Wikileaks, Vicenza e l’Africom. Quel “sì” di Letta e La Russa

Fonte: Il Giornale di Vicenza

Repubblica e l’Espresso pubblicano 4 mila rapporti segreti della diplomazia
Usa sull’Italia. E compaiono giudizi e trattative sulla questione della
Ederle e del passaggio dalla Setaf alla nuova struttura. Le rassicurazioni
di Roma sui ricorsi dei No Dal Molin

Roma. C’è il Dal Molin, la Setaf, l’Africom e i problemi per superare gli ostacoli burocratici per impiantare una nuova base militare a Vicenza.
Sono tutti nelle E la totale disponibilità dell’Italia ad accettare i desideri degli Usa. Sono fra i quattromila cables riservati filtrati dall’ambasciata Usa a Roma, oltre 30 mila pagine di documenti finora segreti che Repubblica e l’Espresso hanno ottenuto e pubblicheranno a puntate. E nella prima uscita oggi ecco che salta fuori la questione Dal Molin.

«Dal 2002 al 2010 parlano ambasciatori, segretari di Stato, diplomatici di
alto livello, politici di primo piano – scrive Fabio bogo su Repubblica -.
Tutte comunicazioni rigorosamente classificate. Tutte rigorosamente
destinate a restare riservate. Tutte, adesso, contenute nei cables che
WikiLeaks ha ottenuto e che l’Espresso, in collaborazione con Repubblica,
comincia da oggi a pubblicare».

«Più militari italiani in Afghanistan, pronti a combattere al fianco dei
marines, senza i tanti vincoli imposti dai “caveat” che impediscono ai
nostri soldati di intervenire in tutto il territorio afgano e soprattutto di
partecipare a operazioni d’attacco – scrive invece Luca Fraioli -. E poi il
via libera all’ampliamento delle basi Usa nella Penisola, alla loro completa
autonomia dalle autorità italiane, allo stoccaggio sul suolo nazionale di
armi che, almeno in teoria, il nostro Paese ha messo al bando. Dai nuovi
cablo sull’Italia venuti in possesso di WikiLeaks emerge che Washington, in
cambio del sostegno al governo Berlusconi, chiede la massima collaborazione
in campo militare. E la ottiene, sempre».

Sotto il titolo “La base di Vicenza” si legge che «nei rapporti dei
diplomatici americani l’Italia è “una piattaforma strategica unica per le
truppe Usa, permettendoci di raggiungere facilmente le aree turbolente del
Medio Oriente, dell’Europa orientale e dell’Africa. E con Africom sarà
partner ancora più significativo della nostra proiezione di forza”.
L’Africom e quello che è diventata dal 2009 la ex Setaf, con sede alla
Caserma Ederle di Vicenza. Perché il pericolo non viene più dall’est, ma le
priorità sono altre. Come Africa e Medio Oriente.

«Africom sta per Africa Command, è il comando responsabile delle operazioni
militari americane in Africa che a fine 2009 si insedia a Vicenza – dice
Fraioli -. I diplomatici Usa confessano di essere molto soddisfatti per la
riuscita dell’operazione e per il contributo di Paolo Costa, commissario
straordinario del governo italiano. Le proteste dei pacifisti e dei
vicentini, del movimento “No Dal Molin”, sono solo un ricordo. Anche grazie
alle rassicurazioni di La Russa: abbiamo fiducia nel Consiglio di Stato,
dice il ministro ai suoi referenti dell’ambasciata Usa, ma se vinceranno i
ricorsi presentati contro l’ampliamento della base, vi garantiamo comunque
una soluzione. Non sarà necessario: il massimo organo di consulenza
giuridico-amministrativa emetterà tra il luglio e l’ottobre del 2008 una
raffica di pareri favorevoli all’ampliamento della base di Vicenza, che
potrà così ospitare la 173esima brigata aviotrasportata delle forze armate
Usa».

Infine «resta il problema della extraterritorialità: gli statunitensi
esigono che quello all’interno del muro di cinta venga considerato suolo
americano, con leggi americane e militari americani a farle rispettare. Gli
italiani replicano che l’extraterritorialità vale solo per le basi costruite
nell’immediato Dopoguerra, ora la Costituzione lo vieta».

Così salta fuori l’escamotage: «A Vicenza, fa notare Washington, c’era il
comando Setaf per l’Europa meridionale. Basta estendere all’Africom la
continuità giuridica della vecchia base. E con Gianni Letta si arriva
all’aut aut: se non volete l’Africa Command ci sono altri Paesi pronti a
ospitarlo. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio accetta. Ancora
una volta – scrive Repubblica – senza contropartita».

Qui però si parla di Africom, roba recente. La storia del Dal Molin in
realtà parte da molto lontano e passa da tre governi:
Berlusconi-Prodi-Berlusconi. Fra i 4 mila lanci di Wikileaks, che partono
dal 2002, ci sarà ancora molto da scoprire.

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