Storia dei Cimbri (cenni)

Scritto da :  Sergio Bonato
Fonte: http://user.uni-frankfurt.de/~obaumann/text/italian/asbii.htm

As bi biar! Così come Noi! Questo è il nostro saluto cimbro a tutti coloro, che hanno aperto questa Home Page! Vi auguriamo lo stesso – se non un maggiore – interesse e un identico entusiasmo per il piccolo mondo dei Cimbri.


L’antica Saga inizia con queste parole: “De ünsarn eltarn habent hortan kchöt, dass dar ünsar stam vun zimbarn ist von tåüschen lentarn af an nort kömet in des bellische lant, in zait vom krige, ba dar grosse stroach ist den gant übel./ I nostri genitori hanno sempre raccontato, che la nostra stirpe dei Cimbri è venuta dal Nord in tempo di guerra in terra italiana , poichè la grande battaglia aveva avuto per loro esito negativo.” <1> Ogni saga ha un carattere eziologico, cerca cioè di chiarire ciò che a primo acchito appare fuori del comune.

Il nostro racconto si occupa del problema, di come sia possibile che un popolo, che parla una lingua dai suoni germanici, viva all’estremo bordo meridionale delle Alpi nord occidentali in piena area linguistica italiana. La saga mette in relazione la provenienza dei Cimbri settecomunigiani con la storia del popolo dei Cimbri, provenienti dallo Jutland in Danimarca, che emigrarono – primi tra tutti i popoli germanici – nella penisola italiana, ma furono sconfitti nel 101 a. C. dall’esercito romano di Mario. Uno sparuto numero di guerrieri cimbri sarebbe sopravvissuto nel “grande scontro” (grossen Stroach) e avrebbe trovato rifugio sulle montagne del Veneto.


In questo modo si sarebbero formati i Sette Comuni in provincia di Vicenza e i Tredici Comuni in provincia di Verona, gli abitanti dei quali parlerebbero ancora l’antica lingua germanica dei cimbri appunto. La ricerca storica e l’analisi linguistica hanno da tempo appurato come la saga dei Cimbri sia un racconto mitico, che non contiene nulla di scientificamente accertato. Nonostante non domini ancor oggi in alcun modo una assoluta evidenza sulla “Questione Cimbra” <cfr2.> una serie di documenti testimonia uno stretto collegamento già a partire dal X secolo tra l’area linguistica tedesca e i territori delle odierne province di Trento, Verona e Vicenza nel Nordest italiano.

È molto probabile che proprio attraverso questi relazioni – la diocesi di Frisinga, ad esempio, aveva possedimenti che confinavano con i Sette Comuni vicentini -, immigranti, a ondate successive, siano giunti dalla Baviera e dall’Austria occidentale nel suddetto territorio nel XI e XII secolo. La più antica colonia cimbra è, senza dubbio, quella dei Sette Comuni, nella odierna provicia di Vicenza, nel Veneto, la cui variante linguistica presenta alcune caratteristiche dell’Antico Alto Tedesco, la lingua parlata nella Germania meridionale dal 750 fino al 1050 circa.

Il periodo preciso della prima ondata immigratoria si può difficilmente definire, ma sembra che questa sia in collegamento con gli incentivi offerti da vescovi di origine tedesca nelle diocesi di Verona e di Vicenza (983-1122), i quali diedero ai coloni l’autorizzazione a stanziarsi nel territorio dei Sette Comuni e a renderlo coltivabile. Nel 1216 il vescovo principe di Trento Friedrich von Wangen autorizzò lo stanziamento di coloni, provenienti dai Sette Comuni, sull’altopiano di Folgaria e Lavarone, affinchè bonificassero questa zona e vi costruissero 20 masi.

Questa immigrazione portò alla fondazione della colonia cimbra del Trentino meridionale. Nonostante questi colonizzatori provenissero dai Sette Comuni, la variante linguistica, da loro parlata, è molto più vicina al Medio Alto Tedesco (lingua parlata nella Germania meridionale dopo il 1050), che non all’ Antico Alto Tedesco, motivo questo per credere che questi immigranti fossero i membri di un gruppo arrivato intorno al 1100 nei Sette Comuni, e cioè più di 200 anni dopo lo primo stanziamento cimbro sull’altopiano settecomunigiano. Poco tempo dopo la concessione di Friedrich von Wangen (1216) alcune famiglie di lavarone occuparono l’altopiano di Luserna, pagando l’affitto alla parrocchia di Brancafora nella Val d’Astico, che aveva ricevuto questo territorio nel 917 dal re Berengario attaverso il vescovo di Padova Sibicone. L’autorizzazione per la fondazione della terza colonia cimbra, quella cioè dei Tredici Comuni, fu concessa al 5 Febbraio 1287 dal vescovo di Verona Bartolomeo della Scala.

Destinatari erano due uomini provenienti dal contado vicentino, entrambi di nome Olderico (Oldericum), i quali ricevettero come rappresentanti del loro gruppo il beneficio dello stanziamento e della costruzione di un numero imprecisato (dai 25 ai 50 e più) di masi sul territorio dell’odierna Roveré di Velo, in provincia di Verona. Sia l’atto di concessione che la sua conferma il giorno 6 Agosto dell’anno 1376 estendono il beneficio a tutti coloro che si verrano a trovare, anche nel tempo futuro, nel suddetto territorio (et omnium et singulorum aliorum qui pro tempore futuro stabunt et habitabunt indicta terra Roveredj Vellj) (Rapelli, G., >>Per una storia dei Cimbri tredicicomunigiani<<. In: Volpato 1983: 76), segno questo, che anche la colonizzazione dei Tredici Comuni da parte dei Cimbri si estese nell’arco di un secolo e più ed avvenne, come per i Sette Comuni ad ondate successive, attraverso l’infiltrazione di singoli gruppi o clans. La comunità cimbra conobbe nei secoli un destino diverso. Per i Cimbri dei Tredici Comuni iniziò già nel XV secolo quella lenta, ma inarrestabile Emorragia di abitanti, che alla fine porterà alla frammentazione del gruppo etnico e alla decadenza della lingua e cultura cimbra.

Il parroco di Boscochiesanuova nei Tredici Comuni riportò negli archivi della sua parrocchia il motivo dell’emigrazione di così tanti Cimbri: “per povertà”! (Rapelli, G., 1983: 81). La colonia dei Sette Comuni, invece, conobbe nel XVII e XVIII secolo un periodo di fioritura, che si concretizzò nell’indipendenza politica, già peraltro ottenuta nel 1310, e nella produzione di una vera e propria letteratura, con traduzioni e poesie in cimbro come pure con opere di carattere religioso e di sapienza popolare (proverbi). Il colpo mortale arrivò, però, con lo scoppio della prima guerra mondiale: gli abitanti dei Sette Comuni si trovarano in piena linea di fronte.

L’Altopiano fu teatro di alcune tra le più cruente battaglie della grande guerra e i Cimbri settecomunigiani furono evaquati nella pianura padana, dove furono costretti a parlare italiano sia tra di loro che con i bambini, altrimenti avrebbero corso il pericolo di essere scambiati per nemici o quantomeno per filoaustriaci (cfr. i racconti di Costantina Zotti). Molti rifugiati cimbri non ritornarono più sull’altopiano dei Setti Comuni. La storia della colonia cimbra del Trentino meridionale, è ancora più differenziata da quella delle altre due colonie cimbre, in quanto essa si trovò, già dal tempo della sua fondazione, nel territorio della contea del Tirolo, di cui condivise fino al 1919 le sorti, e non in quello della Repubblica marinara di Venezia, sotto il dominio della quale vissero i Cimbri dei Sette e dei Tredici Comuni.

La lingua cimbra era un tempo parlata in tutta la parte orientale del Trentino meridionale, sull’altopiano di Pinè, nell’alta Valsugana, sull’altopiano di Folgaria e Lavarone, a Terragnolo e nella Vallarsa, nella Valle dei Ronchi e addirittura a Trento. A causa della presenza di un forte sostrato romanzo, precedente la colonizzazione cimbra, ma anche spesso attraverso un’opera di sistematica italianizzazione (a Terragnolo, ad esempio, la lingua cimbra scomparve con la creazione di una scuola parrocchiale italiana (1786), voluta dal parroco don Leonardo Zanella, che proibì nel modo più severo possibile agli adulti (anche nella confessione) “di parlare questa lingua barbarica con i bambini”) il numero dei parlanti cimbro si ridusse sempre più fino a coincidere, già agli inizi di questo secolo, con i soli abitanti di Luserna. Luserna ottenne l’indipendenza comunale da Lavarone il 4 Agosto 1780; a qual tempo il piccolo paese di montagna aveva circa 250 abitanti.

La sua storia fu sempre caratterizzata , già fin dai tempi della prima colonizzazione, dall’indicibile povertà del suolo, che costrinse da sempre i Lusernesi a lavorare come stagionali all’esterno del paese. Nell’anno 1911 la gran parte del paese, le cui case erano ricoperte da tetti di scandole, fu distrutta da un incendio <cfr.>. Il paese venne ricostruito, anche attraverso gli aiuti finanziari provenienti dall’Austria. Immediatamente dopo la dichiarazione di guerra da parte dell’Italia (24. 05. 1915) i Lusernesi dovettero abbandonare nel giro di poche ore il villaggio, situato nel settore austriaco del fronte di guerra, sotto una vera e propria grandinata di bombe. Ci fu una vittima civile e un ferito grave <cfr.>. I circa 900 abitanti furono condotti come rifugiati di guerra in Boemia, nella circoscrizione di Aussig); poterono ritornare solo nel Gennaio del 1919.

A causa della sua posizione vicino al forte “Lusern” sulla linea di fronte, il paese fu completamente distrutto e dovette essere nuovamente ricostruito. Nel giro di pochi anni il numero degli abitanti raggiunse quota 1200, tuttavia, a causa della forte emigrazione, determinata dalla crisi economica mondiale, scese rapidamente a 850, nel 1935. Tra le turbolenze, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, fu data anche ai Lusernesi, come pure ai Mocheni e ai Sudtirolesi la possibilità di optare per l’impero germanico; 280 persone credettero, dopo tanta povertà alle promesse di una vita migliore e optarono. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il numero degli abitanti a Luserna rimase fino al 1967 stabile, intorno alle 650 unità, anche se la forza lavorativa doveva come sempre trovare lavoro stagionale all’esterno: nell’attività edilizia gli uomini, nel turismo le giovani donne.

Però, la riforma scolastica degli anni 70 costrinse molte famiglie ad emigrare a Trento, dato che il pendolarismo giornaliero di studenti e lavoratori non era praticabile. Delle tre colonie cimbre rimangano oggi tre enclavi linguistiche: Giazza/Ljetzan nei Tredici Comuni, Roana/Robaan con la frazione Mezzaselva/Toballe nei Sette Comuni e Luserna/Lusern, ultimo resto di quella colonia del Trentino meridionale, che solo 200 anni fa’ contava 20.000 parlanti cimbri. Il numero di coloro, che nelle due prime isole linguistiche, si servono dell’Antico e Medio Alto Tedesco come lingua madre è sceso a poche dozzine; sta’ aumentando, però, sempre più il numero di coloro, in larga parte giovani, che, motivati dall’interesse personale, imparano il cimbro e si dedicano alla sua propagazione. Gli abitanti di Luserna, invece, furono in grado di conservare, a causa dell’estremo isolamento del loro paese, nella quasi totalità, la lingua cimbra. Attualmente vivono 362 persone a Luserna; un centinaio, però, è assente durante i giorni lavorativi.

Tuttavia, ci sono circa 500 persone, native di Luserna, (più i loro figli e i nipoti) che, nonostante l’emigrazione, parlano ancora il cimbro e mantengono i contatti con il loro paese nativo. Tutto sommato, il numero dei membri del gruppo etnico cimbro ammonta a circa 1000 unità, anche se la maggior parte di quest’ultimi è dispersa all’ esterno della loro patria. La sopravvivenza dei Lusernesi come gruppo etnico cimbro è legata alla concretizzazione di due importanti condizioni, e cioè il riconoscimento giuridico come gruppo etnico e la promozione economica. Agli abitanti di Luserna dev’essere data la possibilità di poter salvaguardare e incentivare la propria lingua madre e la propria identità. Inoltre, devono essere create, nella stessa Luserna, le condizioni economiche necessarie a chè gli abitanti possano rimanere nel loro paese e il trend emigratorio possa essere così fermato.

Dopo gli infruttuosi tentativi di creare posti di lavoro nell’ambito della piccola industria il comune di Luserna ha elaborato un piano di sviluppo turistico orientato alla natura, alla cultura e alla salute. La provincia di Trento ha, dal canto suo, assicurato il finanziamento del progetto. Tra le altre cose è prevista la costruzione di un impianto per bagni di fieno, di un ostello della gioventù, di un centro di sci da fondo e di Sledog, di un osservatorio astronomico, di un museo del folclore e l’allestimento di un centro di documentazione sulla Prima Guerra Mondiale. Il 5 Luglio 1996 fu decisa dal consiglio comunale la fondazione del “Centro di Documentazione Luserna”. Lo scopo immediato di questa nuova fondazione è l’approfondimento scientifico e la promozione della conoscenza degli avvenimenti, dal lontano passato fino ai giorni nostri, che interessarono Luserna e i territori vicini, nei quali tedeschi e italiani entrano in non sempre pacifico contatto tra di loro. Il Centro si propone, inoltre, la raccolta, la conservazione e, per quanto sarà possibile, l’esposizione di documenti di ogni tipo e di oggetti, come ad esempio i fortilizi e le altre costruzioni militari. Noi ci auguriamo di poter intessere rapporti di conoscenza con tutti coloro, che sono interessati all’approfondimento scientifico della lingua e della cultura cimbra, ma anche con quelli, che desiderano venirci a trovare per poter gustare le proposte turistiche di Luserna. In questo modo potrete contribuire allo sviluppo economico e alla sopravvivenza dell’isola linguistica tedesca più meridionale d’Europa.

Abbiamo lasciato sparire tanti sentieri,
abbiamo lasciato prosciugare tante sorgenti,
abbiamo lasciato incolti prati e boschi:
siamo perduti sempre più nel deserto
in un esodo senza terre promesse.

Ma la nostra terra promessa è qui,
tra questi monti e questi sassi:
qui, contro oppressioni di schiavitù avvilenti
qui, contro illusori idoli dorati,
qui, per raccogliere le tavole di nuove e antiche alleanze,
qui, per stillare latte e miele da questa dura terra.

1 Hornung, Maria (1984): “Die Herkunft der
sogenannten Zimbern.” In: G. B. Pellegrini,
S. Bonato & A. Fabris, ed., 56.

2 cfr. Nicolussi Paolaz, D., (ed.), 1990: “Lusern
vor un dopo in earst beltkriage”.
Identità 2, novembre 1990, 10-12

3 Sergio Bonato. In: Quaderni di Cultura
Cimbra 22, iuglio 1987

4 cfr. per esempio Stella, A. (1989): “Nuovi
oriantamenti storiografici sulla Repubblica
contadina dei Sette Comuni“. In: Quaderni
di Cultura Cimbra 25, gennaio 1989, 12-19

 

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