anni grazie all’impatto delle auto elettriche e dei motori più efficienti, ma nel suo rapporto “The rise and fall of black gold – When will peak oil demand strike?” Wood Mackenzie, prevede che l’adozione di veicoli elettrici possa ridurre in modo significativo la domanda di benzina, in particolare dopo il 2025, quando le vendite di auto a batteria supereranno quelle a combustibili fossili.

Il nuovo rapporto suggerisce che «la domanda globale della benzina è probabile che raggiunga il  picco entro il 2030».

Wood Mackenzie dice che la crisi dei prezzi non ha dato un colpo fatale all’industri petrolifera, ma la prossima crisi potrebbe diventare permanente: «Negli ultimi anni, l’industria petrolifera ha perso mordente, ma ne è venuta fuori a testa alta e guardando al futuro. Ma si trova di fronte a delle perturbazioni; una prospettiva scoraggiante sia per gli acquirenti che per i venditori. Abbiamo già assistito  all’aumento dell’energia rinnovabile che ha determinato un cambiamento nel mercato.  Allora cosa significa tutto questo cambiamento per la domanda del petrolio e il futuro dell’industria?»

Il rapporto prova a rispondere con un’altra domanda: «Veicoli elettrici – solo l’inizio?» e risponde che «Dei  96 milioni di barili di petrolio consumati globalmente ogni giorno, quasi 60 milioni vengono utilizzati nei trasporti. Tuttavia, i progressi tecnologici, sia nell’efficienza dei carburanti, sia nel passaggio a veicoli ibridi e elettrici, sembrano ostacolare la domanda».

Un trend che emerge anche dalle vendite di auto elettriche nei diversi continenti. Secondo gli esperti di Wood Mackenzie, «L’aumento dei veicoli elettrici e delle energie rinnovabili spiega alcuni dei divari crescenti tra il mondo sviluppato e quello emergente. La domanda di petrolio nei Paesi sviluppati ritornerà al declino strutturale entro il 2020, eliminando circa quattro milioni di barili al giorno entro il 2035. Al contrario, le economie in via di sviluppo aumenteranno la loro domanda di petrolio di quasi 16 milioni di barili al giorno entro il 2035». Anche se il picco della domanda di petrolio per i trasporti a livello mondiale dovrebbe essere raggiunto entro il 2030, il rapporto prevede «la crescita continua della domanda complessiva globale del petrolio, sostenuta dal settore petrochimico. Tuttavia, la prospettiva di un picco della domanda di petrolio di picco è molto reale. L’industria deve iniziare a pianificare ora se vuole essere preparata a  ciò che ha di fronte».

Paesi come Regno Unito, Francia, Norvegia, Olanda, Islana e Slovenia hanno detto che vieteranno la vendita delle auto a diesel e benzina entro un periodo che va dal 2025 al 2040 e la Cina, il più grande mercato automobilistico del mondo, è sulla stessa strada e l’India ha annunciato che la seguirà. E’ chiaro che questo avrà un impatto significativo sulla domanda petrolifera.

Alan Gelder, analista senior di Wood Mackenzie, ha detto a The Guardian che le increspature sulla superficie del mercato dei combustibili fossili si faranno sentire  molto prima e che «Le compagnie petrolifere stanno già disinvestendo dalle raffinerie e diminuisce il numero delle stazioni di servizio, Stiamo diventando sempre più efficienti nell’utilizzo della nostra energia. Così, mentre  le economie crescono facciamo sempre meno affidamento sul  petrolio, quindi l’importanza del petrolio nell’economia globale dovrebbe diminuire nel tempo. Per i paesi che si affidano fortemente alle entrate delle imposte sui carburanti, come ad esempio i 28 miliardi di sterline di tasse che arrivano al Regno Unito ogni anno , il crollo della domanda di benzina costituirà una sfida per i governi».

A breve termine, le modifiche normative per gli standard di efficienza dei combustibili imposti negli Usa da Barack Obama sull’esempio di quelli europei e cinesi saranno il maggiore ostacolo alla crescita della domanda di combustibili fossili. Poi l’impatto maggiore dovrebbe venire dalle auto elettriche.

Toyota ha annunciato che testerà automobili elettriche, da mettere in strada in Giappone dal 2020, che  sono dotate di intelligenza artificiale per aiutare le auto  a comprendere meglio i loro guidatori e ad adattarsi. Un progetto  di auto senza guidatore, la Concept i-series, che può anche essere pilotato manualmente. La Toyota ha spiegato che l’intelligenza artificiale valuterà «Le emozioni e il livello di vigilanza leggendo le espressioni, le azioni e il tono di voce del guidatore».

Gelder è convinto che le vendite delle auto elettriche decolleranno dopo il 2025: «Quanto più si va nel futuro, più auto elettriche  ci saranno» e prevede che entro il 2030 i modelli plug-in rappresenteranno il 10% delle vendite di nuove auto, ma «Se le città cominceranno a vietare le automobili con il motore a combustione, questo accelererebbe rapidamente il passaggio ai veicoli elettrici»,

Mentre la benzina raggiungerà il picco prima,  gli analisti prevedono che il picco della  domanda globale di petrolio sarà raggiunto intorno al 2035, dato che la sua crescita è determinata sia dalle politiche di lotta al cambiamento climatico che dalla maturazione delle economie dei Paesi in via di sviluppo.

Alla Wood Mackenzie sottolineano che «Anche se il mercato si preoccupava dell’offerta di approvvigionamento petrolifero, la preoccupazione principale dell’industria è il picco della domanda. La prospettiva di un picco della domanda di petrolio è molto reale» e prevede che il picco della domanda di picco di petrolio sia anticipato di una decina di anni rispetto alla previsione fatta dalla BP per la metà degli anni 2040 e di 5 anni rispetto all’International energy agency che fissa il picco al 2040.

La previsione del picco della Wood Mackenzie  è addirittura più prudente di quello di alcune multinazionali petrolifere come la Shell che pensano che verrà raggiunto nei primi anni 2030  e potenzialmente anche verso la fine degli anni 2020, causa della crescita delle auto elettriche e alimentate da  biocarburanti. La Shell è convinta che l’impatto sulla domanda di petrolio di auto più efficienti nel consumare carburante supererà di gran lunga l’impatto dei veicoli elettrici.

Ma tutto potrebbe essere rallentato (o accelerato) dalla geopolitica impazzita di Donald Trump o dalle eterne guerre mediorientali: a causa degli scontri tra l’esercito irakeno e i peshmerga kurdi nelle aree petrolifere dell’Iraq e delle preoccupazioni per le sanzioni Usa contro l’Iran, il prezzo del petrolio si è assestato su uno dei suoi livelli più alti di quest’anno: 58,24 dollari al barile.

Nel silenzio dei media il sistema Italia sta implodendo. L’ottima versione di Guido Salerno Aletta

Scritto da: Mitt Dolcino
Fonte: https://scenarieconomici.it/il-sistema-italia-sta-implodendo/

Avete notato i media recentemente? Tra fake news ed argomenti quattrostagioni tirati fuori dal cassetto alla bisogna stanno raggiungendo il parossismo dell’indecenza: non si informa più la gente, non si evidenziano più gli argomenti importanti, men che meno i problemi. Si cerca solo di fare una cosa, solo una: tenere calma la gente, non facendole capire che sta andando letteralmente in rovina.

L’ho già spiegato più e più volte, tra crisi (che i media hanno contribuito a rendere più pesante e profonda, non fosse per l’avallo della nefasta austerità) ed interessi delle elites locali, che poi sono gli stessi editori, oggi il gioco è quello di fregare il prossimo. Leggasi, visto che dette elites hanno avuto la possibilità di delocalizzare le proprie aziende, di pagare le tasse all’estero (vedasi FCA, ma non è l’unica), oltre a pagare meno di i dipendenti (Job Act etc.), dopo aver fatto guadagni fenomenali in borsa, alla fine lasciano un buco di gettito. Che deve essere colmato dagli italiani, dalla gente.

Non che tali elites siano contrarie all’austerità, tutto sommato sanno che è nefasta: il punto è che l’austerità da imporre ai periferici è necessaria per tenere in piedi l’euro. E visto che costoro hanno accumulato enormi patrimoni proprio in euro – sostituendoli ad instabili lire -, dunque devono accettare il rigore di Bruxelles e Berlino. Anche se manderà in rovina il paese. Chiaramente, la gara è – come detto prima – a fregare il prossimo, i deboli italiani dovranno pagare per chi conduce la macchina del vapore, anche loro italiani.

Se le entrate tributarie sono salite del 2.6% mentre il PIL è salito meno (1%), allora le tasse sono aumentate…

Questo in sintesi è quanto vi ho spiegato negli ultimi 4 anni, per contingenze personali ho avuto la fortuna di capirlo prima. Ne volete la riprova? Ho fatto una breve analisi di stampa sulle manovre finanziarie dal 2011 in avanti, analisi grossolana, solo i titoli, prendendo anche il 2010 quando il governo Berlusconi iniziò ad essere messo sotto pressione: facendo la somma delle manovre correttive, con quella del 2017 siamo a circa 200 miliardi di maggiori tasse (va notato che la manovra pre-elettorale del 2017 è la più bassa di tutte, ossia la mazzata euroimposta per gli italiani arriverà dopo le elezioni del 2018, in assenza di una sfida aperta all’EU e soprattutto all’euro). O anche, visto che nei primi 8 mesi del 2017 le entrate tributarie sono aumentate del 2.6%, visto che l’economia NON è aumentata del 2.6%, le tasse sono aumentate di conseguenza (diciamo almeno dell’1.6%, ndr). Ad esempio con i metodi statistici che vi ho “svelato” (vedasi LINK) la scorsa settimana quando vi ho spiegato che la tassazione italiana media di circa il 43% (è abbastanza stabile attorno a tale cifra dal 2009, ndr) si riferisce all’economia effettiva più quella sommersa; ovvero, visto che quella sommersa non paga tasse la reale pressione fiscale è drasticamente aumentata dal 2010-11 (l’introduzione dell’economia sommersa nel calcolo del PIL data dal 2014), siamo prossimi al 50%, per le aziende al 65% (LINK). Ed infatti dopo 6 anni di austerità – come da copione – i  salari sono crollati ed i prestiti andati a male esplosi.

LINK: http://www.teleborsa.it/Editoriali/2017/10/16/la-piramide-rovesciata-non-regge-1.html

Un paese così, una vera piramide rovesciata, non può resistere a lungo. Oggi vedo che altri autori, ben referenziati, anche diffusi (strano), rafforzano tale tesi. Ad esempio Salerno Aletta, di Teleborsa.it, rinomato sito di analisi finanziaria. Articolo da leggere assolutamente, per la plastica chiarezza del ragionamento. Non è la prima volta che leggiamo – con estremo interesse – le apprezzate analisi di questo autore.

Quello che purtroppo nessun ancora vi dice sono le conseguenze di cotanto scempio euroimposto: semplicemente la fame, non poter curare i propri vecchi che inevitabilmente moriranno di inedia, penso soprattutto a coloro che perso il lavoro non riusciranno a trovarne un altro. Rivoluzione? Vedremo, se qualcuno finanzierà la rivolta. Certo, le prospettive per l’Italia sono funeree, a maggior ragione se il dollaro si indebolirà e/o le borse crolleranno e/o i tassi saliranno. E se vi aspettate comprensione dai tedeschi, da gente come Schauble, scordatevelo: pensate davvero di ricevere aiuto dai nipoti di coloro che non ebbero pena a mettere gli ebrei nel portacenere ?

A voi la Scelta.

Scoperta la cima di un obelisco della regina egizia Ankhesenpepi II

Fonte e traduzione: https://ilfattostorico.com/2017/10/10/scoperta-la-cima-di-un-obelisco-della-regina-egizia-ankhesenpepi-ii/
Fonte: Al Ahram
Ministero delle Antichità egiziano

(Ministry of Antiquities, Egypt)

La parte superiore di un obelisco è stata scoperta in Egitto da una missione archeologica svizzera-francese, nel complesso funerario della regina Ankhesenpepi II (2332-2287 a.C.), all’interno della necropoli di Saqqara.

È il più grande frammento di obelisco dell’Antico regno mai trovato finora. La forma del pyramidion (la cuspide piramidale) indica che in origine fosse ricoperto da lastre di metallo, probabilmente rame o lamine d’oro, così da far brillare l’obelisco alla luce del Sole.

Philippe Collombert (Università di Ginevra), direttore della missione archeologica, ha spiegato che l’obelisco di granito rosso ha una lunghezza di 2,5 metri. «Stimiamo che quando era intatto, l’obelisco fosse alto circa cinque metri».

Inoltre non è stato trovato nella sua posizione originaria: «Le regine della VI dinastia di solito avevano due piccoli obelischi all’ingresso del loro tempio funerario, ma questo è stato trovato un po’ lontano», dice l’archeologo Mostafa Waziri, segretario generale del Concilio Supremo delle Antichità. L’obelisco fu dunque rimosso dall’entrata e trascinato nel luogo dove lo si è scoperto. Probabilmente venne utilizzato in un periodo successivo dagli scalpellini; la maggior parte della necropoli fu infatti utilizzata come cava durante il Nuovo Regno e il Periodo tardo.

Su uno dei lati del pyramidion, un’iscrizione sembra corrispondere all’inizio dei titoli e al nome della regina Ankhesenpepi II. Inoltre, «Probabilmente è la prima regina ad avere i Testi delle piramidi (delle formule rituali egizie) incisi nella sua piramide», spiega Waziri. Prima di Ankhesenpepi II, i cosiddetti Testi delle piramidi venivano scolpiti solo nelle piramidi dei faraoni; dopo di lei, alcune mogli di Pepi II fecero lo stesso.

L’obiettivo principale della missione archeologica, istituita nel 1963 da Jean-Philippe Lauer e Jean Leclant, è studiare i Testi delle piramidi del Vecchio Regno. Dal 1987 la missione scava anche la necropoli delle regine, e quest’anno i lavori si stanno concentrando sul complesso funerario di Ankhesenpepi II, la regina più importante della VI dinastia.

Ankhesenpepi II fu moglie del faraone Pepi I e, quando questi morì, sposò il figlio di sua sorella Anjesenpepi I, cioè suo nipote Merenra I, dal quale ebbe il futuro re Pepi II. Ma quando Merenra I morì, Pepi II aveva circa sei anni, e perciò Ankhesenpepi II divenne reggente, effettiva governatrice del paese, ma non diventò faraone come fece Hatshepsut più tardi. «Questo è probabilmente il motivo per cui la sua piramide è la più grande della necropoli dopo quella del faraone stesso», Waziri.

 

Le navi di Nemi. Rinascita di un museo dimenticato

Scritto da: Arianna Di Cori
Fonte:http://roma.repubblica.it/cronaca/2017/08/06/news/le_navi_di_nemi_rinascita_di_un_museo_dimenticato-172495761/#gallery-slider=172424536