Seminato in Friuli mais OGM: un reato annunciato

Fonte: Slow Food ;  http://www.informasalus.it/it/articoli/friuli-mais-ogm.php

seminato-in-friuli-mais-ogm-un-reato-annunciato_3170

Seimila metri quadrati di mais Ogm sono stati seminati qualche giorno fa a Vivaro in Friuli, come annunciato dagli esponenti di Futuragra con una serie di SMS circolati nelle giornate scorse. Nonostante seminare Ogm in campo aperto sia in Italia tuttora vietato, nonostante ben due procure (Padova e Pordenone) si siano espresse in tal senso a proposito dell’operato di un agricoltore che qualche anno fa aveva seminato mais Ogm, e nonostante anche la corte di Cassazione, nel marzo 2012, abbia ravvisato nella condotta di chi semina mais Ogm l’integrazione di un reato, le autorità locali e nazionali, pur avvisate, non hanno preso alcun provvedimento.

«È incredibile che il Presidente della Regione non abbia compreso la gravità di un gesto come questo (chiaramente una provocazione, vista la piccola dimensione del terreno seminato) e si sia predisposta la presenza delle forze dell’ordine solo per timore di proteste da parte di fronti non favorevoli agli Ogm», dichiara Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia. «Inoltre, troviamo molto grave, alla luce di quanto è accaduto, che il Governo, benché sollecitato da un voto unanime del Senato, non abbia ancora esercitato la clausola di salvaguardia. C’è un settore della nostra economia che non va male come tutto il resto, ed è l’agroalimentare, con le ricadute positive anche sul turismo. Questo episodio frutto dell’iniziativa di pochi mette a rischio tutto questo patrimonio. Cosa ci vuole perché i politici si decidano a fare il loro dovere?».

Esterrefatto anche il commento di Carlo Petrini, presidente Slow Food: «Un patrimonio storico come quello delle varietà di mais del nordest subisce oggi un gravissimo attacco con il placet di coloro che dovrebbero tutelarlo per ruolo istituzionale. Si annuncia un reato, si commette sulla pubblica piazza, gli autori lo commentano in conferenza stampa e questo sembra non turbare né le coscienze dei cittadini né il senso del dovere dei politici».

Cinzia Scaffidi, direttore del Centro Studi Slow Food, aggiunge: «Oggi il mondo della biodiversità è stato sconfitto dall’ignoranza e dall’ignavia, oltre che dall’incompetenza politica. E questa è la migliore delle ipotesi, perché il sospetto che sia stato sconfitto anche dalla volontà di lucro e dalla potenza delle grandi aziende sementiere è tutt’altro che peregrino. Stupisce che tutto ciò accada nel momento in cui sia la Regione che il Ministero dell’Ambiente sono affidati a esponenti di un partito che dichiara di avere valori antitetici a quelli delle multinazionali dei semi e degli Ogm».

Estate 2013: i consigli del Ministero della Salute contro caldo e afa

Scritto da: Francesca Mancuso
Fonte: http://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/10654-estate-2013-consigli-ministero-salute

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Caldo, eccolo qui. L’estate si è fatta attendere quest’anno ma sembra esplosa all’improvviso col bel tempo in tutta la penisola e temperature alte. Troppo. Per i prossimi giorni è atteso un ulteriore aumento. Il Ministero della Salute ha come sempre ricordato che con l’estate bisogna andarci cauti perché il nostro corpo è esposto agli effetti negativi delle ondate di calore, soprattutto tra i soggetti più anziani, i bambini e le persone affette da malattie croniche.

Quello da temere più di tutti è Livello di rischio 3, il più elevato. Quest’ultimo indica ondate di calore con possibili effetti negativi sulla salute di persone sane e attive e non solo su quelle a rischio. Per conoscere qual è il livello di rischio, il Ministero ha varato anche quest’anno il Programma Nazionale di Prevenzione “Estate sicura 2013” e ha reso disponibili sul proprio sito informazioni e consigli sulle misure generali da adottare per affrontare il caldo senza rischi.

Inoltre, ha avviato il Sistema nazionale di Previsione e Allarme per ondate di calore, che consente di individuare, con un anticipo di almeno 72 ore le condizioni meteo-climatiche che possono avere un impatto significativo sulla salute delle categorie più esposte consultando anche il Bollettino della propria città.

Per l’estate 2013 il Sistema è operativo dal 1° giugno al 15 settembre 2013 in 27 città italiane: Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Campobasso, Catania, Civitavecchia, Firenze, Frosinone, Genova, Latina, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Pescara, Reggio Calabria, Rieti, Roma, Torino, Trieste, Venezia, Verona, Viterbo. In 34 città sono disponibili piani di prevenzione locali, con una copertura di circa il 90% della popolazione di età maggiore a 65 anni residente nelle aree urbane.

Ed ecco cosa fare in caso di Livello di rischio 3:

  • Evitare l’esposizione diretta al sole nelle ore più calde della giornata (tra le 11.00 e le 18.00)

  • Evitare le zone particolarmente trafficate, ma anche i parchi e le aree verdi, dove si registrano alti valori di ozono, in particolare per bambini molti piccoli, gli anziani, le persone con asma e altre malattie respiratorie, le persone non autosufficienti o convalescenti
  • Evitare l’attività fisica intensa all’aria aperta durante gli orari più caldi della giornata.
  • Trascorrere le ore più calde della giornata nella stanza più fresca della casa, bagnandosi spesso con acqua fresca
  • Trascorrere alcune ore in un luogo pubblico climatizzato, in particolare nelle ore più calde della giornata
  • Indossare indumenti chiari, leggeri in fibre naturali (es. cotone, lino), ripararsi la testa con un cappello leggero di colore chiaro e usare occhiali da sole.
  • Proteggere la pelle dalle scottature con creme solari con alto fattore protettivo.
  • Bere liquidi, moderando l’assunzione di bevande gassate o zuccherate, tè e caffè. Evitare, inoltre, bevande troppo fredde e bevande alcoliche.
  • Avere un’alimentazione leggera, preferire la pasta e il pesce alla carne, evitando i cibi elaborati e piccanti; consumare molta verdura e frutta fresca. Porre attenzione alla corretta conservazione degli alimenti deperibili (es. latticini, carne,) in quanto elevate temperature possono favore la proliferazione di germi che possono causare patologie gastroenteriche
  • Per chi assume farmaci, non sospendere autonomamente terapie in corso ma consultare il proprio medico curante per eventuali adeguamenti della terapia farmacologica.
  • Se l’auto non è climatizzata evitare di mettersi in viaggio nelle ore più calde della giornata (ore 11.00-18.00). Non dimenticare di portare con sè sufficienti scorte di acqua in caso di code o file impreviste. (leggi l’opuscolo Viaggiare sicuri)
  • Non lasciare persone non autosufficienti, bambini e anziani, anche se per poco tempo, nella macchina parcheggiata al sole (leggi l’opuscolo Bambini in macchina)
  • Assicurarsi che le persone malate e/o costrette a letto, non siano troppo coperte
  • Offrire assistenza a persone a maggiore rischio (ad esempio anziani che vivono da soli) e segnalare ai servizi socio-sanitari eventuali situazioni che necessitano di un intervento.
  • In presenza di sintomi dei disturbi legati al caldo contattare un medico.

La Polizia brasiliana spara agli Indios

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/popoli-indigeni/3571-la-polizia-brasiliana-spara-agli-indios.html

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ILa polizia ha ucciso un Indiano Terena e ne ha feriti altri mentre durante uno sfratto forzato dalla loro terra, nel Sud del Brasile. I membri della tribù erano tornati a vivere in una parte del loro territorio ancestrale, attualmente occupata da un allevatore nonchè politico locale.

 

In un’altra zona del Brasile, un ordine di sfratto è stato consegnato agli Indiani Kayapo, Arara, Munduruku, Xipaia e Juruna, che stanno occupando il cantiere della controversa diga Belo Monte. La polizia armata ha circondato i manifestanti: la tensione sta crescendo e si teme che possano avvenire violenze simili.

Anche gli Indiani Munduruku stanno protestando contro la costruzione di una diga sul fiume Tapajós. Un uomo Munduruku fu ucciso durante un’incursione della polizia, lo scorso novembre.

“Il governo sta alimentando una tragedia” ha dichiarato Paygomuyatpu Munduruku. “Non ce ne andremo da qui. Il governo ci ha ignorato, offeso, umiliato e assassinato… Ci stanno uccidendo perché siamo contrari alle dighe.”

 

Il diritto dei popoli indigeni ad essere consultati sui progetti che riguardano le loro terre è riconosciuto sia dalla costituzione brasiliana sia dalla legge internazionale. Tuttavia, una potente lobby agricola e mineraria ha proposto una serie di progetti di legge e modifiche costituzionali che minacciano di indebolire tali diritti territoriali. Gli Indiani sono arrabbiati poiché la Presidente Dilma Roussef, sebbene sia ormai in carica da due anni e mezzo, non ha ancora incontrato nessuno di loro.

 

 

A Roman Legion Lost in China.

Scritto da: Angelo Paratico
Fonte: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/

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The battle of Carrhae[1] ended fifty-three years before the birth of Jesus Christ, on the last day of May. It was a shameful disaster for the Roman army: seven legions with the strength of 45,000 men were humiliated and routed by 10,000 Parthian archers. – See more at: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/#sthash.zyFmrP9a.dpuf

 

The commanding officer of the unfortunate expedition was Marcus Licinius Crassus, a sixty-two-year-old tribune eager for glory and wealth, even though he was already the richest man in Rome. He organized the campaign – perhaps also because he envied the military successes of Pompey and Caesar, and foolishly thought his amateur dramatics might equal their professionalism. His only triumph had been achieved with Pompey’s help: the bloody suppression of Spartacus and his slaves. He had insufficient experience to embark on a large-scale operation himself; thus, Rome’s Republican government were loathe to let him depart with such a sizeable army, especially since there was no real emergency in the east. During the heated public debate about the excursion, a tribunus plebis named Ateius argued vehemently in opposition. Plutarch wrote that, when Ateius realised that his efforts were in vain and that he would not receive enough supporting votes, he theatrically lit a brazier and, while throwing grains of incense onto the flames, started to curse Crassus and evoke the infernal gods. Judging from the name and the behaviour of this man, we can guess that he was of Etruscan descent! To strengthen his own case, Crassus had enlisted the support of Pompey and Caesar, who saw an opportunity to free themselves of a powerful competitor.

When the Senate granted approval, Crassus assembled metropolitan legions in Rome, marched to Campania and then to Brindisi, where he met with other legions summoned from Calabria. The troops embarked despite of stormy seas – an early indication of his ineptitude. Not all the ships reached the other shore.

Crassus had the blind goddess Fortune on his side during his youth: he emerged unscathed from the civil wars, and though he was implicated in the Catiline conspiracy he suffered no consequences. He also settled the debts of a spendthrift Caesar whilst being tightfisted himself and with his family.

But as he aged he became a sort of blunderer, making numerous and serious mistakes, some of them mentioned by the historians who have written in detail about his last expedition. For instance, in a speech to his soldiers he proclaimed that he would destroy a bridge ‘so that none of you would be able to return’ but when he noticed the expressions of dismay amongst his soldiers, Crassus quickly corrected himself by explaining that he had been referring to the enemy. At one point he ordered the distribution of lentils and salt to the troops, oblivious that this was a meal offered at funerals. And when he dropped on the floor the entrails of a sacrificial animal placed in his hands by a haruspex (a soothsayer) Crassus cried: “Fear not; despite my age, the hilt of my sword will not slip from my hand!” On the day of the battle Crassus wore a black tunic, instead of the purple colour de rigour for Roman generals, and even though he quickly returned to his tent to change, he left his officers speechless.

Moreover Crassus refused to listen to his veterans advisors in favour of marching on the coast and avoiding the desert to reach the Parthian capital. Rather, he trusted the Arab, Arimanes, and his 6,000 horsemen, who had secretly sided with the Parthians and abandoned the Romans shortly after engaging in the battle.

Crassus ordered his soldiers to organize themselves in square formations, shielded on all sides without and packed like sardines within. It caged them, and they were slaughtered by the Parthian’s arrows, shot from their reflex bows with recurved edges. These bows doubled the propulsion power, enabling them to shoot at a distance of up to 400 metres – a distance further than bullets fired by Kalashnikov rifles. This kind of bow was a Mongol invention further perfected by the Chinese in the seventeenth century, when their arrows became capable of reaching a distance of up to 600 metres.

Seeing the grave danger, Crassus’ son, Publius, attempted a sally with a thousand Gallic cavalrymen, but he and half of them were slain, the remainder taken prisoners. The head of Publius was put on a spear and shown to the Romans and to his father. On this tragic occasion we can see the only glimpse of Roman greatness in Crassus who momentarily ceased to act like an old fool and told to his soldiers to keep up the fight. The death of his son, he said, was his private injury, not theirs.

At nightfall, Crassus agreed to negotiate with the enemy; however, it was a trap. He was killed and his head was also cut off. 20,000 Romans died that day; 10,000 were taken prisoner, and the remainder managed to escape back to Italy.

This shameful setback was partially redressed by Marcus Antonius a few years later and a diplomatic solution with the Parthians was reached under Augustus in 20 BC with a peace treaty that allowed for the retrieval of lost insignia, including the return of the eagles and the banners of the seven Roman legions. When Augustus sought also the return of prisoners from 53 BC the Parthians maintained that there were none to repatriate. Their practice had always been to shift prisoners caught in the West to Turkmenistan in the East. By so doing they aimed to secure their loyalty against their worst enemies – the Huns – and this is probably what happened to the unfortunate 10,000 legionnaires captured during Crassus’s battle. The Roman historian Plinius also upheld this theory, which stood until 1955, when an American Sinologist, Homer Hasenpflug Dubs, gave a speech during a conference in London, titled, “A Roman City in Ancient China”.

Dubs had found that in the annals of the Han dynasty there is record of the capture of a Hun city by the Chinese army in 36 BC named Zhizhi, now known as Dzhambul, located close to Tashkent, in Uzbekistan. Dubs was deeply impressed by the fact that the Chinese recorded the discovery of palisades of tree trunks, and that the enemy had used a previously unseen battle formation, namely a testudo of selected warriors forming a cover of overlapping shields in front of their bodies in the first row and over the heads in the following rows. [2]

   

– See more at: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/#sthash.zyFmrP9a.dpuf

The Chinese were so struck by the military skills of the opposing warriors that they moved them, after enlisting, further East, to a place that by imperial decree was named Li-Jien (which sounds in Chinese as the word “legion” and is the name the Chinese called Rome) in Gansu province. It was uncommon for Chinese to name their cities after barbarian names: the only two other known cases, Kucha and Wen-Siu, occurred where large colonies of foreigners had settled. The legionnaires numbered 145, and formed a garrison protecting the inhabitants of Li-Jien from Tibetan raids.

Dubs claimed to have identified Li-Jien as the place now known as Zhelaizhai, near Lanzhou. Subsequent archaeological expeditions made by Chinese, Australians and Americans appear to support the choice of this Chinese city even though the smoking gun, which may finally solve the mystery, has yet to be found.

During excavations in 1993 fortifications were unearthed, as well as a type of trunk fixed with stakes, possibly dating back to the time of the arrival of the legionnaires. The ‘trunk’ was a kind of hoist used by the Romans to build fortifications but unknown in China. It is now on display in the Lanzhou Museum.

The physical features of those living in Lanzhou, in some cases, also give some credence to Dubs’s theory. A certain Sung Guorong, for instance, stands at the unusual height of 1.82 metres, is blond and with an aquiline nose and big blue eyes, and loudly proclaims that he is Roman, not Chinese. He also claims that there are at least 100 others  in the area with similar features.

Certainly among the legionnaires there were some German as well as Gaul auxiliaries. Perhaps one of Mr Song’s ancestors was one of those 500 horsemen captured during Publius Crassus’s tragic sally. Lanzhou University has conducted DNA tests on the population of Zhelaizhai and their findings show that 46 per cent of them have genetic sequences similar to Europeans’.

Future research conducted using the Y chromosome (which is subject to little variation as it is transmitted directly from father to son) will shed more light on this mystery, and will help gather more precise information about European kinship ties.

Apart from this genetic evidence, Roman coins and pottery have also been unearthed in Zhelaizhai, as well as a helmet bearing the engraving in Chinese characters: One of the Prisoners. However, Zhelaizhai is located along the Silk Road, where such discoveries are found frequently. Similar artefacts have been found in distant places such as Vietnam and Korea.

One of Zhelaizhai’s specific characteristics, worth mentioning, is the passion for bulls and bullfighting, which continues to this day, and which is not shared by neighbouring areas. Local authorities, wishing to capitalize on the tourist potential offered by this link, have built a pavilion with Roman marble statues to attract visitors.

The Chinese were aware of the existence of a large Western empire and sent a legation in the year 97 AD, headed by Kan Ying. This legation arrived in Mesopotamia but, prior to continuing on to Rome, were misled by the Parthians into believing the journey would take two years of sailing. The Parthians had no interest in having their two main customers meet, as this would have cut them out of a lucrative trade.[3]

The naïve Kan Yin trusted the Parthians and decided to return to China empty handed.

Marcus Aurelius in 166 AD sent an official delegation of Romans to the Chinese capital of Luoyang and their arrival is recorded in the dynastic annals; however, the Chinese did not respond favourably to the Roman overtures, perhaps because of the occurrence in 184 AD of the peasant rebellion known as the Yellow Turbans, which caused a frightful civil war and the fall of the Han dynasty, which had ruled over China for four centuries.

(This article was published in a Hong Kong magazine on February 2003. Since than my story went viral on the web. I was contacted by an historian from Turkey asking if I knew more, because it seems that traditionally it was from Zheilazhai that begun the march West of the Turkish nation, or better say the Ashina clan within the Turkish nation..)

This article was published for the first time in Fabruary 2003.



[1] Carrhae, now known as Harran, is located on Turkey’s oriental border.

 

[2] These facts are reported in the biography of Chen Tang, one of the victorious Chinese generals, written by the historian Ban Gu (32 – 92).

 

[3] It is well known that Caesar spent a considerable amount of gold for bespoke-tailored togas made of silk, and that he gave Servilia, his mistress and mother of Brutus, a costly pearl from the South Seas. He was a trendsetter…

 

– See more at: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/#sthash.zyFmrP9a.dpuf

The commanding officer of the unfortunate expedition was Marcus Licinius Crassus, a sixty-two-year-old tribune eager for glory and wealth, even though he was already the richest man in Rome. He organized the campaign – perhaps also because he envied the military successes of Pompey and Caesar, and foolishly thought his amateur dramatics might equal their professionalism. His only triumph had been achieved with Pompey’s help: the bloody suppression of Spartacus and his slaves. He had insufficient experience to embark on a large-scale operation himself; thus, Rome’s Republican government were loathe to let him depart with such a sizeable army, especially since there was no real emergency in the east. During the heated public debate about the excursion, a tribunus plebis named Ateius argued vehemently in opposition. Plutarch wrote that, when Ateius realised that his efforts were in vain and that he would not receive enough supporting votes, he theatrically lit a brazier and, while throwing grains of incense onto the flames, started to curse Crassus and evoke the infernal gods. Judging from the name and the behaviour of this man, we can guess that he was of Etruscan descent! To strengthen his own case, Crassus had enlisted the support of Pompey and Caesar, who saw an opportunity to free themselves of a powerful competitor.

When the Senate granted approval, Crassus assembled metropolitan legions in Rome, marched to Campania and then to Brindisi, where he met with other legions summoned from Calabria. The troops embarked despite of stormy seas – an early indication of his ineptitude. Not all the ships reached the other shore.

Crassus had the blind goddess Fortune on his side during his youth: he emerged unscathed from the civil wars, and though he was implicated in the Catiline conspiracy he suffered no consequences. He also settled the debts of a spendthrift Caesar whilst being tightfisted himself and with his family.

But as he aged he became a sort of blunderer, making numerous and serious mistakes, some of them mentioned by the historians who have written in detail about his last expedition. For instance, in a speech to his soldiers he proclaimed that he would destroy a bridge ‘so that none of you would be able to return’ but when he noticed the expressions of dismay amongst his soldiers, Crassus quickly corrected himself by explaining that he had been referring to the enemy. At one point he ordered the distribution of lentils and salt to the troops, oblivious that this was a meal offered at funerals. And when he dropped on the floor the entrails of a sacrificial animal placed in his hands by a haruspex (a soothsayer) Crassus cried: “Fear not; despite my age, the hilt of my sword will not slip from my hand!” On the day of the battle Crassus wore a black tunic, instead of the purple colour de rigour for Roman generals, and even though he quickly returned to his tent to change, he left his officers speechless.

Moreover Crassus refused to listen to his veterans advisors in favour of marching on the coast and avoiding the desert to reach the Parthian capital. Rather, he trusted the Arab, Arimanes, and his 6,000 horsemen, who had secretly sided with the Parthians and abandoned the Romans shortly after engaging in the battle.

Crassus ordered his soldiers to organize themselves in square formations, shielded on all sides without and packed like sardines within. It caged them, and they were slaughtered by the Parthian’s arrows, shot from their reflex bows with recurved edges. These bows doubled the propulsion power, enabling them to shoot at a distance of up to 400 metres – a distance further than bullets fired by Kalashnikov rifles. This kind of bow was a Mongol invention further perfected by the Chinese in the seventeenth century, when their arrows became capable of reaching a distance of up to 600 metres.

Seeing the grave danger, Crassus’ son, Publius, attempted a sally with a thousand Gallic cavalrymen, but he and half of them were slain, the remainder taken prisoners. The head of Publius was put on a spear and shown to the Romans and to his father. On this tragic occasion we can see the only glimpse of Roman greatness in Crassus who momentarily ceased to act like an old fool and told to his soldiers to keep up the fight. The death of his son, he said, was his private injury, not theirs.

At nightfall, Crassus agreed to negotiate with the enemy; however, it was a trap. He was killed and his head was also cut off. 20,000 Romans died that day; 10,000 were taken prisoner, and the remainder managed to escape back to Italy.

This shameful setback was partially redressed by Marcus Antonius a few years later and a diplomatic solution with the Parthians was reached under Augustus in 20 BC with a peace treaty that allowed for the retrieval of lost insignia, including the return of the eagles and the banners of the seven Roman legions. When Augustus sought also the return of prisoners from 53 BC the Parthians maintained that there were none to repatriate. Their practice had always been to shift prisoners caught in the West to Turkmenistan in the East. By so doing they aimed to secure their loyalty against their worst enemies – the Huns – and this is probably what happened to the unfortunate 10,000 legionnaires captured during Crassus’s battle. The Roman historian Plinius also upheld this theory, which stood until 1955, when an American Sinologist, Homer Hasenpflug Dubs, gave a speech during a conference in London, titled, “A Roman City in Ancient China”.

Dubs had found that in the annals of the Han dynasty there is record of the capture of a Hun city by the Chinese army in 36 BC named Zhizhi, now known as Dzhambul, located close to Tashkent, in Uzbekistan. Dubs was deeply impressed by the fact that the Chinese recorded the discovery of palisades of tree trunks, and that the enemy had used a previously unseen battle formation, namely a testudo of selected warriors forming a cover of overlapping shields in front of their bodies in the first row and over the heads in the following rows. [2]

   

– See more at: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/#sthash.zyFmrP9a.dpuf

The battle of Carrhae[1] ended fifty-three years before the birth of Jesus Christ, on the last day of May. It was a shameful disaster for the Roman army: seven legions with the strength of 45,000 men were humiliated and routed by 10,000 Parthian archers. – See more at: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/#sthash.zyFmrP9a.dpuf
The battle of Carrhae[1] ended fifty-three years before the birth of Jesus Christ, on the last day of May. It was a shameful disaster for the Roman army: seven legions with the strength of 45,000 men were humiliated and routed by 10,000 Parthian archers. – See more at: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/#sthash.zyFmrP9a.dpuf
The battle of Carrhae[1] ended fifty-three years before the birth of Jesus Christ, on the last day of May. It was a shameful disaster for the Roman army: seven legions with the strength of 45,000 men were humiliated and routed by 10,000 Parthian archers. – See more at: http://beyondthirtynine.com/a-roman-legion-lost-in-china-2/#sthash.zyFmrP9a.dpuf

Sardegna misteriosa: le affascinanti spirali della Tomba della Scacchiera

Fonte: http://ilnavigatorecurioso.myblog.it/archive/2012/08/10/sardegna-misteriosa-le-affascinanti-spirali-della-tomba-dell.html

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La Sardegna, oltre ad essere l’isola italiana più amata nel mondo per le sue bellezze naturalistiche, è molto conosciuta soprattutto tra gli archeologi per i suoi nuraghi – antiche torri che ricordano un pò i Brochs scozzesi – e per quelle straordinarie meraviglie scavate nella roccia, conosciute come “Tombe dei Giganti“.

Per questo motivo, la Sardegna è davvero in posto incredibile per chiunque sia appassionato di archeologia e monumenti antichi. Eppure, alcuni dei ritrovamenti più interessanti sono stati nascosti per secoli, dopo essere stati scoperti dagli archeologi.

Paola e Diego Meozzi, due giornalisti italiani di archeologia che curano l’ottimo sito Stone Pages, sono stati i primi a comunicare al mondo intero una prodigiosa scoperta avvenuta proprio in Sardegna. Durante un tour archeologico sull’isola, i due fratelli hanno pernottato in un agriturismo a Sas Abbilas, situata in una valle un pò appartata nei pressi di Bonovra (Sassari), non molto distante dalla famosa necropoli preistorica di Sant’Andrea Priu.

Diego e Paola hanno incontrato il proprietario dell’agriturismo, il signor Antonello Porcu, il quale gli ha mostrato una serie di immagini straordinarie scattate da lui stesso nel 2009. Le immagini mostravano delle ampie spirali di 70 centimetri di diametro, di color rosso ocra, dipinte sulle pareti di quella che sembrava essere una tomba preistorica. Si trattava di un sito neolitico scoperto in quello stesso hanno e denominato “La Tomba della Scacchiera“, la quale nasconde una storia, a dir poco, misteriosa.

Nel 2007, il comune di Bonovra, grazie ad una serie di finanziamenti, avviò un’indagine archeologica nella zona dove c’è la necropoli preistorica di Sant’Andrea Priu, vicino all’agriturismo del signor Porcu. Nel 2008, a seguito dell’indagine, fu avviata una campagna di scavi affidata a una società cooperativa locale e con a capo l’archeologo Francesco Sartos, nominato dalla Sopraintendenza Beni Archeologici per Nuoro e Sassari (sezione locale del Ministero dei Beni Culturali).

Poche settimane dopo l’inizio degli scavi, nonostante l’archeologo capo continuasse a dire che nulla era stato ancora torvato, incuriosito dai continui movimenti dei macchinari, il signor Porcu, entrando in confidenza con gli operai addetti alle scavatrici, si rese conto che sulle colline del Parco Tenuta Mariani era stato trovato qualcosa di straordinario.

Porcu e suo fratello, fortunatamente, non resistettero alla curiosità e dopo qualche giorno recarono sul luogo degli scavi per capire cosa stesse succedendo. Sotto un tappeto messo lì dagli archeologi, i fratelli Porcu scoprirono un ingresso che conduceva in una grande tomba con tre nicchie laterali. L’interno della tomba era decorata con vivaci disegni in ocra rossa e con enormi corna tauirine scolpite nella roccia. Il soffitto, alto 1,70 metri, era dipinto di blu scuro e di bianco.

Ma la cosa che più colpì i due curiosi, fu la serie di sette spirali rosse dipinte su una nicchia laterale, ciascuna di 70 centimetri di diametro, eseguite con una tecnica pittorica molto raffinata.

Inoltre, sul soffitto della nicchia, c’era una figura geometria molto rara per le tombe ritrovate in Sardegna: un motivo in bianco e nero a scacchi. Probabilmente si tratta di una decorazione unica nel suo genere per un sito apparentemente risalente al Neolitico (dal 3800 a.C. al 2900 a.C.), attribuibile alla cosiddetta cultura di Ozieri.

Affascinato dallo straordinario ritrovamento, Antonello Porcu decise di informare il sindaco di Bonovra della scoperta fatta nel suo territorio. Il sindaco si disse sorpreso del fatto che nessuno degli archeologi lo aveva informato di una scoperta così importante.

Fortunatamente per noi, Porcu ebbe l’idea di scattare delle fotografie dell’interno della tomba, perchè, a conclusione di questa storia, pochi mesi dopo, i rappresentanti ufficiali della Sopraintendenza Archeologica per Nuoro e Sassari, decisero di bloccare definitivamente l’accesso alla tomba con il calcestruzzo, coprendo l’intera superficie don uno spesso strato di terreno, coprendo di nuovo la tomba.

La motivazione ufficiale che è stata data a questo atto scellerato è la protezione della tomba dai saccheggiatori. Così la tomba e le sue pitture stupefacenti sono tornate di nuovo nell’oblio. Una sorte condivisa anche da altre tombe rinvenute nella stessa area, come quella denominata “Sa Pala Larga”, nella quale è scolpita una testa di toro impressionante, con sopra una serie di spirali che formano una sorta di “albero della vita”.

Le autorità sarde sono spinte dal desiderio di proteggere il sito e non desiderano che si sparga la voce della scoperta, ma Diego e Paola Meozzi – e il Navigatore Curioso – non sono d’accordo: “Il nostro patrimonio archeologico è un tesoro nazionale e deve essere condiviso: la protezione è una cosa, ma nascondere un antico sito a tempo indeterminato è un’altra cosa”, commenta Diego.

“Ci chiediamo quanti monumenti notevoli sono stati rinvenuti, studiati e poi sigillati dagli archeologi in Sardegna, conosciuti solo da poche persone autorizzate. Chiedo che la gente di tutto il mondo invii una mail al Sopraintendente Archeologico per Sassari e Nuoro (Dr. Bruno Massabò – bmassabo@arti.beniculturali.it) per sollecitare un ripensamento della politica di chiusura e di permettere a tutti di visitare il sito”, conclude Diego.

A conclusione di questa brutta storia, il Navigatore invita tutti i suoi lettori a spedire subito la mail al Sopraintendente (inondiamolo di mail), perchè sigillare un sito antico come “La Tomba della Scacchiera” con il calcestruzzo, è l’atto vandalico più grave della storia dell’archeologia italiana e mondiale. Ci chiediamo quante scoperte archeologiche siano state nascoste ai cittadini della Terra con la stessa gretta logica.

Chi decide quale scoperta possa essere divulgata e quale no? Quante scoperte “scomode” sono state occultate alla conoscenza delle persone? Questa logica deve essere annientata, soprattutto in un campo come l’archeologia, fondamentale per aiutarci a capire le nostre origini e, paradossalmente, il nostro destino.

Un ultima considerazione. Le spirali mostrate nelle foto, richiamano alla mente la disposizione dei motivi sulle a pietra all’ingresso della tomba neolitica di Newgrange in Irlanda. Un ricercatore ha già notato che le spirali della Tomba della Scacchiera ricordano altri motivi di arte rupestre rinvenuti sulla costiera atlantica d’Europa, o come quelle dipinte all’interno dello straordinario ipogeo Hal Saflieni, sull’isola di Malta.

Se è vero, come alcuni ritengono, che la Spirale è l’antico simbolo della civiltà atlantidea, la Tomba della Scacchiera non potrebbe parlarci dei discendenti dei sopravvissuti alla catastrofe che spazzò via Atlantide? Quali altri segreti nasconde la Sardegna che ci aiuterebbero a ricostruire il passato remoto della nostra specie?

 

Tempi durissimi per il tonno rosso del Pacifico

Fonte: http://www.tuttogreen.it/tempi-durissimi-per-il-tonno-rosso-del-pacifico/

timthumb.phpSecondo un recente rapporto, la conta dei pesci risulta a livelli storicamente e pericolosamente bassi per via della pesca eccessiva e indiscriminata. Il Comitato Scientifico Internazionale, che si dedica in particolare allo studio dei tonnidi e delle specie affini dell’Oceano Pacifico del Nord, ha stimat che la popolazione di tonno rosso del Pacifico è calata di oltre il 96%o rispetto al suo livello rilevati alcuni anni fa e considerato standard.

Il rapporto fa anche presente che il terribile dato non è certo destinato a migliorare, data l‘intensificazione della pesca. Questa grande famiglia ittica, che comprende sia i tonni che gli sgombri, rischia di figurare sulla lista delle specie in via di estinzione. Il problema maggiore è che la maggior parte degli esemplari di tonno rosso che vengono pescati sono pesci che non hanno ancora raggiunto l’anno di età e questo fatto complica ulteriormente la possibilità della specie di procreare.

Lo stock ittico bassissimo di questa particolare varietà di tonn, peraltro, lo ha reso ormai un prodotto di nicchia, per intenditori e gourmet che non si fanno di certo dissuadere dai prezzi di vendita ormai stellari: basti pensare che un tonno rosso del Pacifico è stato battuto ad un’asta di Tokyo per 1,78 milioni di dollari.

Amanda Nickerson, direttrice del ‘Pew Environment Group’, ha dichiarato che “la condotta più responsabile sarebbe quella di sospendere immediatamente l’attività di pesca fino a quando verranno adottate misure significative per invertire questa tendenza“. Per questo ha invitato i principali paesi impegnati nella pesca del tonno rosso del Pacifico – Giappone, Messico, Corea del Sud e Stati Uniti – ad agire con coscienza.

Finora, è stato compiuto un solo passo in questo senso: nel giugno dello scorso anno la Commissione tropicale interamericana per la pesca del tonno, per la prima volta in assoluto, ha stabilito un quantitativo massimo di pesca consentito. Il Pew Environment Group ha suggerito, inoltre, di impedire la pesca nelle zone di riproduzione del tonno rosso nel Pacifico settentrionale e di stabilire anche dei limiti di dimensione per il pesce pescato, in modo tale da ridurre la mortalità degli esemplari più giovani, allo scopo di favorirne la riproduzione.

Sarà mai ascoltato?

Se la FED si “compra” l’Europa

Scritto da: Leon
Fonte: http://fantpolitik.blogspot.it/

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La notizia è uscita molto in sordina qualche giorno addietro, e l’abbiamo commentata immediatamente in trasmissione su Raz24: la Fed, Banca Centrale Usa, starebbe pensando seriamente di intervenire sui mercati per acquistare dei titoli di Stato dei Paesi europei in difficoltà. 

Mentre in Europa si discute a non finire sull’operato della Banca Centrale Europea in merito agli “aiuti” indiretti agli Stati per calmierare l’ascesa dei tassi di interesse, proprio mediante l’acquisto di parte del debito pubblico dei vari Paesi, ora parrebbe che anche la Fed stia per intervenire in “nostro” soccorso.

 

Tutto parte, e per ora finisce, da una frase pronunciata da Ben Bernanke un po’ di tempo addietro. Questa: «La Fed ha l’autorità per acquistare sia debito pubblico nazionale sia debito pubblico straniero».
In Italia è stata riportata pochissimo a suo tempo, ma ora iniziano alcune timide analisi in concomitanza con le turbolenze europee proprio su questo tema. Al di là della possibilità o meno che tale operazione possa avere inizio in grande stile, visto che è difficile che la Fed, una volta presa la decisione, lo faccia con interventi a basso profilo, è però tema che va analizzato a fondo. Perché nel caso le implicazioni per i Paesi europei sarebbero enormi.
Intanto chiariamo un punto: al momento, noi, non abbiamo ulteriori conferme dell’operazione, dunque invece di dare la cosa per certa salvo poi fare finta di nulla ove il tutto non dovesse concretizzarsi, preferiamo invece dedicarci ad alcune supposizioni in punta di logica. Anche perché queste, da sole, come vedremo sono più che sufficienti per avvalorare la tesi e le parole di Bernanke.
La cosa ha più di qualche reale possibilità, chiariamolo. Intanto perché la Federal Reserve, oltre alle operazioni monstre interne, cioè l’immissione di enormi masse di liquidità in Usa, già è attiva e praticamente da sempre sui mercati esteri. Poi perché, come cercheremo di spiegare, l’operazione rientra in una logica cristallina.
Già a suo tempo la Fed intervenne in Europa concedendo denaro a varie Banche in difficoltà. Ma il passaggio ipotizzato verso un intervento anche sui titoli di Stato apre diversi altri scenari. Un conto è intervenire per acquistare parte delle Banche, un conto differente, come si intuisce, è invece andare ad acquistare parte dei debiti sovrani degli Stati. Questi ultimi, tra i quali il nostro, si troverebbero di fatto a essere “posseduti”, quota parte, proprio dalla Fed. Nel momento in cui firmiamo delle cambiali, cioè, nello specifico, dei titoli di Stato, diventiamo debitori verso qualcuno, il che di fatto ha enorme influenza su di noi.
Prima sintesi parziale: se la Fed acquista il nostro debito pubblico, a meno che un giorno, o prima o poi, per un verso o per un altro, con un meccanismo o un altro, non decidiamo di ripudiarlo (cosa assai improbabile, vista la classe politica che ci governa e la cittadinanza che la vota) ciò significa che diveniamo in quota parte proprietà degli Stati Uniti d’America, attraverso la Banca Centrale Usa. Basta questo per far capire l’importanza di questa indiscrezione?
Detto dell’urgenza del tema, resta ora da capire, ma non è difficile farlo, il motivo per il quale la Federal Reserve sarebbe ben pronta a intervenire in Europa. Una volta snocciolati i vari motivi per i quali sarebbe in procinto di farlo non ci si stupirà più nel prendere tale indiscrezione come, in realtà, una operazione ormai già messa in cantiere.
Che motivi e benefici avrebbe dunque la Fed ad acquistare debito pubblico europeo?
Tanti. Differenti. Importanti. E alla fine dei conti, decisivi.
Intanto per fare spese da noi dovrebbe acquistare Euro, visto che non potrebbe comperare direttamente in Dollari. Questo non solo non è un problema per la Fed, visto che può stampare Dollari secondo necessità, ma diventa anche un beneficio diretto. Dopo aver fatto un accordo di swap con la Bce per proseguire con l’operazione, semplicemente stamperebbe denaro per andare ad acquistare Euro che poi userebbe per comperare i titoli di Stato. Il beneficio diretto, sempre per loro, sia chiaro, è quello che così facendo si creerebbe una situazione di ulteriore aumento di circolazione per il Dollaro, peraltro senza creare, in questo caso, problemi inflazionistici. Aumentare la circolazione del Dollaro, ricordiamolo, gli sarebbe utile per evitare che salgano troppo i prezzi delle materie prime e del petrolio, che è un altro problema che al momento si trova a dover fronteggiare. Potrebbe, in tal caso, ridurre un po’ il pompaggio interno di liquidità, che enormi pericolosità comunque le ha, e allo stesso tempo mantenere alto il valore di cambio delle altre monete rispetto al Dollaro. Ergo, gli Usa sarebbero, come effetto indiretto, avvantaggiati nelle esportazioni, con i benefici connessi all’economia interna.
Ma c’è anche il lato geopolitico, prima di passare a quello prettamente economico, finanziario e predatorio.
Andiamo per ordine. Gli Usa, soprattutto oggi, hanno assoluto bisogno che l’Europa non collassi economicamente e politicamente. La situazione attuale europea, disastrata dal punto di vista dell’occupazione e dunque della società nel suo complesso, è un problema enorme per gli Usa nel caso in cui essi dovessero intervenire militarmente in tanti scenari di guerra che si stanno aprendo, o che intende aprire per continuare a perseguire interessi da noi e in Medio Oriente.
Rammentiamo cosa è successo con la Libia, ad esempio, o in Mali, dove complici le situazioni non felici dei Paesi europei ci sono state adesioni piuttosto timide agli interventi di fatto decisi dagli Usa. Ecco, ciò gli Stati Uniti non possono permetterselo. E ancora meno possono permettersi che l’Europa diventi a guida prettamente tedesca come in pratica avviene già da anni.
Per gli Usa l’Europa deve essere in buona salute e stabile, sia per essere utilizzata come mercato di sbocco per i prodotti statunitensi sia per essere usata alla bisogna come alleato strategico per perseguire gli interessi a stelle e strisce nel vecchio continente e ancora più a Oriente.
Dal punto di vista economico e finanziario, inoltre, le cose sono ancora più chiare. E più spietate, ovviamente: in Europa gli Usa possono venire a fare un mucchio di denaro. L’economia statunitense è alla strenua ricerca del rilancio e dell’aumento dell’occupazione. Ora, aprendo e tenendo vivi i mercati europei, sostenendo i debiti pubblici acquistando i titoli di Stato come ventilato da Bernanke, gli Usa beneficerebbero di milioni di nuovi posti di lavoro in patria. Da loro si produce di più, e si crea occupazione, perché l’Europa può iniziare nuovamente ad acquistare. Chiaro, no?
Ma non solo. Il punto dirimente, e pericoloso, è un altro. Questo: se la Fed “ci compera”, allora la finanza statunitense può attivarsi ancora di più nella gestione delle nostre economie. Ribadiamolo: se il nostro debito pubblico è in loro mani, sono quelle mani che ci inizieranno a guidare sempre più direttamente. Da noi c’è da fare enormi affari a prezzi di saldo: le sofferenze bancarie e quelle immobiliari, ad esempio, sono note. E su queste si avventerebbero ancora di più gli Usa. Ma ancora: entrando a gamba tesa nel nostro continente, e facendolo forti dell’aiuto concessoci con l’acquisto dei titoli di Stato, gli Usa avrebbero gioco facile a imporsi presso di noi rispetto la deriva del momento. Spieghiamo: al momento tra Fondi sovrani arabi e investitori cinesi e russi, l’Europa sta finendo spacchettata nelle mani orientali. Gli Usa non solo non vogliono permetterlo, ma vogliono partecipare alla spartizione e fare fuori gli altri il più possibile.
Tradotto in parole semplici: gli Usa, mediante la Fed, userebbero come moneta di scambio, o meglio come ricatto, il fatto di sostenerci con l’acquisto dei titoli di Stato dei Paesi di difficoltà. E noi ci caleremmo le braghe su tutto il fronte.
Altro aspetto, anzi due, collegati all’operazione. Il primo: se si realizzasse questo scenario, tutto il rigore tedesco andrebbe a farsi benedire e la Germania sarebbe fatta fuori, dal punto di vista politico ed economico, rispetto allo scenario europeo che invece adesso domina. Resteranno calmi, dalle parti del Bundestag? Difficile crederlo. Il secondo: potrebbe innescarsi una “corsa all’aiuto”. Perché mai, di fronte alle spese della Fed, dovrebbero rimanere ferme invece la Cina o il Giappone? E che effetti avrebbe una nuova corsa a sostenerci sull’economia interna?
Facile: tornerebbe una sorta di euforia e gli europei tornerebbero a fare acquisti felici, contenti e soprattutto ignari. Inconsapevoli di aver subito un nuovo piano Marshall, magari a doppia tenaglia – Usa e Cina – e questa volta con effetti definitivi sulla propria sovranità.

Ultima cosa, en passant. Non perdiamo di vista un punto cardine: la Fed starebbe per venire a fare acquisti in Europa con una operazione estremamente semplice e indolore per gli Usa e invece molto dolorosa per noi. Loro ci comprerebbero semplicemente stampando moneta dal nulla. Come le banconote del Monopoli, mentre noi saremmo legati a quel punto mani e piedi molto di più rispetto a quanto già non siamo adesso, dopo l’invasione europea della seconda guerra mondiale.

EnergyCity2013: progetto pilota per mappare l’efficienza energetica degli edifici

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/10062013/energycity2013-progetto-pilota-mappare-efficienza-energetica-degli-edifici/5729

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Risparmio energetico ed isolamento termico. Avere una casa non perfettamente isolata non soltanto ci fa spendere di più per riscaldarla, ma ci fa anche bruciare più combustibili, andando ad aumentare le emissioni nocive di CO2 in atmosfera. La termografia è un modo per “fotografare” con una termocamera la dispersione di calore degli edifici: quelli privi di cappotto termico, di tetti coibentati, di infissi a doppi vetri appariranno di colori caldi (dal giallo all’arancione al rosso fino al bianco), mentre quelli ben isolati risultano di colori freddi (azzurro o verde).

E’ nato per migliorare le performance energetiche delle nostre città il progetto europeo EnergyCity, che produce mappe termiche di ultima generazione da utilizzare per mettere a punto una riqualificazione urbana sostenibile. Finora si è lavorato in sette città europee (Bologna per l’Italia) effettuando rilevazioni notturne in volo che valutano l’efficienza energetica degli edifici mediante una camera termica montata sull’aereo. Altre rilevazioni sono effettuate di giorno mediante un sensore iperspettrale che analizza le bande spettrali e dà informazioni sui materiali che compongono gli edifici. In questo modo si ricava il valore dell’emissività che serve per ottenere corretti valori della temperatura di ogni singolo edificio. Con un’elaborazione successiva si ottiene infatti un’immagine precisa dell’efficienza energetica di ogni edificio della città: su una pianta digitale risultano rossi gli edifici che disperdono molto, gialli gli edifici di media efficienza, azzurre le case energeticamente più efficienti.

Il progetto è iniziato nel 2010 e terminerà nel settembre di quest’anno con la presentazione dei risultati sulle sette città. Le immagini (geograficamente localizzate) delle aree urbane esaminate sono state inserite in un supporto informatico a cui per il momento hanno accesso soltanto le pubbliche amministrazioni, ma che un domani potrà essere consultato anche dai privati cittadini per rendersi consapevoli di quanto è isolato il proprio edificio – per poi effettuare interventi di isolamento su pareti, tetti, porte e finestre per trattenere meglio il calore all’interno della casa. La speranza è che, dopo la fine del periodo di sperimentazione, la metodologia ricavata da questo progetto sia applicata sistematicamente a tutte le città del territorio italiano ed europeo.

Draghi supera se stesso

Fonte: http://www.coscienzeinrete.net/economia/item/1366-draghi-supera-se-stesso

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Si rimane sempre più basiti per certe dichiarazioni fatte da personaggi che rivestono ruoli di rilievo nelle istituzioni finanziarie, in particolare se queste dichiarazioni sono rilasciate addirittura dal capo (formale) della più importante istituzione finanziaria europea, che è la BCE.

di Cesare Padovani

Questi signori (del denaro) fanno finta di non sapere che quello che loro chiamano debito pubblico degli stati (e che pure noi per ignoranza ci siamo lasciati convincere a chiamare in questo modo) nasce per ragioni strutturali: gli stati non possono stampare la moneta che usano, ma sono costretti e obbligati a prenderla in prestito dal sistema bancario (con a capo, formalmente, la BCE) che la crea dal nulla e la presta a interesse.

Questo meccanismo contiene implicitamente in sé l’impossibilità di restituzione del relativo debito.

Infatti, per via degli interessi, gli stati dovrebbero restituire più carta-moneta di quella che ricevono in prestito. Inoltre, poiché la carta-moneta è indispensabile alla vita economica della comunità (si potrebbe dire che ne rappresenti il sangue), segue che gli stati non possono nemmeno privarsi di quella ricevuta in prestito.

La conseguenza di ciò è che il debito pubblico aumenta inevitabilmente nel tempo. Inoltre, esso segue un andamento più o meno esponenziale, in quanto il debito è calcolato con la formula dell’interesse composto (ANATOCISMO). Allora? E’ un debito questo? Nooooo, questa è una truffa, è una rapina!! E’ la più grande rapina della storia dell’umanità, è la più grande truffa della storia dell’umanità! Pertanto, questo debito è illegittimo ed immorale. Come si fa a restituirlo? E’ fisicamente e matematicamente impossibile restituirlo! Il debito pubblico, è inestinguibile!

Alla luce di queste considerazioni, l’affermazione del governatore della BCE (se non ci sono errori nel riportarla) “Non può esserci crescita con una creazione infinita di debito” appare veramente ridicola, dal momento che il sistema stesso di cui lui è formalmente a capo è congegnato proprio in modo da creare debito all’infinito.

Poi arriva l’avvertimento: “prima o poi si viene puniti ed è esattamente quel che è successo”! In realtà, lo scopo di questi signori (i signori del denaro) è che lo Stato svenda sue proprietà per restituire questo debito inesistente! A questo mirano: appropriarsi di beni reali della comunità in cambio di carta che loro creano dal nulla. Per poi, ovviamente, dare origine a un nuovo ciclo di indebitamento.

Per questo si rimane veramente senza parole di fronte alla disinvoltura con cui persone, come Mario Draghi, che non possono non essere al corrente di questo meccanismo, se ne escano con affermazioni che rappresentano invece una negazione del fatto stesso.

Queste dichiarazioni fanno breccia e trovano consenso in quelle persone (purtroppo molte) che si sono fatte ingannare dal falso luogo comune che l’esistenza del debito pubblico sia conseguenza del fatto che lo Stato si è comportato come una famiglia che ha speso troppo, che è vissuta al di sopra delle sue possibilità, che ha sperperato e che per questo ha dovuto indebitarsi. Quante volte l’abbiamo sentito ripetere in televisione da personaggi del sistema, come per esempio Giuliano Amato!

Perché questo è un falso?

Perché fra lo Stato e una famiglia esiste una differenza fondamentale: lo Stato è sovrano, una famiglia no! Semplice! Senza scendere in dettagli, possiamo asserire che una famiglia può indebitarsi perché non può stamparsi la propria carta-moneta, invece lo Stato, in quanto sovrano, può stampare la carta moneta di cui necessita (rispettando ovviamente delle regole).

Quello che è successo nell’Eurozona è che agli stati è stata sottratta la loro sovranità, all’insaputa dei rispettivi popoli. Il signor Mario Draghi dovrebbe spiegarci come mai la BCE crea denaro e lo presta alle banche commerciali al tasso di interesse dello 0,5% e queste lo prestano agli stati (che non sono liberi di fare altrimenti) a tassi 10 volte maggiori! Questa è una truffa nella truffa.

Il Grande Fratello è al lavoro

Scritto da: Piero Cammerinesi
Fonte: http://www.coscienzeinrete.net/politica/item/1362-il-grande-fratello-%C3%A8-al-lavoro

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C’è davvero poca consolazione nel poter affermare: “io l’avevo detto!”, in particolare quando le notizie – che ci confermano di aver avuto ragione in tempi non sospetti – sono inquietanti come quelle che oggi ci giungono dai media.

 

di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)

 

Mi riferisco a quanto scrissi – dopo aver assistito all’incoronazione di Obama e al suo discorso d’insediamento – in un articolo molto critico sulle reali ‘qualità’ di questo presidente che sembrava reincarnare il fascino di JFK.

Fui ferocemente attaccato da tutti coloro che seguivano trasognati i “Change” e gli “Hope” della sagace campagna presidenziale…

Scrissi allora: “Guarda guarda, questo sta facendo fessi tutti … l’inganno più pericoloso è quello di chi dice 99 verità ed una sola menzogna, che inevitabilmente viene acriticamente vissuta come verità…sarebbe veramente il colmo farci ‘fregare’ da Obama dopo essere sopravvissuti ad un incapace come Bush che ha rappresentato manifestamente la menzogna per otto lunghi ann[1]”

E per averci fregato, Obama ci ha fregato eccome!

Dopo che Bush ha utilizzato l’11 Settembre per invadere Iraq e Afghanistan – in attesa della partita con l’Iran – ora Obama si serve dell’attentato di Boston per abolire di fatto ogni privacy all’interno di quella che era la Land of the Free.

Dieci giorni dopo Boston, infatti, è stata firmata un’ordinanza che obbliga il maggiore operatore telefonico e Internet USA, Verizon, – e ancora non abbiamo conferme degli altri – a fornire alla NSA (Agenzia per la Sicurezza Nazionale) dettagliate informazioni su tutte le telefonate sia nazionali che internazionali.

Qui negli USA non si erano ancora spenti gli echi degli scandali di agenzie di stampa e giornalisti intercettati dal Dipartimento di Giustizia[2] e dell’IRS (Agenzia delle Entrate) che eseguiva accertamenti ad arte su specifici gruppi parlamentari[3], che il Guardian[4] ci regala quest’ultima chicca a stelle e strisce.

Di che si tratta?

La Fisa, un tribunale segreto che sta per Foreign Intelligence Surveillance Court, il 25 Aprile scorso ha dato all’FBI – e di fatto al Governo – potere illimitato di ottenere qualsiasi tipo di dato sulle telefonate private dei cittadini americani per un periodo iniziale di tre mesi.

Voi direte: ma qualcuno si ribellerà a un tale scempio, in fondo è noto a tutto il mondo la passione per la libertà del popolo americano….

Sì, certo, malumori ce ne sono, ma, come la vicenda di Boston insegna[5] i cittadini di questo Paese sono stati ‘addestrati’ a barattare ogni residuo di libertà con la sicurezza.

Da parte delle autorità, neanche a parlarne, dopo qualche imbarazzo e qualche “no comment” un funzionario vicino a Obama ha definito questa ennesima azione di spionaggio di un intero popolo, nientemeno che “uno strumento fondamentale per proteggere la nazione dalle minacce terroristiche nei confronti degli Stati Uniti”.

Anzi, mentre sto ultimando questo articolo un ‘lancio’ della CNN riporta la notizia di due importanti senatori – Dianne Feinstein e Saxby Chambliss – che esprimono consenso ed approvazione per il sistema di intercettazioni che, a dir loro, “è andato avanti per anni e ha prodotto risultati”.

Così la Costituzione Americana – una delle più avanzate del mondo – continua ad essere calpestata, indicando anche ad altre nazioni la strada per espropriare i popoli di tutto senza che questi alzino un solo dito per impedirlo.

Anzi, essendone anche contenti.

Come scriveva Goethe: “Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo“.

 

[1] http://www.liberopensare.com/articoli/item/253-obamarea

[2] http://www.nytimes.com/2013/05/14/us/phone-records-of-journalists-of-the-associated-press-seized-by-us.html?pagewanted=all

[3] http://www.nytimes.com/2013/05/16/opinion/the-real-irs-scandal.html?_r=0

[4] http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/06/obama-administration-nsa-verizon-records

[5] http://www.liberopensare.com/articoli/item/461-boston-una-prova-generale