Il ‘Nome della Rosa’ versione tibetana

Scritto da: Gabriele Battaglia
Fonte: http://it.peacereporter.net

Intrigo in India: tanti soldi e molti yuan cinesi trovati in casa del Karmapa, terza personalità del lamaismo
Dharamsala. Il venticinquenne tibetano Ogyen Trinley Dorje è stato trovato in possesso dell’equivalente di un milione e 350mila dollari in valuta straniera, di cui almeno 130mila yuan cinesi. La polizia indiana ha trovato il denaro negli appartamenti occupati dal ragazzo all’interno del monastero Gyuto.
La notizia, cifre a parte, passerebbe inosservata se il giovanotto in questione non fosse il diciassettesimo Karmapa, cioè la guida della setta lamaista Karma Kagyu e terza figura spirituale in ordine gerarchico dopo il Dalai Lama e il Panchen Lama.
L’irruzione è stata ordinata dopo l’arresto di due cittadini indiani che stavano acquistando illegalmente terreni nei pressi della città dove si raccolgono i fuoriusciti tibetani. Hanno dichiarato che stavano facendolo per conto del Karmapa.
La polizia sta ora interrogando Ogyen Trinley Dorje e la sua cerchia ristretta per appurare se il Lama sia colpevole di acquisto illegale di terreni e di possesso di valuta straniera oltre i limiti consentiti dalla legge. Fonti vicine al religioso dichiarano che i soldi arrivano da offerte dei fedeli. Per ora, secondo le voci, l’unico incriminato sarebbe il suo assistente e contabile.
Al di là dell’eventuale illecito finanziario, la domanda che si pongono autorità indiane, comunità tibetana e osservatori stranieri è: perché tutti quegli yuan?
La risposta più semplice, quella che va per la maggiore sulla stampa indiana, è: il Karmapa è un agente cinese. Nei giorni a cavallo tra 1999 e 2000, l’allora quindicenne Ogyen Trinley si calò da una finestra del suo palazzo tibetano e su una jeep passò prima in Nepal e poi in India, ufficialmente per completare la propria formazione spirituale presso i monaci all’estero. Le autorità cinesi non presero mai posizione contro di lui, come avevano fatto invece quando nel 1959 il Dalai Lama fuggì dal Tibet in seguito alla fallita insurrezione targata Cia. Anzi, Pechino lo riconobbe come leader dei “Cappelli Neri” – la scuola Karma Kagyu – contro l’altro pretendente, Trinley Thaye Dorje. La frattura tra le due anime della setta non è mai stata ricomposta, anche se Ogyen Trinley ha un seguito maggiore sia in Cina sia fuori.
Già ai tempi della fuga, molti avanzarono sospetti sulle sue strane circostanze, tant’è che il Karmapa si affrettò a fornire spiegazioni in merito.
Il suo ruolo per gli interessi cinesi sarebbe quello di destabilizzare gli ambienti tibetani all’estero in vista della successione all’attuale Dalai Lama, ormai settantacinquenne. Pechino già controlla il Panchen Lama, secondo in gerarchia, ma questi non gode di alcun credito presso i lamaisti fuoriusciti ed è di fatto escluso dai giochi per la nomina del successore di Tenzin Gyatso, almeno quanto a legittimazione presso la diaspora tibetana.
La seconda ipotesi è che il giovane Ogyen Trinley sia lui stesso vittima di una manovra cinese. Lasciato fuggire ad arte, svolgerebbe di fatto la propria funzione destabilizzatrice per il semplice fatto di esistere.
I “Cappelli Neri” sono infatti una setta più antica rispetto ai “Cappelli Gialli” (Gelugpa) dell’attuale Dalai Lama, da cui si distinguono in sintesi perché rappresentano un potere solo spirituale e non temporale.
L’instaurazione della teocrazia lamaista risale al diciassettesimo secolo, quando i “Gialli”, appoggiati dai mongoli, estromisero i “Neri” dal potere e poi convertirono a forza gran parte dei monasteri con l’appoggio dei successivi imperatori cinesi.
Oggi si parla di un gran ritorno del Karma Kagyu (non solo in Cina ma anche, per esempio, in Mongolia) che potrebbe di fatto limitare l’ascendente degli antichi rivali e fare così gli interessi del soft power di Pechino.
Non si può infine escludere una spiegazione di segno totalmente contrario: il Karmapa preso con le mani nel sacco è una mossa indiana e occidentale per escludere la Cina da ogni ingerenza sulla nomina del prossimo Dalai Lama.
Tenzin Gyatso potrebbe decisamente essere coinvolto in questa strategia. Il Dalai Lama ha prima riconosciuto Ogyen Trinley come legittimo Karmapa e poi l’ha “ospitato” a Gyuto limitandone di fatto i movimenti, del tutto in linea con il governo indiano che, nel 2010, ha cancellato un tour europeo di Ogyen Trinley perché “troppo esteso e troppo lungo”.
Pechino si è affrettata a negare ogni legame con Ogyen Trinley e sul Quotidiano del Popolo è comparso un commento che si chiede come sia possibile accusare il giovane di essere un agente cinese quando è sorvegliato dal primo momento in cui ha messo piede in India, con una libertà di movimento ridotta a quindici chilometri dalla sua residenza.
Intrighi da monastero con ricaduta geopolitica: di sicuro, il Nome della Rosa in versione tibetana non è solo un noir prodotto dalla fantasia di uno scrittore di successo.