Bottiglie luminose per le favelas brasiliane: come funzionano realmente?

Scritto da : Fabio Reghellin
Fonte: http://www.howtobegreen.eu/greenreport.asp?title=555

Il settore dell’energia ed in particolare i progressi nelle tecnologie per il risparmio energetico sono spesso fonte di incomprensioni per i lettori e non solo: i mezzi di informazione fanno la loro parte nel confondere le idee ai lettori! E’ solo colpa della scarsa importanza che si da alle scienze nella scuola italiana?
Questa notizia non fa eccezione: come potete verificare dai link e magari da una ricerca su google molti hanno frainteso il funzionamento di questo sistema.

Di che si tratta? Di un buco circolare nel tetto da cui far entrare la luce.
In “edifici” come quelli delle favelas o degli slum non ci sono finestre semplicemente perché sono troppo costose e gli abitanti non possono permettersele. Di conseguenza l’interno è buio anche durante il giorno costringe a tenere accese delle lampadine con un peso notevole sulla bolletta. E nel frattempo fuori splende il sole!
Ecco quindi che basta forare il tetto in lamiera per far entrare luce sufficiente per cucinare, leggere o lavorare. Il lato negativo di questa semplice soluzione è che così come la luce entrano anche la pioggia ed il vento. Bisognerebbe tappare il foro con qualcosa di trasparente… come… una bottiglia di plastica!

L’invenzione consiste quindi nell’infilare una bottiglia di plastica in un foro circolare in cui resta incastrata e viene sigillata così da evitare l’ingresso delle intemperie. Ottimo!
A questo punto si sono scoperti alcuni problemi: l’aria all’interno della bottiglia si scalda e si raffredda e… cosa succede ad un gas che si scalda? Si espande! E quando si raffredda? Si contrae! Chiaramente dato che la bottiglia era chiusa l’aria non poteva aumentare liberamente di volume, ma la bottiglia non è rigidissima, quindi subiva un po’ di deformazione e questo non aiutava a mantenere l’impermeabilità. Inoltre la luce all’interno manteneva la direzione dei raggi del sole, quindi non illuminava uniformemente.

Il successivo miglioramento è stato quindi il riempimento con acqua: i liquidi infatti si espandono meno dei gas e quindi la bottiglia non si deforma più e poi a quelle latitudini le temperature non scendono mai sotto allo zero, quindi non c’è il problema che possa ghiacciarsi.
Inoltre l’acqua contribuisce a distribuire la luce uniformemente grazie alla diffrazione. Due problemi risolti in un colpo solo!

Si presentava però un altro problema: proprio a causa delle temperature elevate le alghe ed i microorganismi presenti nell’acqua proliferavano velocemente e la bottiglia diventava torbida lasciando passare meno luce. Stavolta la soluzione era chiara: bisognava aggiungere all’acqua qualcosa che non permetta la crescita delle alghe. Le alternative economiche sono ad esempio sale o candeggina e questo ha contribuito a mandare in confusione giornalisti e blogger che hanno parlato di “reazioni chimiche” e che hanno pensato che producessero luce anche dopo il calar del sole.

In qualche filmato vedrete che sopra ai tappi delle bottiglie viene infilata la scatoletta di un rullino fotografico o in altri casi viene spalmato del mastice. Perché? Perché la plastica non è tutta uguale: le bottiglie sono fatte di PET (PoliEtilene Tereftalato) che resiste alla luce del sole mentre i tappi, che per chiudere bene devono essere più morbidi, sono in Polipropilene che è molto più sensibile alla luce (in particolare ai raggi ultravioletti) e quindi viene protetto coprendolo.

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