Pietro Mennea, la Freccia del Sud

Scritto da: Stefano Vigorelli
Fonte: http://www.pagine70.com/vmnewPietro Mennea.

Davvero c’è bisogno di ricordarlo? Forse qualcuno lo ha dimenticato? Non crediamo proprio. Se negli anni del suo fulgore la sua popolarità è stata straripante, anche ai giorni nostri solo il pronunciare il nome “Mennea” riesce a comunicare qualcosa sia all’appassionato di sport sia alla classica casalinga di Voghera.
Durante gli anni della sua attività, si è calcolato che Pietro abbia occupato più spazio sui giornali nientemeno che della Ferrari, e con questo crediamo di avere detto tutto.
Mennea deve i suoi successi sportivi al lavoro duro, alla regolarità di 350 giorni all’anno di allenamenti e alla forza di volontà, che gli hanno permesso di smentire chi non credeva che il suo fisico gracile potesse fare di lui un campione – tra cui chi ha detto che quel ragazzo mingherlino prima di correre doveva pensare a mangiare.
Pietro nasce a Barletta il 28 Giugno 1952, ed è il terzo di cinque figli del sarto Salvatore e della casalinga Vincenza.
Viene presto preso sotto l’ala protettrice del Prof. Autorino, il primo ad avere fiducia nel nostro, a cui farà seguito l’allenatore della squadra italiana di atletica Carlo Vittori, con il quale formerà un binomio che porterà il ragazzo ad emergere dalla tranquilla Puglia fino a diventare per tutti “La Freccia del Sud”.
Sono i primi anni agonistici, quelli veramente formativi del suo carattere forte, introverso, ostinato, che gli insegnano che non vi sono ostacoli insuperabili, nonché a passare sopra alle critiche degli altri e affidarsi alla propria forza, alle proprie convinzioni.
Naturale che a certa stampa Mennea risulti scontroso e ruvido, sicuramente poco propenso a compiacere i media o a fare il PR di sé stesso. Concentrato sulla propria fatica, sul lavoro e sull’instancabile sfida del quotidiano miglioramento delle sue performance, Pietro non sarebbe rimasto sul tetto del mondo dell’atletica per un ventennio partecipando a ben 5 Olimpiadi.
La prima medaglia è del 1971, un bronzo nella staffetta 4×100 agli europei di Helsinki nei quali guadagna comunque anche la finale individuale dei 200 m.
Nel 1972, appena ventenne, è già protagonista alle Olimpiadi di Monaco dove vince il bronzo ancora nei 200 m, la specialità che diviene la sua preferita poiché la più adatta al suo fisico. Troppo brucianti infatti i 100 m, per lui che preferisce controllare le prima fasi della corsa e scegliere un punto di riferimento tra gli avversari per poi chiudere in poderosa rimonta: sarà questo il leit-motif, la tattica vincente sviluppata nelle sue più importanti imprese.
Ai Giochi tedeschi Borzov, al suo culmine e con il suo fisico studiato e modellato in laboratorio, è irraggiungibile. La scaltrezza del sovietico e del suo staff si manifesta ancora agli Europei di Roma ’74: mentre infatti il giovane e inesperto Mennea si spreme alla ricerca del risultato cronometrico durante le batterie, Borzov invece si risparmia per esplodere durante la finale che farà sua. Ma la rivincita di Pietro deve attendere solo tre giorni: il sovietico, stremato, non si presenta neppure, mentre Mennea può conquistare la medaglia d’oro davanti ai migliori specialisti continentali (Ommer e Bombach inclusi).
Dopo le sfortunate Olimpiadi di Montreal del 1976 in cui rimane a secco di medaglie, complice il pessimo clima creatosi tra la Federazione e Vittori, già i primi soloni lo bollano già a 22 anni come promessa non mantenuta, mentre i trionfi della Freccia del Sud devono ancora venire!
Agli Europei di Praga del 1978 compie un’impresa storica riuscita a soli 4 atleti in passato (tra cui Borzov), e cioè la doppietta di medaglie d’oro nei 100 m e nei 200 m, ma la grande impresa, quella con la I maiuscola, quella di cui tutti quanti ci ricordiamo verrà l’anno dopo.
Infatti è il 12 Settembre 1979 quando durante le Universiadi a Città del Messico, Mennea dà la caccia alla performance che lo può consacrare definitivamente tra i Greatest di ogni tempo: il record mondiale dei 200 m. Pietro riesce nell’impresa stabilendo quel famoso tempo di 19″72 che abbiamo poi sentito ripetere incessantemente per ben 17, lunghissimi anni durante i quali nessun atleta al mondo è mai riuscito ad avvicinarlo. Ci vorrà Michael Johnson, e tutt’altro tipo di preparazione e di aiuti per riuscire a far crollare quel muro praticamente ieri, nel 1996.
La medaglia d’oro olimpica dei 200 m ai giochi di Mosca del 1980 (a cui si aggiungerà anche il bronzo della 4×400), sarà la sua ultima nelle competizioni planetarie, consegnando alla memoria degli anni 70 un atleta ed un uomo veramente irraggiungibili.
Gli anni 80 vedranno Mennea ancora protagonista e capace di vincere altre importanti medaglie, tra cui gli ori nella Coppa Europa di Londra del 1983 e nei Giochi del Mediterraneo di Casablanca dello stesso anno, in cui Pietro riesce anche a conquistare un argento e un bronzo ai Mondiali di Helsinki.
Una carriera eterna, la sua, proseguita attraverso due ritiri e due incredibili ritorni – seguiti da polemiche nei confronti di molta stampa, che lo invita a lasciare perdere – sino alle Olimpiadi di Seul del 1988 dove ha l’onore di essere scelto come portabandiera degli atleti azzurri.
Ultimamente Mennea porta le sue doti, i suoi valori e il suo lavoro al servizio della lotta al doping e di diversi enti benefici, ma soprattutto – dopo essersi laureato in Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze dell’Educazione Motoria – è stato eletto nel 1999 al Parlamento Europeo. Inoltre esercita le professioni di docente universitario di diritto dello sport, dottore commercialista, procuratore e dirigente sportivo – tra l’altro è tra i protagonisti, qualche anno fa, del ritorno della Salernitana nella serie A di calcio.
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