Pentagono 2011: un bel massacro, poi l’attacco alla Siria

Fonte: http://www.libreidee.org/2013/08/pentagono-2011-un-bel-massacro-poi-lattacco-alla-siria/

John-Kerry-ha-apertamente-minacciato-la-Siria«Niente raid aerei, a meno che i media non si interessino ad un massacro, come fu a Bengasi per la Libia». Era solo il 2011, ma i cialtroni stragisti della “guerra umanitaria”, a porte chiuse, parlavano così. Volevano il massacro? Eccolo: è la carneficina dei bambini soffocati dai gas tossici, sparati non si sa ancora da chi ma più che sufficienti a invadere i media di immagini spaventose. Quelli che oggi fingono di commuoversi per quei bambini sono gli stessi che, già due anni fa, avevano accuratamente pianificato l’invasione della Siria, “scudo” occidentale dell’Iran e, probabilmente, ultimo baluardo del mondo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. «Per tutti quelli che sono rimasti scioccati dallo “sviluppo degli eventi” in Siria – scrive Tyler Durden – ecco il resoconto completo di come tutto è stato orchestrato nel 2011», e poi divulgato l’anno seguente da WikiLeaks. Sul blog “Zero Hedge”, Durden pubblica il report di una riunione strategica di due anni fa, nella quale al Pentagono si lascia intendere che forze Usa sono già “sul terreno”, per destabilizzare il regime di Assad e trasformare la Siria in un mattatoio. Obiettivo: preparare lo scenario che, due anni dopo, renderà “inevitabile” quello che l’ipocrisia dei media chiama ancora “intervento umanitario”.

La riunione si svolge tra ufficali e strateghi dell’Usaf, l’aviazione statunitense, alla presenza di inglesi e francesi. «Dopo un paio d’ore di discussione – si legge nel “leak”, riportato da “Come Don Chisciotte” – hanno detto senza davvero dirlo che sul posto ci sono già squadre (presumibilmente americane, inglesi, francesi, gioradane, turche) di forze speciali (Soc) mirate a missioni di ricognizione e di addestramento delle forze dell’opposizione». Altra ammissione: «Al momento non esiste un vero e proprio Esercito Siriano Libero da addestrare», ma le operazioni sono in corso per crearlo e armarlo. Risultato: «Il livello di informazione sull’ordine di battaglia in Siria di questo mese è il migliore dal 2011». Un ufficiale rivela che «gli è stato detto di preparare contingenti e di essere pronti ad agire entro 2-3 mesi». Bombardamenti “mirati”? Il vertice militare nel 2011 scarta per il momento l’ipotesi. Meglio la macelleria sul terreno: «L’idea è quella di commettere attacchi di guerrilla e campagne di omicidi, di cercare di spezzare le forze alawite provocando un collasso dall’interno».

 

All’epoca, «non ci sarebbe stato bisogno di copertura aerea e comunque non si sarebbero aspettati che questi ribelli siriani si sarebbero messi a marciare in colonna». Inoltre, con Damasco non si scherza: «Hanno posto l’accento su come la campagna aerea in Siria facesse sembrare la Libia un gioco da ragazzi: le difese aeree siriane sono molto più robuste e molto più fitte, specialmente intorno a Damasco e ai confini con Israele e Turchia». Già due anni fa, i “signori della guerra” del Pentagono erano «più preoccupati delle difese aeree mobili, in particolare i missili Sa-17». Dunque: operazione «fattibile», ma «non facile». Tutto, comunque, già studiato a tavolino: «La base principale di appoggio sarebbe Cipro, senza dubbio. Inglesi e francesi decollerebbero da lì. Hanno insistito su quanto c’è immagazzinato a Cipro e di quante ricognizioni partano da lì». Il gruppo, sempre due anni fa, «si è diviso sull’eventuale coinvolgimento della Turchia, ma ha affermato che sarebbe fondamentale come base di appoggio».

 

Diversamente dalla Libia, in Siria non c’è chiarezza geografica e «non si può creare semplicemente una no-fly zone sulle regioni di Homs e di Hama», che «durerebbe quanto la guerra». Ma ecco il punto di svolta: i militari americani «non credono che ci sarà un intervento aereo, a meno che i media non si interessino abbastanza ad un massacro, come la mossa di Gheddafi contro Bengasi». Pensano che gli Usa «tollererebbero un gran numero di uccisioni finché non raggiungono lo scenario pubblico». Luce verde dal rappresentante francese, e anche da quello inglese: la rinegoziazione del trattato Ue avrebbe indebolito la Gran Bretagna, ansiosa di riaffermarsi – con le armi – sullo scenario internazionale, sebbene con tutta la prudenza che il teatro siriano raccomanda. Dopo oltre un anno di scontri sanguinosi, scatenati in Siria da miliziani armati e addestrati dagli Usa in Turchia e in Giordania, ora l’invasione è sul tappeto, con l’Iran che promette ritorsioni e la Siria che minaccia di colpire Israele se dovesse essere attaccata. I media collaborano coi “signori della guerra”: «A questo punto – dice Giovanna Botteri, della Rai – il conto alla rovescia potrebbe essere scongiurato solo da un fermissimo intervento della Russia». Verso gli Usa? Ma no, ovviamente: per la corrispondente da Washington, servono «pressioni sulla Siria». Cioè il paese di cui, dal 2011 – sperando in provvidenziali “massacri mediatici” – gli Usa progettavano l’invasione.

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