GÖBEKLI TEPE: UN SALTO NEL TEMPO

Scritto da: Mauro Paoletti
Fonte: http://www.edicolaweb.net/edic210a.htm

La scienza ufficiale trova impossibile che uomini del neolitico possano aver eretto megalitici monumenti, tra i quali le piramidi e la Sfinge.
Come potevano averla costruita oltre 12.000 anni fa?
Le tesi dei ricercatori, tra i quali eminenti geologi, che la considerano opera di una civilizzazione vissuta prima della nostra, purtroppo cancellata alla fine dell’ultima era glaciale, sono state e sono ritenute eretiche e, ovviamente, denigrate da tutti gli accademici.
È loro consuetudine, infatti, una volta ufficialmente accettata la teoria di un eminente e illustre collega, di non considerare tutto quanto emerge nei sopralluoghi successivi, neanche le eventuali rettifiche a probabili errori di valutazione.
Essi continuano a sostenere la teoria accettata come avessero un paraocchi che impedisce di allargare la visione dell’insieme, comportandosi di conseguenza come coloro che avversarono, al tempo, la teoria Copernicana.
Poi, talvolta, accade che il fato ci metta il famoso zampino scombinando le cose, confondendo e demolendo l’assunto della così detta Scienza Ufficiale. E così dalle sabbie del tempo riemerge qualcosa che confuta tutte le certezze; qualcosa che riscrive intere pagine della storia umana e costringe gli accademici a retrocedere dalle loro convinzioni o a restare in silenzio, considerando mestamente quanto fin a quel momento era ritenuto “eresia”.
Eventi che si sono ripetuti più volte nelle vicende umane in seguito a scoperte che retrodatano nei meandri del tempo la presenza di una antica e perduta civilizzazione provvista di avanzate conoscenze tecnologiche.
Siti come Nevali Cori e Catal Huyuk, avevano già fornito prove concrete di insediamenti altamente civilizzati 9.000 – 10.000 anni fa confutando già la tesi ufficiale che l’agricoltura avesse preceduto la civilizzazione e non il contrario.
La scoperta di Göbekli Tepe, in lingua turca “collina dell’ombelico”, nel sud-est della Turchia, negli altopiani dell’Anatolia, è una di quelle dovute al puro e semplice caso fortuito e rappresenta la prova inconfutabile della presenza di una comunità ben organizzata 13.000 anni fa, come emerge dalla datazione al radiocarbonio. Costituisce quindi quel “qualcosa” che gli accademici non si aspettavano assolutamente di trovare.
In una remota zona della Turchia, un pastore, mentre portava al pascolo il suo gregge, si riposò sedendosi su una delle strane pietre che affioravano dal terreno. Ai suoi occhi apparvero come pietre innaturali, di una forma strana e ricoperte da frammenti di selce, un segno inequivocabile di attività umana. Ne parlò in paese.
I curatori del museo di Sanliurfa contattarono il ministero e da Istanbul, dall’Istituto Tedesco di Archeologia, giunse la squadra di archeologi che sotto la direzione di Klaus Schmidt diede inizio agli scavi.
Göbekli Tepe consiste in un complesso di templi megalitici situati sopra una collina artificiale di circa quindici metri e un diametro di trecento; sopra un pianoro che domina la valle di Harran nei pressi di Sanliurfa, fra il Tauro e il Karaca Dag. Il ritrovamento risale al 1994, ma ci sono voluti più di sedici anni per affermare che si tratta di un sito risalente all’11.000 a.C. Gli scavi hanno riportato alla luce un complesso tempio megalitico che ha spinto alcuni di quegli eminenti archeologi a considerarlo, anche se solo allegoricamente, come il possibile sito del favoloso “Giardino dell’Eden”. Nonché a porsi alcune domande che non forniranno a breve risposte certe.
Chi lo ha costruito?
Uomini delle grotte? Alieni? O quella tanto nominata “prima civilizzazione” andata, forse non tanto misteriosamente, perduta?  Le rovine di Göbekli Tepe antiche di 13.000 anni, che ufficialmente non dovrebbero esistere, hanno obbligato l’archeologia ufficiale a riesaminare le teorie riguardo al mondo antico e alle popolazioni esistenti all’epoca; evidentemente più avanzate dal punto di visto tecnologico rispetto a quanto finora ipotizzato.
Questo a causa dell’attuale modo di considerare la preistoria.
Costruzioni complesse e elaborate come quelle di Göbekli hanno trovato accademici non ancora preparati a considerare la possibilità che l’intero complesso possa essere stato eretto da una perduta civilizzazione che popolava la Terra prima di noi, spazzata via a causa dello scioglimento dei ghiacci durante la fine dell’ultima era glaciale.
Adesso quegli accademici sono attualmente costretti ad ammettere i loro errori e ad affermare che furono proprio i cacciatori del Neolitico e erigere quelle antiche strutture.
La conseguenza di tali deduzioni e la datazione al carbonio, che sposta il complesso di Gobelki Tepe all’11000 anni a.C., spingono a riconsiderare l’età della Sfinge suggerendo che possa essere ancora più antica; avvalorando la ricerca condotta negli anni settanta e ottanta da John Anthony West, attraverso la quale concluse che la Sfinge era di gran lunga più antica di quanto gli archeologi ortodossi erano preparati ad accettare e ci fossero anzi buone probabilità che potesse essere stata costruita da una civiltà perduta nella notte dei tempi.
In un recente studio, titolato “Aspetti geologici sui problemi di datazione della grande costruzione egizia, chiamata, Sfinge”, pubblicato nel 2008, sono state presentate prove che retrodatano la costruzione del monumento a oltre 10.000 anni fa, nel Pleistocene. Benché l’archeologia ufficiale insista con la tesi che vede la Sfinge come il monumento dedicato al faraone Chefren, adesso molte evidenze collocano l’edificazione del monumento al 10.500 a.C., in pratica nello stesso periodo in cui fu edificato il complesso di Gobelki Tepe.
Ecco manifestarsi un crescente consenso alle tesi secondo le quali una “perduta” civiltà che abitava lungo le aree costiere del mondo antico possa avere costruito la Sfinge, le piramidi e quant’altro; un popolo erroneamente considerato composto solo da cacciatori-raccoglitori, ossia “uomini delle caverne”, che popolavano la regione nord-mediorientale tra 12.000 e 13.000 anni fa.
Secondo l’archeologo tedesco Klaus Schimdt, che da anni segue gli scavi sul sito di Göbekli, si trattava di una civiltà che aveva sviluppato una cultura religiosa, un’architettura avanzata concettualmente, nonché una forma sociale estremamente moderna. Schmidt ritiene che il tempio di Göbekli meriti un’altra considerazione “Per costruire un posto come questo, i cacciatori devono essersi riuniti in gran numero. Dopo avere finito l’edificio, probabilmente si stabilirono nella regione, accumunati dal culto religioso. In seguito scoprirono che non era sufficiente il sostentamento alimentare per tante persone sebbene l’attività di caccia e raccolta fosse regolare. Quindi iniziarono la coltivazione del terreno promuovendo l’agricoltura e l’allevamento. Raggrupparsi in un insediamento permanente poteva essere stata semplicemente un’esigenza per il sostentamento, oltre a una difesa contro predatori e condizioni atmosferiche avverse.” In effetti le pianure dell’Anatolia sono state la culla dell’agricoltura.
Il primo allevamento di suini addomesticati è stato rilevato a Cayonu, a sole sessanta miglia di distanza.
Anche ovini, bovini e caprini sono stati addomesticati per la prima volta nella Turchia orientale.
Il frumento di tutto il mondo discende da una specie di Farro coltivato nel territorio di Göbekli. Lo stesso dicasi per altri cereali quali la segale e l’avena. Oggi il paesaggio che circonda le misteriose pietre di Göbekli è arido e brullo, ma un tempo era popolato da grandi quantità di selvaggina, percorso da fiumi ricchi di pesce, sorvolato da stormi d’uccelli; costellato da verdi prati, boschi e frutteti.
Circa 10000 anni fa, il deserto curdo era un luogo paradisiaco dice Schmidt; per questo motivo lo indica come un Eden. Come tutte le medaglie hanno il loro rovescio, quando l’uomo ha iniziato la pratica dell’agricoltura, ha contribuito a cambiare il paesaggio e il clima della regione.
Con il taglio degli alberi il suolo è stato così lentamente eroso; l’aratro e la successiva azione di mietitura hanno lasciato un terreno arido e nudo. Col passare del tempo, l’oasi è diventata una terra stressata e con diminuzione di rendimento. Il paradiso di Schmidt andò perduto. Il cacciatore fu costretto ad allontanarsi dal suo glorioso Eden, come dice la Bibbia.
Dobbiamo considerare che le ricerche della culla della civiltà ci portano nell’est asiatico, dove numerose sono le testimonianze di una vita organizzata in villaggi che praticavano l’agricoltura, l’addomesticamento degli animali, la tessitura, l’estrazione e la lavorazione dei metalli, molto tempo prima che tali attività facessero la loro comparsa in terra mesopotamica.
Il geologo Raphael Pumpelly, dopo aver visitato l’Asia centrale, ipotizzò la presenza di un grande mare interno nell’Asia centrale che sostenne la popolazione della regione nella sua ordinaria attività.
Intorno al lago di Aral, in origine di 68.000 Km2 e adesso ridotto al 10% di tale superficie, per colpa dell’azione insana dell’uomo che per la coltivazione del cotone ha dirottato i due fiumi che lo alimentavano, vi erano numerosi insediamenti; la scomparsa progressiva di tale “mare interno” costrinse la popolazione a spostarsi verso ovest, portando la civiltà in quelle zone.
Dalle indagini risulta che l’attuale deserto situato fra il Turkmenistan e l’Uzbekistan, era un tempo un territorio agricolo, irrigato a mezzo di canali, con molte oasi e terreni adibiti alla coltivazione del frumento e dell’orzo.
Innumerevoli le prove storiche di quanto asserivano gli scrittori della Bibbia, quando parlavano dell’Eden, descrivendo l’angolo dell’Anatolia.
Nel Libro della Genesi, è indicato che l’Eden è a ovest dell’Assiria; Göbekli si trova in tale posizione. Che è attraversato da quattro fiumi, tra cui il Tigri e l’Eufrate. E Göbekli si trova tra due di questi.
Un libro dell’Antico Testamento parla dei bambini di Eden, che abitavano a Thelasar, una città nel nord della Siria, nei pressi di Göbekli. Infine Eden è una parola che deriva dalla lingua sumera e significa pianura. Göbekli si trova nella pianura di Harran. In base a questi motivi l’archeologo Schmidt considera Göbekli Tepe, il luogo dove era stato eretto un tempio nel paradiso perduto. Göbekli nasconde anche un mistero che potrebbe essere terribile.
Pochi anni fa, gli archeologi rinvennero presso Cayonu un mucchio di teschi umani, trovati sotto una lastra d’altare, tinta con sangue umano.Forse la prima prova di sacrifici umani; cosa che può essere avvenuto anche a Göbekli Tepe dato che, senza motivo o un perché, intorno al 8000 a.C., il sito fu deliberatamente sepolto sotto migliaia di tonnellate di terra, insieme a tutte le sue meravigliose sculture di pietra, creando le colline artificiali sulle quali il pastore curdo camminava nel 1994. Ad oggi sono state riportate alla luce cinquanta pietre, alte da uno a quattro metri, a forma di “T”, disposte in cerchi aventi un diametro da cinque a dieci metri. Intorno panchine scavate nella roccia, terrazze, nicchie e muri di mattoni di fango essiccato.
Indagini geo-magnetiche hanno rilevato altre 250 pietre ancora sepolte e altri quindici complessi monumentali.
I cinquanta pilastri alti tre metri, di un complesso che risulta essere l’opera monumentale più antica e fulcro della vita religiosa della città, portano bassorilievi con sculture che raffigurano piante ed animali; fra i quali gru, scorpioni, cinghiali, leoni, serpenti, anatre, tori e vacche.Per adesso non sono stati ritrovati resti di abitazioni.
Alla stessa profondità delle costruzioni sono stati trovati raschiatoi in pietra e punte di freccia con ossa di animali selvatici, semi e legno carbonizzato; reperti che denunciano un insediamento stabile.
Le oltre 100.000 ossa ritrovate appartengono a animali macellati e cucinati sul posto. Tra essi gazzelle, pecore, cinghiali, cervi rossi e moltissimi uccelli.Secondo gli esperti si può supporre un culto di tipo sciamanico.
Anche per Schmidt l’imponente costruzione eretta da cacciatori del primo Neolitico rappresenta un cosa indecifrabile, come lo è il motivo che ha spinto gli stessi costruttori a ricoprire il tutto erigendo colline artificiali, con un altrettanto imponente lavoro di movimento di terra. Si ipotizza che ciò possa essere avvenuto per la vergogna di aver usato violenza e sparso sangue a causa del culto seguito.
Alcune statue custodite nel museo di Sanliurfa, mostrano l’esuberante raffigurazione della dea Madre; un culto dedicato alla madre terra, che indicherebbero però qualcosa di completamente diverso.
A Göbekli adesso si possono ammirare quattro recinti circolari, delimitati da enormi pilastri in calcare pesanti oltre 10 tonnellate ciascuno, cavati con l’utilizzo di strumenti in pietra.
Secondo il direttore dello scavo le pietre, drizzate in piedi e disposte in circolo, simboleggerebbero assemblee di uomini.
Un’altra pietra a forma di T, lunga nove metri, estratta solo a metà dalla cava, è stata rinvenuta a circa un chilometro dal sito. Presenta una visibile frattura e forse per questo non venne utilizzata.
Lo studio degli strati di detriti accumulati sul fondo del lago di Van, in Anatolia, ha fornito significative informazioni sui cambiamenti climatici del periodo, individuando una consistente crescita della temperatura intorno al 9500 a.C.
Le analisi dei resti di pollini trovati nei sedimenti hanno rivelato che nella regione un tempo vi erano querce, ginepri e mandorli.
Di Göbekli finora è stato riportato alla luce solo il 5%, nonostante i lavori di ben tre team archeologici che vanno avanti senza soste.
Le escavazioni procedono lentamente a causa del clima che registra temperature estive proibitive e intense piogge nel periodo invernale, riducendo a pochi mesi dell’anno il periodo adatto per il proseguimento dei lavori.
Ma non solo Göbekli è incredibilmente antico, anche Sanliurfa lo è forse quanto Göbekli; non sono i soli siti dell’intera regione ad esserlo e, guarda caso, sono luoghi citati nella Genesi. Ad Harran viveva Abramo.
Tom Knox autore del libro “Il segreto della genesi” basato sugli scavi di Göbekli, benché romanzato, scrive che nella regione intorno a Göbekli Tepe, tra i curdi della Turchia meridionale e dell’Iraq settentrionale, è diffuso ancora oggi un gruppo di antiche religioni noto come culto degli angeli.
Gli adepti adorano un dio chiamato Melek Taus. Non a caso nel Museo di Sanliurfa vi sono statue di figure dalle sembianze angeliche.
Speculazioni, leggende; ma non si può negare che fino ad ora è sempre stato ritenuto che 13.000 anni fa l’uomo vivesse all’interno di caverne, dipingendole con scene di caccia, o costruendo al limite qualche rifugio in pietra grezza.
Anche dopo il periodo in cui Göbekli Tepe era al suo massimo splendore e per i circa 1500 anni successivi sembra ci siano pochissime evidenze di edifici anche solo paragonabili a quelli ritrovati nel sito turco.
Per questo si tratta di una scoperta che potrebbe mettere in discussione la linea temporale sull’evoluzione della civiltà umana; potrebbe essere né l’unica, né l’ultima.
È notizia recente che 40.000 anni fa l’Europa fu popolata da individui provenienti dal Kashmir; un’antica specie di Homo Sapiens. Sarebbe la conclusione di uno studio condotto dalla UC Davis Antropologia, presso il Dipartimento degli Stati Uniti d’America, rilevando che il 4% degli esseri umani non di origine africana hanno geni Neanderthal in seguito ad accoppiamenti avvenuti in tempi preistorici tra i due popoli.
Questa notizia ci arriva da Srinagar, un’alta valle del Kasmir piena di templi, uno dei quali conosciuto come “Il tempio degli Ebrei” o “Il tempio del Sole”.
Il più grande della regione, sullo sfondo dell’Himalaia il monte altissimo descritto da Ezechiele. Per maggiori informazioni in merito rimando all’articolo “Marand l’impronta del Signore”.
Per quanto riguarda gli esiti finali non rimane che attendere, anche se da quanto dichiarato da Schmidt, il lavoro di scavo di Göbekli impegnerà più di una generazione di archeologi.

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