Il ruolo dell’Ucraina nella dissoluzione dell’Unione Sovietica

Scritto da Lorenzo Zacchi
Fonte: http://www.opinione-pubblica.com/2015/10/26/ruolo-dellucraina-nella-dissoluzione-dellunione-sovietica/

Ogni analisi sul presente politico ucraino deve per forza di cose essere contestualizzata nella storia del paese e all’interno del profondo legame con la cultura russa.
L’Ucraina divenne stato indipendente nel 1991, dopo la lunga esperienza sovietica, ed ebbe un ruolo storico fondamentale nel processo di dissoluzione dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS).
Nel 1991 lo stato politico dell’URSS era tutt’altro che invidiabile: la crisi identitaria, spinta da alcune repubbliche che rivendicavano una propria indipendenza (specialmente Estonia, Lettonia, Lituania, Georgia, Armenia, Moldavia) e che avevano boicottato il referendum sul mantenimento dell’Unione del 17 marzo, spinse il Consiglio di Stato Sovietico, a partire dal mese di novembre, a ridiscutere l’assetto istituzionale dell’URSS.
E’ qui che comincia il vero e proprio strappo ucraino, guidato da Leonid Kravchuk, presidente del soviet supremo d’Ucraina dal 1990 e futuro primo presidente del paese. Professore universitario e membro del Partito Comunista d’Ucraina dal 1958, per ben 18 anni capo della divisione agitazione e propaganda del Comitato Centrale del partito, Kravchuk era un membro di spicco della nomenklatura comunista riformista che si venne a creare all’inizio degli anni ’80.

All’interno del Consiglio di Stato Sovietico si distinguevano diverse opinioni sul futuro assetto da attribuire all’URSS: Gorbachev, presidente sovietico, continuava a rivendicare una disposizione federale al contrario del presidente russo Eltisn, che sosteneva la nascita di una Confederazione di stati.
All’interno del dibattito ebbe un peso fondamentale proprio la proposta di Kravchuk che proponeva la fondazione di una Comunità di Stati Indipendenti. Conscio del ruolo che avrebbe avuto in una transizione democratica, e attirato dalle ingenti ricchezze statali del proprio paese, Kravchuk fu uno dei più grandi oppositori al mantenimento di un assetto sovranazionale, che sembrava invece il compromesso più razionale tra le diverse fazioni all’interno del Consiglio di Stato.
Di conseguenza, il veto della seconda repubblica sovietica per popolazione e rilevanza politica (l’Ucraina appunto) frenò il proseguimento di un’entità sovranazionale e Eltsin il 25 novembre propose la nascita della Comunità di Stati Indipendenti (CSI).

All’interno di questo delicato momento storico-politico, Kravchuk indenne per il 1° dicembre un referendum sull’indipendenza nazionale, unito all’elezione del primo presidente della Repubblica ucraina. Il risultato fu scontato ed incontrovertibile: il 90% dei votanti si espresse a favore dell’indipendenza, e di conseguenza Kravchuk fu eletto primo presidente ucraino.
Eltsin, in piena linea con la sua idea politica, riconobbe subito la legittimità e l’importanza del referendum.

L’8 dicembre, i capi di stato ucraino (Leonid Kravchuk), bielorusso (Stanislau Shushkevich) e russo (Boris Eltsin) si incontrarono in gran segreto nella foresta di Bialowieza (Belavežskaja pušča), al confine tra la Bielorussia e la Polonia e firmarono l’accordo di Belaveza.
Questo accordo sanciva di fatto la fine dell’Unione Sovietica come soggetto di diritto internazionale e come entità geopolitica, istituendo al suo posto la Comunità di Stati Indipendenti.
La decisione, calata “dall’alto” da una minoranza di presidenti (calcolando l’eccellente esclusione del presidente kazakho Nazarbaiev, leader della 3° potenza sovietica), venne accusata di illegittimità da Gorbachev, che il giorno successivo dichiarava: “Il destino di uno Stato multinazionale non può essere determinato dalla volontà dei capi di tre repubbliche. La questione avrebbe dovuto essere decisa soltanto con strumenti costituzionali, con la partecipazione di tutti gli stati sovrani e tenendo conto della volontà dei loro cittadini.”
In seguito tutti i parlamenti, in primis quelli bielorusso e ucraino, ratificarono il testo dell’accordo di Belaveza: il 25 dicembre venne ammainata la bandiera rossa sovietica che sventolava sul Cremlino, e fu sostituita con il tricolore di Pietro il Grande.

Il ruolo oltranzista di Kiev, guidato dalla figura di Kravchuk, fu determinante quindi per la fine dell’Unione Sovietica. Il presidente ucraino fu abile a cavalcare il sentimento nazionalista dell’ovest del paese, garantendosi la permanenza al potere e un ruolo primario nella spartizione delle immense ricchezze statali, che comportarono una difficile e mai avvenuta transizione democratica nel paese.

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