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La Grande Piramide è un collettore elettromagnetico

Fonte: https://www.nibiru2012.it/grande-piramide-collettore-elettromagnetico/

http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/energia/2018/08/01/grande-piramide-i-fisici-scoprono-il-segreto-della-sua-energia-_172052f1-4547-47cf-8faf-78b79ec92c47.html

La scoperta effettuata da un team di ricercatori russi e tedeschi. Grazie a questa ricerca potremo creare celle solari più efficaci, rimane un “mistero” il reale scopo della Grande Piramide di Giza.

Sembra che pian piano emerga la verità sui grandi megaliti che le civiltà antiche ci hanno lasciato in eredità. Da più di 30 anni ricercatori coraggiosi cercano di fare luce sul reale utilizzo e scopo della Grande Piramide di Giza e finalmente si comincia a dar loro ragione.

Sui giornali in questi giorni è apparsa la notizia che il megalito più famoso al mondo sia in realtà un collettore elettromagnetico. Ancora si parla di tomba e questo “mito” continua a perdurare. Sempre più però possiamo dire, grazie a ricerche scientifiche, che le piramidi non furono costruite per utilizzarle come tombe ma c’è MOLTO altro.

Vediamo la notizia da fonte Ansa:

Le celle solari del futuro si ispirano alla Piramide di Cheope: al di là delle leggende, la piramide di Giza è stata studiata con i metodi della fisica ed è emerso che riesce a concentrare l’energia elettromagnetica, e precisamente le onde radio, sia nelle camere interne sia nella base. Si potrebbero così progettare nanoparticelle ispirate alla struttura di questo edificio che siano in grado di riprodurre un effetto analogo nel campo dell’ottica, da utilizzare per ottenere celle solari più efficienti. Lo indica la ricerca pubblicata sul Journal of Applied Physics e condotta dai fisici della Itmo University a San Pietroburgo e del tedesco Laser Zentrum di Hannover.

Per Tullio Scopigno, fisico dell’Università Sapienza di Roma, l’applicazione prospettata dai ricercatori è interessante “ma questo studio va preso con cautela, in quanto basato su modelli matematici non ancora supportati da evidenze sperimentali”. I ricercatori hanno condotto lo studio perché interessati alla struttura della della tomba del faraone Cheope dal punto di vista fisico. In particolare hanno voluto vedere come le onde radio si distribuiscono nella sua complessa struttura.

Per farlo hanno ipotizzato che non ci siano cavità sconosciute e che il materiale calcareo da costruzione sia uniformemente distribuito. Sulla base di queste ipotesi è stata messa a punto una simulazione matematica e si è visto che la Grande Piramide può concentrare le onde radio nelle sue camere interne e sotto la base, un po’ come una parabola.

piramide cheope misteri

Questo avviene, rileva Scopigno, perché “la lunghezza d’onda delle onde radio, compresa 200 e 600 metri, è in un certo rapporto rispetto alle dimensioni della piramide”. Questo significa che per avere lo stesso effetto con altri tipi di radiazioni che hanno lunghezze d’onda diverse, come la luce, sono necessarie strutture di dimensioni diverse, precisamente occorrono dispositivi in miniatura. Ecco perché i ricercatori prevedono di progettare nanoparticelle, ossia delle dimensioni di qualche milionesimo di millimetro, e a forma di piramide, in grado di riprodurre effetti simili nel campo ottico, da usare nelle celle solari.

Dal passato una tecnologia per il futuro

Già questa è una cosa strabiliante e fuori da ogni logica: un monumento antico da sempre considerato una tomba che diviene fonte di ispirazione per progetti hi-tech. Come potete leggere nell’articolo nessuno si chiede come mai gli Egizi avessero bisogno di un collettore elettromagnetico. Buio assoluto ma un tassello in più per scardinare il concetto di storia come l’abbiamo sempre studiata. Siamo fermamente convinti che andrebbe riscritta e queste scoperte aiuteranno questo processo!

Repubblica Centrafricana: i taglialegna che difendono la foresta

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/it/blog/6-news-ita/good-news/4404-repubblica-centrafricana-quei-taglialegna-che-difendono-la-foresta.html

Narcisse Makiandavo ha abbattuto centinaia di alberi, tutti illegalmente: li bruciava per produrre carbonella da vendere nella capitale Bangui. Oggi lui e i suoi colleghi sono divenuti attivi difensori dell’ambiente. “Abbiamo deciso di farla finita con la deforestazione. Ci siamo resi conto che stava spazzando via intere foreste native distruggendo l’ambiente di molte specie selvatiche”, spiega Makiandavo, che ora dirige un’associazione di ex taglialegna illegali. La sua associazione conta oltre 80 membri, tutti ex taglialegna che ora si battano per l’ambiente.
Dal 2014, il WWF sostiene associazioni locali e comunità indigene nella lotta alla deforestazione illegale. Tra esse, sono Initiatives pour la Démocratie et le Développement Durable (I3D), Jeunesse pour la Protection de l’Environnement en Centrafrique (JPEC) e Action Verte. Queste ONG hanno aiutato le comunità locali e indigene a organizzare i Comitati di governance delle foreste del villaggio (CVGF).

“Abbiamo insegnato ai membri dei comitati le tecniche di monitoraggio della foresta”, spiega Basile Imandjia, di Action Verte. “Li abbiamo anche aiutati ad organizzarsi in associazioni e ora sono impegnati in attività legali e si prendono cura delle loro famiglie proteggendo la foresta”.

I difensori dell’ambiente, ora affiliati alle associazioni, desiderano impegnarsi in attività legali per fonti di reddito alternative. “Vogliamo vivere una vita migliore contribuendo alla lotta contro la distruzione della foresta, che ha gravi conseguenze per la vita degli agricoltori centrafricani”, spiega Narcisse Makiandavo, un ex taglialegna ora attivo protettore della foresta.

Le associazioni locali, sostenute dal WWF, hanno aiutato oltre 80 taglialegna illegali a sviluppare nuove attività in grado di creare reddito proteggendo la foresta. Tra esse il rimboschimento e la coltivazione di teak o altri alberi come il Sapelli, Essesang, Ayous, Fraké, che producono legno ma forniscono anche servizi forestali (medicine, miele ecc).

Le aree di rimboschimento garantiranno una quantità sufficiente di legname, legna da ardere e carbonella. In questo modo il valore del legname prodotto aumenta mentre le foreste restano in piedi.

Parco del Delta del Po, un luogo magico poco conosciuto tra Veneto e Romagna

Fonte: Luca Scialò
Fonte: https://www.tuttogreen.it/parco-del-delta-del-po-un-luogo-magico-poco-conosciuto-tra-veneto-e-romagna/

Il Parco del Delta del Po, questo sconosciuto. Eppure rientra in una delle tante ricchezze naturalistiche del nostro Paese. Questo parco regionale si estende tra Emilia-Romagna e Veneto, sebbene principalmente nella prima Regione, con 54mila ettari. E’ stato istituito nel 1988, entrando a far parte, il 2 dicembre 1999, nei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.

 

Il Parco offre altresì un patrimonio culturale tra i più interessanti dell’Emilia Romagna. Basta annoverare l’abbazia di Pomposa, la regione lagunare di Comacchio, la basilica di Sant’Apollinare in Classe poco fuori Ravenna.

Molto variegata la fauna presente nella zona: 374 specie di vertebrati, di cui 297 specie di uccelli. Di queste, 146 sono nidificanti, pari a 35mila individui, mentre 151 sono svernanti, altri 55mila. Tra le specie più rare vanno menzionate il fenicottero maggiore, la spatola, il marangone minore, e altre come il mignattaio, il tarabuso, il fraticello, il falco di palude e il mignattino piombato.

Quanto ai mammiferi, nel Parco sono presenti 41 varietà. Tra queste vanno ricordate il cervo nobile, il daino, la volpe, l’istrice, la puzzola e lo scoiattolo.

Di tutto rispetto anche la fauna. Tra gli alberi risaltano i salici e i pioppi, fra gli arbusti la biangola, e nei prati spuntano i ciuffi di carice spondicola, la campanella maggiore e il giunco fiorito. Non mancano particolari specie di orchidee.

GUARDA I: 20 giardini botanici più belli del mondo

Il Parco del Delta del Po

L’aspetto unico, fuori dal tempo, del Parco del Delta del Po.

I visitatori, oltre che apprezzare le ricchezze naturalistiche, possono svolgere anche varie attività. Vengono proposte infatti diverse iniziative didattico-ricreative. Molteplici le attività da poter svolgere: da una semplice passeggiata in bicicletta sugli argini dei sei rami del Po a un’escursione in barca o in canoa per i più sportivi.

Per i fanatici delle fotografie, sono diversi i punti dove poter scorgere stupendi panorami o immortalare splendide specie animali o faunistiche. Non mancano anche possibilità di birdwatching.

EMANUEL MACRON & L’ ELISEO / UN COVO DI MASSONI, AFFILIATI DELL’ISIS O COSA ?

Scritto: Andrea Cinquegrani
Fonte: http://www.lavocedellevoci.it/2018/07/26/emanuel-macron-l-eliseo-un-covo-di-massoni-affiliati-dellisis-o-cosa/

Un clamoroso autogol dopo la sbornia per la vittoria al Mondiale pallonaro? Una improvvisa passione tra padrone e bodyguard come nei copioni degli Studios? O cosa altro dietro   quell’incrocio tra spy story e una sceneggiata con stracci che volano insieme a documenti più che bollenti?

E’ la story estiva che fa andare in tilt non solo il gossip di mezzo mondo, ma anche in fibrillazione Cancellerie e Palazzi che contano: stiamo parlando, of course, del personaggio del giorno, il guardaspalle (e chissà cos’altro) più gettonato sui social, Alexandre Benalla, alto il doppio del suo buana, il presidente dell’Eliseo Emanuel Macron, che in una delle tante foto dei paparazzi lo rimira estasiato e accoccolato alla sua spallona destra.

Gossip a parte che certo non fa andare su tutte le furie l’algida Brigitte, ne stanno volando di tutti i colori, soprattutto sul fronte politico, perchè in questo momento ribollente sullo scacchiere internazionale il ruolo della Francia è assolutamente strategico, e le fresche fibrillazioni con l’Italia e la Germania non sono roba da poco.

Partiamo dalla polpa, la sostanza, lasciando da parte il gossip, che riduciamo alla prima dichiarazione al vetriolo rilasciata dal prefetto di Parigi, Michel Delpuech: “Derive individuali, inaccettabili, condannabili, in un quadro di favoritismi malsani”.

Certo, riferiti all’erede di Hollande e Sarkozy, non sono latte e miele.

UN BODYGUARD MASSONE E CON AMICI BORDER LINE ?

Eccoci ai fatti. Che pubblichiamo per un preciso dovere di cronaca, ma andranno con attenzione verificati e valutati dalla magistratura transalpina e dalle autorità competenti. Se basta.

Lo storico Maurizio Blondet la spara grossa: “Benallà era affiliato al Grande Oriente di Francia, collegato con la Loggia Emir Abder Kader”. Un eroe della storia egiziana, quest’ultimo, un ‘indipendentista’. Per capirne di più sulla massoneria egiziana, nordafricana e di tutto il bacino del Mediterraneo conviene consultare studi e ricerche condotte in modo molto minuzioso da Emanuela Locci, autrice de “La Massoneria nel Mediterraneo”, ricercatrice al DISPI, ossia il Dipartimento di Scienze Politiche all’Università di Cagliari.

Sintetizzando il tutto, la massoneria egiziana è in qualche modo una costola, ‘un esperimento’ all’interno al corpo massonico francese, in genere restio ad inclusioni indigene. E infatti, la prima versione della Loggia Regolare d’Egitto” finì nel 1954. Per poi rinascere oltre mezzo secolo dopo, nel 2007. Ma nel frattempo s’è registrata un’inversione di 180 gradi: se infatti la prima Loggia era d’ispirazione transalpina, la seconda è di marcata ispirazione britannica.

Prima di tornare agli incroci massonici internazionali, altre news non da poco su Benallà E la sua band. Fonti investigative internazionali riferiscono di un legame tra lo stesso Benallà e alcuni personaggi che direttamente o indirettamente sono stati coinvolti nelle stragi che hanno insanguinato la Francia, come quella del Bataclan e quella (mancata) allo Stadio di Parigi. Se provato, una bomba.

Non bastava, evidentemente, un solo body guard al delicato Macròn. E a reclutarne un secondo provvede proprio Nembo Benallà che chiama un altro fedelissimo, tale ‘Markao’. A quanto pare un personaggio dal pedigree non proprio adamantino: risulta, infatti, a sua volta legato ad Award Bendaud, un ‘delinquente comune’ che ha ammesso davanti agli inquirenti di aver ospitato in un appartamento a Saint Denis due tipi appena conosciuti: “non sapevo nemmeno chi fossero”, ha confessato candido come un giglio. Ed invece ruotavano intorno al gruppo di fuoco del Bataclan. Seconda bomba più forte della prima. Ma in che razza di Eliseo – se anche solo qualcuna di queste  circostanza venisse confermata – ci troviamo?

Un covo massonico, una succursale dell’Isis o cosa?

Uno che aveva tutte le porte aperte e gli accessi più facili al mondo, l’onnipresente Benallà. Poteva entrare e uscire tranquillamente dalla sontuosa Villa Touque, la maison d’amour di Brigitte ed Emanuel: e lui, il bodyguard “viveva in perfetta intimità con la coppia presidenziale”, sparano i gossippari transalpini.

Forse più strategico il libero accesso alla “Assemblea Nazionale”. Consentitogli da un personale bedge ricevuto dal DGSI (il servizio di spionaggio interno) che fornisce una sorta lasciapassare di Secret Defense, del quale possono godere i parlamentari.

Racconta Giorgio Sapelli, l’economista e candidato in pectore per una nottata alla premiership, poi scavalcato da Giuseppe Conte: “ho seguito a lungo le mosse pre presidenziali e poi presidenziali di Macròn. La newsletter ufficiale inviata ogni mattina dallo staff di Macron aveva nel suo indirizzario anche quello del Grande Oriente di Francia. Mi sono fatto una certa convinzione, ossia che Macròn abbia seguito fino ad un certo punto il cammino del Grande Oriente, che ha una spiccata connotazione socialista, per poi virare a destra e rispondere ai desiderata dei gruppi forti del potere francese. Più precisamente mi sono reso conto che Macròn esprime una parte del potere francese legato ad altri circuiti massonici più conservatori, come il Rito Scozzese Antico e Accettato, che è la massima espressione inglese legata alla Casa Reale”.

IL GRANDE AMICO INCAPPUCCIATO, JACQUES ATTALI

Ancora più esplicito l’economista transalpino Jacque Attali, il quale a botta calda, dopo l’ascesa all’Eliseo del 23 aprile 2017, sostenne: “Vi spiego io chi è Macròn, un supermassone oligarchico di livello internazionale”.

Secondo Giole Magaldi, autore di un’autentica enciclopedia sulle più potenti logge massoniche mondiali (le cosidette UR Lodgdes), Macròn fa capo alla Three Eyes, una delle più influenti, fondata da Henry Kissinger ed alla quale, tra gli illustri italiani, farebbe capo anche l’ex presidente della repubblica Giorgio Napolitano.

Una splendida carriera nella superbrocrazia francese, quella griffata Macròn, sempre al seguito del maestro Attali che lo ha introdotto negli ambienti che contano dell’Eliseo, dopo la laurea all’ENA, ossia la super Università per la burocrazia. Il suo cursus honorum, infatti, pur giovanissimo, è inarrestabile: consigliere economico dell’Eliseo, poi direttamente ministro dell’Economia. Senza dimenticare qualche consulenza prestigiosa che non fa mai male, come al super gruppo statunitense  Rotschield o la partecipazione a qualche super summit, come quello dei Bilderberg, i potenti della terra, tenutosi quest’anno ai primi di giugno a Torino.

Gioele Magaldi

Chiudiamo con qualche piccolo ‘segnale’ e due battute.

Tra i primi c’è chi fa notare la presenza costante, sulla sua scrivania presidenziale, di due oggetti: sullo schermo del suo I Phone c’è l’immagine di un gallo, che secondo gli esoteristi è un tipico simbolo massonico. Sulla stessa scrivania fa poi capolino un orologio “a quadrante doppio”. Senza dimenticare quell’Inno alla Gioia intonato nella notte della vittoria che ha fatto andare in visibilio non solo i parigini e gli amanti della musica, ma anche folte schiere massoniche.

La prima battuta, invece, venne pronunciata a Attali a proposito delle polemiche continue sull’euro: “Ma cosa credono, che l’euro l’abbiamo inventato per la felicità della plebaglia europea?”.

Eccoci poi alla gaffe in diretta, nel salotto di Otto e Mezzo, sotto gli occhi sgranati di Lilli Gruber, pronunciata da un altro economista, Marc Lazard, invitato a commentare il dopo voto, una sorta di gioco di parole un po’ complesso da afferrare-tradurre ma che suonava in questo modo: “Macròn? Machone? Ah, massone”.

Formiche e cicale

Fonte: http://www.crisiswhatcrisis.it/2018/06/07/formiche-e-cicale/

La Germania è una formica. L’Italia una Cicala.

Vero?

Falso.

Perchè ormai l’avanzo primario ( al netto del pagamento degli interessi) dello Stato Italiano è tra i più alti del mondo .ll che vuol dire che la gran parte dei cittadini riceve dallo Stato meno di quel che da mentre sono la parte più abbiente e gli Istituti finanziari italici ed esteri, chi detiene i buoni del tesoro nostrani, coloro ricevono più di quel che danno.

Si vede piuttosto bene nel grafico di testa di questo post. In realtà l’Italia è più formica degli altri paesi europei e il deficit è dovuto solo al servizio del debito. Basterebbe abbassare i tassi di questo servizio, magari portarli sotto zero e non avremmo nessun bisogno di manovre.

Ma non è solo questo. Il debito di un paese è l’insieme di quello dello stato e di quello dei cittadini.

Di nuovo, per quanto riguarda il debito delle famiglie, gli Italiani sono tra le formichine e non tra le cicale.

Non è che tutto vada bene, sora la marchesa. Non è che non ci siano sprechi e malversazioni. Non è che non si possa allocare meglio le risorse, umane e finanziarie dello Stato.

E’ che dobbiamo smetterla di vederci come cicale, mentre ci affanniamo a riempire i granai altrui, che, per contraccambio ci infamano… Il debito è un problema?

Certo: è IL problema.

Ma quello Mondiale, quello globale. Perchè la crescita mondiale è attualmente finanziata a debito, un debito che aumenta più rapidamente della suddetta crescita e quindi si mangia quote sempre crescenti della ricchezza reale dei paesi. E’ una crescita finta, in sostanza.

Il nostro è solo una piccola parte del totale, che cresce molto ma molto più rapidamente di quanto sia possibile controllare. La soluzione passa attraverso la ristrutturazione e/o l’inflazione. La terza via, l’abbiamo già vista all’opera e non funziona. Perché porta comunque al defaut, alla ristrutturazione all’inflazione. O a tutte e tre insieme.

In pratica, all’esplosione dello schema Ponzi planetario.

IL DESTINO DI DEUTSCHE BANK E’ SEGNATO!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2018/07/09/il-destino-di-deutsche-bank-e-segnato/

La fake news del giorno è che JPMorgan è disponibile ad entrare nel capitale di Deutsche Bank ormai il nulla con la disperazione intorno.

E’ forse nascosto nei caveau di Deutsche Bank il segreto russo di Trump? Mi Is e in mente un altro segreto nascosto a Tripoli che portò la Francia a invadere e distruggere la Libia.

JPMorgan Chase ha negato di essere interessata all’acquisto di parte delle azioni di Deutsche Bank. Il magazine settimanale tedesco WirtschaftsWoche aveva scritto che la banca di affari americana sarebbe stata pronta a investire del denaro in Deutsche, cosa che aveva fatto salire le azioni del gruppo di quasi il 6%.
“Neghiamo questa notizia, non è vera”, ha detto un portavoce.

Certo che devono essere messi davvero male se la carta straccia tedesca è costretta ad inventarsi una simile bufala per resuscitare il cadavere di Deutsche Bank.

Nel frattempo in America qualcuno si esalta per il continuo aumento degli occupati s termine Usa mentre il tasso di disoccupazione è salito dal 3,8% al 4% contro attese per un dato invariato.

Stando a quanto riferito dal dipartimento al Lavoro, i salari orari – attentamente monitorati perché indicano l’assenza o meno di pressioni inflative – sono saliti dello 0,19% (o di 0,05 dollari) su base mensile a 26,98 dollari; le previsioni erano per un +0,3%. Su base annuale sono saliti del 2,7%. E’ tuttavia dalla fine della recessione nel 2009 che l’incremento annuo non arriva al 3%. A gennaio si era avvicinato, toccando il +2,9%; quest’ultimo era stato il balzo maggiore dal 2009, cosa che aveva fatto temere un’accelerazione dell’inflazione e dunque una Federal Reserve

Meno 0,4% addirittura nei guadagni orari del settore retail e meno 0,2% per quanto riguarda il settore trasporti!

In parole povere per l’ennesima volta fallisce la speranza di vedere salire i salari con conseguente apprezzamento dei nostri tesorucci che tecnicamente abbattono l’ennesimo diaframma portando il rendimento del trentennale vicino ai minimi da circa 5 mesi!

Mentre il mondo intero insieme a Godot attende che la Cina si liberi definitivamente di tutti i titoli di Stato americani di cui ha un bisogno disperato come dell’aria, i giapponesi hano ridotto le loro posizioni ad un minimi come non si vedeva da sette anni…

L’articolo di Bloomberg ci racconta che i rendimenti dei treasuries sono stati pessimi per anni, come se quelli dei titoli di Stato giapponesi avessero offerto meraviglie, i costi altissimi per coprire la volatilità del cambio suggeriscono che in fin dei conti è meglio restare a casa, continuare a comprare rendimenti pari a ZERO o meglio negativi.

Ma ciò non significa che abbiano rinunciato del tutto all’America. In effetti, gli investitori del Giappone hanno acquistato quantità record in azioni statunitensi, obbligazioni societarie e titoli garantiti da agenzie immobiliari, spingendo gli investimenti in quelle attività oltre i 1000 miliardi di dollari  per la prima volta quest’anno. Questo è in netto contrasto con il grande ritiro dei Treasury, che ha ridotto le posizioni del Giappone a un minimo di sette anni.

“Il crescente costo delle coperture ha spinto gli investitori giapponesi fuori dal loro prodotto estero preferito: i titoli del Tesoro USA”, ha detto Tetsuo Ishihara, uno stratega statunitense a Mizuho Securities USA. “In generale, hanno dovuto correre più rischi per compensare tale aumento”.

Ovviamente questa è la necessità di tutti coloro che vivono di breve termine, coprirsi sempre e ovunque come se non ci fossero alternative, nel frattempo sono così furbi di imbottirsi di titoli corporate o meglio ancora azioni, per mirare alla devastazione futura dei loro portafogli.

Gli amici di Machiavelli sanno la differenza tra il breve e il lungo termine, conoscono bene i rischi e le opportunità di un titolo sovrano come quello americano.

Nel frattempo in America si fa viva la solita Federal Reserve, ma come sempre can che abbaia non morde!

FOMC: “i prezzi del petrolio più elevati continueranno a sostenere gli investimenti in quel settore… anche se i vincoli di approvvigionamento per il lavoro e le infrastrutture limiteranno i piani di espansione”

FOMC: “i partecipanti hanno continuato generalmente a vedere i cambiamenti recenti di politica fiscale come appoggio allo sviluppo economico durante i prossimi anni ed alcuni hanno indicato che la politica fiscale ha rappresentato un rischio al rialzo”

FOMC su Europa e rischi Paesi emergenti : “molti partecipanti hanno visto i potenziali rischi negativi per la crescita economica e l’inflazione associati con gli sviluppi politici ed economici in Europa e alcuni Paesi emergenti”

FOMC sulla curva del rendimenti: “un certo numero di partecipanti ha pensato che sarebbe stato importante continuare a monitorare la pendenza della curva di rendimento, data la regolarità storica con la quale una curva invertita ha indicato un aumentato del rischio di recessione negli Stati Uniti.”

“I partecipanti hanno anche discusso una presentazione di un indicatore del rischio di recessione sulla base della diffusione tra il livello attuale del tasso dei fondi federali e il tasso dei fondi federali attesi diversi trimestri in anticipo derivati dai prezzi di mercato futuri.”

Diversi partecipanti hanno ammonito che il movimento della curva di rendimento dovrebbe essere interpretato all’interno del contesto più ampio di condizioni finanziarie e le prospettive, e sarebbe solo uno tra molte considerazioni nella formazione di una valutazione di politica appropriata “.

La parte più importante: “alcuni partecipanti hanno suggerito che il Comitato potrebbe desiderare di discutere ulteriormente su come possa attuare la politica monetaria in modo più efficace ed efficiente quando la quantità di saldi di riserva raggiunge un livello sensibilmente inferiore a quello visto di recente ”

 

 

Usa: incertezze commercio potrebbero nuocere a investimenti e fiducia (Minute Fed)

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – New York, 05 lug – Le incertezze sulla politica commerciale potrebbero nuocere agli investimenti e alla fiducia. E’ quanto emerge dai verbali del meeting dell’12 e 13 giugno scorso, quando i tassi furono alzati per la seconda volta nel 2018, portandoli all’1,75-2%.
Il Federal Open Market Committee (FOMC) – braccio di politica monetaria della Fed – sostiene che diverse aziende hanno espresso “preoccupazione per i possibili effetti negativi sulle future attivita’ di investimento dei dazi e di altre restrizioni ai commerci, sia negli Stati Uniti che all’estero”. Inoltre hanno indicato che alcuni “investimenti sono stati ritardati o diminuiti a causa dell’incertezza delle politiche commerciali”, si legge nel documento. Infine diversi membri del Fomc hanno sottolineato di vedere intensificarsi i rischi e l’incertezza a causa delle politiche commerciali.

 

Lavoro, settore privato Usa: a giugno +177.000 posti, sotto le stime

A giugno, crescita al di sotto delle previsioni dell’occupazione nel settore privato statunitense. Secondo il rapporto mensile redatto da Macroeconomics Advisers e dall’agenzia che si occupa di preparare le buste paga, Automatic Data Processing, il mese scorso sono stati creati 177.000 posti di lavoro, mentre le stime erano per un +185.000; giugno è stato il quarto mese consecutivo sotto i 200.000 posti di lavoro creati.

NEW YORK – L’ora “X” per il commercio globale è arrivata. Scatterà un minuto dopo la mezzanotte (americana) di oggi. Con l’entrata in vigore degli iniziali pesanti dazi statunitensi contro la Cina, e di conseguenza con la risposta di Pechino a base di altrettante sanzioni. Decine di miliardi di dollari di interscambio che sono il primo, grande colpo di una guerra economica che potrebbe coinvolgere presto centinaia di miliardi di dollari di business in una escalation drammatica e con riflessi globali – la Wto ha ammonito ieri contro rischi per la ripresa mondiale.

Auto, Usa offrono soluzione ‘zero dazi’ all’Ue

Gli Stati Uniti appoggiano una soluzione ‘zero dazi’ sulle auto con l’Unione europea. Secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt, l’ambasciatore statunitense in Germania, Richard Grenell, ha riunito i massimi dirigenti di Daimler, Volkswagen e Bmw a Berlino, per presentare la propria offerta, che ha soddisfatto il comparto auto tedesco. Il diplomatico era stato incaricato da Washington di cercare una soluzione con Berlino e Bruxelles nella disputa sui dazi relativi al settore auto, ha riferito Grenell ai manager, secondo quanto riferito da Handelsblatt. Trump, che ha minacciato dazi sulle auto provenienti dall’Unione europea nella continua escalation con gli alleati, vuole aspettare un parere del segretario al Commercio, Wilbur Ross, sugli effetti del possibile accordo a ‘zero dazi’ sulle auto, che dovrebbe giungere, scrive Handelsblatt, non prima della fine del mese.

Settimana davvero decisiva per le sorti dei mercati azionari!

L’ altra Europa. Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea

Fonte: https://www.ibs.it/altra-europa-miti-congiure-ed-libro-vari/e/9788893780711?gclid=EAIaIQobChMI2tHNuuWt3AIVx7HtCh2yqAcNEAAYAiAAEgLLTfD_BwE

Anno edizione:2017
In commercio dal:01/12/2017
Pagine:370 p., ill. , Brossura
  • EAN: 9788893780711
Questo libro nasce da una telefonata, un incontro personale e un manoscritto. La telefonata avviene tra Paolo Rumor, discendente dell’omonima famiglia protagonista di molte vicende della Democrazia Cristiana, e Giorgio Galli, il massimo esperto italiano dei rapporti tra esoterismo e politica. Oggetto della telefonata e del successivo incontro tra i due è un manoscritto per molti versi sconcertante. Si tratta di un ampio segmento delle “Memorie riservate” di Giacomo Rumor, padre di Paolo ed esponente di punta della DC del dopoguerra. Al centro del memoriale vi è la collaborazione tra Rumor senior (fiduciario di monsignor Montini, futuro papa Paolo VI) e Maurice Schumann, insigne statista francese all’epoca del Trattato di Roma (1957), cioè del primo concreto passo verso l’Unione Europea. Dalle pieghe di questa sinergia emergono confidenze inquietanti: dietro al lavoro diplomatico che porta al Trattato sembrano nascondersi alcune centrali occulte, portatrici di una loro idea di Europa, con sensibili interferenze non solo della Cia e del Vaticano, ma anche di misteriosi, antichissimi circoli esoterici… .

 

 

Il mondo ha bisogno di nemici: perché Trump e Putin fanno paura

Scritto da: Lorenzo Vita
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/trump-putin-nemico/

 

Il mondo ha sempre bisogno di un nemico. È questo il duro insegnamento della nostra Storia. Ed è su questa base che si fonda gran parte della politica estera delle potenze, che senza un avversario esistenziale rischiano di veder fallire un’intera strategia costruita per decenni.

Per molti, questa situazione è un pericolo. Ma per molti altri, specialmente nei grandi apparati militari, avere un nemico, soprattutto se tradizionalmente tale, è una garanzia. Serve per mettere a frutto la propria politica di alleanze. Perché avere un nemico comune aiuta più che avere interessi in comune. Serve a trovare fondi utili ai segmenti politici e della Difesa più interessati a un determinato fronte. Ma serve anche come assicurazione che tutto resti immutato.

Ogni Stato ha un suo nemico. E per molti decenni le potenze hanno costruito un sistema internazionale basato su solide alleanze, ma anche su storiche inimicizie. Conflitti freddi o meno freddi all’apparenza interminabili. Nemici esistenziali che hanno reso impossibile sganciare la politica estera di uno Stato dal suo avversario, che ne è diventata la nemesi.

Le grandi crisi internazionali della nostra epoca si fondano su rivalità strategiche risalenti negli anni e che hanno superato cambi di governi ma anche grandi mutamenti politici. E se la volontà politica c’era, è mancata la volontà di molti apparati che ruotano intorno a quelle scelte. Perché avere un nemico aiuta anche a legittimare se stessi. Prova ne è il vertice fra Donald Trump e Vladimir Putin che ha visto molti, soprattutto in America, tremare di fronte alla possibilità che i due leader si incontrassero.

Perché il vertice di Helsinki pone tutti di fronte a un interrogativo. Ed è un interrogativo che preoccupa: se tutto questo finisse? Se Washington e Mosca appianassero le divergenze, cosa avremmo di fronte a noi? Una frase di Putin, durante la conferenza stampa finale, è emblematica: “Dobbiamo lasciare alle spalle il clima da Guerra fredda e le vestigia del passato“. Un passato che però rappresenta il motivo per cui esistono tutti i grandi apparati militari creati nel Novecento così come le loro strategie.

Trump, più di Putin, sta rappresentando per certi versi la fine di un’epoca. È un presidente diverso che, con metodi bruschi, sta realizzando una politica estera diversa dal solito. Non è un rivoluzionario, ma il frutto di una particolare teoria politica americana, che già da anni teorizza un’America diversa, meno invasiva, meno attenta all’Europa, desiderosa anche di rapportarsi in maniera positiva alla Russia. Ed è per certi versi la stessa teoria che ha portato Trump a incontrare Kim Jong-un a Singapore: trovare una via per fermare conflitti che trovano radici solo nel passato.

Questo non significa che Trump sia un pacifista. Il presidente degli Stati Uniti sta però cambiando i suoi nemici. La Russia non interessa perché ora il problema è la Cina, con uno sguardo sempre molto attento sull’obiettivo Iran. E questo, per molti, implica non solo la fine di un’epoca, ma anche la fine di un mondo.

Se Trump e Putin appianano le divergenza sul fronte orientale, che senso ha per Trump mantenere in vita, ad esempio, la Nato, quando il suo solo scopo cessa di esistere? E se per Trump l’Unione europea è un problema, come giustificare o anche sostenere la presenza di truppe al confine con la Russia quando i suoi nemici sono dentro la stessa Europa? E si torna di nuovo a parlare di nemici.

Questo chiaramente implica dei cambiamenti radicali. Che molti non sono disposti ad accettare. Per ideologie, per convinzione, per semplice pragmatismo ma anche per puro calcolo personale, esistono strategia quasi intoccabili. Al Pentagono, a Mosca, ma anche nelle varie sedi in cui si decidono le strategie militari a medio e lungo termine di un Paese. Cosa si fa senza un nemico? Sembra paradossale, ma molte strutture si reggono sull’esistenza di un avversario. E Trump rischia di modificare parametri che da decenni sostengono la politica strategica americana.