“Separati in casa”: viaggio tra gli indipendentisti europei

Scritto da: Tullio Filippone
Fonte: http://www.cafebabel.it/societa/articolo/separati-in-casa-viaggio-tra-gli-indipendentisti-europei.html

“Separati in casa” è un tuffo nell’Europa che riscopre l’indipendentismo: dalla Catalogna che sogna il referendum, alla Scozia che ha mancato l’appuntamento con la secessione; dalle contraddizioni del Belgio alla storia violenta di Irlanda del Nord, Paesi Baschi e Corsica, sino alle “mille patrie italiane”. Ne abbiamo parlato con l’autore, il giornalista di Repubblica Lucio Luca.

Doveva essere un mese e mezzo sabbatico, invece si è trasformato in un viaggio tra i movimenti indipendentisti d’Europa. Il docufilm “Separati in casa” di Lucio Luca, giornalista di Repubblica, fa luce tra le contraddizioni di un continente che si allarga, malcelando però le rivendicazioni dei suoi regionalismi, i “separati in casa” soffocati da un’Europa dei mercati che ha smarrito per strada la sua missione iniziale: rappresentare un’unione di popoli e preservarne le specificità culturali. I movimenti e i loro protagonisti ci sono tutti: da quelli che per molti anni hanno scritto pagine di storia spesso violente, come l’Ira irlandese, l’Eta basca e il Front de Liberation Nationale corso, alle matasse più recenti come la questione scozzese, o quella catalana nella Spagna del modello costituzionale del “café para todos“, che alle 17 regioni autonome non basta più. Fino al paradosso belga, dove fiamminghi e valloni non si capiscono e alle “mille piccole patrie” italiane, dal Sud Tirolo alla Sicilia.

cafébabel: Com’è nata l’idea di questo viaggio? 

Lucio Luca: Ho preso un periodo sabbatico e ho presentato un progetto a Repubblica: un giro nell’Europa dei separatismi dialogando con giornalisti, storici e politici, ma anche con la gente comune. Era il novembre 2014, alla vigilia del referendum in Scozia prima e di quello previsto in Catalogna poi, annullato da Madrid. Mi sono reso conto che si poteva raccontare uno spaccato d’Europa in un momento in cui l’Unione si allargava a 28 stati membri e ancora molti bussavano, ma, paradossalmente, le spinte antieuropee mettevano tutto in crisi. Così sono partito. A giugno del 2015 sono stato in Catalogna, Aragona, Paesi Baschi e Galizia. Poi in Corsica, Belgio, Scozia, Irlanda e infine in Italia, da Bolzano a Montelepre.

cafébabel: Si potrebbe tracciare un filo conduttore tra i movimenti separatisti, una sorta di Internazionale degli indipendentisti?

Lucio Luca: Un’internazionale separatista in teoria c’è. L’Europa è nata con l’idea di mettere insieme le identità, i popoli e le genti d’Europa. Quando, nell’ultimo ventennio, l’Unione si è trasformata in un’Europa dei mercati e delle banche, mentre le identità culturali venivano annientate dagli interessi di alcuni stati nazionali come Germania, Gran BretagnaFrancia, sono esplosi i regionalismi perché i popoli si sono sentiti traditi. Parliamo di storie e ideologie diverse, ma con un sentimento che può unire separatisti fiamminghi di ultradestra con lo Sinn Fein irlandese che è di ultrasinistra. Tutto nasce dall’aspirazione di vivere in un’Europa che riconosca le loro ambizioni culturali ed economiche.

cafébabel: Si può dire che l’Europa abbia involontariamente guidato dal centro le spinte centrifughe dettate da un’emancipazione economica?

Lucio Luca: Assolutamente sì. Nel momento in cui le regioni hanno cominciato a contare sempre meno, perché tagliate fuori dai poteri decisionali e dal mercato, le spinte separatiste sono venute fuori. In realtà ci sono sempre state, ma negli ultimi 15-20 anni

sono riesplose per colpa di questa Europa. Guardiamo alla Catalogna: produce il 20% del Pil spagnolo, ma se non conta nulla a Bruxelles è evidente che qualcosa non va. È normale quindi che chieda a Madrid maggior autonomia, se non l’indipendenza.

cafébabel: Indipendenza continuando a restare in Europa?

Lucio Luca: Sì. Una delle caratteristiche comuni di molti di questi movimenti è la volontà di restare in Europa. Niente a che vedere con il populismo della Lega Nord, dell’UKIP in Gran Bretagna o del Front National in Francia. I separatisti vogliono l’Europa. Preservando però storia, tradizioni e ambizioni economiche ridotte dai propri stati nazionali.

cafébabel: Possiamo parlare oggi di Europa delle regioni e non delle nazioni?

Lucio Luca: Doveva essere un’Europa dei popoli e delle regioni ed invece è sempre più un’Europa delle nazioni e, soprattutto, dei poteri economici forti.  L’idea di Altiero Spinelli di creare una grande federazione fondata sulla diversità è stata stravolta. Se aggiungiamo le politiche della Merkel ed altri attori politici è chiaro che si respira un malcontento che potrebbe generare una reazione a catena: se si stacca qualcuno, altri potrebbero seguirne l’esempio. La Scozia non ci è riuscita, la Catalogna prima o poi ci proverà. Senza parlare della Brexit.

cafébabel: C’è da dire che tutti i movimenti che per anni hanno rivendicato la loro identità con violenza come l’Eta, l’Ira il Flnc hanno deposto le armi…

Lucio Luca: Credo che quello che è successo negli ultimi 30-40 anni in Irlanda del Nord, Corsica o Paesi Baschi non si ripeterà in quelle forme. I popoli hanno capito che quelle organizzazioni, nate con un intento talvolta nobile, sono degenerate negli anni trasformandosi in associazioni criminali che hanno fatto solo del male alle cause indipendentiste. Gli anni di piombo non torneranno più, ma le spinte ideologiche a separarsi da entità alle quali queste regioni sono state annesse in passato anche con la forza sono fenomeni appena cominciati e che si ripeteranno. Come in Belgio ad esempio, un paese finto, il paradosso dei paradossi dove è la capitale d’Europa. Lì i fiamminghi e i valloni non si parlano perché non si capiscono…

cafébabel: Oggi consideriamo l’autodeterminazione come un diritto di ogni popolo. Eppure, viene in mente l’esempio della Spagna, cosa succederebbe se tutti rivendicassero il diritto di decidere?

Lucio Luca: La Spagna è un esempio particolare. La giovane democrazia post-franchista è fondata su un patto costituzionale che riconosce 17 regioni autonome, alcune storiche, altre create ad hoc. La Costituzione vieta i referendum di secessione, ma se dovessero concederlo alla Catalogna, i Paesi Baschi chiederebbero lo stesso, così come la Galizia e tante altre regioni. Da una parte quindi il diritto all’autodeterminazione è sacrosanto e nessuno lo può negare, dall’altra è vero anche che la Costituzione lo vieta, quindi è un braccio di ferro destinato ad andare avanti. La Catalogna del resto è una sorta di Lombardia spagnola. Credo che Madrid prima o poi debba accontentare alcune rivendicazioni.

cafébabel: Qual è il bilancio di questo viaggio?

Sono partito con l’idea di cercare di capire. Trovarsi lì e parlare con la gente, con leader politici, ex capi dell’Eta e dell’Ira, con combattenti e rivoluzionari corsi, fa realizzare che questa Europa, fondata sul mercato e sul denaro, nel tempo è destinata al fallimento. Se essa non cambia infatti ci ritroveremo con un’Unione forse più ampia, dove però decidono in 2-3. Se invece si recupera l’idea iniziale, dove non conta solo il potere economico, ma anche le tradizioni e la diversità, io penso che le spinte indipendentiste non avranno più ragione di esistere.

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