Gaza – Israele: popolazioni martoriate dai loro stessi governi, indegni e schiavi di poteri oscuri

Scritto da: Fausto Carotenuto
Fonte: http://www.coscienzeinrete.net/

100 morti in poche ore, terrore, violenza, ansia, odio- Bambini ed innocenti uccisi e mutilati come “danni collaterali” voluti.

Perché?

Proprio per suscitare ondate di morte, violenza, ansia e odio. A questo servono le guerre. In genere si pensa che le guerre servano perché qualcuno vuole raggiungere un obiettivo: conquistare, difendersi. Predare, non farsi predare…

Sì. Questi sono elementi della questione, ma sono più lo strumento che la motivazione. Nelle guerre poi si perde la dimensione della motivazione, e rimangono le atrocità, i pensieri ed i sentimenti devastati.

I grandi poteri di manipolazione organizzano le guerre soprattutto per questo: perché terrore, violenza devastazione e l’odio che ne consegue hanno una funzione anti-coscienza. Bloccano lo sviluppo amoroso ed armonioso della società frenando l’evoluzione delle coscienze. Coinvolgendole in ondate di paura e odio.

E nel contempo gli stessi poteri con le guerre nutrono e rafforzano i propri strumenti di dominio delle società mondiali: servizi segreti, eserciti, fabbricanti di armi, governi, sistemi finanziari…

Ieri ho sentito per la prima volta una illuminata giornalista israeliana dire: “Se finora in tanti anni non si è fatta la pace tra palestinesi ed israeliani, è chiaramente perché qualcuno da fuori ha fatto in modo che la pace non si facesse”. Ecco, finalmente qualcuno comincia a comprendere come sta funzionando questo conflitto.

Ogni volta che c’è la possibilità di fare la pace veramente, una serie di complotti da entrambe le parti fa in modo che questo fallisca. Chi si spinge troppo avanti nella pace, da entrambe le parti, viene eliminato: Rabin finalmente sulla via della pace fu ucciso; quando i palestinesi si ammorbidiscono, i servizi e l’esercito israeliano li attaccano. Oppure sono gli estremisti palestinesi a fare qualcosa di violento per bloccare trattative di pace. Quando è sembrato che i palestinesi della vecchia OLP fossero veramente disponibili, i palestinesi estremisti islamici di Hamas, creati dalla oscura setta egiziana dei Fratelli Musulmani, hanno militarmente strappato al governo palestinese la striscia di Gaza. Per farne un covo di violenza anti-israeliana. Per giunta ora appoggiati da un Egitto che con la ”primavera” araba è stato messo nelle mani proprio di quella setta oscura. E l’odio crescente indotto nella popolazione israeliana per la guerra e per gli attacchi e le vittime del terrorismo, ha prodotto una popolazione inebetita dai cattivi sentimenti, che continua a votare per governi guerrafondai e contrari ad ogni vera trattativa.

Le popolazioni palestinesi e israeliane sono le vere vittime dei loro governi. Di quei governi osceni e indegni che loro hanno votato, ma solo perché imbrogliati con una enorme congiura per spingerle ad odiare un nemico che è egualmente vittima. E quelle povere popolazioni pagano col sangue, con la paura, con un costante abbassamento del livello dei pensieri e dei sentimenti.

Il governo Netanihahu nasce da ambienti massonico-sionisti internazionali, e americani in particolare, che da decenni sfruttano il conflitto arabo israeliano per motivi di potere. Hamas, che domina Gaza, è il prodotto della infiltrazione radicale islamica in ambito palestinese. Condotta con i soldi dei petrolieri arabi ed organizzata dalla fratellanza massonico-islamica dei Fratelli Musulmani egiziani, che da cento anni sparge oscurantismo e violenza ovunque ci sia l’Islam, dall’Africa al Medio Oriente. E che ora i governi americani ed europei hanno messo al potere al Cairo, con la scusa delle false primavere arabe. Proprio per alimentare e rendere più credibile il conflitto islam-occidente.

Quei governi indegni in Israele e a Gaza non nascono dal nulla: sono figli di trame internazionali tessute dai poteri anticoscienza. Quei governi sono sostenuti da governi più potenti, da lobbies enormi. Che hanno il compito di mantenere aperta e sanguinante la ferita arabo-israeliana. Perché tanti anni fa forze oscure decisero che il nuovo conflitto per tenere in emergenza il mondo – e governare attraverso l’emergenza – doveva essere il conflitto tra occidente ed Islam. In sostituzione dell’esaurito conflitto Est-Ovest.

Ma anche questo conflitto – come tutti i conflitti – sta generando risveglio di coscienza. Lo sta facendo in minoranze palestinesi ed israeliane, che sempre più vogliono la pace, proprio attraverso la connessione tra giovani ed intellettuali delle due parti. Proprio attraverso le coscienze che si ridestano e si connettono.

Dalle guerre sorgono fortissime spinte alla crescita di coscienze. “Dal letame nascono i fiori”.

Ma per far nascere i fiori del risveglio ci sarà sempre bisogno di tanta violenza e tanto dolore?

No, si può crescere senza dolore attraverso la consapevolezza.

Il giorno più bello in quelle zone martoriate sarà quando le popolazioni palestinesi ed israeliane decideranno liberamente e consapevolmente di non appoggiare più governi figli di poteri oscuri. E la pace non sarà l’esile e debole frutto della armi, ma la conquista definitiva della loro coscienza.

Addio al caffè come si deve

Fonte:http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0047981
Tradotto da: Sara Stulle per http://oggiscienza.wordpress.com/


ECONOMIA – Entro il 2080 potremmo dover scrivere il necrologio dell’Arabica, la varietà di caffè più amato dagli intenditori. E tutto a causa dei cambiamenti climatici.
Stando allo studio effettuato dai ricercatori dei Kew Gardens di Londra, in collaborazione con gli etiopi dell’Environment and Coffee Forest Forum, la varietà Arabica, a differenza della meno pregiata Robusta, sarebbe a rischio di estinzione. Gli autori della ricerca, pubblicata in questi giorni su PloS One, hanno analizzato la situazione attuale e, valutando i dati disponibili sugli odierni cambiamenti del clima, hanno potuto realizzare un modello predittivo della distribuzione futura della pianta, in modo da dare avvio alle corrette politiche di conservazione dell’Arabica. Utilizzando i dati bioclimatici hanno ipotizzato tre scenari possibili in tre diversi intervalli temporali: il 2020, il 2050 e il 2080. Tutti gli scenari indicano un’influenza molto negativa dei cambiamenti climatici sulla diffusione dell’Arabica. Anche nell’ipotesi più favorevole, però, c’è poco da ridere: si calcola una riduzione minima dell’Arabica del 38% nei prossimi settant’anni e di una più probabile del 65%. E si arriva, nella peggiore delle ipotesi, ad una drastica perdita del 99,7%, che è solo un modo più delicato di dire che si tratterebbe di una scomparsa praticamente totale della varietà scelte dalle marche di caffè più prestigiose (la Illy, azienda italiana che punta sulla qualità del prodotto vende solo caffè di qualità arabica).
Il caffè non è solo la bevanda preferita nel mondo, fatto che preoccuperebbe ben poco i ricercatori, ma è anche il bene più commercializzato dopo l’olio. Nel 2009-2010 si calcola che le esportazioni di caffè in tutto il mondo abbiano mosso una cosa come 15, 4 miliardi di dollari. Il settore impiega approssimativamente 26 milioni di persone in 52 Paesi produttori. Nel 2010 sono state spediti di qua e di là nel globo 93,4 milioni di sacchi. Per la maggior parte Arabica, che costituisce il 70% della produzione commerciale totale.

Crediti immagine: CIAT International Center for Tropical Agriculture

Gaza: Oltre la Linea Rossa di Non-Ritorno

Scritto da: Filippo Fortunato Pilato
Fonte: http://terrasantalibera.wordpress.com/2012/11/16/3693/

Attacco israeliano a Gaza e forte reazione di Hamas: avvenimenti fuori controllo o calcolo bellico premeditato da Tel Aviv? 

Le sirene degli allarmi antiaerei risuonano anche a Gerusalemme, dove 3 razzi di nuova generazione sono stati lanciati dalla resistenza palestinese di Gaza.

Parebbe che in questi anni la resistenza palestinese si sia dotata di nuove armi e nuovi razzi,  con gittate più lunghe e più potenti. Anche Israele però, si sa, in questi anni non è rimasta con le mani in mano, accrescendo il suo potenziale bellico e perfezionando nuove strategie.

Chi infatti crede che i recenti avvenimenti possano avere spaventato o colto di sorpesa Israele si sbaglia di grosso. Lo Stato ebraico da sempre ha tratto vantaggi atteggiandosi a vittima, tanto più in una situazione del genere, dove la sproporzione tra le forze in campo e la loro libertà d’azione sono enormi: un potenziale bellico tra i più grandi al mondo quello israeliano, dove la popolazione gode di piena libertà di movimento, contro un potenziale bellico primitivo, quello di Gaza e palestinese in generale, dove la popolazione araba vive reclusa in enclavi senza possibilità di muoversi in libertà.

Tutto questo conflitto e scenario, da ben prima che il reggente del Qatar e monarchi del Golfo si offrissero di patrocinare i negoziati tra Hamas e Fatah, o che si recassero, come i 3 Re Magi, a portar doni a Gaza, è stato sempre nel pieno monitoraggio e controllo dell’intelligence di Tel Aviv (leggi Mossad), che ben conosce, oltre al proprio, il potenziale bellico di cui potrebbero disporre le milizie di Gaza.

La reazione di Hamas oltretutto è stata provocata e condizionata dalle continue aggressioni israeliane, culminate con l’assassinio mirato del comandante Al-Jabari.
Ciò che dovrebbe apparire chiaro è che in realtà Israele è proprio su questa reazione rabbiosa che contava.

È fuori ogni ombra di dubbio che Israele, a parte le immagini della popolazione spaventata di Tel Aviv, di Gerusalemme o delle colonie circostanti Gaza, non è affatto preoccupata dal danno che potrebbe fare Hamas con i suoi razzi, sapendo bene che non è con tali armi che Gaza potrebbe sperare di vincere o piegare la volontà sionista di dominio, nè spezzare l’accerchiamento in cui si trova.

E allora, quale potrebbe essere il progetto strategico israeliano e su quali basi poggerebbe?

Cominciamo col dire che oltre alla sua potenzialità bellica, la cui superiorità nei confronti palestinesi è numericamente e tecnologicamente accertata e indiscussa, ciò che rende forte lo stato ebraico è non tanto l’inferiorità d’armi dell’avversario in Gaza, quanto la sua incapacità e debolezza diplomatica, strategica, tattica, politica.

I dirigenti di Gaza hanno infatti collezionato e messo in fila una serie molto lunga di errori sul piano strategico, politico e tattico, a cominciare dall’aver accettato il patrocinio di Qatar e Arabia Saudita per la soluzione di questioni interne palestinesi, per continuare con l’aver rinnegato l’alleato storico siriano in un momento di difficoltà, per finire con l’aver spalancato le porte a quell’incrocio tra uno scorpione, un maiale ed una serpe velenosa che risponde al nome di Hamad bin Khalifa Al Thani, dittatore del Qatar (non dimentichiamo neppure che un suo dono era la vettura presa di mira dall’intelligenze militare israeliano sulla quale viaggia il comandante delle brigate al-Kassam, Al-Jabari).

Ed oggi Hamas, oltre ad andare sotto braccio con Al Thani, corteggia e si fa corteggiare da un’altra razza di animali velenosi: i Fratelli Musulmani, egiziani e di varie nazionalità.

Questi sono oggi i principali referenti di Hamas a Gaza, e con tali appoggi politici (perchè di appoggio militare proprio non se ne parla da parte di costoro) Hamas non può sperare di fare molta strada verso l’autonomia e indipendenza, o sperare in un loro intervento per liberarsi dall’occupante sionista.

Altri sono infatti i fini di Qatar, Arabia Saudita e Fratelli Musulmani, tutti legati a doppio filo con gli interessi americani nell’area, e nella cui agenda Gaza non figura, se non che per gli interessi economici nella gestione di gas e petrolio presenti nel mare prospicente. Per quel che riguarda i Fratelli Musulmani, c’è oltretutto da aggiungere il miraggio, cavalcato come un’onda nell’immaginario popolare jihadista, del perseguimento di un fantomatico “califfato” per il quale ogni compromesso e ogni mezzo sarebbe possibile, dall’alleanza e complicità con l’infedele occidentale, al martirio, all’assassinio di intere popolazioni arabe “sorelle” (e la Siria è lì come fulgido esempio con i suoi sgozzamenti e massacri ad opera di jihadisti, ben visti da Egitto e Fratelli musulmani, considerati eroici “ribelli” della primavera araba…).

Altre sono quindi le nazioni e le forze che Israele, sfruttando l’esca palestinese di Gaza, spererebbe di trascinare nel conflitto: ed esse sono evidentemente Hezbollah, Siria e Iran.

Tel Aviv, dopo avere insistentemente attaccato Gaza in questi ultimi mesi, sperava in una reazione scomposta da parte del braccio armato di Hamas, e questo obiettivo l’ha raggiunto, potendo ora agli occhi occidentali e soprattutto americani, sia atteggiarsi quale vittima, sia giustificare un maggior incremento nelle operazioni militari contro Gaza.

Ma ciò in cui spera fortemente l’amministrazione sionista è in un coinvolgimento e reazione, in difesa della Palestina sotto attacco, da parte di coloro che sono il vero obiettivo di Israele: Hezbollah, Siria, Iran. Soprattutto quest’ultimo, l’Iran, è l’oggetto primario delle attenzioni belliche israeliane, quello per cui sin’ora lo stato ebraico non è stato sufficientemente convincente nel riuscire ad ottenere l’approvazione per un intervento militare immediato USA al fianco delle truppe di Tsahal.

La stretta dello stato sionista sulla Palestina e Gaza sarà quindi, indipendentemente dai razzi di Hamas ed anzi proprio in loro ragione, sempre più invasiva e devastante, sapendo Tel Aviv di poter ottenere comunque, alla fine, gli sperati positivi risultati bellici (secondo la loro mentalità bacata e depravata), è cioè come minimo, dopo una vasta invasione di terra, l’annientamento radicale della resistenza a Gaza, a qualsiasi costo, anche di fare terra bruciata e sterminare l’intera popolazione araba (dai sionisti considerata semplicemente “bestiame”), magari addossando poi la colpa ad Hamas e ad ipotetiche armi chimiche di distruzione di massa, andate fuori controllo, che erano in mano ai miliziani di Gaza.

Ma se, come sperano gli strateghi di Tel Aviv, si dovesse registrare una reazione sensibile da parte delle forze militari di Hezbollah, Siria o Iran, allora Israele avrebbe raggiunto il vero scopo che è alla base degli accresciuti attacchi militari contro Gaza registrati recentemente, e che al momento hanno provocato oltre 20 morti in 2 giorni.

Se un evento del genere si dovesse registrare, Tel Aviv otterrebbe da USA, NATO, EU e paesi arabi corrotti del tipo Arabia Saudita, quello scudo e disponibilità militari e logistiche necessarie per poter entrare nella fase più avanzata del conflitto mediorientale.

Qualsiasi osservatore politico e analista geostrategico, onesto e attento, sa che se eventi del genere si dovessero verificare, vorrebbe dire che si è superata quella linea rossa di non-ritorno, con tutte le catastrofiche, incalcolabili e devastanti conseguenze derivanti a discapito non solo di quell’area, ma di tutto lo scenario geografico e geopolitico che oggi conosciamo.

E qualsiasi osservatore politico e analista geostrategico, onesto e attento, sa pure che in questo momento la via migliore da seguire è quella delle pressioni diplomatiche e internazionali, anche economiche (cosa alla quale sono particolarmente sensibili gli usurai che mantengono viva l’entità sionista), per frenare le smanie apocalittiche della setta sionista.

Russia e Cina, in testa, ma supportate anche da altre nazioni, quelle di ALBA, arabe e non, devono esercitare tutta la pressione possibile a livello internazionale ed in ogni sede, per sventare questo tranello sionista e impedire a nazioni come USA e alleati di farsi trascinare in un’avventura dalla quale potranno scaturire solo danni, lutti, svantaggi, per  tutti, per essi stessi ed i popoli che rappresentano.

I popoli e le nazioni del mondo hanno bisogno di stabilità, prosperità, speranza per il futuro dei propri cittadini e dei propri figli, non di farsi trascinare in un incubo senza fine.

Israele è un cane pazzo, che va tenuto a bada e legato con una forte catena: almeno sinchè le circostanze non permetteranno di disinnescare questa entità, renderla inoffensiva, ed alfine liberare l’umanità dalla sua presenza infausta.

E questa è una speranza verso la quale anche ogni ebreo al mondo dovrebbe tendere, a meno che non voglia sentirsi rappresentato da un mostro sanguinario, che sta cercando di portare le lancette dell’orologio dell’umanità indietro nel tempo, sino alla barbarie.

Spazio: scoperto pianeta “vagabondo”, non orbita intorno a stella

Fonte: http://italian.irib.ir/notizie/scienza/item/116420-spazio-scoperto-pianeta-vagabondo-,-non-orbita-intorno-a-stella

MONTREAL – Un team di ricercatori dell’Universita’ di Montreal ha rilevato un pianeta “vagabondo” che si perde nello spazio.

Il pianeta non orbita intorno a una stella ed e’ il primo mai scoperto a comportarsi in questo modo. Il ritrovamento e’ stato effettuato attraverso i dati raccolti dal Canada-France-Hawaii Telescope e dal Very Large Telescope dello European Southern Observatory. “Sebbene teoricamente fosse stata stabilita l’esistenza di questa tipologia di pianeti molto freddi e giovani non ne avevamo mai osservato uno davvero fino a oggi”, ha spiegato Etienne Artigau, astrofisico all’Udem. L’assenza di una stella brillante in prossimita’ di questo pianeta ha permesso al team di studiare la sua atmosfera dettagliatamente. Il pianeta non ha alcun legame gravitazionale con una stella. “Negli ultimi anni diversi oggetti di questo tipo sono stati identificati ma non e’ stato possibile stabilire la loro esistenza senza una conferma scientifica della loro eta’”, ha spiegato Jonathan Gagne’ dell’Udem. “Gli astronomi non erano sicuri se classificarli come pianeti o nane brune. Le nane brune sono quelle che potremmo chiamare stelle fallite, dato che non riescono mai ad avviare reazioni nucleari nei loro centri”. Il pianeta “vagabondo” e’ stato chiamato CFBDSIR2149 e sembra essere parte di un gruppo di stelle molto giovani, quelle del sistema stellare AB Doradus.

Il mal di testa che procura il pensiero della matematica

Scritto da: Mauro Carmelo
Fonte: http://www.net1news.org/mal-di-testa-che-procura-pensiero-della-matematica.html

Non vi è mai piaciuta la matematica? Vi ha procurato soltanto guai e dolori? Una ricerca di neuroscienze è d’accordo con voi perché i ricercatori hanno scoperto che un problema di matematica attiva i centri nervosi del dolore in coloro che hanno “un cervello ansioso”.

I ricercatori dell’Università di Chicago nella loro ricerca hanno misurato l’attività neurale di due campioni di soggetti, il primo composto da 28 partecipanti che manifestano molta ansia nei compiti aritmetici e il secondo di 14 soggetti con bassa ansia nelle prestazioni con i numeri. A tutti veniva effettuata una risonanza al cervello mentre eseguivano dei problemi di matematica.  I ricercatori hanno scoperto che si accendono le zone del cervello connesse alla percezione del dolore e alle situazioni di pericolo a chi apparteneva al gruppo caratterizzato da alte risposte ansiose. In questi soggetti si attiva l’insula dorsale posteriore e le cortecce cingolate mediali nel cervello appena osservano un compito di matematica, mentre il cervello dei soggetti a bassa risposta ansiosa non mostra questi schemi di attivazione. Ian Lyons, uno dei collaboratori dell’equipe di ricerca, afferma che l’aspetto più interessante consiste nel fatto che «l’ansia si manifesta durante la fase anticipatoria, c’è già prima di eseguire il compito». Infatti l’attivazione neurale correlata all’ansia non si manifesta durante il compito ma prima e questo significa che non è la matematica in se stessa a “farci soffrire” ma la convinzione che possa essere dolorosa.  Già diversi studi hanno dimostrato che l’anticipazione negativa di eventi stressanti come la fine di un legame può arrecare un disagio ansioso alla persona. Insomma basta la sola anticipazione perché nel nostro cervello si attivino i circuiti nervosi deputati all’elaborazione del dolore. Secondo i ricercatori quindi il problema non sono i numeri ma riguarda l’interpretazione psicologica che talvolta, per certi compiti, procura una sorta di sofferenza preliminare tale da pregiudicare la prestazione. Una parte dell’umanità allora si è evoluta psicologicamente con una fobia verso la matematica? «Non è così, afferma Lyons, la matematica è un’invenzione culturale relativamente recente, vecchia di poche migliaia di anni. Si tratta piuttosto di una risposta condizionata dall’esperienza personale della persona. Se ha avuto esperienze negative associate ai numeri, tenderà a interpretare ogni nozione di matematica in termini minacciosi che, in alcuni casi, può causare persino dolore». Come affrontare questo spinoso problema che la maggior parte degli studenti conosce bene? «Se sei un ansioso in matematica, lavora sull’ansia. Non è una buona idea svolgere a casa un’eccessiva quantità di esercitazioni. Invece, è più utile cercare un modo per rendere più rassicurante l’idea della matematica».

 

La generazione ritrovata

Scritto da: Alessandro Farulli
Fonte: http://greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=18929

Se c’è una definizione odiosa per i nostri giovani è quella di “generazione perduta”. Chi scrive non ha ancora quarant’anni – anche se ci si sta avvicinando a tappe forzate – e non ha mai fatto le barricate, pur partecipando a tutti gli scioperi nell’età scolastica e universitaria. Ma fossi un ragazzo direi senza esitazione e con buona dose di incazzatura: «Generazione perduta a chi? Tu sarai perduto! Io ho tutta la vita davanti». Della retorica sugli incidenti non ci interessa un granché, delle motivazioni della manifestazione invece ci interessa moltissimo.

E se anche greenreport.it non ha partecipato allo sciopero – come dichiarato senza esitazioni ieri – in quanto abbiamo preferito dare conto delle alluvioni che hanno colpito la nostra regione e Roma, moralmente siamo al fianco di tutti quelli che stanno gridando “basta austerità”. Dopo cinque anni dallo scoppio della crisi è chiaro che la colpa è di tutti tranne che dei ragazzi e dei lavoratori. E se oggi questi chiedono il conto ai governi dell’assenza di una politica che li supporti, hanno solo ragione e argomenti a loro sostegno.

Come dice oggi su Repubblica Jean-Paul Fitoussi riferendosi a Monti e Hollande e al loro impegno contro la Merkel: «Ho l’impressione che prima debbono cambiare idea loro. Hanno interiorizzato il mantra dell’austerity. E’ come quando si lottava contro l’inflazione, vista come il peggiore dei mali. Poi però il fatto di averla vinta non ha impedito la crisi. Stiamo riproducendo lo stesso errore con il debito pubblico, ma qui rischiamo la disaggregazione delle società».

Non c’è manovra che non abbia penalizzato in questi anni la scuola pubblica e la cultura. Che non abbia precarizzato ancor di più i già precari; che non abbia annichilito le speranze di futuro. Questa generazione definita perduta fa pensare ai bimbi sperduti di Peter Pan. Come quelli venivano mandati sull’Isola che non c’è in quanto – caduti dalle carrozzine di tate distratte – non venivano reclamati dai genitori entro sette giorni; così i ragazzi abbandonati dal governo e caduti in disgrazia vivono in un mondo che non c’è, dove peraltro non hanno neppure il sollievo di un Peter Pan che racconta loro le favole o di una fatina che li faccia volare. Cornuti e mazziati i ragazzi di oggi sono stati bollati come “senza futuro” e costretti a crederci come se questo fosse vero. Ma non lo è affatto.

Quale società peggiore è immaginabile più di quella che tarpa le ali ai suoi ragazzi? E in nome di cosa poi? Delle ricette neoliberiste che impongono di tagliare su scuola, ricerca e cultura? Ma chi la vuole questa società? Come può essere desiderabile? Che razza di mondo orwelliano è quello che di fronte ai dissesti idrogeologici causati dall’incuria umana impedisce di metter mano al problema per colpa del rispetto del Patto di stabilità? Ma che patto è? Con chi lo abbiamo firmato? La stabilità dei conti “conta” più dell’ambiente in cui viviamo e della vita delle persone? Che così diventa il patto dell’instabilità, dello sfascio pendulo di un territorio massacrato dagli stessi che oggi in Parlamento ci invitano ad essere austeri e rigorosi…

I tecnici italiani ci hanno tolto di mezzo il peggior governo della storia nazionale guidato dal peggior premier dopo il ventennio fascista, tuttavia i loro meriti finiscono qua. Siamo più credibili in Europa, ma ai ragazzi questo che cosa ha comportato negli ultimi mesi? Niente, perché neppure si è cercato di spiegarglielo. E ora ci lamentiamo perché sono andati sopra le righe? La violenza va sempre condannata, ma pure quella psicologica esercitata e perpetrata nei loro confronti, per non parlare di quella delle forze dell’ordine che è nuovamente sembrata – anch’essa – davvero sopra le righe. La violenza è figlia del nichilismo ma anche della mancanza di rappresentanza, di orizzonti ideali, di un progetto solidale che includa gli esclusi, che ridia protagonismo e speranza agli operai, ai lavoratori, ai giovani ed ai tanti dimenticati e messi ai margini da una società incanaglita che spaccia la macelleria sociale per rigore, ma è poco rigorosa con chi ha molto

Quello che manca davvero insomma sono le risposte, che nessuno pare avere e che solo la politica potrebbe fornire o “immaginare” se avesse ancora la forza di farlo, di dare insomma una risposta a quella parte (già… sarà un caso che si chiamino partiti?) che chiede un futuro almeno da potersi disegnare. Una magnifica illusione in cui credere. Se il mondo come lo conosciamo è finito, costruiamone un altro con la generazione ritrovata, che ci sta chiedendo “solo” questo e che ci dice che “un altro mondo è possibile”, anche se nessuno sta aiutandoli a costruirlo su nuove fondamenta.

Razzismo, blitz sul web

Fonte: http://www.lettera43.it/cronaca/razzismo-blitz-sul-web_4367572695.htm

Quattro arresti. Oscurato il forum Stormfront, accusato di incitamento all’odio etnico. Indagini in tutta Italia.

È battaglia al razzismo via web.
Dalle prime ore della mattina del 16 novembre, la polizia sta operando una serie di arresti e perquisizioni, a Roma e in altre città d’Italia, nell’ambito di un’indagine per il contrasto di forme di incitamento all’odio razziale e all’antisemitismo su Internet.
17 PERQUISIZIONI. Sono quattro le persone arrestate dalla polizia che sta anche oscurando il forum italiano di Stormfront, il sito che esprime posizioni di nazionalismo, supremazia bianca e antisemitismo. L’accusa è di incitamento all’odio razziale ed etnico. Sono 17 le perquisizioni.
Indagini e arresti sono stati eseguiti dalla Digos di Roma e dalla polizia postale, coordinati dal pool antiterrorismo diretto da Giancarlo Capaldo. Il provvedimento è stato richiesto dal pm Luca Tescaroli ed emesso dal gip Stefano Aprile.

 

Incursori della Marina per rafforzare i legami con Israele

Fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/

Blitz in Israele dei reparti d’élite della Marina militare italiana. Dal 3 all’8 novembre, nelle acque prospicienti la città di Haifa, si è tenuta la prima edizione dell’esercitazione bilaterale Rising Star 2012 a cui hanno partecipato i palombari artificieri del Gruppo operativo subacquei del COMSUBIN (Comando Subacquei ed Incursori) di La Spezia e i Divers (specialisti sommozzatori) della Marina israeliana. Obiettivo dell’addestramento, il “contrasto della minaccia costituita dagli ordigni esplosivi improvvisati (Improvised Explosive Devices)”, attraverso la “bonifica a bordo delle unità navali e subacquee”.

“Le minacce terroristiche o i fenomeni di pirateria stanno portando le Forze di sicurezza ed in particolare le Marine militari dei paesi occidentali a studiare assetti e procedure efficaci”, ha spiegato il Comando italiano nel comunicato di presentazione della missione in Israele. “L’intervento sugli IED a bordo delle unità navali, necessita di un continuo addestramento, materiali specifici e tecnologicamente moderni, ma soprattutto operatori altamente specializzati”. Come i sub italiani e gli omologhi israeliani, operativi da tempo nei principali teatri di guerra internazionali. A partire dagli anni ’90, ad esempio, i reparti del COMSUBIN di La Spezia sono intervenuti nei Balcani e in Albania, in Corno d’Africa, Rwanda, Libano e Golfo persico.
Prima dell’esercitazione navale ad Haifa, a fine 2011 le forze aeree di Italia ed Israele avevano dato vita a due importanti attività addestrative, la prima in Sardegna (nome in codice Vega) e la seconda nel deserto del Negev (Desert Dusk). Durante i war games furono simulati combattimenti aerei tra cacciabombardieri F-15 ed F-16 israeliani ed “Eurofighter” e “Tornado” dell’Aeronautica italiana e bombardati bersagli fissi e mobili nei poligoni militari.
Rising Star 2012 ha preso il via una decina di giorni dopo il terzo vertice intergovernativo italo-israeliano di Gerusalemme, a cui hanno partecipato, tra gli altri, il primo ministro Mario Monti e ben sei ministri del suo esecutivo. “L’Italia e Israele sono unite da un legame speciale ed oggi stiamo ponendo le basi per intensificare ulteriormente questa collaborazione e, allo stesso tempo, per avviarla in nuovi settori”, ha spiegato il professore Monti al termine del colloquio con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Diversi gli accordi commerciali sottoscritti; tra i più importanti quelli in vista del “rafforzamento e la promozione della collaborazione sul fronte delle imprese innovative start-up e, più in generale, dell’hi-tech”, come si legge nel memorandum finale. All’orizzonte ci sono poi gli investimenti finanziari nel settore delle grandi infrastrutture (come ad esempio il collegamento ferroviario dal Mar Rosso al Mediterraneo) e, immancabilmente, per la cooperazione, la ricerca, lo sviluppo e la produzione nel settore militare.
Il 2012 è stato un anno chiave nelle relazioni tra i complessi militari industriali dei due paesi. A febbraio, il governo di Israele ha ufficializzato l’accordo preliminare per l’acquisto di 30 caccia-addestratori M-346 “Master” di Alenia Aermacchi (Finmeccanica). I velivoli saranno assegnati alle Tigri volanti del 102° squadrone dell’aeronautica militare; oltre alla formazione dei piloti e al supporto alla guerra elettronica, essi potranno essere utilizzati per attacchi al suolo con bombe e missili aria-terra o antinave. Il giro di affari della commessa si attesta intorno al miliardo di dollari ma comporterà per l’Italia una contropartita altrettanto onerosa. Tel Aviv, infatti, ha imposto che le forze armate italiane si dotino di un satellite elettro-ottico di seconda generazione “Ofeq”, prodotte dalle industrie israeliane IAI ed Elbit (costo 200 milioni di dollari) e di due velivoli di pronto allarme (Early warning and control – AEW&C) “Gulfstream 550” con relativi centri di comando, controllo e sistemi elettronici avanzati delle aziende IAI ed Elta Systems (800 milioni circa).
Nel corso dell’anno, l’Aeronautica italiana ha pure deciso di dotare i propri elicotteri EH101 e gli aerei da trasporto C27J “Spartan” e C130 “Hercules” con un nuovo sistema di contromisure a raggi infrarossi, denominato “Dircm – Directional infrared countermeasures”, che sarà co-prodotto da Elettronica Spa di Roma e dall’israeliana Elbit. “Con il Dircm, l’Aeronautica militare sarà la prima forza armata europea a dotarsi di un sistema con tecnologia non americana per la difesa dai missili che possono essere lanciati con sistemi a spalla e che rappresentano una delle minacce più pericolose in fase di decollo ed atterraggio”, spiegano al Ministero della difesa. Venticinque milioni e mezzo di euro la spesa, con consegne che saranno fatte entro la fine del 2013. E sempre dal prossimo anno, i missili israeliani aria-terra a corto raggio “Spike” armeranno gli elicotteri d’attacco AW-129 “Mangusta” di AugustaWestland, altra azienda di punta del gruppo Finmeccanica. Tel Aviv farà la guerra con il made in Italy, noi la faremo con le armi d’Israele.

Crisi: “Italiani attenti, la ricetta tedesca vi farà finire come la Grecia”

Scritto da: Angela Nocioni
Fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/

“Attenzione, se continuate a fare quello che vi chiede la Germania rischiate di fare la fine della Grecia”. Roberto Lavagna (nella foto) è l’economista che traghettò l’Argentina fuori dalla drammatica crisi esplosa nel Natale del 2001 (leggi il suo ritratto: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/11/roberto-lavagna-ministro-che-salvo-largentina-sfidando-lortodossia-liberista/410053/). Fu lui a governare l’emergenza. Nominato ministro dell’economia subito dopo il tracollo di Buenos Aires – con il Pil precipitato del 20%, i conti correnti congelati dalle banche e buona parte della classe media finita a rovistare nei cassonetti della spazzatura – riuscì a risollevare le sorti di un Paese dato ormai per spacciato, applicando ricette economiche finalizzate innanzitutto a restituire potere d’acquisto alla popolazione. “El ministro milagro” lo chiamano (anche i nemici) a Buenos Aires. Ora dice di noi: “Tagliare il welfare non vi farà uscire dalla crisi, o andate a disturbare settori improduttivi e prendete i soldi da lì, o vi ritroverete come Atene”.

Quali settori improduttivi?
Voi non potete giocare con la svalutazione della moneta come facemmo noi nel 2002 in Argentina perché avete l’euro e fate bene a tenervelo caro. Però potete decidere di avere il coraggio di intervenire con tagli molto precisi e molto decisi nei settori meno legati alla crescita. Penso per esempio alle spese per la Difesa. Solo quando c’è potere di acquisto c’è aumento della domanda e come si esce dalla recessione se non si pensa ad aumentare la domanda di beni e servizi da parte della popolazione? Quale senso economico ha distruggere il welfare state per tutelare gli interessi di settori di potere che non producono ricchezza? Pensare che uscirete dalla crisi attuando le politiche che vi raccomanda la troika è un errore gravissimo. Credere che si recupera competitività riducendo il potere di acquisto della popolazione è folle. Vi va male? Se seguite quelle ricette vi andrà peggio.

Quali delle richieste della Banca centrale europea, dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale non la convincono?
Finora mi pare che l’unica cosa concreta fatta in Europa sia stata il salvataggio delle banche. Guardate la Grecia. Lì c’è stato un drastico intervento europeo. Eppure Atene va verso un 2013 con il Pil precipitato, gli indici di disoccupazione e di povertà  vanno peggio di come andavano prima del drastico intervento europeo. Perché non viene messa in discussione l’efficacia dell’intervento? Si chiede al governo greco invece di aumentare la politica delle lacrime e sangue. Cosa ha salvato lì il piano di salvataggio europeo? Ha salvato l’esposizione di alcune banche.  L’esposizione delle banche in Grecia è diminuita del 60%. E’ l’unica cosa che è stata fatta. Si è privilegiato il salvataggio di quel settore. Si è fatta una scelta specifica, si è salvato l’interesse di un particolare settore di potere.

Era possibile non farlo?
Con la quantità di soldi che si è spesa si poteva salvare parte dell’economia al collasso. Ma guardate quanto si è speso per salvare le banche dei Länder tedeschi che stavano messe male tanto quanto le Caixas spagnole. Perché si parla tanto dei buchi delle Caixas spagnole e non di quelli enormi delle banche dei Länder tedeschi ripianati dalla signora Merkel? Mistero.

Che cosa contesta esattamente alla gestione tedesca della crisi europea?
L’egoismo e la miopia. La sintesi della situazione europea l’ha fatta Helmut Kohl quando ha detto: ‘Finora si trattava di europeizzare la Germania, ora si sta tentando di germanizzare l’Europa’. Che voi seguiate la strada indicata dalla Germania conviene alla Germania, non a voi.

Ma davvero crede che il welfare così come l’abbiamo conosciuto finora possa essere mantenuto?
Ci sono sprechi ed eccessi nel welfare europeo, certo. Ma non si può cominciare a tagliare da lì. Chi va a tagliare i costi del welfare, per farlo con autorevolezza, deve essersi reso prima credibile politicamente prendendo i soldi ai settori di potere improduttivi. Non ci vuole un genio dell’economia per fare cassa tagliando salari pubblici e pensioni.

Quali degli strumenti usati in Argentina per uscire dal tracollo del 2001, ritiene utili nella crisi europea attuale?
Lasciamo perdere le ovvie differenze e guardiamo alle similitudini tra le due situazioni. Sinceramente, le somiglianze tra la Grecia di oggi e l’Argentina di allora sono preoccupanti. La troika chiede ad Atene, e rischiate che tra poco chiederà a voi, le stesse cose che il Fmi chiese a noi dieci anni fa. Se l’avessimo seguito alla lettera, non ci saremmo mai più ripresi. In Argentina la prima richiesta del Fmi durante la crisi economica fu di ridurre le spese per i salari pubblici e per le pensioni del 13%. La prima richiesta fatta alla Grecia è stata di tagliarli del 14%. Noi avemmo il coraggio di dire no a richieste pressanti che ci arrivavano dagli organismi internazionali.

Quali?
Banche e imprese straniere ci chiedevano il pagamento di un’indennità, il “seguro de cambio”, che serviva a rimborsare i profitti persi a causa della svalutazione della moneta. Pagarlo a una sola impresa avrebbe voluto dire sborsare 500 milioni di dollari dalla cassa statale. Dicemmo di no. Altro esempio: decidemmo di sospendere gli sfratti nei casi di unica abitazione. Il Fmi ci disse che era una violazione del principio capitalistico della difesa della proprietà. Trovo che sia un assurdo economico, oltre che un grave attentato alla sicurezza sociale, mandare a vivere sotto ai ponti migliaia di persone. Comunque una decisione simile, pochi anni più tardi fu applicata negli Stati uniti senza scandali. Perché in casi di crisi, l’eterodossia diventa regola. Solo che negli Stati uniti sono stati più abili di noi e la decisione non ha fatto scandalo. Anzi, non ha fatto neanche notizia.


Gli italiani investono su caminetti e stufe a pellet

Fonte: http://www.soloecologia.it/13112012/gli-italiani-investono-su-caminetti-stufe-pellet/4668

La crisi economica che morde ha portato gli italiani a ridurre le spese e a cambiarle. Si tende a fare a meno di vacanze, ristoranti e capi di abbigliamento, ma c’è un settore in cui i nostri connazionali sono felici di investire: quello delle stufe a legna e dei caminetti. Un metodo di riscaldamento che ci viene spontaneo definire “alternativo”, ma in realtà rappresenta solo un ritorno al passato. L’investimento iniziale si ammortizza in medio nel giro di 2-3 anni, grazie anche agli incentivi statali con cui nel giro di 10 anni si può detrarre l’importo totale della spesa.

Del resto, il prezzo del gas in Italia non è soltanto proibitivo in sé, ma anche sopra la media europea e d’inverno la bolletta energetica si surriscalda più dei termosifoni. Negli ultimi dieci anni è aumentata del 26% l’importazione di legname per stufe. E tra le stufe, quelle che sono tornate più in auge sono le stufe a pellet, che bruciano trucioli di segatura di legno essiccata e compressa in minuscoli cilindri. Rispetto alla legna da ardere, i pellet occupano metà dello spazio a parità di resa. Il risparmio è notevole: infinitamente minore del gasolio e del metano, leggermente maggiore del legname da ardere – che però è meno pratica. La fiamma che creano i pellet è costante e non richiede particolari attenzioni da parte di chi soggiorna nel locale. Dal punto di vista ambientale, l’impatto della combustione del legno è minore rispetto ad altri carburanti, ma non nulla: conviene perciò seguire alcune semplici regole per la gestione delle stufe e dei caminetti.(http://www.soloecologia.it/27092010/stufe-a-legna-stufe-a-pellet-e-caminetti-qualche-consiglio-per-usarli-inquinando-meno/314)

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale per quanto riguarda la materia prima, purtroppo il nostro Paese, pur tentando di produrre più pellet possibile, non riesce a far fronte alla richiesta. Infatti l’Italia è il primo importatore di pellet in Europa, soprattutto da paesi come Austria, Germania e nazioni dell’Est Europa – tutti ricchi di foreste e capaci di avviare convenienti cicli di produzione. La speranza di Coldiretti è di riuscire in un futuro non troppo lontano a colmare il divario tra domanda e offerta. Sono 12 miliardi gli alberi che coprono la superficie nazionale, oltre un terzo di essa per la precisione. Un capitale prezioso per l’assorbimento della CO2 e la conservazione del territorio; secondo alcuni studi è possibile prelevare 23 milioni di tonnellate di legname l’anno senza alterare la sostenibilità delle foreste e riducendo l’attuale consumo di petrolio di oltre 5 milioni di tonnellate.