Che succede a Mea Shearim, quartiere di Gerusalemme?

Scritto da : Eduardo Lubrano
Fonte: http://www.iljournal.it/2011/che-succede-a-mea-shearim-quartiere-di-gerusalemme/272979

A Gerusalemme c’è un quartiere dove sembrano non essere mai morte parole e concetti come segregazione ed apartheid. Dove l’essere umano è discriminato solo perché è diverso biologicamente l’uno dall’altro. Si tratta in questo caso di uomini e donne. Il quartiere si chiama Mea Shearim, è a nord est della città e qui uomini e donne camminano su marciapiedi diversi. Il quartiere è stato fondato nel 1874 ed è abitato in gran parte dagli haredim, i “timorati” “,coloro che tremano davanti alla parola di Dio”, gli ebrei ultra-ortodossi, quasi fossimo nella Polonia askhenazita del XVIII secolo dove queste persone avevano impianto una loro fortissima comunità. Ma Mea Shearim è anche il quartier generale deòl movimento anti sionista “Neturei Karta” (Jews united against Zionism) che lotta contro lo stato attuale di Israele.

Questa dei marciapiedi è solo una delle regole che viggono in questo quartiere fuori dal tempo, perché quando si cerca di entrare, ci sono grandi cartelli che sconsigliano l’ingresso ai turisti. E questo nonostante moltissime sentenze della Corte Suprema di Israele che ha vietato questi comportamenti, come quello dello scorso 16 ottobre che ha ricordato che le strade di Mea Shearim appartengono in egual misura a uomini e donne, e ha vietato discriminazioni. In Israele sono molti a non credere che queste sentenze non avranno effetto perché negli ultimi anni la separazione tra i sessi nelle aree pubbliche è andata aumentando costantemente, con il crescere del numero e dell’influenza nel paese di timorati e zeloti di estrazione varia.

«La segregazione di genere è un fenomeno relativamente nuovo nella vita ebraica», ha detto Yossi Gurvitz del sito di analisi politica “+972”. «C’è da una decina di anni, frutto avvelenato di quelle correnti di ultraortodossi, in particolare ebrei hassidici, che sostengono che la presenza delle donne (o anche solo ragazzine) li importuni, suscitando pensieri impuri». Un altro esempio di questa discriminazione contro le donne è stato poco tempo fa, con gli autobus in cui le donne sono confinate nei posti in fondo. Si tratta di linee che servono i quartieri haredim.

Una legge non scritta impone alle passeggere, in una sorta di galateo al contrario, di cedere il passo agli uomini e ritirarsi nelle ultime file. Anche questa pratica sarebbe stata vietata, nel gennaio di quest’anno, da una sentenza della Corte Suprema: «Gli operatori di trasporti pubblici non dovrebbero ordinare alle donne di sedersi in certi posti solo perché‚ sono donne, non dovrebbero dire loro come vestirsi».

Per cercare di far rispettare l’ingiunzione, le femministe di Gerusalemme avevano organizzato un movimento dichiaratamente ispirato a Rosa Parks, l’afroamericana che nel 1955 sfidò l’apartheid sugli autobus, rifiutando di cedere il sedile a un bianco. Le attiviste salivano sui mezzi pubblici nei rioni religiosi e occupavano i primi posti. “Ma in Israele «la separazione tra i sessi nei luoghi pubblici continua a diffondersi», denuncia Gurvitz. L’allarme viene anche dal movimento per l’ebraismo riformato, il quale nel corso degli anni ha ripetutamente messo in guardia. «Il fenomeno – dichiaravano lo scorso anno alla Knesset, il parlamento dello Stato di Israele, alcuni esponenti della corrente più liberale si sta diffondendo come una malattia in Israele, ne consegue una degradazione delle donne, mortificate in maniera madornale». Il “virus” ha contagiato anche la rete: FaceGlat, un recente social network destinato agli ebrei osservanti, propone in homepage iscrizioni separate, per uomini e donne, escludendo dunque qualunque contatto tra i due sessi, anche virtuale.

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