Gli italiani eleggono il vetro materiale sostenibile per eccellenza: siamo i primi consumatori d’Europa.

Vetro materiale sostenibile? Sì, lo è per 28 milioni di Italiani che non rinuncerebbero mai alla sua versatilità. Al primo posto tra gli adulti spopolano le motivazioni legate alla salute dei cibi, tra i millennials invece “vetro” significa soprattutto materiale riciclabile.

Europei ed italiani amanti del vetro

Cosa usano gli europei per conservare i cibi o per portarsi il pranzo in ufficio? Una persona su due utilizza proprio contenitori in vetro. Ne sono contenti? Pare proprio di sì, l’85% dei cittadini comunitari e il 91% degli italiani lo consiglia vivamente.

Lo studio ha rivelato che è proprio l’Italia il paese in Europa con la più alta percentuale di gradimento nei confronti di questi antico materiale: addirittura il 6% in più rispetto alla media EU!

Vetro materiale sostenibile anche per l’economia

Una particolare simpatia che si riflette anche nella nostra economia e nell’occupazione: la produzione di bottiglie in vetro nei primi dieci mesi del 2017 ha goduto di un incremento dell’1,8% rispetto al 2016.
La lavorazione di 3,7 milioni di tonnellate di materiale (circa 62 kg per abitante) offre lavoro a 36 mila addetti e garantisce un fatturato di 1,5 miliardi di euro l’anno.

Il vetro è uno di quei materiali che possono essere riciclati al 100%: tra le bottiglie che ci passano sotto le mani 9 su 10 sono riciclate. Un materiale più eco-friendly di così è davvero difficile da trovare.
Le previsioni sono ottimiste: nei prossimi anni la percentuale di riciclaggio potrebbe raggiungere il 75%, ovvero due terzi del totale!

Il riciclaggio facilita la vita fiscale delle industrie riducendo drasticamente i costi di produzione se comparati al materiale vergine. Non solo, il beneficio è anche ambientale: è stato stimato che, in 10 anni di riutilizzo dei vetri usati, siano state emesse il -20% di emissioni di azoto, -9% di zolfo e -50% di polveri.

Una fiducia sempre solida tra italiani e vetro

Vetro materiale sostenibile che viene incontro alla mutata percezione degli italiani nei confronti dell’ambiente e della loro stessa salute.

Sono 28 milioni gli italiani che non lo sostituirebbero mai con altri materiali. Per quasi la metà di noi è impensabile comprare del vino in un packaging che non sia di vetro; circa il 31% invece non rinuncerebbe mai ad una bottiglia di birra!
L’81% degli italiani lo considera il packaging più sostenibile in assoluto.

Questi sono i dati dell’ultimo studio Censis chiamato “Valore sociale di prodotti e attività dell’industria vetraria in Italia” che ha indagato il rapporto tra italiani e vetro, vetro e ambiente.

Solo una questione di tradizione? No.
Al primo posto c’è la sicurezza alimentare. Il 65% dei nostri compatrioti lo reputa più sicuro per gli alimenti: dura nel tempo, non assorbe l’odore dei cibi e, quando scaldato, non li contamina con il rilascio di micro particelle o sostanze potenzialmente tossiche come avviene invece con plastiche di bassa qualità.

Nuovi valori per i giovanissimi

Sono però le nuove generazioni quelle che ritengono il vetro materiale sostenibile e versatile per eccellenza: al primo posto nella loro visione non c’è tanto tradizione o igiene, ma rispetto per la natura. Chiedendo ai millennials quale fosse l’aggettivo più adatto al vetro quasi il 30% ha risposto “ecologico” o “riciclabile”.
Nella concezione dei giovani infatti questo materiale è il paradigma di un potenziale infinito ciclo di raccolta e riutilizzo. E quindi anche un simbolo di economia circolare.

“Questa indagine, che vede l’Italia tra le prime nazioni d’Europa per la scelta di contenitori in vetro, più rispettosi dell’ambiente, più sicuri per gli alimenti e simboli dell’economia conferma una tendenza in atto, che vede in Italia consumatori sempre più attenti alla salute e alla sostenibilità dei prodotti alimentari. Ormai non si legge solo l’etichetta di un prodotto, ma si tiene conto anche della sostenibilità dei contenitori”. Marco Ravasi, Presidente dei contenitori in vetro di Assovetro

Infinite forme, colori, infiniti utilizzi e riutilizzi

Con il vetro si può giocare con forme diverse per supplire a varie necessità. La sua antica tradizione artigiana ci permette di arricchirlo di colori per dare libero sfogo ad esigenze estetiche senza trascurare il design.

 

Soprattutto, come rivelato dal Censis, il vetro è uno di quei materiali di cui la nostra società ha bisogno: è ecologico e, con l’aiuto dei consumatori, potrebbe non divenire mai rifiuto grazie al suo essere riciclabile al 100% (senza perdere le sue proprietà).

Il fatto che gli italiani gli siano così affezionati è sintomo di una società stanca dell’usa e getta, attenta alla propria salute e all’inquinamento ambientale.
Il valore che le nuove generazioni danno ai materiali riutilizzabili inoltre ci fa ben sperare in un futuro più green.

“L’ indagine del Censis dimostra come oggi il vetro sia sulla frontiera più avanzata dell’innovazione e delle culture sociali e interpreti, meglio di altri materiali, il nostro tempo, diventando protagonista assoluto dei comportamenti, per i quali la sostenibilità è criterio d’elezione. Anche i numeri dimostrano questo crescente appeal del vetro: nei primi 10 mesi del 2017 la produzione di contenitori in vetro è aumentata del 2,05% rispetto allo stesso periodo del 2016”. Marco Ravasi, Presidente della sezione vetro cavo di Assovetro

Il buon umore mantiene giovani

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/buon-umore-mantiene-giovani.php

Essere di indole positiva può aiutare a mantenere giovane il cervello rallentando la perdita delle proprie abilità mentali nel tempo. Al contrario, soffrire di disturbi depressivi accelera il declino cognitivo. È quanto suggerisce una ricerca svolta da Darya Gaysina e Amber John della University of Sussex e pubblicata sulla rivista Psychological Medicine.

Più precisamente si tratta della revisione dei dati di ben 34 lavori già pubblicati sull’argomento, per un totale di 71 mila persone coinvolte. Diversi studi, infatti, hanno evidenziato un’associazione tra disturbi depressivi e modifiche anatomico-strutturali del cervello, anche con restringimento dei volumi di alcune aree. In questo lavoro è stato ora indagato l’impatto dei disturbi depressivi a lungo termine sulle abilità mentali degli individui che già fisiologicamente declinano anno dopo anno.

È stato così riscontrato che il declino cognitivo età-dipendente è più rapido tra coloro che soffrono di disturbi depressivi o depressione maggiore. A questo punto, sostengono gli autori, è prioritario che i sistemi sanitari prendano in carico il disagio mentale sempre più diffuso (la depressione è un problema sempre più diffuso che può arrivare a interessare fino a una persona su 5) per aiutare a prevenire tanti casi di declino cognitivo e demenza vera e propria.

 

Cina: dalla sfida economica alla sfida ideologica

Scritto da: Marzio Ammendola
Fonte: http://www.againstchina.com/2018/03/20/sfida-economica-e-sfida-ideologica-del-modello-cinese/

In questa fase storica stiamo assistendo all’affermazione del modello cinese come modello di rifermento mondiale. Si tratta di un’autocrazia fondata su un assolutismo comunista che ha abbracciato un capitalismo senza troppe regole – fornendo un’attraente alternativa al modello Occidentale di capitalismo che puó fiorire solo in un contesto democratico e liberale. Questo è un tema affrontato da Peter Schiesser “Azione” (12.2. 2018).

Un sondaggio svolto in 28 nazioni da parte della Edelman Communications e riportata sul “New York Times” (7.2.2018), spiega che nel 2017 la fiducia nel governo cinese è cresciuta di 8 punti a 84%, mentre la fiducia nelle istituzioni americane ha subito una caduta di 14 punti scendendo al 33%.

Quindi la sfida lanciata dalla Cina all’Occidente sta allargando il suo perimetro toccando anche la sfera ideologica. Anche in questo ambito il governo di Pechino si dimostra molto abile nell’utilizzo di molteplici forme di influenza, pressione e ricatto economico nei confronti dei paesi geograficamente piú vicini ed economicamente vulnerabili.

E’  sorprendente scoprire che risulti cosí attrattivo un modello in cui stato di diritto e diritti umani sono valori praticamente assenti. L’idea di democrazia si manifesta su tre livelli: libertà civile, libertà politica e libertà sociale. Ma queste tre libertà sono anche l’espressione di un preciso concetto di vita. Quindi sembrerebbe che per molti Occidentali questo patrimonio, faticosamente conquistato, si sia svuotato di significato e possa essere dilapidato, senza comprendere che a pagarne il prezzo piú caro saranno le future generazioni, cioè i nostri figli.

Tra i numerosi errori commessi dall’Occidente, Hillary Clinton ci fornisce interessanti esempi. Durante un viaggio in Cina nel 2009 dichiaró: “i diritti umani non devono interferire con i rapporti economici”. Anche un bambino sarebbe in grado di capire la forte correlazione tra questi fattori. Purtroppo peró è inevitabile notare che a distanza di ben dieci anni,  la signora Clinton perseverava nel ripetere lo stesso errore già commesso nel 1999, quando vennero stabiliti criteri e regole che sarebbero state alla base del processo di globalizzazione. Anche allora vennero completamente “dimenticate” norme che prendessero in considerazione i diritti sociali e le tutele ambientali. Cosí ne derivarono gravi squilibri e vennero concessi enormi vantaggi competitivi alle produzioni cinesi (Federico Rampini- Azione 5.2.2018). Importante annotare che nel 1999 era in corso il secondo mandato presidenziale del marito Bill Clinton.

Anche a causa di questi errori, dobbiamo subire un surplus commerciali a vantaggio dei cinesi che impoveriscono la nostra economia. Si sono create le condizioni per dare la possibilità alla Cina di non doversi adattata al mondo ma al contrario sembra che sia il mondo che progressivamente si trova costretto ad adattarsi alla Cina. Questo processo è già molto evidente nei confronti dei paesi geograficamente piú vicini ma anche da noi molti segnali sono già ben percepibili. Pechino dimostra una crescente capacità di influenza anche su scala mondiale e non nasconde le sue ambizioni di ridisegnare un nuovo ordine mondiale. E’ quindi urgente che l’Occidente metta in atto azioni di contenimento e di riequilibrio per bloccare i progetti di espansione cinesi.

E’ necessario prendere coscienza che è a rischio il futuro del modello Occidentale e quindi delle democrazie. La minaccia è rappresentata proprio il modello autoritario cinese che si dimostra attrattivo perchè è piu’ stabile e solido rispetto al caos ed alle contraddizioni a cui sono spesso esposte le democrazie. Molti si aspettano che il regime possa andare in crisi nel momento in cui insorgeranno i primi grandi problemi all’economia cinese ed uno stop alla sua costante crescita. Certamente anche i cinesi commetteranno degli errori e arriveranno momenti di crisi anche per Pechino. Ma un popolo cosi soggiogato, costantemente controllato, condizionato da una martellante propaganda, non abituato all’elaborazione di un pensiero critico, sarà in grado di reagire alla dittatura e rovesciare il regime? Bisogna considerare anche la paura. Qualsiasi opinione di dissenso è considerata sovversiva e severamente punita anche con la detenzione nei Laogai, ovvero i terribili campi di concentramento cinesi.

Machine learning in sanità: al via un progetto innovativo in Veneto

Scritto da: Cristina Da Rold
Fonte: https://oggiscienza.it/2018/05/25/machine-learning-sanita/

Un algoritmo per estrarre informazioni cliniche: al Google Cloud Summit di Milano Noovle e Arsenàl.IT presentano una ricerca per innovare la sanità

SALUTE – Una finalità del fascicolo sanitario elettronico, definita dalla normativa nazionale DPCM n.178 del 29 settembre 2015 “Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico“, ma di cui si parla sempre poco è quella della ricerca scientifica. Con la messa a regime del Fascicolo Sanitario Regionale si sono rese disponibili una serie di informazioni raccolte all’interno dei documenti sia in formato strutturato, come il referto di laboratorio, sia non strutturato, come per esempio le lettere di dimissione ospedaliera in formato PDF. Documenti che aggregano moltissime informazioni, che grazie alla tecnologia potrebbero essere estrapolate dai documenti, anonimizzate e utilizzate singolarmente per studi epidemiologici. Ieri a Milano in occasione del Google Cloud Summit è stato presentato un innovativo progetto made in Veneto per testare l’utilizzo di algoritmi di Machine Learning proprio per classificare automaticamente i documenti clinici digitali ed estrarre da quelli non strutturati il maggior numero possibile di informazioni cliniche significative. Il progetto è nato in collaborazione tra Noovle e Consorzio Arsenàl.IT, che dal 2012 su mandato di Regione Veneto e Azienda Zero coordina il progetto fascicolo sanitario elettronico regionale (FSEr).

“L’obiettivo è duplice: da un lato capire quanto e come gli algoritmi di Machine Learning e le soluzioni di Artificial Intelligence sviluppati in altri ambiti siano applicabili a quello clinico sanitario; dall’altro sviluppare un preciso algoritmo di Machine Learning da trasformare in servizi collegati al FSEr, capaci di offrire un valore aggiunto sia all’ambito clinico, sviluppando applicazioni di supporto alle decisioni cliniche, sia a quello della governance regionale (medicina di popolazione, prevenzione, ecc.)” spiega Lorenzo Gubian, CIO di Azienda Zero. “La ricaduta e le potenzialità che i risultati della ricerca potranno avere dalla medicina predittiva e preventiva, offrendo vantaggi a tutta la popolazione, sono facilmente intuibili. Per fare questo abbiamo scelto di usare la Google Cloud Platform, che a oggi è uno dei partner tecnologici che offre una suite di strumenti/tools più all’avanguardia nelle tematiche del Machine Learning e Artificial Intelligence. A questo si aggiunge la preziosa partnership con Noovle, che in quanto partner commerciale ha un expertise nell’uso degli strumenti della Google Cloud Platform molto avanzato”.

I risultati del progetto, che si concluderà entro fine 2018, saranno resi noti dopo l’analisi accurata dell’applicazione dell’algoritmo in fase di studio ad oltre 70.000 lettere di dimissione ospedaliera. Allo stato attuale i documenti presenti nel FSEr Veneto sono circa 193.600.000 dei quali oltre 5.600.000 non strutturati. Di questi fanno parte 540.000 lettere di dimissione ospedaliera, pari a oltre 1.200 al giorno.

L’algoritmo sarà capace di ricavare elementi utili a definire una diagnosi, permettendo di implementare un sistema di classificazione automatica delle Lettere di Dimissione Ospedaliera, utilizzando tecniche di Machine Learning con l’identificazione automatica di diagnosi presenti nel documento. “In particolare – continua Gubian – ci si è soffermati sull’individuazione di alcune delle sezioni che compongono il documento (motivo del ricovero, inquadramento clinico iniziale, descrizione clinica alla dimissione) con l’obiettivo finale di identificare automaticamente le diagnosi presenti secondo la codifica internazionale ICD-9-CM.”

 

Un tempio di Antonino Pio nell’oasi di Siwa

Fonte: https://ilfattostorico.com/2018/05/14/un-tempio-di-antonino-pio-nelloasi-di-siwa/
Ministero delle Antichità d’Egitto
National Geographic

antonino pio egitto

(Egyptian Ministry of Antiquities via AP / Gtres)

Una missione archeologica egiziana ha scoperto le fondamenta di un grande tempio dell’epoca di Antonino Pio, imperatore romano tra il 138 e il 161 d.C.

Le rovine si trovavano nell’oasi di Siwa, nel deserto egiziano, presso il villaggio di al-Haj Ali e a 350 metri dal cimitero della città, la cosiddetta “Montagna dei Morti” (Gabal Al-Marwa).

(Egyptian Ministry of Antiquities via AP / Gtres)

Il tempio era un grande edificio in pietra calcarea lungo 40 metri e largo 8,5. Oggi però non ne restano che le fondamenta della pianta rettangolare. L’ingresso era fiancheggiato da due piccole stanze e conduceva a una sala lunga 25 metri e al Sancta Sanctorum. Il tempio era circondato da un muro esterno lungo 71 metri e largo 56. Il capo della missione archeologica Abdul Aziz al-Damiri, direttore generale delle antichità di Matrouh e Siwa, ha spiegato che il ritrovamento più importante è un blocco di pietra calcarea con iscrizioni in greco, sormontato da una cornice con un disco solare avvolto dai cobra.

L’iscrizione ha permesso di identificare l’imperatore Antonino Pio, il cui lungo regno trascorse pacificamente, e il nome del governatore della provincia d’Egitto dell’epoca. Il blocco di pietra era lungo 5 metri e alto 1. Frammentato in tre parti, probabilmente era collocato sopra l’ingresso del tempio come architrave. Ora è stato trasferito nel magazzino del Museo di Siwa dove saranno eseguiti i lavori di conservazione.

(Egyptian Ministry of Antiquities via AP / Gtres)

(Egyptian Ministry of Antiquities)

(Egyptian Ministry of Antiquities)

(Egyptian Ministry of Antiquities)

(Egyptian Ministry of Antiquities)

(Egyptian Ministry of Antiquities)

Recentemente, a 50 km da Siwa, era stato scoperto un tempio greco-romano.

 

Interesse Nazionale

Scritto da: Francesco Carraro
Fonte: http://www.francescocarraro.com/interesse-nazionale/

È possibile tentare un’analisi pacata, e profonda, degli ultimi eventi post elettorali? Una lettura che travalichi, per un attimo, i dati contingenti della polemica spicciola e delle baruffe chioggiotte tra forze politiche antagoniste? Insomma, è pensabile decifrare l’oggi alla luce di un passato più risalente delle roventi settimane che abbiamo alle spalle? Volgendo lo sguardo a ritroso e allungandolo fino alla metà del Novecento, almeno, e quindi cimentandoci in una disamina di carattere storico, sociologico (di costume, addirittura) saremmo in grado spiegare le reazioni (bipartisan) scomposte, persino isteriche, suscitate dal tentativo di 5 Stelle e Lega di formare il governo che sappiamo? Secondo noi, sì. Una chiave c’è. Ma per individuarla dobbiamo partire da un dato di fatto inconfutabile. Il contratto Di Maio-Salvini – per quanto mal fatto, per quanto perfettibile – è connotato da alcune direttrici di fondo: la rivendicazione sovrana, a costo di scontentare la debordante invadenza dei poteri trans-frontalieri (europei in primis) e il benessere delle classi medio-basse bastonate della crisi, a costo di inimicarsi l’ingordigia della finanza speculatrice e le mire dei finanziatori (e beneficiari) dell’invasione di migranti. Se potessimo sintetizzare in due parole la faccenda, potremmo farlo con: interesse nazionale. Ha un costo questa priorità? Certamente sì, come qualsiasi progetto politico degno di questo nome e a differenza delle arcinote riforme a costo zero “senza oneri per la finanza pubblica” tanto di moda (come se fosse possibile riformare alcunchè ‘a gratis’). Eppure, davanti alla prospettiva di poter ridare fiato (e dignità) a un paese mortificato da decenni di servaggio, tutti gli osservatori più accreditati puntano il dito sul prezzo discutibile della rivoluzione alle viste anziché sui suoi benefici auspicabili. Perché? Il motivo va ricercato nella costitutiva vocazione anti-nazionale delle nostre tradizionali famiglie politiche: da quella democristiana a quella comunista a quella liberale. Tutte, indistintamente, avvezze a trafficare per conto terzi piuttosto che a sgobbare per conto degli italiani. I terzi potevano chiamarsi Stati Uniti, Vaticano o Unione Sovietica, la musica non cambia. Siamo (stati) abituati a coltivare relazioni di servile pavidità, di untuoso opportunismo, di diplomatica sottomissione, e per così tanto  tempo, da non saper concepire anche solo l’idea di poter fare, una buona volta,  a testa alta e di testa nostra. Basti pensare alla bandiera del defunto PCI: il drappo rosso sovietico sotto il quale sbordava, con vergogna, un ciuffetto tricolore. O all’indimenticabile, ed icastico, motivetto di Alberto Sordi (tu vuò fa’ l’americano ma sei nato in Italy). Ecco, l’Unione Europea ha supplito al compito strategico (sul piano antropologico e psicologico prima ancora che politico) di fornire un dominatore comune, e un comun denominatore, a una classe politica e intellettuale terrorizzata dalla prospettiva di trovarsi alla guida di un popolo libero. Per questo, oggi, sono tutti ferocemente ostili a chiunque si sogni di mettere in discussione la nostra secolare natura di nazione subalterna.

Perché hanno ucciso la Dea?

Scritto da: Gian Piero Abbate
Fonte: http://www.dottabbate.it/95-perch%C3%A9-hanno-ucciso-la-dea.html

Grazie a un lavoro di gruppo condotto dall’amico Eugenio, kinesiologo, mi è arrivata l’informazione che circa 99 vite fa era stato modificato il nostro DNA, includendo in una “cartella” ben nascosta una informazione del tipo: “non devi essere connesso alla Luna e alla Terra”.

Come al solito ho cercato di mettere assieme questo dato con le mie conoscenze per verificare se era attendibile o no. Certamente non per mancanza di fiducia, ma per il mio innato scetticismo. 99 vite fa vuol dire più di 10.000 anni fa, cioè un periodo attorno al 8.000 a.C.

Per inquadrare il momento storico, ci troviamo poco prima del diluvio universale. Voglio chiarire che il diluvio di cui parla la Bibbia non è stato “universale”, e neppure ha riguardato tutta la Terra, ma solo l’America, l’Africa, L’Europa e la Mesopotamia, usando i termini attuali. Probabilmente ci sono stati diluvi, in epoche diverse, nelle altre regioni del pianeta, come testimoniano antiche leggende sparse ovunque.

Kingsley, nei suoi studi, aveva ipotizzato un diluvio nell’epoca suddetta e in quelle regioni, pensando a un innalzamento del mare di 155 metri, ma in tempi molto recenti, nel 1993, un gruppo di geologi americani della Columbia University, attraverso gli studi sul Mar Nero, hanno datato, con precisione, il diluvio al 7.540 a.C. ipotizzando un’onda molto più devastante. Se siamo prima di questo evento, 99 vite fa, cosa ci dice la Bibbia degli eventi pre-­‐diluvio? È il momento nel quale i “figli di Dio” continuano la loro trasgressione, accoppiandosi con “le figlie belle degli uomini”, e per questo la loro vita viene ridotta a 120 anni, come avviso che se non cambieranno condotta ci sarà un provvedimento più drastico.

Uscendo dal racconto biblico, che ha un sapore di mitologia, ma racconta la memoria di fatti concreti, ed entrando in quanto gli “Amici” del piano di sopra ci hanno rivelato attraverso gl’incontri con Eugenio Siragusa, i “figli di Dio” sono gli Atlantidei, esseri di Luce arrivati da Mallona, il pianeta che era esploso. Per contro le “figlie degli uomini” sono delle ancestri, come don Guido Bortoluzzi le chiama nelle sue visioni, cioè sono dei primati, dai quali parzialmente discendiamo, dopo vari innesti fatti sul nostro DNA.

Mi è venuto spontaneo pensare che l’innesto dell’informazione nascosta, detta all’inizio, sia stata opera degli Atlantidei, che utilizzavano gli ancestri come loro servitori. Questo innesto era, nella loro visione, un aiuto alla evoluzione di questi “animali”, troppo legati alla Madre Terra e all’energia femminile. Se gli ancestri fossero evoluti, sarebbero diventati dei servitori più intelligenti, più utili, e anche più vicini ai loro padroni. Però gli Atlantidei, ancora una volta, hanno peccato di superbia, perché il loro era un intervento non richiesto, e in qualche modo sempre di tipo utilitaristico. L’aver codificato questa informazione nel Genoma ha creato uno squilibrio nei nostri progenitori, che ha causato una serie di conseguenze.

La prima conseguenza dopo il Diluvio, essendo sopravvissuti solo degli “uomini” come Noè e la sua famiglia, è che tutto il culto si è orientato solo al Sole. La nostra stella è diventato il simbolo dell’energia divina, ma questo ha creato un riferimento maschile per una energia che è bipolare. Lo stesso nome del Dio creatore, che compare già nella prima riga della Genesi, Elhoim, che contiene in sé la bipolarità del Creatore, è stato soppiantato gerarchicamente dal Tetragramma Sacro, di chiaro stampo maschile. La riforma “yavista” è datata, secondo i biblisti, attorno al 950 a.C., e introduce una visione del dio unico, di tipo solamente maschile, interpretando l’unicità al di fuori della tradizione cabalistica. La Cabala, che è tra tutte la tradizione la più antica, risalendo ad epoche anteriori alla formazione del popolo ebraico, è di origine Caldea, e si basa su una visione di un Dio “uno e trino”, che è ben rappresentata nel termine Elhoim: “el” è divinità, singolare, mentre “hoim” è un plurale, che rappresenta la dualità maschio -­‐ femmina.

Tutta la Cabala, incluso le terne dell’Albero della Vita, o quelle dei Nomi di Dio, si basa su una visione dove da un principio unitario discendono due manifestazioni maschio e femmina. Questa idea è rappresentata dal triangolo equilatero con il vertice verso l’alto, che ancora oggi è un simbolo grafico della geometria sacra rappresentante l’idea di Dio. Sempre in questa geometria troviamo anche lo stesso triangolo, ma con il vertice verso il basso, che simboleggia il processo di unificazione del maschile con il femminile come necessità per arrivare all’Uno.

Se poi compenetriamo i due triangoli si ottiene la Stella di Salomone, simbolo del sionismo, che è anche nella bandiera dello Stato d’Israele, che rappresenta il perfetto equilibrio nella dinamicità dei due movimenti. Per questo rappresenta anche l’energia maschile, il triangolo verso l’alto, e l’energia femminile, quello opposto, che si compenetrano per generare, dinamicamente, il Tutto. Però se notate le rappresentazioni, nella cultura occidentale, del concetto del “dio supremo”, l’onnipotente, l’unico, sono sempre e solo al maschile. In occidente non ci sono immagini o sculture come quelle di Śiva in India.

Questo modo di vedere la divinità ha influenzato anche tutto il nostro sviluppo scientifico. La Fisica si è orientata a studiare solo le azioni e le reazioni degli oggetti, ipotizzando che esistessero di per sé stessi, utilizzando il principio di Causa -­‐ Effetto, in una visione deterministica del tutto di tipo solamente maschile. L’Astronomia è un buon esempio storico di come questa concezione filosofica e religiosa abbia costretto gli scienziati a dover dire che tutte le orbite erano solo circolari, dovendoci essere un unico centro, o che ogni moto doveva essere regolare e immutabile. E chi sostenesse una visione diversa, come Giordano Bruno, finì al rogo.

Nonostante questi errori, la Fisica classica ci ha portato allo sviluppo tecnologico che conosciamo, ma anche ad elaborare una visione distorta della realtà, una visione “maschile”. Solo con l’avvento della Teoria della Relatività e della Meccanica Quantistica si è riscoperto, in termini scientifici, “la danza dell’Universo e delle particelle che lo compongono”, cioè il flusso incessante di energia che attraversa una infinita varietà di configurazioni che si fondono l’una nell’altra, in un dinamismo senza fine, che è il vero ordine del caos. Cioè a livello scientifico abbiamo scoperto la danza di Śiva, la Dea suprema che esprime tutta l’attività del Creatore. La conseguenza più importante della suddetta mutazione genetica è stata quindi l’uccisione della “Dea Madre” in tutte le sue forme, fossero esse la “Madre Terra” o la “Madre Luna”.

Anzi, alla Luna si è associata spesso una visione negativa, oscura, nera, con le creazioni di miti come quello di Lilith, il demone femminile associato alle tempeste, che nella tradizione ebraica diviene la prima moglie di Adamo, da lui ripudiata perché non voleva obbedirgli. Da questa idea alla sottomissione delle donne ai maschi il passo è breve, e difatti questo è successo, e purtroppo continua, in molte culture, ad accadere ancora.

In tempi più recenti la stessa idea ha anche portato ai roghi delle “streghe”, ancora “femmine” collegate alla Luna e a ciò che è nascosto, che è buio.

In passato più volte mi ero imbattuto in questa problematica, e avevo capito il fenomeno storico. Anche studiando Teologia e l’evoluzione della Bibbia avevo affrontato questo passaggio da un Creatore bipolare a un “Dio” maschile. Ho usato le virgolette, perché nella Bibbia la parola “Dio”, con il significato comune del termine, non esiste.

Di fronte a tutte queste evidenze, mi ero sempre chiesto il perché di questa evoluzione “squilibrata”, da cosa fosse stata originata.

Oltretutto nella nostra cultura si era salvato sia un ricordo lontano delle origini, sia una conoscenza basata sul principio maschio -­‐ femmina, attraverso la Cabala. Ma come sappiamo questa è rimasta nascosta per molto tempo, confinata al mondo esoterico di pochi iniziati, e tuttora non è di dominio pubblico. Si era salvata anche nella nostra religione cattolica, nel Credo che viene recitato in ogni messa, dove si dice che, nella Trinità, lo Spirito Santo “è Signore e dà la Vita”, ma si dimentica di ricordare ai fedeli che lo Spirito Santo è femminile, teologicamente è la manifestazione femminile dell’Uno trinitario.

Il pensiero corre veloce a Maria Maddalena, e anche a Giovanni, tra i pochi occidentali che avevano capito. Maria Maddalena era fortemente connessa alla Terra, con la sua forte energia femminile, ma anche alla Luna, della quale conosceva i segreti: i suoi unguenti , gli aromi, le particolari essenze che creava dalle piante, e che hanno generato una scuola che tutt’oggi è leader mondiale nei profumi, quella della Provenza, erano sempre “trattati” attraverso i raggi lunari che penetravano in una caverna con una apertura nella sommità, essendo le essenze poste in contenitori ricavati direttamente nella roccia, come coppe naturali. La Luna collaborava così con la Terra, nel rispetto dei cicli dinamici di entrambi.

E Giovanni ci dice che in principio era il Verbo, cioè la Parola, e come vedete questi due sinonimi sono uno al maschile e l’altro al femminile: ciò che crea, necessita di entrambe le componenti. E se poi ci ricordiamo che afferma anche che il Verbo era Dio, allora in questa espressione è racchiuso il Tutto. Difatti l’originale greco del Vangelo di Giovanni usa un termine particolare, “Logos”, che ora capiremo meglio.

Se facciamo un passo indietro a livello storico, e analizziamo le filosofie dei greci, ci troviamo di fronte a due ipotesi che per lungo tempo furono in contrasto. Da una parte la scuola di Mileto, con Talete che sosteneva la presenza degli dei in ogni cosa materiale, e poi Eraclito, che insegnava una visione dove il mondo era in perenne mutamento, in un “Divenire” continuo come il fuoco, dove ogni complemento o contrario trovava, nonostante tutto, una sua unicità, che aveva battezzato “Logos”. Ecco perché Giovanni usa questo termine. Quindi per Eraclito, come nelle filosofie orientali, la staticità dell’essere di ogni cosa materiale era una pura illusione della mente. Dall’altra parte c’era la scuola di Parmenide di Elea, che sosteneva la presenza di un dio unico e supremo, immutabile, dove la materia era immutabile, definibile come un oggetto, e i cambiamenti erano illusioni della mente. Dalla scuola eleatica Aristotele, il riferimento di tutta la Fisica classica, estrasse i concetti fondamentali e creò uno schema di pensiero che divenne la base della concezione occidentale dell’Universo sino ad Einstein.

Perché Aristotele ebbe il sopravvento e la prima scuola sparì nel nulla? Fu un fattore sociale o ambientale a pilotare le scelte? O cosa altro? Così i miei interrogativi sull’origine del “maschilismo teologico”, sia a livello filosofico, che religioso, che scientifico, tipico del mondo occidentale governato da un altro dio maschile chiamato “Tempo”, ora hanno trovato una risposta razionale. Non si tratta di un particolare sviluppo sociale, ma di una eredità genetica di origine atlantidea. Le scelte sono state determinate da un codice genetico che noi, occidentali, ci portiamo dentro, e che non trova corrispondenza negli orientali, che, di conseguenza, hanno percorso l’altra via.

Per fortuna la Fisica è andata oltre, e ora la scienza ci sta portando a ricucire questa spaccatura, di fronte alle evidenze sperimentali che sono molto vicine all’esperienza dei saggi orientali. A volte, leggendo attuali articoli di Fisica teorica, mi rendo conto che il linguaggio è lo stesso di quello che trovo nel Bhagavad-­‐Gītā, perché si parla della stessa realtà, i cui fenomeni non possono essere descritti utilizzando le parole tradizionali, che non bastano. E così si ricorre a espressioni come “la danza delle particelle” o “il flusso armonico delle distribuzioni d’onda” o “la comparsa dal vuoto e la scomparsa nel vuoto di particelle elementari”. Persino il “vuoto” è ormai pieno del Tutto. Visto che siamo passati dall’era dei Pesci a quella dell’Acquario, ecco un bel nuovo lavoro da fare per tutti. Si tratta di cercare “dentro” di noi questa cartella, che, anche se è nascosta bene, è raggiungibile, poi aprirla, e cambiare il contenuto, facendo rinascere quella Dea che qualcuno ha cercato di annientare. Senza però passare all’errore opposto. Maschile e femminile sono complementari, e possono esistere solo nella dinamicità del Tutto che li contiene. Come nel simbolo del Tao, Yin e Yang sono divisi, ma non da una linea retta, ben definita, ma da una curva armonica, fluente come la danza dell’Universo, ondulata come le curve di probabilità dei campi relativistici, e non solo, ciascuna parte contiene un pezzo dell’altra, segno di una compenetrazione che non è tanto un legame quanto una necessità dell’essere.

Infine non sono disposto a scommettere nulla sull’idea che il Messia si presenti a noi come maschio, anzi aspetto un Messia femminile, non solo in termini di energia. E in ogni caso, un Re senza Regina non può essere né felice, né completo!

Scoperto un enzima mutante (chiamato PETase) che mangia la plastica

Scritto da: Nicoletta
Fonte: https://www.soloecologia.it/02052018/scoperto-un-enzima-mutante-chiamato-petase-che-mangia-la-plastica/11405

PNAS.org

La messa a punto è stata casuale: alcuni scienziati inglesi e americani hanno creato un enzima mutante che si nutre di rifiuti di plastica e che potrebbe costituire una soluzione a molti problemi di inquinamento marino e delle discariche.

L’antefatto è avvenuto in Giappone nel 2016, quando alcuni ricercatori hanno trovato nel terreno di un impianto per il riciclaggio di materie plastiche un microbo già evoluto e diventato capace di nutrirsi delle bottiglie di plastica. Altri ricercatori dell’Università di Portsmouth nel Regno Unito e del Laboratorio Nazionale delle Energie Rinnovabili del Dipartimento di Energia degli USA (NREL) hanno preso a esaminare in cha maniera quel microbo (Ideonella sakaiensis) riusciva a digerire le plastiche PET. Lo faceva grazie a un enzima che riusciva ad accorciare lievemente l’abbattimento della plastica (che in maniera naturale impiega letteralmente secoli), ma non molto rapidamente.  Poi si sono imbattuti in una sua versione mutante, più potente dei batteri naturali, che funziona meglio nella riduzione dei poliesteri ai loro elementi base. Il team di ricerca ha dunque “ottimizzato” la struttura dell’enzima aggiungendo alcuni aminoacidi creando un enzima che lavora più rapidamente di quello naturale.

L’enzima modificato, chiamato PETase, può abbattere il PET in pochi giorni, precisamente inizia a degradare il PET dopo 96 ore. La portata della scoperta è potenzialmente enorme. Ricordiamo infatti che anche se la plastica delle bottiglie viene in parte riciclata per essere trasformata in fibre di poliestere per moquette o per tessuti pile, la soluzione del riciclo non fa altro che spostare il problema più in là nel tempo. Invece con questo enzima i poliesteri ridotti a blocchi potrebbero essere usati per produrre altra plastica all’infinito evitando di usare altro petrolio e chiudendo il ciclo in maniera perfetta.

 

L’eugenetista Bill Gates compera Cochrane?

Scritto da: Marcello Pamio
Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/eugenista-bill-gates-cochrane.php

Cochrane Collaboration è una iniziativa internazionale no-profit indipendente, nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia e alla sicurezza degli interventi sanitari. Ho sempre ammirato il gruppo Cochrane per via dell’oggettività e imparzialità nei loro rapporti. Un lavoro certosino portato avanti da circa 280.000 tra operatori sanitari (medici, epidemiologi, ecc.), ricercatori e rappresentanti di associazioni di pazienti in oltre 100 paesi del mondo.

Non avendo fondi per fare ricerca laboratoristica producono e sviluppano documenti di sintesi, denominati “revisioni sistematiche” sulla efficacia e sicurezza degli interventi sanitari di tipo preventivo, terapeutico e riabilitativo. In pratica analizzano, facendo pelo e contropelo, tutti gli studi pubblicati su un determinato argomento. Alla fine i risultati di queste revisioni sistematiche vengono pubblicate in un database elettronico chiamato «Cochrane Library».

I lavori sono eccezionali per via dell’assoluta trasparenza e indipendenza dai capitali privati, come per esempio quelli delle industrie farmaceutiche. Questo almeno fino a ieri…

Il 22 settembre 2016 nel sito ufficiale il Cochrane si annuncia che hanno ricevuto «una sovvenzione di $1,15 milioni dalla Fondazione Bill & Melinda Gates» (1). In pratica la donazione servirà per sostenere le attività del gruppo, con un focus specifico però sulla salute materna e infantile. Mark Wilson, CEO di Cochrane ha dichiarato che sono «lieti e onorati di ricevere questa concessione». (2) Forse ad essere più felici saranno le lobbies che con quattro spiccioli sono riuscite finalmente a togliersi una spina dal fianco. Una enorme spina che avevano impiantata da molti anni.

Cochrane infatti ha sempre dato molto fastidio al Sistema, proprio per la sua imparzialità e per le revisioni sistematiche, che guarda caso, sistematicamente dimostravano l’incompletezza e la fallacità di tanti studi scientifici pubblicati. Non ci sono molte istituzioni al mondo in grado di eseguire tali revisioni. Purtroppo da oggi c’è né una in meno…

Bill & Melissa Gates
Da molti anni la Fondazione Bill & Melissa Gates sotto la falsa veste della filantropia sostiene la campagna di depopolazione e le vaccinazioni di massa. Non è dietrologia questa, perché basterebbe leggere e/o ascoltare attentamente le sconcertanti dichiarazioni di William Henry Gates III, meglio noto come Bill Gates, per prenderne coscienza.

Per esempio un suo intervento a TED nel febbraio del 2010 fa letteralmente impallidire. Sul palco ha trattato il classico tema molto caro ai neo-eugenetisti: il riscaldamento globale. Ovviamente sono le attività umane a causare l’innalzamento del livello di anidride carbonica, e quindi del Global Warming, per cui è l’uomo (visto come un cancro) che sta portando alla distruzione l’intero pianeta! Se l’ipotesi di partenza è questa ovviamente la soluzione per risolvere questo gravoso problema e salvare il globo intero è la riduzione della popolazione mondiale. Il discorso non fa una piega, anche se sappiamo benissimo che il global warming è un’invenzione sinarchica per scopi demografici e di controllo sociale.

Il patron della Microsoft oltre alla semplice analisi fornisce pure una sintesi, cioè gli strumenti da adottare: vaccinazioni di massa e “servizi sanitari orientati alla riproduzione”, che tradotto farebbe più o meno “controllo delle nascite e aborti”.

Le sue parole esatte non lasciano spazio a dubbi:

«Prima di tutto, abbiamo la popolazione. Il mondo oggi ospita 6,8 miliardi di abitanti, e tale cifra sta crescendo speditamente verso i 9 miliardi. Ora, se davvero facessimo uno splendido lavoro in relazione a nuovi vaccini, sanità e servizi sanitari orientati alla riproduzione (aborti), noi potremo probabilmente ridurre quest’ultimo numero di una percentuale valutabile intorno al 15%».

Come detto per evitare il gravissimo riscaldamento globale è necessario ridurre la popolazione mondiale con farmaci/vaccini e aborti. Se fanno impallidire e scandalizzare ancora oggi i discorsi di Adolf Hitler sulla razza, cosa dovremo dire nell’ascoltare un miliardario che riprende in mano le teorie malthusiane sulla depopolazione?

Colui che ha costruito un impero miliardario sulla Silicon Valley, su computer che non sono certo ad impatto zero nell’ambiente, oggi è il paladino dell’ambientalismo radical chic. La realtà è molto diversa: abbiamo a che fare con un vero e proprio eugenetista con la fissa per il controllo delle nascite.

Domenica 13 maggio 2018 vari quotidiani hanno pubblicato a pagina intera il suo accorato appello: «SOS pandemia. Sistema globale per difenderci». (3)

Bill Gates si è rivolto ai grandi del mondo dicendo che si devono «creare in fretta vaccini e cure». (4) Ma per cosa?

Le sue farneticazioni sono state riportate pari-pari dai media mainstream totalmente prostrati al Sistema. Nessuna intervista (con qualche domanda scomoda) di qualche giornalista, solo banale traduzione delle sue parole. Neanche fosse il Dalai Lama.

«Se la storia ci ha insegnato qualcosa è che ci sarà un’altra pandemia globale che seminerà la morte. Quest’anno ricorre il centenario dell’influenza del 1918, che uccise circa 50 milioni di persone in tutto il mondo (…). Se oggi si diffondesse nell’aria un agente patogeno altamente contagioso e letale come quello dell’influenza nel 1918, nel giro di sei mesi morirebbero quasi 33 milioni di persone in tutto il mondo». (5)

E’ necessario investire su altri approcci «come farmaci antivirali e terapie con anticorpi». Il messaggio è chiarissimo!

«L’anno scorso alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera ho chiesto ai leader mondiali di immaginare che da qualche parte nel mondo ci sia un’arma, che esiste già, in grado di uccidere milioni di persone» (6)

L’oracolo di Seattle oltre ad uno scenario apocalittico fornisce la solita soluzione trita e ritrita: «sviluppare, testare e rilasciare nuovi vaccini nel giro di pochi mesi, invece che anni». (7)

Della serie: a che servono i test di sicurezza di un farmaco/vaccino? E’ tempo perso e milioni di persone rischiano la pellaccia nel frattempo. Meglio saltare i test e sperimentare direttamente sulle persone: tutto tempo risparmiato.

Conclusione

Il filantropo ha finalmente gettato la maschera…

Innanzitutto come fa Gates a prevedere che arriverà una nuova pandemia, calcolando con esattezza non solo i tempi (6 mesi) ma anche il numero di morti (33 milioni di persone)? Forse con i suoi 90 miliardi di dollari di patrimonio personale si è fatto costruire una sfera di cristallo che gli permette la chiaroveggenza Oppure ha accesso a informazioni che noi comuni mortali non possiamo immaginare? Informazioni per esempio sulla guerra biologica e/o batteriologica. Solo chi mette volutamente in circolazione agenti patogeni è in grado di sapere in anticipo le cose che accadranno…

A Monaco ha detto ai leader che “esiste già un’arma in grado di uccidere milioni di persone”, più che un appello sembra una vera e propria minaccia…

Dovremo seriamente preoccuparci per qualche epidemia causata da agenti patogeni coltivati nei laboratori militari di massima sicurezza? O rientra nel terrorismo mediatico il cui scopo è proseguire con le campagna di vaccinazioni di massa.

Paradossalmente se fosse vero il primo caso, stona alquanto la sua falsa preoccupazione per le sorti del mondo in preda ad un virus letale, visto che propugna la riduzione della popolazione. Per Bill Gates infatti gli abitanti del pianeta sarebbero cresciuti troppo causando il riscaldamento globale, quindi ben venga l’influenza Spagnola 2018 o qualche altro virus a decimare la popolazione…

Tornando alla Cochrane: quanto tempo impiegheranno per occuparsi anche loro di denatalità? Magari con una bella revisione che dimostri l’importanza dei vaccini per il controllo delle nascite…

Nel frattempo si sono messi in perfetta armonia con le nuove direttive. Qualche giorno fa, esattamente il 9 maggio 2018, hanno infatti pubblicato i risultati di uno studio controllato e randomizzato secondo il quale vi sarebbero «nuove prove che mostrano come i vaccini contro il papilloma virus umani (HPV) proteggono dalle lesioni cervicali le giovani donne in particolare tra i 15 e i 26 anni» (8)

Quindi secondo il Cochrane Collaboration i vaccini anti-HPV sono utilissimi perché proteggono le giovani donne dalle lesioni alla cervice uterina.

Poco importa se questi vaccini possono manifestare effetti collaterali gravissimi e devastanti; come pure poco importa se due tra i cinque autori dello studio sono stati consulenti delle industrie che spacciano farmaci e vaccini come la GlaxoSmithKline, Merck, e Janssen. (9)

Note

 

(1) http://www.cochrane.org/news/cochrane-announces-support-new-donor

(2) Idem

(3) «Il Piccolo», 13 maggio 2018

(4) Idem

(5) Idem

(6) Idem

(7) Idem

(8) http://www.cochrane.org/news/scientific-expert-reaction-new-cochrane-review-hpv-vaccine-cervical-cancer-prevention-girls-and

(9) Idem

Il vero petrolio? Sono i dati

Scritto da: Francesco Suman
Fonte: http://www.unipd.it/ilbo/vero-petrolio-sono-dati

I dati sono il petrolio del XXI secolo, letteralmente. Se fino a pochi anni fa le più grandi al mondo, in termini di capitalizzazione, erano compagnie come Exxon Mobil e General Electric, oggi queste sono state scalzate dai giganti dell’Information Technology (IT) come Google (Alphabet), Facebook, Apple, Amazon, Microsoft, che superano i 500 miliardi di dollari  di capitale a testa, e continuano a crescere.

Il data scientist, con le sue capacità di analizzare e interpretare dati, diventa quindi una figura professionale sempre più centrale e richiesta sul mercato. Sempre più aziende infatti, oggi, ritengono di potere acquisire vantaggi competitivi da analisi e elaborazione dati.

A parlarne agli studenti del nuovo corso di laurea magistrale “Physics of Data”, che si propone di preparare una nuova generazione di fisici con conoscenze avanzate nel campo della fisica e una formazione di alto livello nell’ambito di big data e data science, è stato Davide Del Vecchio, Data Solution Architect alla Microsoft, nel corso di un incontro organizzato dal dipartimento di Fisica e Astronomia dell’università di Padova.

“La data science è la pratica di estrarre informazioni dal mondo reale per creare valore aziendale” secondo Davide Del Vecchio, “grazie all’uso di dati, algoritmi e sistemi si possono operare migliori decisioni e azioni nella società”.

La prima data scientist è stata una donna, Florence Nightingale (1820-1910), un’infermiera britannica che applicando il metodo scientifico dimostrò l’importanza dell’igiene negli ospedali correlandola a un ridotto tasso di mortalità. Grazie al suo pionieristico lavoro nel 1859 divenne la prima donna membro della Royal Statistical Society e nel 1874 membro onorario della American Statistical Association.

È stato però Enrico Fermi nel 1955, riporta Del Vecchio, a introdurre l’idea che i computer possono essere usati per testare ipotesi fisiche, con gli esperimenti numerici (o simulazioni al computer) sviluppati con Pasta, Ulam e Tsingou, qualcosa di “non molto diverso da quello che si fa oggi con il deep learning o con la teoria dei grafi”.

Il deep learning altro non è che un metodo per fare predizioni. A partire da dati demografici, ad esempio, si può arrivare a predire con un buon grado di approssimazione l’orientamento politico di un soggetto; partendo da età, salario, livello di istruzione e sesso è possibile predire se un soggetto sarà più probabilmente repubblicano o democratico.

“Il data scientist deve avere a che fare con uno strano vocabolario, perché mette nel modello una serie di parametri eterogenei, differenti linguaggi provenienti da discipline diverse, ma tenuti insieme”.

Oggi disponiamo di un’infinità di dispositivi che raccolgono dati, dai sensori meteorologici a quelli che monitorano i flussi del traffico automobilistico, dai dati delle transazioni bancarie ai like e alle interazioni nei social network. Tutto, in linea di principio, può venire registrato. Freud potrebbe dire che la nostra società ha un problema con l’accumulazione seriale, sintomo di uno sviluppo inceppatosi alla seconda delle sue celebri fasi psicosessuali. Ma tant’è, il data scientist è la figura che a partire dal dato grezzo effettua l’analisi, lo ripulisce dal “rumore”, e ne estrae la pepita d’oro (in inglese questa operazione si chiama proprio mining), ovvero l’informazione utile, il pattern, il significato statistico potremmo dire (sempre che ci sia).

Chiaramente da questa bulimia di dati può derivare anche un eccessivo controllo, violazioni della privacy, o più gravemente ancora interferenze con la libera formazione di preferenze e opinioni. “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” risponde Del Vecchio citando Spiderman.

Tra i riconoscimenti ottenuti per il suo lavoro Davide Del Vecchio cita il premio innovazione s@alute ottenuto per il progetto Khare (Kinect hololens assisted rehabilitation experience) sviluppato per Inail e finalizzato a migliorare l’esperienza riabilitativa degli infortunati e a ottimizzare il lavoro di medici e fisioterapisti. “Si tratta di una una piattaforma tecnologica che attraverso un normale computer e un sistema di rilevamento e tracciatura dei movimenti (Kinect) aiuta il medico e il fisioterapista a controllare e valutare l’esercizio svolto dal paziente”.