Le riforme a Cuba seguono la via cinese

Scritto da: Maurizio Stefanini
Fonte: http://temi.repubblica.it/limes/le-riforme-a-cuba-seguono-la-via-cinese/29582

Con Raúl Castro L’Avana ha puntato su un cambiamento molto graduale della propria economia, sulla scia del modello cinese. La Repubblica Popolare è oggi il partner più importante di Cuba; la malattia di Chávez rende incerto l’appoggio del Venezuela.

Sui media internazionali arrivano notizie sulle nuove riforme che stanno venendo alla luce nella Cuba di Raúl Castro. Il 24 novembre, ad esempio, il giornale ufficiale Granma ha annunciato che dal prossimo 20 dicembre saranno aperte nuove linee di credito e altri servizi bancari per venire incontro alle esigenze dei produttori agricoli indipendenti, dei lavoratori in proprio e della costruzione di nuove abitazioni. 

I 150 mila coltivatori diretti cui sono state date in usufrutto terre negli ultimi due anni e i 340 mila altri cittadini che hanno ricevuto licenze per esercitare lavoro autonomo dall’ottobre del 2010 rappresentano l’avanguardia di un settore privato che nelle intenzioni del regime dovrebbe salire dal 15% della forza lavoro registrato nel 2010 al 33% previsto per il 2015. Il 22 novembre un decreto ha parzialmente rimosso le restrizioni che dal 1997 limitavano drasticamente la possibilità di stabilirsi all’Avana per i cubani provenienti da altre province, subordinata alla sola concessione di un permesso speciale. Adesso il permesso non sarà più richiesto per coniugi, figli, nonni e nipoti dei proprietari di abitazioni nella capitale, nè per i portatori di handicap. Lo stesso giorno il settimanale economico Opciones ha reso noto che la società statale delle poste sarà chiusa per essere sostituita da una nuova struttura più snella ed efficiente.

Il 21 novembre è stato annunciato che dal primo dicembre i contadini potranno vendere i loro prodotti direttamente ai turisti. I 2,7 milioni di turisti che si recano ogni anno nel paese sono ormai la principale risorsa economica, ma il turnover è altissimo: una delle ragioni per cui molti visitatori spiegano che non torneranno più è proprio la scarsa qualità e varietà dei generi alimentari disponibili. Il 19 novembre è stata annunciata la soppressione del ministero dello Zucchero, di cui comunque ormai Cuba è divenuta importatrice, e la riforma dovrebbe permettere di ridurre gli uffici che si occupano del prodotto da 178 a 26. Dal 10 novembre è stata autorizzata la compravendita tra privati di case dopo cinquant’anni di divieto che aveva portato a un deficit che secondo cifre ufficiali arriverebbe ad almeno 600 mila abitazioni. Il 31 ottobre Granma ha reso noto un bilancio positivo dell’operazione con cui dal 2008 1,3 milioni di ettari sono stati dati in usufrutto a 146 mila produttori privati: da un -2,5% della produzione agricola nel 2010 a un +10,1% nel 2011. Il primo ottobre è stata legalizzata anche la compravendita tra privati di automobili, prima permessa solo per modelli antecedenti al 1959. E pur se l’acquisto di un’auto nuova è concesso solamente una volta ogni cinque anni, non è più richiesto dare indietro l’auto vecchia.


Una rivoluzione in corso? In realtà la massa di divieti che strangolava la società cubana era tale che togliendone uno al giorno si potrebbe veramente andare avanti per anni, prima di arrivare al salto di qualità vero. Mutatis mutandis, il paragone che viene è quello con il Sudafrica dell’ultimo decennio dell’apartheid, dove si andò avanti molto a lungo, comunicando prima che gente di razze diverse poteva sposarsi, poi che poteva anche vivere assieme perché l’obbligo delle zone residenziali separate era distinto dal divieto di relazioni sessuali interrazziali, e dopo ancora che avrebbe potuto fare il bagno nella stessa spiaggia.  La rivoluzione vera ci fu solo quando de Klerk liberò Mandela e si sedette davanti a un tavolo con lui per decidere le modalità con le quali arrivare al principio “un uomo, un voto”.

 

Inoltre a Cuba tutte queste riforme annunciate a getto continuo erano state già approvate: è il pacchetto di 313 riforme cui diede il via libera il congresso del Partito comunista dello scorso aprile. Ora le stanno solo implementando, con gradualità estrema. È comunque evidente che il modello cui Raúl Castro non è un’apertura politica come quella che ci fu appunto in Sudafrica o nell’Europa Orientale, ma una ristrutturazione economica secondo il comunismo di mercato della Repubblica Popolare Cinese. L’appoggio del Venezuela è importante ma incerto, dati i problemi di salute di un Hugo Chávez cui addirittura la rivista brasiliana Veja non dà più di un anno di vita.

Il Venezuela bolivariano è tuttora in effetti l’alleato che ha preso il posto dell’Unione Sovietica come principale partner dell’isola, ma l’interscambio commerciale con la Cina è salito da 440 milioni di dollari del 2001 a 1,83 miliardi del 2010; a giugno è venuto nell’isola il vicepresidente cinese Xi Jinping a firmare vari accordi bilaterali, e un Istituto Confucio all’Avana appena aperto si è subito trovato con oltre 500 alunni di mandarino.

Per ora, i risultati complessivi delle riforme di Raúl non solo entusiasmanti: l’1,9% di crescita del pil registrato nel primo semestre del 2011 fa dell’isola il fanalino di coda di un’America Latina in vorticoso decollo. Però va anche riconosciuto che dal punto di vista meramente economico questa gradualità ha anche evitato le pericolose deflagrazioni sociali che avrebbe potuto far temere il piano di Raúl per mettere in mobilità un milione di lavoratori statali.

Una vecchia analisi è che il regime cubano stia sempre sperando nell’ammortizzatore sociale rappresentato dalla Chiesa, prima di premere il freno in modo più deciso. In questa chiave, proprio la visita all’isola che Benedetto XVI ha preannunciato per la prossima primavera potrebbe avere un rilievo non solo teologico e pastorale.


 

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