La scienza non può aggirare il limite di velocità di Einstein

Scritto da: Angelo Paratico
Fonte: Sunday Morning Post
Traduzione per la patatina fritta: Francesco Fontana, Anna Nicoletti

Un fisico si è recentemente trovato in una situazione imbarazzante per aver rivendicato che i neutrini possono viaggiare più velocemente della luce. Avrebbe dovuto meglio approfondire piuttosto di sfidare la legge di ferro del’universo.

Come noto, scoperte straordinarie richiedono prove straordinarie. Questa massima sulla cautela è evidentemente sfuggita al fisico italiano Dr Antonio Ereditato, mentre lavorava ad un esperimento che lo scorso settembre ha destato clamore. Il suo team ha dichiarato di aver scoperto che i neutrini possono viaggiare più  veloci della luce. I neutrini sono stati sparati a 730 chilometri di distanza sotto la crosta terrestre dall’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra. Solamente ritenendo ciò possibile, egli avrebbe demolito la chiave di volta della teoria della relatività di Einstein. Le deboli prove hanno causato la sua rovina. Con la reputazione a brandelli, ha rassegnato le dimissioni da direttore del laboratorio dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) situato sotto al Gran Sasso. Alcuni strumenti difettosi sembrano aver causatole letture scorrette. Il sogno di trovare qualcosa più veloce della luce è  cosa vecchia. Il primo a pensare a questa possibilità è stato il fisico tedesco Arnold Sommerfeld nel 1904. Esiste anche un ipotetico nome, di etimologia greca, per tali particelle: tachioni.  In greco il termine significa “veloce” e tale nome è stato utilizzato per la prima volta da Gerald Feinberg nel 1967. Il problema è che nessuno è mai stato in grado di trovare od osservare particelle tachioniche o di spiegarne in modo credibile la loro possibile esistenza. L’ipotesi che i neutrini possano viaggiare più veloci della luce non è nuova. Ciò fu teorizzato dal fisico canadese Dr Alan Chodos nel 1985, sfruttando la cosiddetta “violazione dell’invarianza di Lorentz”, me egli fu totalmente criticato dai colleghi per averne solamente proposto la validità in una pubblicazione scientifica. La misurazione della velocità della luce è un successo francese. La dobbiamo a Armand H. L. Fizeau. Egli la determinò nel 1849 insieme al suo assistente, Jean Foucault. Focault è ricordato al giorni d’oggi soprattutto per l’omonimo pendolo, un semplice esperimento che prova he il nostro pianeta è in rotazione.

Il perfezionamento di tale misura è opera del fisico americano, Albert Michelson, che dedicò la sua vita a questo scopo che, alla fine, raggiunse. La luce raggiunge nel vuoto la massima velocità possibile: circa 299.792 chilometri al secondo, abbastanza veloce da percorrere il giro del mondo più di sette volte in un secondo e raggiungere il sole in circa otto minuti. Tuttavia la luce può viaggiare a differenti velocità a seconda del mezzo in cui si trova. Per esempio la luce può viaggiare attraverso un pezzo di vetro più velocemente che attraverso un diamante; ancora, viaggia più velocemente in aria che in acqua. Nel 1934 il fisico russo Pavel Cherenkov, sparò un fascio di elettroni in un bacino d’acqua a 257.488 chilometri al secondo, un valore più veloce della luce che viaggia attraverso l’acqua a “solo” 225.302. chilometri al secondo. Nel 1958 Cherenkov fu insignito del premio Nobel per questo esperimento. Al “grande collisore di adroni” del CERN gli scienziati sono stati in grado di spingere particelle a velocità prossime a quelle della luce. Sono state utilizzate enormi quantità di energia per portare le particelle a tali velocità,  tuttavia non hanno eguagliato la velocità della luce. Perché? Poiché tali particelle subiscono strani fenomeni quando sono prossime alla velocità della luce. Applicando energie sempre maggiori, anziché influenzare la velocità delle particelle viene modificata la loro massa: queste particelle non saranno ulteriormente velocizzate ma subiranno un incremento di massa. Allo stato attuale di conoscenza ed immaginazione, la conclusione ineluttabile è che la velocità della luce nel vuoto resterà irraggiungibile, esattamente come Einstein predisse.

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