Cavalieri medievali e stress post traumatico

Fonte: http://news.discovery.com/history/medieval-knights-ptsd-111220.html
Tradotto da : http://www.ditadifulmine.com/2012/01/cavalieri-medievali-e-stress-post.html

Ad alcuni studiosi dell’epoca medievale non va proprio giù il fatto che l’opinione pubblica dipinga i cavalieri del Medioevo come combattenti incredibilmente eroici o malvagi, votati alla guerra e alla carneficina per ragioni più o meno valide.

Thomas Heebøll-Holm, storico medievale dell’Università di Copenhagen, ritiene che questa immagine popolare del cavaliere medievale non sia affatto corretta, ed è intenzionato a svelarci alcuni degli aspetti più oscuri del tipico cavaliere medievale.
“Come medievalista, è un po’ irritante sentir dire che l’Età di Mezzo era popolata da teppisti brutali e privi di cervello semplicemente dediti alla guerra” spiega Heebøll-Holm. “Propenderei per una visione più sfumata degli antichi. Erano persone come me e voi, da quanto possiamo saperne”.
In effetti, le numerose ricerche effettuate nei diversi scenari bellici moderni suggeriscono che la maggior parte dei soldati coinvolti in missioni di combattimento ha un’elevata probabilità di soffrire di diversi disordini psicologici, da attacchi di panico a stress post-traumatico.
Dal Vietnam in poi, lo stress post-traumatico è stato documentato in innumerevoli casi, specialmente nelle truppe di leva e nei reparti speciali. A giudicare dall’interpretazione di testi antichi fatta da Heebøll-Holm, a distanza di secoli la psicologia dell’antico cavaliere medievale sembra avere diverse analogie con quella dell’uomo moderno.
I cavalieri medievali non erano altro che i reparti scelti degli eserciti dell’Età di Mezzo. Durante l’arco della loro carriera, specialmente in determinati periodi storici, assistevano e partecipavano a così tante uccisioni da dover necessariamente riportare delle conseguenze psicologiche in seguito alle situazioni vissute.
Heebøll-Holm ha studiato diversi testi antichi nella speranza di trovare tracce di disordini psicologici nei cavalieri medievali, focalizzandosi specialmente su tre testi, scritti nel XIV° secolo da un cavaliere francese di nome Geoffroi de Charny, diplomatico e consigliere di re Giacomo II.
Nessuno conosce l’esatta ragione della creazione di questi scritti, ma i documenti di Charny sembrano essere il tentativo di mettere insieme tutto il programma ideologico della cavalleria francese dell’epoca, rivaleggiando con i codici cavallereschi britannici.
Nei testi di Charny non solo ci sono riferimenti alle condizioni di vita fisiche e psicologiche che un cavaliere era chiamato a sopportare, ma traspare anche una profonda preoccupazione per la salute mentale dei cavalieri dell’epoca.
In uno dei documenti, intitolato “Il Libro della Cavalleria”, riporta questo:
In questa professione bisogna sopportare il caldo, la fame e il duro lavoro, bisogna dormire poco e mantenersi vigili. E abituarsi ad essere esausti e a dormire scomodamente per terra solo per essere svegliati bruscamente. E sarai spesso impotente nel cambiare una situazione. Ti sentirai spesso spaventato quando vedrai i tuoi nemici correrti incontro con lance spiegate per trapassarti e con spade sguainate per farti a fette. Proiettili e frecce ti arriveranno addosso e non saprai come proteggerti al meglio. Vedrai persone uccidersi l’un l’altra, fuggire, morire ed essere catturate, e vedrai i corpi dei tuoi amici morti giacere di fronte a te. Ma il tuo cavallo non è morto, e tramite la sua velocità potrai fuggire nel disonore. Ma se rimani, sarai onorato per sempre. Non è un martire colui che si propone un lavoro così pesante?“.
Charny sembra essere seriamente preoccupato per l’instabilità mentale che mostravano altri cavalieri. Chi non uscirebbe anche solo leggermente disturbato da un campo di battaglia in cui ci sono uomini che tentano invano di trattenersi le budella nel corpo, o perforazioni e lacerazioni varie sui corpi di gente urlante o già morta?
A limitare ulteriormente le capacità di sopportazione dello stress dei cavalieri c’erano le condizioni di vita del campo di battaglia: cibo scarso, continua paura di un attacco nemico, malattie, senza contare la nostalgia di casa.
Nonostante tutto questo, è possibile che i cavalieri medievali potessero convivere con gli orrori della guerra meglio di quanto possa fare la maggior parte di noi. “Non erano civili che improvvisamente diventavano cavalieri” spiega Richard Kaeuper, storico medievale della University of Rochester. “Credo che questo elemento faccia la differenza”.

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