Cinistan

Scritto da: Enrico Piovesana 
Fonte: http://it.peacereporter.net

Il Tagikistan, la più povera tra le cinque repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, si sta trasformando in una colonia cinese

Nei giorni scorsi il regime di Emomalii Rahmon, oltre a cedere alla Cina più di mille chilometri quadrati di territorio frontaliero che Pechino rivendicava dal 1884 (un area montuosa del Pamir ricca di miniere d’oro, uranio e altre ‘terre rare’, oltre che di abbondanti sorgenti), ha anche dato in affitto a Pechino duemila ettari di terre arabili nella provincia sud-occidentale di Khatlon, che nelle prossime settimane verranno seminate a riso e cotone da almeno 1.500 ‘coloni’ cinesi.

In un paese prevalentemente agricolo ma quasi completamente montuoso, dove meno del 6 per cento del territorio è arabile, dare terre buone a contadini stranieri viene visto come un affronto da parte della popolazione. ”Perché devono dare terre alla Cina? Perché non le danno a noi che viviamo in condizioni disperate? Questa cosa avrà brutte conseguenze! ”, ha detto un contadino tagico a un reporter di Radio Free Europe/Radio Liberty.

”Il paese trarrà vantaggio da questo accordo, perché i cinesi porteranno qui le loro moderne tecniche di coltivazione e di irrigazione”, rassicura il ministro tagico dell’Agricoltura, Tilomurod Daniyarov, ricordando che inoltre la terra non viene sottratta ai suoi connazionali, perché i contadini cinesi verranno a coltivare terre che negli ultimi anni hanno visto una forte emorragia di contadini locali emigrati in Russia in cerca di fortuna.

Già da alcuni anni, Pechino è diventato il primo investitore nel paese. Dal 2007 la Cina ha costruito in Tagikistan, con manodopera cinese, infrastrutture stradali ed energetiche per 4 miliardi di dollari.
La gran parte degli operai cinesi inviati nel paese centroasiatico per realizzare questi progetti, al termine dei lavori sono rimasti lì.

Così, negli ultimi tre anni, la comunità degli immigrati cinesi in Tajiskitan è triplicata, arrivando a contare almeno 82 mila membri.
Il bazaar principale della capitale Dushanbe, dove fino a qualche anno fa era raro vedere mercanti cinesi, oggi conta oltre cento banchi gestiti da cinesi.

Per Rustam Haidarov, sociologo, ”tutto questo è il primo passo di qualcosa di molto più grande”, in cui è possibile riconoscere la tipica strategia soft-colonialista cinese. ”La politica cinese mira a occupare paesi stranieri in maniera graduale e silenziosa. Dislocando la sua popolazione in Tagikistan la Cina persegue i suoi interessi economici, anche a danno dei nostri, e col tempo guadagnerà anche influenza politica”.