Gaza: Israele progetta operazione Piombo Fuso II

Fonte: http://italian.irib.ir/notizie/palestina-news/item/114968-gaza-israele-progetta-operazione-piombo-fuso-ii

GERUSALEMME OCCUPATA – Esiste un piano israeliano per lanciare un’ampia invasione della Striscia di Gaza, sotto il nome di “Piombo fuso 2″.

Lo rivela l’agenzia Infopal citando l’emittente televisiva israeliana, Canale 7, in un rapporto trasmesso martedì 16 ottobre, ha affermato che “l’esercito israeliano si sta preparando per un’ampia invasione della Striscia di Gaza. Piombo Fuso 2, il presunto nome dell’operazione avrebbe l’obiettivo di demolire la rete di gallerie sotterranee diffuse nella Striscia, applicando lo stesso metodo della guerra del Vietnam”.

UNA GUERRA SADICA DECIMA LA POPOLAZIONE DEL KIVU

Scritto da: Néhémie Bahizire
Fonte: www.incontrofraipopoli.it

Néhémie Bahizire, cittadino congolese della provincia del Sud-Kivu, si esprime ancora una volta sulla situazione di guerra che continuano a vivere le province dell’est della Repubblica Democratica del Congo.

Quando gli interessi predominano

All’indipendenza della Repubblica Democratica del Congo (R.D.Congo), le potenze occidentali focalizzavano ancora i loro interessi sui soli minerali della provincia del Katanga (rame, cobalto, zinco, tungsteno, uranio). Il perseguimento di questi interessi è valso l’assassinio del primo ministro congolese, Patrice Lumumba.

Per assicurarsi il possesso di questi minerali, queste potenze sostennero la dittatura del maresciallo Mobutu durante trent’anni, indifferenti alla sofferenza di tutto un popolo. Verso la fine degli anni 1980, le relazioni si Mobutu con i suoi protettori s’ingarbugliarono e l’interesse del Belgio e delle potenze anglofone si volse allora verso l’est dell’Africa centrale, dove essi sostennero la salita al potere di Museveni in Uganda e di Paul Kagame in Rwanda, a prezzo di innumerevoli sofferenze delle popolazioni ugandesi, ruandesi e infine congolesi.

I loro interessi si focalizzarono allora verso l’est della R.D.Congo, verso l’oro dell’Ituri e il coltan del Kivu, e, recentemente, verso il petrolio del Graben, la cui falda si estenderebbe dal lago Alberto fino al fiume Semliki e al parco di Virunga.

 Dividere per regnare

La malattia di Mobutu come pure il genocidio ruandese offrirono l’occasione di realizzare una nuova idea: lo sfaldamento della R.D.Congo in micro-Stati. A questo scopo, sotto la presidenza di Bill Clinton, fu creata nel 1995 l’Américan Minerals Fields International, ‘AMFI’. Si tratta, secondo ciò che ne scrive Alain Deneault in “Noir Canada”, di una coalizione militaro-politica di origine americana (Arkansas), britannica (Londra), canadese o americano-canadese. È stata forgiata come uno strumento destinato a mettere in esecuzione in Africa la volontà di isegni delle società americane i cui dirigenti partecipano alle gra ndi sfide strategiche che riguardano la scienza, la tecnologia, le finanze, le industrie o la politica. Raggruppando personalità politiche occidentali, signori della guerra africani, loschi affaristi e trafficanti sospetti, essa è l’illustrazione della mafia d’Africa, scrive ancora la nostra fonte.

È quest’orda di avvoltoi che fu incaricata di mettere sottosopra l’est della R.D.Congo. I governi americani, britannici, canadesi, francesi e belgi apportarono l’appoggio politico e diplomatico necessario allo scopo. A tal fine, occorreva seminare un’insicurezza totale nell’Ituri e nel Kivu, mentre ci si occupava anzitutto di fare a pezzi il Sudan.

Dopo il Sudan, è il turno della R.D.Congo di essere venduta in pezzi separati. Questo micro-Stati saranno resi antagonisti, privati di mezzi finanziari e d’infrastrutture economiche. Saranno tutti armati gli uni contro gli altri dagli stessi frantumatori, per far loro perdere ogni padronanza sull’insieme del problema. Una volta che questi micro-Stati saranno in preda all’insicurezza, saranno posti sotto la dipendenza economica totale delle multinazionali occidentali, l’AMFI in testa.

Gli interessi condivisi dei predatori

Gli Occidentali uccidono nel Kivu e in Ituri per il petrolio, l’oro e il coltan. In secondo luogo, per fronteggiare l’espansione economica dell’orso cinese in questo territorio così ricco, e infine per creare delle basi militari in questa contrada d’Africa. Lo sbarco dell’esercito americano in questa regione, l’AFRICOM, dietro pretesto di dare la caccia alla LRA di Joseph Kony, va in questo senso.

Quanto all’Uganda, essa cerca di rendersi indispensabile presso le società straniere attirate dalla ricchezza dei suoi giacimenti e dalla sete di saccheggiare anche risorse congolesi. Il Ruanda, quanto a lui, oltre che per interessi economici, uccide nel Kivu per mire espansioniste e vuole annettersi una parte del Kivu. Dice apertamente e senza vergogna che Rutshuru, Masisi, Goma, Kalehe e Idjwi gli appartenevano prima che le frontiere coloniali fossero definite. Il Belgio, potenza colonizzatrice che aveva tracciato le frontiere, sa bene che è falso, ma tace.

Secondo certi osservatori, la divisione della R.D.Congo non sarebbe più d’attualità negli ambienti diplomatici internazionali, dato che il popolo ha manifestato una volontà decisa di restare unito. L’espropriazione del Paese si fa in altro modo: con un’intromissione internazionale nelle scelte apparentemente democratiche del Paese e con l’infiltrazione economica, politica e militare del potere ruandese fino ai più alti livelli dello Stato congolese.

Uniti per mantenersi al potere

Il presidente ugandese Yoweri Museveni, prodotto degli Stati Uniti, è il principale alleato di questi Occidentali nella regione dei Paesi dei Grandi Laghi. Il recente viaggio della Segretaria di Stato Hillary Clinton lo ha confermato. Il presidente ruandese Paul Kagame è un prodotto di suo fratello Museveni, mentre il presidente Joseph Kabila della R.D.Congo è un pupillo di Kagame, nella logica dell’infiltrazione che abbiamo segnalato sopra.

Gli avvenimenti hanno da poco svelato che esistono accordi segreti, con i quali Kabila autorizza l’occupazione del Kivu da parte dell’esercito ruandese di Kagame. Non fosse stato per il rapporto del giugno 2011 degli esperti delle Nazioni Unite che accusa il Ruanda di creare e sostenere gruppi armati che infieriscono quotidianamente sul Kivu, Kabila continuerebbe a dire ai Congolesi che queste truppe ruandesi sono soldati delle Forza Armate della R.D.Congo (FARDC), perché egli li veste con l’uniforme militare dell’esercito congolese. Tutti hanno visto alla televisione il momento in cui alcuni di loro si toglievano queste uniformi per riprendere le loro uniformi ruandesi, per far finta di rientrare a casa loro in Ruanda.

Il Capo dello Stato congolese si investe lui stesso nel far guerra alla sua popolazione, quando dovrebbe essere il primo deputato a proteggerla! Un altro tradimento che sembra incomprensibile ad un orecchio straniero. Questi tre poteri: ugandese, ruandese e congolese, per mantenersi al potere, tengono le loro popolazioni rispettive nella paura, agitando ad ogni momento lo spettro della guerra.

Il Kivu e l’Ituri sono terreni di sperimentazione delle operazioni militari da cui le popolazioni sono quotidianamente decimate. Questo saccheggio ha già al suo attivo più di otto milioni di morti in R.D.Congo durante questi due ultimi decenni. Tutti questi crimini si commettono in barba alla MONUSCO e dell’AFRICOM le cui truppe percorrono questa regione.

La società civile si mobilita e denuncia l’ecatombe

Le organizzazioni della società civile sia nazionali che internazionali si mobilitano e denunciano l’ecatombe all’est della R.D.Congo. Numerose manifestazioni locali e anche missioni presso le autorità internazionali da parte dei capi religiosi e dei rappresentanti della società civile hanno mostrato la volontà del popolo congolese di pace e di salvaguardia dell’integrità territoriale del proprio Paese. Tra le organizzazioni internazionali, citiamo a titolo d’esempio EURAC, Amnesty International, Human Rigths Watch, Crisis Group.

Davanti a questa pressione e alla schiacciante evidenza dei fatti, la politica internazionale si è vista costretta a prendere qualche misura punitiva nei confronti del Ruanda, cioè la sospensione di alcuni aiuti. Nazioni come gli U.S.A., la Gran Bretagna, la Germania, la Svezia hanno deciso sanzioni quasi simboliche e a volte rapidamente ridotte, come nel caso della Gran Bretagna. Kagame, sapendo che non era una cosa seria, ha continuato la sua politica di occupazione.

Inoltre, nulla si dice riguardo all’Uganda: eppure, tutti sanno che è questo Paese che crea, finanzia e arma gruppi armati in Ituri. È inoltre provato che truppe ugandesi sono al fronte nel Kivu nel gruppo armato M23, a fianco dei loro fratelli ruandesi. Quanto all’ONU, si è limitata a condannare il Ruanda senza prendere alcuna risoluzione.

Perché queste nazioni, che inneggiano ai diritti umani e alla democrazia, chiedono all’M23 di conservare le posizioni iniziali, cioè Rutshuru, il parco di Virunga e Nyiragongo, territori che abbondano di petrolio, invece di chiedere loro di arrendersi e mettere fine ad ogni ostilità? Perché queste nazioni tollerano che questo M23 abbia reso pubblico il 17 agosto 2012 il suo governo sul territorio congolese?

Un popolo tradito leva la sua voce

L’opposizione politica congolese, come pure i gruppi armati diversi dall’M23, rischiano di scivolare nella trappola dell’operazione di fascino messa in atto dall’M23, il quale, alle rivendicazioni iniziali, ha aggiunto le rivendicazioni dell’opposizione al regime di Joseph Kabila, chiedendo la verità delle urne e la giustizia sociale. Qua e là nel Paese, generali ribelli lanciano i loro appelli alla rivolta e al colpo di stato. Niente di più gustoso per il Ruanda che vedere ancora una volta rafforzarsi il volto congolese di questa nuova guerra d’aggressione.

Il popolo congolese osserva e sa che di tutte queste avventure è lui stesso che pagherà il prezzo. Le “guerre di liberazione” si valutano per lui in milioni di morti e in un cumulo immenso di umiliazioni e sofferenze. Le vie della politica, del lobbying, dell’onestà personale son aperte per quanti vogliono veramente un cambiamento.

Noi diciamo ai potenti del mondo: fate attenzione, l’ingiustizia, alla fine, danneggerà anche voi. Smettete di appoggiare regimi violenti ed aggressivi. Lasciate veramente che il popolo congolese faccia le sue scelte democratiche. I suoi minerali, i suoi legnami, il suo petrolio possono essere messi a disposizione delle vostre industrie mediante giusti contratti. L’insicurezza non paga per sempre.

Se questi assassinii della popolazione dell’est della R.D.Congo non finiscono, è certo che, dai oggi e dai domani, ci sarà un giorno il grande genocidio dei Paesi della regione dei Grandi Laghi. Su chi cadrà la responsabilità?

Bukavu, 1° ottobre 2012


 

 

 

L’IMU? Serve a pagare gli F35

Scritto da: Enrico Carotenuto
Fonte: http://www.coscienzeinrete.net/economia/item/892-l-imu-serve-a-pagare-gli-f35

Dunque, era stato deciso, non si sa bene da chi e perchè, che l’Italia dovesse comprare 135 caccia-bombardieri F35 dalla Lockheed Martin (leggasi U.S.A.). Il costo previsto era di circa 80 milioni di dollari al pezzo. Una sciocchezzuola che…

noi italiani ci siamo sobbarcati volentieri, d’altronde vogliamo bombardare pure noi i “nemici della democrazia”, e per farlo non ci accontenteremo dei vecchi caccia che usiamo da anni. Intendiamoci, funzionano ancora benissimo, e per bombardare in medio oriente vanno più che bene, ma pure noi vogliamo essere ganzi come gli americani, e usare questi nuovi caccia che, diciamocelo, sono molto fighi a vedersi. Dunque…80 milioni per 135…sono quasi 11 miliardi di dollari. 8,2 miliardi di Euro.

Cosa vuoi…uno quando si compra una cosa firmata, la paga tanto…
…e cosa ci vuoi fare se dall’ordine alla consegna, il prezzo della merce sale del 58%?
Così ci ritroviamo con una lievitazione di costi, che proprio sciocchezza non è.
Da 80 a 127 o 137 milioni al pezzo. Però!

Eh a questi prezzi non possiamo comprarcene 135, ce ne compriamo solo 90. Spesa totale? Contando gli optionals (mica prendiamo l’aereo “nudo”) 17,2 miliardi di dollari.13,2 miliardi di euro.
L’incasso previsto da Monti per l’IMU è di 10 miliardi di euro.
Quindi, per pagare in nuovi giocherelli, non basterà l’incasso totale della nuova tassa. Se rinunciassimo ai caccia, potremmo non solo abolire l’IMU, ma togliere anche qualche altro balzello, e quindi avere più soldi in tasca da spendere per far girare l’economia. Strano che un economista come Monti non tenga in considerazione le basi spicciole della sua materia d’insegnamento. E noi italiani? Perchè non andare nelle sedi dei nostri partiti di riferimento, e chiedergli: come mai a nessuno, qui, è venuto in mente di rinunciare ai caccia, in modo da poter rinunciare anche alle tasse extra?

l’Europa Nobel per la pace dichiara già la prima guerra

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/esteri/leuropa-nobel-pace-dichiara-gi-guerra-846475.html
Scritto da: Gian Micalessin

La prima guerra dell’Europa Nobel per la Pace è già all’orizzonte.

Si combatterà in Mali e vedrà la Francia in prima linea con l’Unione europea a supporto. Il tutto con l’imperdibile contributo di Romano Prodi, incaricato dal segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon di coordinare l’azione dell’Onu nel Sahel esercitando le funzione che gli sono più congeniali: smorzare, ridimensionare, tranquillizzare. Quanto all’amata Unione, appena entrata nel consesso dei buoni planetari, eccola già pronta a sognare il fronte.

Per l’amore del cielo, quella che ci prepariamo, se non a combattere almeno a sostenere, sarà una «guerra giusta». Una guerra per liberare il nord del Mali e il Sahel dalla minaccia terroristica di Al Qaida. Una guerra per liberare i territori dove i militanti jihadisti, dopo aver imposto la legge islamica, perseguitano le madri non sposate, le vendono ai trafficanti di droga, trasformano i loro figli in bambini soldati. Una guerra per mettere fine al regno del terrore creato a marzo, quando le cellule di Al Qaida Maghreb, appoggiate da gruppi tuareg d’ispirazione fondamentalista, hanno assunto il controllo di Timbuctu e d’un territorio grande quanto la Francia.

A decidere la guerra prossima ventura è stato il Consiglio di sicurezza, con l’approvazione della mozione che dà 45 giorni di tempo a Ecowas, l’organizzazione degli stati dell’Africa occidentale, per preparare un piano d’intervento nel Mali. Subito dopo una seconda mozione del Consiglio darà il via libera all’intervento africano. E l’Unione europea che centra? C’entra perché l’ispiratore di quella mozione è il presidente socialista francese François Hollande. Ovviamente a sentir l’Eliseo neppure un soldato d’oltralpe metterà piede nel Mali. La verità è assai diversa. Il Cos (Comando operazioni speciali) francese non solo è già nel Sahel, ma ha battezzato la spedizione con il nome di Operazione Sabre. Un’operazione che ha il quartier generale nel Burkina Faso e vede uomini e mezzi aerei dispiegati in Mali, Niger e Mauritania.

Lo stesso Hollande ammette del resto di non vedere alternative alla guerra. «Discutere, ma con chi? Con i terroristi che tagliano le mani alla gente e distruggono i monumenti patrimonio dell’umanità?», ha sbottato il presidente quando gli hanno chiesto se preveda negoziati per evitare l’intervento. Un intervento che – come ribadisce il Consiglio di sicurezza – si avvarrà di una forza militare preparata dall’Ecowas e «coordinata» anche con l’Unione Europea. Insomma i soldati africani spareranno, i francesi comanderanno e i partner europei pagheranno. Non è come stare in prima linea, ma non è esattamente quel che ci si aspetterebbe da un’Europa Nobel per la pace.

La Francia ha presentato al Consiglio di sicurezza la mozione votata venerdì notte perché è direttamente interessata a sbaragliare Al Qaida. Oltre ad avere sei ostaggi detenuti nel nord del Mali, Parigi teme di veder compromessa la sua influenza nella zona. Un’influenza fondamentale per l’economia visto che dal Niger arriva l’uranio che alimentano le centrali nucleari. Ma non solo. Come ha fatto intendere ieri Hollande da Kinshasa, la Francia intende preservare la lingua francese, difendere la «grandeur» e continuare a contrapporsi all’influenza americana. Proprio per questo il socialista Hollande ha bisogno di una «guerra giusta». Una guerra contro Al Qaida capace di ridar prestigio a Parigi. Una guerra il cui conto verrà pagato dell’Unione, ma i cui proventi finiranno solo in tasche francesi.

Hiroo Onoda, il soldato che non si arrese per 29 anni

Fonte:http://en.wikipedia.org/wiki/Hiroo_Onoda
Traduzione: http://www.ditadifulmine.com/2012/10/hiroo-onoda-il-soldato-che-non-si.html

La storia del soldato giapponese Hiroo Onoda sembra essere il parto della mente di uno scrittore di successo, ma i dettagli “macroscopici” dell’evento che descriverò nelle prossime righe sono reali. Onoda potrà suonare sconosciuto ai più, ma si è meritato il titolo di “soldato che non si arrende mai” per solidi motivi, e la sua vicenda merita di essere ricordata.
La storia della curiosa carriera militare di Onoda inizia nel 1942, all’età di 20 anni, quando il ragazzo decide di firmare per l’ammissione nell’Armata Imperiale del Giappone. Dopo due anni di addestramento alla Scuola Nakano, viene inviato nel dicembre del 1944 all’Isola di Lubang, nelle Filippine, con il rango di luogotenente all’interno della brigata Sugi.
I suoi ordini erano chiari: fare di tutto per ostacolare l’avanzata degli Alleati sull’isola, compreso distruggere le piste di decollo degli aerei e sabotare il porto. Il comandante di divisione, tuttavia, aggiunse queste parole nell’impartire i suoi ordini ad Onoda: “Ti è severamente proibito suicidarti. Potrebbero volerci tre, forse cinque anni, ma qualunque cosa accada, torneremo per te. Fino ad allora, se ancora avrai un solo soldato, dovrai guidarlo. Potresti dover vivere a furia di noci di cocco. Se dovesse capitare, vivi con noci di cocco! Per nessuna ragione potrai arrenderti di tua volontà”.
Onoda era giovane e motivato: prese così alla lettera le raccomandazioni del comandante da continuare la sua personalissima Seconda Guerra Mondiale per ben 29 anni, buona parte dei quali trascorsi nella giungla mentre il mondo attraversava un periodo relativamente tranquillo.
Dopo un paio di mesi dal suo arrivo a Lubang, gli Alleati attaccarono le forze di stanza sull’isola, avanzando senza sosta mentre i soldati giapponesi eseguivano azioni di guerriglia nella giungla. Onoda si ritrovò nel fitto della foresta in compagnia di altri tre soldati: il caporale Shoichi Shimada, il soldato semplice Kinshichi Kozuka, e il soldato semplice Yuichi Akatsu.
I quattro sopravvivevano a razioni di riso, noci di cocco e banane verdi, uccidendo occasionalmente una mucca di uno degli allevatori locali per fare scorta di proteine. E fu proprio su una di queste mucche che i soldati trovarono il primo di una lunga serie di biglietti e volantini.
Il biglietto, lasciato dal proprietario del bestiame, diceva: “La guerra è finita il 15 agosto. Venite giù dalle montagne!”. Onoda e i suoi compagni, dopo un’attenta analisi del foglio, decisero che si trattava di propaganda alleata distribuita per tentare di stanarli, e se ne tornarono nella giungla.
Onoda continuò a condurre azioni di guerriglia con il suo gruppo di soldati per anni interi, nonostante trovassero ogni tanto volantini sulla fine della guerra, quotidiani locali e giapponesi, e lettere dai parenti con tanto di fotografie.
Ogni abitante locale veniva visto come una spia e attaccato dai quattro guerriglieri, e nel corso degli anni furono molte le persone ferite o uccise dai giapponesi.
Nel settembre del 1949, il soldato semplice Akatsu decise di averne abbastanza di quella vita, e si allontanò in segreto dal gruppo. Un anno dopo, Onoda e i due soldati rimasti trovarono una lettera in cui Akatsu li informava che la guerra era finita, e che è stato accolto da truppe amiche quando aveva lasciato la foresta.
Per Onoda, questo era un altro tentativo di inganno da parte degli Alleati, ma l’episodio lo indusse ad usare maggiore cautela durante i suoi spostamenti nella foresta.
Nel 1954, il caporale Shimada fu mortalmente ferito durante l’incontro con una spedizione di ricerca nei pressi di Gontin. Onoda ritenne che i soccorritori che fossero nemici venuti a stanarli, e iniziò un conflitto a fuoco che portò al decesso di Shimada.
La brigata Sugi si era ridotta ai soli Onoda e Kozuka, che per i successivi nove anni vissero da soli nella giungla. Le continue uccisioni illegali del bestiame locale indussero l’esercito a tentare di trovare i due fuggiaschi, ma non ottenne alcun risultato apprezzabile.
Nell’ottobre del 1972, i due guerriglieri uscirono dalla giungla per un’azione dimostrativa: bruciare il riso rubato dai contadini locali per sabotare le scorte alimentari del “nemico”. Una pattuglia della polizia filippina li avvistò e sparò due colpi in direzione di Kozuka, che fu colpito a morte. Onoda riuscì a fuggire nella giungla, segnando l’inizio di un anno e mezzo di solitudine totale.
La notizia della morte di Kozuka raggiunse il Giappone, come anche quella di Onoda, il soldato che non voleva arrendersi da 27 anni. Norio Suzuki, studente universitario giapponese, prese a cuore la storia di Onoda e decise di partire per le Filippine, dicendo agli amici “troverò il luogotenente Onoda, un panda, e l’abominevole uomo delle nevi, in questo ordine”.
Nel 1974 Suzuki riuscì a localizzare Onoda, e riusci pure a farselo amico. Scattò una foto di loro due fianco a fianco, e convinse il soldato a incontrarlo due settimane dopo in una località prestabilita.
Suzuki tornò in Giappone per ottenere di poter andare nelle Filippine in compagnia del maggiore Taniguchi, ex superiore di Onoda ormai ritiratosi dalla vita militare; una volta raggiunto il luogo concordato, Onoda si fece trovare vestito da ciò che rimaneva della sua uniforme, con spada e fucile Arisaka Type 99, 500 colpi, e diverse granate.
Taniguchi ordinò ad Onoda di cessare ogni attività bellica, sollevandolo dai suoi doveri nei confronti dei superiori e dell’Imperatore. Dopo aver ascoltato il proclama e aver trattenuto la rabbia, Onoda rimosse il caricatore dal fucile, estrasse il colpo in canna, e appoggiò lo zaino per terra, adagiandovi sopra l’arma e iniziando a piangere senza freni.
Il presidente filippino del tempo, Ferdinand Marcos, perdonò i crimini commessi da Onoda in considerazione delle circostanze in cui il giapponese è vissuto per 29 anni. In totale, Onoda e il suo gruppo di guerriglieri uccisero 30 innocenti, ferendone oltre 100.
Dopo il suo ritorno in Giappone, con tanto di accoglienza da eroe, Onoda ha ricevuto la paga degli ultimi 29 anni (una somma molto bassa), ha scritto un libro intitolato “Nessuna resa: I miei 30 anni di guerra“, e ora insegna ai bambini come sopravvivere nella natura selvaggia nella sua Onoda Nature School.

Fuggite sciocchi…

Fonte: http://www.eugeniobenetazzo.com/sofferenze-banche-italiane.htm

Chi non ricorda Gandalf ammonire Frodo e tutta la Compagnia dell’Anello incitandoli a scappare via dopo essere stato sopraffatto da un imponente Balrog nelle Miniere di Moria. La sua esternazione ormai è diventata un tormentone della rete da numerosi anni. Anche in Italia abbiamo avuto in questi ultimi mesi degli operatori istituzionali del risparmio gestito che non hanno detto “fuggite sciocchi” ma con il loro comportamento è come se l’avessero fatto. Sto parlando degli oltre 300 miliardi di euro in titoli di stato italiani che sono stati venduti in silenzio senza tanta pubblicità dai detentori non residenti. Stiamo parlando di una silenzioso smobilizzo di governativi italiani a colpi di oltre 50 milioni al giorno. Circa due anni fa la percentuale di detenzione dei titoli di stato italiano in mano ai non residenti superava il 45%, oggi invece siamo scesi al 30%. In borsa ti devi sempre chiedere da chi stai comprendo e perchè e a chi stai vendendo e perchè. Pertanto chi ha comprato questo 15% di flottante di debito italiano che è girato di mano in meno di 18 mesi ? Tralasciando una piccola parte di italiani che hanno voluto fare i patrioti, il grosso lo hanno comprato le banche italiane (sappiamo anche in che modo hanno foraggiato la provvista), sia le grandi che le piccole.

Sentiamo spesso proporre il riacquisto del debito da parte degli italiani, in modo da sottrarlo alla speculazione finanziaria o al giudizio delle agenzie di rating: questo sarebbe realmente auspicabile se i detentori finali fossero solo persone fisiche, ma diventa profondamente inquietante se i detentori finali diventano in misura rilevante gli istituti di credito italiani. L’Italia è sorvegliato speciale al momento non più tanto per i suoi conti, ma per il futuro scenario politico che potrebbe manifestarsi con le prossime elezioni, con l’emersione (finalmente) di forze e movimenti di certo non molto in sintonia con il pensiero economico dell’establishment finanziario europeo che detta l’agenda per i prossimi anni. La tenuta, coesione e serenità delle banche italiane pertanto, rigonfie di governativi italiani, sarà strettamente collegata alla serenità e tenuta dello stesso paese ed ai suoi futuri driver di crescita. I titoli di stato potrebbero diventare mine vaganti dentro i bilanci degli istituti: e questa considerazione non è poi così tanto insensata, pensate solamente al caso MPS, la banca con il maggiore quantitativo di titoli di stato in portafoglio.
 In vero per quanta pubblicità e propaganda contraria si faccia, il nostro sistema bancario non è caratterizzato al momento da credenziali molto confortanti. Negli ultimi due anni sono migliorati solamente i coefficienti di patrimonialità (Core Tier 1 superiore al 9%), anche grazie a mega aumenti di capitale (quasi imposti dall’EBA) e cessione di attività strategiche (deleveraging). Tuttavia le banche italiane hanno subito una notevole contrazione della redditività (ROE) e, aspetto molto più preoccupante, si trovano tra le prime della classe per ammontare di crediti deteriorati con 108 miliardi di sofferenze accertate su oltre 1.800 miliardi di finanziamenti (attenzione che questi dati si riferiscono al 2011, l’anno in corso dovrebbe essere ben peggiore). In aggiunta a questo abbiamo anche l’elevato rapporto prestiti su depositi, oltre il 140%, molto in sintonia con i valori delle banche greche o portoghesi (135% e 125%) e molto lontani da quelle tedesche (70%), francesi (100%) o addirittura spagnole (110%).

Sostanzialmente per leggere con maggiore semplicità queste statistiche significa che la percentuale di crediti di dubbia esigibilità in Italia (come dato medio) si attesta quasi al 10%, contro una media europea del 4%, peggio di noi stanno solo i greci (la virtuosa Germania si attesta al 2%). Adesso capite perchè alcuni istituti pagano la raccolta nuova anche al 5% se vincolata a più anni, adesso capite perchè sono necessari programmi di contenimento e ristrutturazione dei costi opertivi con licenziamenti ed esuberi che prima non si erano mai visti. Adesso capite perchè molte banche hanno subito un pesante downgrade che le ha trasformate in banche dal rating “speculative” contro il precedente e rincuorante “investment grade”. Adesso capite, nonostante la nostra proverbiale maestria italiana a trovare soluzioni e risolvere i problemi quando ormai siamo con l’acqua alla gola, perchè vi sono grandi operatori che non si fidano dell’Italia e delle sue banche, o proprio non ci credono. Cosa aspettate allora: fuggite sciocchi.

Negli USA il carbone è minacciato dalla cogenerazione

Fonte: http://www.soloecologia.it/12102012/negli-usa-il-carbone-minacciato-dalla-cogenerazione/4518

L’American Council for an Energy-Efficient Economy ha recentemente pubblicato uno studio nel quale pronostica per il prossimo ventennio un deciso cambio di rotta degli Stati Uniti nell’ambito della produzione dell’energia elettrica. Il carbone, laggiù largamente impiegato finora, sta perdendo terreno nei confronti del gas e di altre fonti alternative.

In particolare, gli impianti di cogenerazione a gas naturale rappresentano in questo momento il miglior investimento, sia in termini economici, sia in termini di efficienza.

Il carbone è la fonte energetica fossile più inquinante e risulta ora più caro del gas, quindi non trascorrerà molto tempo prima che le miniere vengano abbandonate.

I sistemi CHP (combined heat and power), cioè gli impianti che servono alla produzione combinata di energia elettrica ed energia termica, potrebbero coprire del tutto in alcuni Stati – sostiene lo studio – i fabbisogni energetici ora soddisfatti con il carbone. Resta solo da vedere se saranno varate politiche e direttive che incentiveranno gli investimenti in questo senso.

Ma la riduzione dei consumi di carbone non si limita a vantaggi di tipo economico, investe anche ambiti non meno importanti, come quello dell’impatto sull’ambiente: nel Midwest e negli stati del nordest l’inquinamento da anidride solforosa è sensibilmente diminuito, così come le emissioni di anidride carbonica. Ci si augura che, di pari passo, diminuiscano anche i danni alla salute che il carbone provoca: malattie cardiache, tumori, malattie respiratorie, ictus.

COMINCIA A WASHINGTON IL PROCESSO AL DIPARTIMENTO DI STATO SULLE SCELTE DI SICUREZZA CHE HANNO PORTATO ALLA MORTE DELL’AMBASCIATORE STEVENS

Fonte: http://corrieredellacollera.com/

Alla camera bassa americana a Washington, è iniziato ieri il procedimento di verifica sui fatti di Libia dell’11 settembre, col palese intento di mettere in stato d’accusa l’Amministrazione Obama a ventisei giorni dalle elezioni presidenziali , anche per sfruttare il momento favorevole a Romney creatosi dopo il dibattito TV del 3 ottobre.

La prima linea di difesa dei democratici, è stata la riduzione delle spese di sicurezza delle ambasciate, imposte dai repubblicani, per trecento milioni di dollari.
Il piatto forte dei repubblicani è l’elenco degli atti aggressivi subiti dal consolato di Bengazi nelle settimane precedenti all’attentato principale, inclusa l’apertura – con esplosivo – di una breccia nel muro di cinta ” sufficiente a far passare quaranta uomini”.

Esaminando le dichiarazioni e le omissioni dei testimoni chiamati a deporre e le informazioni da me presentate nei due post sul tema rispettivamente del 12 e del 14 settembre, mi pare di poter dire che la riuscita dell’attentato dell’11 settembre di Bengazi è dovuta allo stesso misto di improvvisazione e fortuna degli attentatori dell’11 settembre 2001 ed allo stesso miscuglio di affarismo e incompetenza che ha caratterizzato la risposta americana in quel fatale giorno a
New York.
Nessuno dei due antagonisti ha capito , nessuno ha imparato.
Nel mio post del 12 settembre ( Progressi in Libia nel processo unitario: da tutti contro tutti a tutti contro gli USA) facevo notare che la sicurezza si era trasformata in business e che la società britannica G4S aveva preso in appalto la sicurezza con un finanziamento di dieci milioni di euro dati dalla U E.
Adesso si scopre , grazie all’inchiesta, che l’equipe dei contractors – libici – ingaggiati dagli inglesi, aveva un turnover superiore al 30% ed era armata di pistola ( segno che gli americani non si fidavano a dare dei mitra.)
Si scopre anche che pochi giorni prima dell’attacco un certo numero di guardiani si era dimesso a causa di insistenti voci nel sul che davano un attacco ” importante” per imminente.
Come sempre insomma, la mania di risparmiare privatizzando ha creato le premesse del problema; il distacco dalla gente, ha impedito di sapere; la smania di aprire bocca coi giornalisti prima di capire cosa era successo ( Susan Rice) ha creato un guazzabuglio di informazioni accavallate che hanno dato l’impressione che si volesse nascondere qualcosa. L’impreparazione.
Nel post del 14 settembre ( l’assassinio di Stevens e il dilemma USA: meditare o bombardare?) sembra essersi impostato malissimo: la meditazione la fanno alla Camera dei rappresentanti i nemici del presidente con lo scopo di fargli perdere voti e non di capire che i sistemi manageriali in politica portano al disastro.
Per il bombardare , lo zar antiterrorismo Brenner è venuto a parlare a Tripoli col Presidente libico per coordinare gli sforzi per catturare – meglio uccidere – i colpevoli , ma avrebbe dovuto lasciare il comfort di Washington prima e non dopo.
L’antiterrorismo e previsione e prevenzione , non vendetta e non comunicati stampa a stalla vuota.

Militare italiano fa domande sui vaccini, ora rischia il carcere

Fonte: http://www.controcopertina.com/militare-italiano-fa-domande-sui-vaccini-ora-rischia-il-carcere/

Fare domande è importante, vi insegnano a scuola e vi ribadiscono all’Università. Ma nel mondo militare funziona diversamente. E allora fare domande può essere molto rischioso.

Prendete Luigi Sanna, cagliaritano, maresciallo dell’Aeronatutica. Ha chiesto informazioni ai suoi superiori sui tanti vaccini che gli stavano somministrando. Per questa ragione, nonostante i vaccini poi li abbia fatti, è stato giudicato come disobbediente e ora potrebbe essere condannato alla galera. A raccontare la storia di Luigi Sanna è la moglie, di professione avvocato.

“Siamo persone che si documentano, leggono, si informano -spiega Gabriella Casula a Repubblica. – Avevamo saputo dei casi drammatici e degli studi scientifici in corso sui danni provocati dai vaccini. Mio marito è molto attento a queste cose. Il rischio per la salute è altissimo, soprattutto se non vengono rispettate le profilassi, possono svilupparsi tumori, leucemie, malattie autoimmuni, sterilità. Quando si ammala una persona è come se si ammalasse tutta la famiglia”.

Luigi Sanna potrebbe andare in galera per un anno. “Non immaginavamo arrivassero addirittura a denunciarlo per disobbedienza – dice la moglie. – Disobbedienza continuata perché ha fatto due volte le domande, per iscritto, visto che non aveva ricevuto risposta. Dopo 25 anni di servizio rischia ora, oltre le sanzioni disciplinari che però non sono ancora state messe in atto, un anno di carcere. Mi sembra assurdo, se dovessero denunciare tutti i militari che chiedono spiegazioni sarebbe gravissimo. Fra l’altro, dopo le risposte, anche se parziali e non soddisfacenti, mio marito ha fatto i vaccini, non era contrario al farli, voleva sapere cosa gli veniva iniettato”.

Il maresciallo Sanna potrebbe finire in carcere per avere “chiesto che gli si documentasse se i vaccini sono efficaci e sicuri e perché si fanno vaccini plurimi e ravvicinati se è dimostrato che è pericoloso – continua la moglie.
– Ha chiesto del progetto Signum (studio scientifico seguito da quattro università sui danni da vaccini ai militari, improvvisamente accantonato in modo poco chiaro). Si è dichiarato disponibile a fare i vaccini dopo essere stato informato e, visto che non c’era impellenza, a farli dilazionati nel tempo. Abbiamo scoperto che prima ancora che il quesito fosse inoltrato allo Stato Maggiore della Difesa lui era già stato denunciato penalmente”.

Secondo alcuni studi scientifici, i vaccini, eseguiti senza rispettare i protocolli, potrebbero essere alla base delle migliaia di casi di tumore, malattie autoimmuni e sterilità tra i militari.

L’ex agente dell’MI5 Barrie Trower e le Armi Psicotroniche

Fonte:http://www.whitetv.se/sv/mind-control-mk-ultra/384.html
Traduzione: http://www.ecplanet.com/di Biagio Mastrorilli

L’ex agente dell’MI5 Barrie Trower è un fisico che ha lavorato per i servizi segreti britannici.

Ci ha rivelato segreti circa l’enorme pericolo di Inquinamento elettromagnetico, onde scalari e le radiazioni a microonde sia del nostro telefono cellulare che nella tecnologia Wi-Fi.

Egli rivela inoltre, come le agenzie di intelligence facciano un uso improprio delle microonde in tutto il mondo, essi infatti possono influenzare i corpi delle persone, compreso il cervello. Possono provocare dolore in tutto il corpo e malattie, anche attacchi di cuore e ogni forma di cancro.

Essi possono controllare la vostra mente leggendo i vostri pensieri, oppure modificarli, si può spiare nella memoria, modificarla o cancellarla. Possono controllare a distanza un uomo totalmente senza che egli se ne renda conto. La gente può essere programmata per essere usata come una vera e propria telecamera vivente, un killer o una macchina del sesso.

Clicca per ingrandireE’ facile per loro far sentire le voci nelle loro teste, (V2K ) e non è una malattia mentale, ma il risultato di una tecnologia moderna.

Il telefono cellulare e wireless per internet, possono causare danni da radiazione non solo per noi, per i nostri figli e la natura, ma anche per le generazioni future in un modo così orribile, che tra qualche generazione, moltissime donne avranno perso la loro fertilità.

Il Dr. Barrie Trower è sconvolto per il fatto che gli scienziati britannici ( e non solo ) hanno licenza di uccidere con queste tecnologie, infatti esse sono state usate su centinaia di cavie umane innocenti, e ovviamente l’hanno sempre fatta franca.

Lui e l’esperto di controllo mentale dott. Henning Witte, hanno forti sospetti che queste armi segrete a microonde, siano state usate per alterare i risultati inglesi alle Olimpiadi di Londra 2012.

In fine il Dr. Trower, fa un appello a tutti i governanti del mondo, compresi i reali danesi e svedesi, per far sì che il popolo possa essere salvato, rivelando attraverso una conferenza stampa al mondo intero, questa orribile tecnologia psicotronica dei servizi segreti.

Questa è una delle interviste più importanti TV che ha avuto modo di fare. E’ stato registrato al Convegno Open Mind in Danimarca.

MI5 agent Dr. Barrie Trower: dangerous radiation everywhere