Negli Usa nasce il più grande parco eolico off-shore del Paese: lo costruirà un italiano

Fonte: http://www.greenreport.it/news/piu-grande-parco-eolico-usa-italiano/

Con lo Sblocca Italia il governo Renzi preferisce le trivelle alle pale, e gli investitori guardano altrove
Investimento di 2,5 miliardi di dollari, su 30.00 ettari di mare: energia pulita per 300.000 case
Sarà “italiano” il più grande parco eolico offshore Usa

La Us Wind Inc. si è aggiudicata per 8,7 milioni di dollari la gara per costruire il più grande parco eolico marino degli Usa, ma di americano la company non ha molto se non a sede la Boston: è guidata dall’italiano Alfonso Toto ed è controllata da Renexia, un’azienda (italiana) che opera nel campo delle energie rinnovabili. Il Bureau of ocean energy management regulation and enforcement ha confermato la regolarità dell’offerta dopo la Due Diligence condotta dal Dipartimento della giustizia.

Mentre il governo Renzi con il suo Sblocca Italia punta forte sull’estrazione del (magro) bottino petrolifero nostrano. Le trivelle offshore sono evidentemente preferite alle pale eoliche, e così gli investitori italiani si spostano insieme al loro know-how al largo di altri e più profittevoli lidi. Entro il 2020 l’US Wind  dovrà progettare e costruire il parco eolico al largo della costa ovest degli Stati Uniti e poi lo gestirà per 25 anni. A Renexia  spiegano che «il progetto prevede un investimento complessivo di 2,5 miliardi di dollari e rientra nel piano strategico dell’amministrazione Obama per lo sviluppo  delle energie rinnovabili». Il segretario agli interni Usa, Sally Jewell, ha detto che «l’esito della gara è un importante risultato e riflette l’orientamento e la fiducia dell’industria verso questa tecnologia, e rafforza la scelta della nostra Nazione verso questa nuova frontiera dell’energia».

L’amministrazione di Barack Obama sta puntando molto sull’eolico offshore: nei prossimi 10 anni, oltre a quello del Maryland, verranno realizzati altri cinque giganteschi parchi eolici offshore al largo delle  coste di Massachusetts, Delaware, Rhode Island e Virginia.

Come sanno i lettori di greenreport.it, il parco eolico offshore del Maryland è stato fortemente voluto dal governatore democratico, Martin O’Malley, che, con l’appoggio di grandi organizzazioni ambientaliste come Sierra Club, Nrdc e Greenpeace, ha affrontato le proteste di comitati locali anti-eolico che hanno subito trovato l’appoggio del Partito Repubblicano, del Tea Party e della lobby delle Big Oil e dei King Carbon che li finanzia.

US Wind inc. spiega che «si tratta di un impianto di dimensioni rilevanti, le due aree marine che ospiteranno le torri sono grandi 80.000 acri (32.370 ettari)  e si trovano proprio al largo dello Stato del Marylandma in acque federali. Il progetto prevede l’installazione di aerogeneratori, con fondazioni di tipologia monopalo infisso o tripode il cui numero varierà dagli 85 ai 125, in ragione delle turbine scelte, mentre la trasmissione di energia elettrica verrà garantita attraverso una piattaforma di trasformazione offshore che con cavi sottomarini che si collegheranno con la rete elettrica P.J.M. (parte della rete elettrica dello stato del Maryland). Riguardo la tecnologia di collegamento con la terra ferma, essa potrà essere AC o DC a seconda delle scelte costruttive che US Wind Inc. definirà. La potenza installata sarà di oltre 500 MW, l’impianto avrà una producibilità annua di 1.824 GWh. Il parco eolico permetterà di portare energia in circa 300.000 abitazioni, sarà distante dalla costa 15 miglia, così da ridurre al minimo anche l’impatto visivo».

Toto è naturalmente molto soddisfatto: «Esserci aggiudicati questa gara  è la   dimostrazione che l’Italia, anche in campo internazionale, può competere e vincere sul piano  tecnologico e di innovazione con competitors di tutto il mondo. Il nostro impegno ora è progettare e costruire un impianto a basso impatto, efficiente e altamente tecnologico con tempi di realizzazione brevi».

 

ARRIVEDERCI INFLAZIONE!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2014/10/16/che-la-deflazione-sia-con-voi/

Icebergfinanza, sempre e ovunque controcorrente, è stato il primo in assoluto in Italia a parlarvi di deflazione, di debt deflation in tempi non certo sospetti, era il lontano anno del Signore 2008!

Come spesso accade siamo stati …”nemi propheti in Patria”, circondati da una moltitudine di strilloni che vagheggiava quotidianamente il rischio inflattivo o addirittura iperinflattivo con a capo la banca centrale europea.

Mitica è la minaccia di inflazione galloppppante della coppia degli alesini volanti con il supporto del leggendario …

OSCAR GIANNINO E L’ INFLAZIONE GALLO…PPANTE

Bastava studiare la storia e soprattutto leggersi la DebtDeflation Theory of Great Depressions  di Fisher e la magistrale Financial Instability Hypothesis di Mynsky.

Noi di Icebergfinanza nel 2006 abbiamo studiato la dinamica della crisi giapponese nei minimi particolari e quella è diventata la nostra bussola!

The Holy Grail of Macroeconomics: Lessons from Japans

Oggi l’onda deflattiva è ovunque, ma soprattutto dove c’è inflazione sta accadendo l’inimmaginabile e a questo proposito non dimenticate le ultime visioni di Machiavelli.

Londra, 14 ottobre 2014. Il tasso di inflazione nel Regno Unito, misurato come indice dei prezzi al consumo, nel mese di settembre è diminuito dall’1,5% all’1,2%; si tratta del valore più basso mai registrato dal settembre del 2009, quando l’inflazione era all’1,1%. Mentre l’indice dei prezzi al dettaglio è diminutio dal 2,4% di agosto al 2,3%.

Immagine

Ma non è finita qui perchè…

Cina, inflazione settembre scivola a minimo da inizio 2010

PECHINO, 15 ottobre (Reuters) – L’indice dei prezzi al consumo in Cina è scivolato a settembre più del previsto portandosi vicino al minimo da inizio 2010, facendo aumentare i timori che la crescita globale possa rallentare rapidamente a meno che i governi non intraprendano ulteriori misure per rafforzare le proprie economie.

Immagine

Buona Consapevolezza e se volete aiutare qualcuno a comprendere cosa ci aspetta, condividete …

DEFLAZIONE DA DEBITI: COSA POTREBBE ACCADERE

Il Tuo sostegno è fondamentale per il nostro viaggio…

Gazprom si riorienta verso l’Asia

Scritto da: Farid Usmonov
Fonte:http://italian.ruvr.ru

9AP475322199822© Foto: AP/Pavel Golovkin

Al Forum internazionale sul gas, che si è svolto a San Pietroburgo, il capo di Gazprom, Aleksej Miller, ha dichiarato che la sua compagnia intende rivedere la propria strategia sul mercato europeo, in quanto “è difficile sfondare la porta chiusa”.

Miller ha rilevato che la compagnia non vuole riunciare completamente ai propri progetti in Europa ma gli stessi possono essere cambiati.

Secondo l’opinione di Hasan Selim Özertem, direttore del gruppo di ricerca sulla sicurezza energetica del Centro turco per le ricerche strategiche internazionali (USAK), si tratta adesso di formazione di un serio mercato alternativo in Oriente:

– È noto che negli ultimi anni la Russia cerca di realizzare una nuova strategia. A quanto risulta, alla luce della crisi ucraina la strategia russa volta a dedicare una maggiore attenzione dopo il 2015 al gas naturale liquefatto è stata alquanto rinviata. Ma nelle condizioni esistenti come l’unico mercato al quale la Russia potrebbe destinare le sue potenzialità è visto l’indirizzo orientale, ossia la regione del Pacific Rim .

In questo contesto si può affermare che il Pacific Rim acquista una maggiore importanza per la Russia. Ma qui esiste un ostacolo, ossia le sanzioni antirusse che, tra l’altro, rendono più difficili gli investimenti nella sfera del gas naturale liquefatto. Per questo motivo attualmente il principale punto di partenza nella direzione orientale è il commercio realizzato attraverso gasdotti. In questa questioni progressi rilevanti sono stati raggiunti con la Cina.

Secono l’opinione dell’esperto, fuori dei confini della Cina, ossia in Thailandia, nella Corea del Sud e sul mercato giapponese, cresce ogni giorno la concorrenza ed aumenta la probabilità di scontro su questi mercati con giocatori regionali come l’Australia. Adesso la Russia affronta due problemi fondamentali. Il primo è il tempo limitato a disposizione. Il secondo è quello degli investimenti e delle tecnologie limitate. Se la Russia riuscirà a superare questi ostacoli, allora nel prossimo periodo sarà indubbiamente uno dei principali giocatori nel Pacific Rim.

Stando a Tugche Varol Sevim, esperto di sicurezza energetica dell’Istiuto “Turchia nel XXI secolo”, Gazprom può veramente cambiare la propria strategia in Europa, ma in questo modo solo rafforzerà la propria posizione sul mercato europeo:

– Gli europei nutrivano aspettative in merito sia al gas naturale liquefatto che alle forniture del gas poco costoso dagli USA. Ma alla fine è diventato chiaro che non ci sarà per l’Europa gas americano da scisti poco costoso e che l’Europa non potrà competere con i paesi asiatici per il GNL.

Oggi tutti gli sforzi dell’Europa sono volti a conseguire un solo obiettivo, ossia ottenere la possibilità di formare un unico prezzo d’acquisto per tutti i paesi dell’Europa, particolarmente del gas russo. In altre parole, l’Ue tenta di ottenere un prezzo unico per 28 paesi europei. A questo scopo l’Europa cerca di mettere la Russia al tavolo delle trattative tete-a-tete. Ma la Russia ha sin dall’inizio dichiarato che non avrebbe accettato tali condizioni. La Russia conduce trattative sul prezzo con ogni paese a parte ed offre a ciasciun paese un prezzo speciale. A mio parere, l’apparizione in un prossimo futuro di un unico prezzo del gas per Bruxelles è poco probabile.

La questione del prezzo del gas è stata sempre prioritaria alle trattative tra Mosca e capitali europee, fa ricordare Hasan Selim Özertem. Ma ora la questione è se i motivi economici rimarranno o meno fondamentali nella formazione del prezzo:

– Alla fine di settembre con la mediazione dell’Ue è stato raggiunto un notevole progresso alle trattative sul gas tra Ucraina e Russia. Conformemente agli accordi raggiunti l’Ucraina dovrà pagare entro la fine dell’anno in corso 3,1 miliardi di dollari, mentre la Russia fornirà all’Ucraina 5 miliardi di metri cubi di gas. Ritengo questo accordo una seria base per la successiva mitigazione dei rapporti tra Russia ed Occidente. Esiste nondimeno la questione della stabilità. L’Occidente e la Russia prenderanno a base la cooperazione economica o si porrà in primo piano la questione della sicurezza? Nel prossimo periodo non si aspetta nessuna rottura drammatica dei rapporti tra Russia ed Ue. Ma nello stesso tempo vorrei rilevare che in una prospettiva a lungo termine per la Russia sarebbe più razionare fare assegnamento sulla conservazione della propria quota sul mercato europeo, anziché cercare possibilità per aumentarla.

Quel brulicare di vita sul fondo della Fossa delle Marianne

Fonte: http://www.lescienze.it

In uno dei posti più inaccessibili del pianeta, undici chilometri di profondità e una pressione mille volte superiore a quella in superficie, c’è un’attività batterica inaspettata, dieci volte più ricca di quella dei fondali oceanici circostanti meno profondi. Questi batteri che vivono in condizioni estreme sono alimentati da un flusso di materia organica che si inabissa anche grazie ai frequenti terremoti della zona (red)

Nel suolo dei più profondi abissi marini della Terra prospera, inaspettato, un brulicante mondo di microrganismi. Lo ha scoperto una missione internazionale che ha inviato un sofisticato robot sul fondale del Challenger Deep, il punto più profondo della Fossa delle Marianne a circa 11.000 metri sotto il livello del mare. I risultati di questa nuova esplorazione in uno dei luoghi più inaccessibili della Terra sono descritti in un articolo pubblicato su “Nature Geosciences”.

A dispetto dell’enorme pressione che caratterizza l’ambiente – 1100 volte la pressione a livello del mare – i sedimenti della Fossa delle Marianne si sono dimostrati un vero e proprio hot spot di attività batterica, dove vivono circa dieci volte più batteri di quelli che si trovano nei sedimenti della pianura abissale circostante, a una profondità di 5000-6000 metri.

I microbi controllano la decomposizione della materia organica nei sedimenti marini. Questa decomposizione, a sua volta, contribuisce alla rigenerazione dei nutrienti presenti negli oceani e influenza in maniera significativa il ciclo del carbonio globale. In generale, i tassi di decomposizione dei microrganismi diminuiscono con la profondità. E proprio per questo i risultati ottenuti hanno suscitato notevole interesse.

Quel brulicare di vita sul fondo della Fossa delle Marianne
L’immersione del robot. (Cortesia Anni Glut)

Le analisi dei ricercatori si sono basate sulla misurazione della distribuzione di ossigeno nei sedimenti, che può essere collegata con l’attività di microrganismi. “Se si portano in superficie campioni del fondo marino per studiarli in laboratorio – spiega Ronnie Glud, dell’Università della Danimarca meridionale, autore dell’articolo – molti dei microrganismi che si sono adattati alla vita in quelle condizioni estreme moriranno, a causa delle variazioni di temperatura e pressione. Di conseguenza, abbiamo sviluppato strumenti che possono effettuare misurazioni di routine direttamente sul fondo del mare alla pressione estrema della Fossa delle Marianne.”

Alto quattro metri e con un peso complessivo di 600 chilogrammi, il robot, appositamente progettato è dotato di sensori ultrasottili che vengono inseriti delicatamente nel fondale marino per misurare la distribuzione di ossigeno con una risoluzione spaziale molto elevata.

Secondo i ricercatori, il prosperare dell’attività microbica nella fossa deve essere legato a un flusso insolitamente elevato di materia organica – animali morti, alghe e altri microbi – provenienti dall’ambiente circostante molto meno profondo, probabilmente anche grazie all’inabissamento di grandi quantità di materiale durante i terremoti, piuttosto frequenti nella zona.

Quel brulicare di vita sul fondo della Fossa delle Marianne
Il fondale di Challenger Deep. (Cortesia JAMSTEC)

Alla spedizione nella Fossa delle Marianne ha fatto seguito un’immersione del robot nella Fossa del Giappone, a circa 9000 metri di profondità, e ne è in programma a breve un’altra nella Fossa di Kermadec-Tonga (10.800 metri di profondità) vicino alle isole Fiji.

Quali sono i fiori commestibili? Un elenco dei più comuni

Scritto da : Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it

fiori-commestibili

Siamo in autunno e la maggior parte dei fiori sboccia in primavera, ma non tutti. L’importante secondo noi è cominciare a farsi una cultura in proposito dell’uso dei fiori in cucina. Non ci sono soltanto i fiori di zucca, ma sono molte decine i fiori che possono dare ai piatti colore, sapore e profumo. L’importante è evitare con la massima cura i fiori trattati con sostanze chimiche e pesticidi (ovvero quelli da floricoltura non certificata come biologica). Anche i fiori raccolti sul ciglio della strada e nelle aiuole pubbliche sono da evitare. I migliori sono ovviamente quelli che abbiamo coltivato noi. Eccone un breve elenco. Ricordate di non consumare pistilli e gambi dei fiori, ma soltanto petali. E di non esagerare mai con le quantità.

Acacia
Aglio
Aneto
Angelica
Arancio
Basilico
Borragine
Calendula
Camomilla
Cerfoglio
Cicoria
Coriandolo
Crisantemo
Erba cipollina
Finocchio
Fiordaliso
Garofano
Gelsomino
Girasole
Gladiolo
Ibisco
Lavanda
Lilla
Limone
Margheritina
Menta
Nasturzio
Porro
Primula
Rapanello
Rosa
Rosmarino
Rucola
Salvia
Tarassaco
Trifoglio
Verbena odorosa
Violetta

Da Trieste nuovi risultati per future tecnologie al grafene

Fonte: http://oggiscienza.wordpress.com

5057399792_b88ae5b06b_zFUTURO – Lo sguardo dell’uomo contemporaneo è fisso verso il basso. No, non per osservare meglio il proprio cammino, ma per cercare una presa dove ricaricare il cellulare. Pare che per adesso dobbiamo continuare ad accontentarci dei nostri moderni smartphone, le cui attuali batterie ci costringono a una costante dipendenza da una presa elettrica, ma in futuro ci potrebbe venire in aiuto il grafene. È bene ribadirlo: in futuro, perché con buona pace dei tanti articoli apparsi in questi giorni sul web gli “smartphone di nuova generazione”, i cellulari, e più in generale i transistor che funzionano utilizzando il grafene non sono ancora vicini alla commercializzazione. Non è certo questo l’obiettivo dei ricercatori dell’Università di Trieste e di Elettra, guidati da Alessandro Baraldi, che hanno recentemente pubblicato i risultati delle loro ricerche su Nature Communications.

Ricerche che hanno permesso agli scienziati di mettere a punto un nuovo sistema in grado di sfruttare appieno le potenzialità del grafene (conducibilità elettrica, resistenza meccanica e flessibilità, tra le tante) a livello macroscopico senza alterarne la struttura. Come? Ossidando una lega di nichel e alluminio, sulla quale era stato preventivamente cresciuto sopra un “foglio” di grafene, che altro non è che un singolo strato sottilissimo di atomi di carbonio disposti a formare un reticolo a “nido d’ape”, cioè secondo una struttura esagonale. In questo modo il sottile strato di grafene – in cui gli elettroni si muovono a velocità prossime a quelle della luce, cioè si comportano come particelle relativistiche – poggia non più su un altro materiale conduttore, come per esempio un metallo, processo che si può realizzare con facilità, ma su un materiale isolante, l’allumina appunto. Ossidando la speciale lega nichel-alluminio infatti il materiale diventa un ossido e quindi un isolante elettrico, che così non altera le proprietà del grafene.

Quello che abbiamo fatto nei nostri laboratori, attraverso una collaborazione con University College London, CSIC Madrid e un team di ricercatori danesi è stato studiare un metodo semplice per sfruttare le potenzialità del grafene accoppiandolo agli ossidi e scegliendo materiali a basso costo” spiega Alessandro Baraldi. “In questo senso abbiamo lavorato partendo da una lega, appunto la lega nichel-alluminio, entrambi elementi poco costosi, che tramite un semplice processo chimico-fisico di ossidazione, si può trasformare in un materiale isolante da usare come substrato per lo strato di grafene.” Nel dettaglio, uno strato di allumina, che altro non è che la ceramica comunemente utilizzata per l’isolamento elettrico, dello spessore di 2 soli nanometri, su cui poggia un foglio di grafene. “In questo modo la struttura del grafene non si altera – spiega Baraldi – cioè detta in maniera spicciola non ‘perde pezzi’, cioè atomi di carbonio, così come tipicamente avviene nei processi di trasferimento fino a oggi utilizzati”. Il duplice problema del trasferimento del grafene dai supporti metallici sui quali viene cresciuto è infatti la contaminazione ed il danneggiamento: può creare delle vacanze di uno o più atomi di carbonio del reticolo e in questo modo la mobilità degli elettroni, che normalmente nel grafene è altissima, viene ridotta di parecchi ordini di grandezza. In altre parole, nel processo di trasferimento molte delle proprietà del grafene vengono degradate. Cresciuto direttamente sull’allumina invece il grafene mantiene la propria qualità e il tutto a prezzi contenuti.

“La nostra è una tecnologia all’avanguardia, ma ciò non significa che dobbiamo già cominciare a metterci in coda per acquistare il telefonino del futuro” precisa Baraldi. “I nostri studi per quanto promettenti, tanto che siamo già in contatto con alcune aziende del settore tech, rientrano ancora nel campo della ricerca di base. Senza dubbio la strada verso la sostituzione delle annose batterie al litio o transistor di nuova generazione che utilizzino la nostra nuova interfaccia grafene-allumina è aperta, ma a livello di applicazioni è ancora tutto da fare. Attualmente quello che abbiamo fatto in modo molto convincente è stato incrociare i risultati sperimentali – il gruppo triestino è composto da fisici sperimentali come me – con delle simulazioni a cui hanno lavorato alcuni fisici teorici, in particolare un team inglese e uno spagnolo, che hanno confermato che attraverso il nostro modello sperimentale le eccezionali qualità e potenzialità del grafene vengono preservate.”

Ottimi risultati dunque, ma per ora la caccia dell’homo sapiens sapiens alla presa elettrica più vicina non è finita.
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: CORE-Materials, Flickr

Abusi contro i popoli tribali in Camerun: Survival accusa il WWF

Fonte: http://www.salvaleforeste.it

CIMG1235Gravi abusi nei confronti dei “Pigmei” Baka nel Camerun sudorientale. Li denuncia Survival International, indicando come responsabili le squadre anti-bracconaggio sostenute e finanziate dal WWF. Secondo l’inchiesta di Survival, i Baka vengono allontanati illegalmente dalle loro terre ancestrali che sono state trasformati in aree protette – anche se includono anche alcune zone destinate ai safari di caccia. E’ qui che guardaparco e soldati perseguitano i Baka, che praticano la caccia tradizionale di sussistenza, per sfamare le loro famiglie. I Baka, accusati di bracconaggio, subiscono arresti, pestaggi e perfino torture. Molti Baka raccontano di amici e parenti morti a causa delle percosse.

Diversi Baka hanno raccontato a Survival gli interventi delle squadre anti-bracconaggio definendole con il termine di “doubi-doubi” (WWF), poiché non fanno distinzioni tra il WWF e il Ministero camerunese alle Foreste e della Fauna. Il Ministro delle Foreste e della Fauna del Camerun, che recluta i funzionari forestali, è finanziato dal WWF, che fornisce alle guardie assistenza tecnica, logistica e materiale. Senza questo sostegno, le squadre anti-bracconaggio non potrebbero operare.

Il WWF ha risposto alle accuse esprimendo “profonda indignazione” per quello che definisce un “attacco denigratorio da parte di Survival International”, anche se non esclude che abusi alla popolazione Baka in Camerun possano essere stati perpetrati da funzionari del parco.
L’associazione sostiene di aver accettato la creazione di una Commissione sui Diritti Umani, proposta da Survival, e si dichiara pienamente disponibile a fornire tutto il supporto possibile per fare luce sulla vicenda. “Purtroppo – dichiara il WWF – il dito puntato strumentalmente da Survival contro il WWF e il conseguente polverone strumentale sollevato sui media non aiuterà certo a trovare il colpevole”.

A causa della perdita della loro terra e delle sue risorse, molti Baka denunciano un grave peggioramento del loro stato di salute e un aumento di malattie come la malaria e l’HIV/AIDS. Inoltre, hanno paura ad andare nella foresta, che per innumerevoli generazioni ha fornito loro tutto ciò di cui avevano bisogno.

“Un tempo, la foresta era per i Baka, ora non lo è più. Ci muovevamo nella foresta secondo i cicli stagionali, ma adesso abbiamo paura” ha spiegato a Survival un uomo Baka. “Come possono proibirci di andare nella foresta? Non sappiamo come vivere diversamente. Ci picchiano, ci uccidono e ci costringono a fuggire in Congo.”

Il mio nome è Ostasio, Ostasio II da Polenta.

Scritto da: Enrico Garrou
Fonte:http://enricogarrou.wordpress.com

10257428_1425428951052820_4321235408044556211_n-e1400691558116Sono Ostasio II da Polenta, signore di Ravenna, imprigionato in una lapide nella chiesa di San Francesco. E’ il fato che ha deciso che dovevo essere raffigurato con il saio su una lastra di marmo rosso di Verona, con il viso e le mani scolpite in marmo bianco per accentuare la trasformazione del mio essere in un oggetto funebre. Io grande condottiero addestrato alle armi fin da piccolo, Io che ho comandato in battaglia molti cavalieri, abituato a cavalcare con pesanti corazze, maestro con la spada e la picca, avrei voluto essere raffigurato da morto in ben altra maniera, magari in un grande affresco che celebrasse le mie battaglie, che mi proiettasse nel mondo degli eroi. Invece il destino mi ha riservato una sorte diversa. Sono stato sconfitto nella battaglia di Castagnaro dove al fianco di Giovanni Ordelaffi ho guidato le truppe di Verona contro quelle di Padova. Ho perso la battaglia che avrebbe potuto donarmi l’immortalità dovuta agli eroi, la battaglia dove avrei accettato anche la morte in cambio della vittoria. Ma visitatori che guardate in maniera distratta questa pietra tombale, permettetemi di raccontarvi la verità su come sono andate le cose. Il mio è stato un tempo di continue guerre fra i comuni per annettere nuove porzioni di territorio. Le battaglie erano frequenti e le varie Signorie assoldavano capitani di ventura per guidare le truppe nelle guerre. Io Ostasio, in quegli anni, guidavo le armate di Ravenna a fianco e agli ordini di mio cognato Antonio della Scala signore di Verona, alleato con i Veneziani e i signori di Udine. I Veneziani avevano chiesto il nostro aiuto per cercare di bloccare le mire espansionistiche di Francesco da Carrara signore di Padova a sua volta alleato con i Visconti, signori di Milano. Numerose le battaglie combattute, dove i Padovani cercarono invano di conquistare importanti comuni friulani. Dopo un periodo di stallo, riprendemmo la guerra riuscendo ad arrivare fino alle porte di Padova, ma i Padovani frenarono la nostra avanzata e ci costrinsero alla ritirata. Questa vittoria rese euforici i signori di Padova e quindi l’anno seguente decisero di attaccare Verona. La battaglia decisiva è stata combattuta nella zona di Castagnaro. Io Ostasio II da Polenta con Giovanni Ordelaffi eravamo al comando delle truppe Veronesi e Veneziane mentre le truppe di Padova erano sotto il comando del grande condottiero inglese Giovanni Acuto e di Francesco Novello da Carrara, figlio del signore di Padova. Sappiate che è stata una delle più grandi battaglie all’epoca dei capitani di ventura. Era il 11 marzo del 1387, avevo ai miei ordini diretti 1500 cavalieri, e quando la battaglia ebbe inizio lanciammo le nostre armate contro il nemico che incominciò ad indietreggiare. La battaglia sembrava volgere nettamente a nostro favore e Io e l’Ordelaffi pensammo di avere in pugno la vittoria. Invece fu una ritirata strategica voluta da Giovanni Acuto per attirarci su un terreno acquitrinoso. Fece smontare da cavallo i cavalieri della sua Compagnia Bianca, così chiamata perché i cavalieri indossavano una armatura lucente, e li sistemò su un terreno asciutto e ai lati dispose i balestrieri, gli arcieri, e i cannoni. Noi avanzammo ma perdemmo tempo a riempire un canale, che ci separava dai nemici. Quando riprendemmo la marcia gli arcieri di Acuto incominciarono a colpirci con le frecce che uccisero molti nostri uomini mentre i suoi soldati frenavano la nostra avanzata. Le nostre truppe furono prese dal panico e si disunirono. L’Acuto diede allora l’ordine ai suoi cavalieri appiedati di attaccarci e questi si aprirono un varco nelle nostre file. Fu la nostra fine, ormai padroni del campo i padovani uccisero o catturarono la maggior parte di nostri soldati. Eravamo stati sconfitti da Giovanni Acuto che con la sua strategia rivoluzionaria consegnò la battaglia alla storia. L’utilizzo degli arcieri, la finta ritirata e il far scendere i cavalieri da cavallo evitando l’uccisione degli animali, gli permise di disporre di una formazione di guerrieri che avanzavano fianco a fianco e formavano una forza d’urto straordinaria. Io riuscii a riparare a Ravenna dove due anni dopo divenni legato papale. Invece la fama che Giovanni Acuto aveva di essere il migliore capitano in Italia risultò confermata. Adesso è raffigurato nell’affresco di Paolo Uccello nella cattedrale di Santa Maria del Fiore in Firenze e la sua fama è giunta fino al cielo. Potete capire la mia tristezza.

217px-paolo_uccello_0443

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho combattuto, ho vinto molte battaglie, eppure per coloro che visitano questa chiesa Io sono un frate, non il signore di Ravenna, non il condottiero che ha combattuto la battaglia decisiva. Nessun grande pittore mi ha raffigurato in sella al mio cavallo, nessun scultore ha creato una statua equestre che racconti le mie gesta. Solo ai vincitori è permesso di superare l’oblio e di vivere una gloria imperitura. Visitatori di San Francesco in Ravenna ricordate la mia storia, la storia di un grande capitano di ventura.

La sconfitta di Castagnaro segnò la fine della egemonia degli scaligeri che furono cacciati da Verona dalle truppe viscontee, ma fu una vittoria di Pirro per i signori Carrara di Padova che furono nel 1388 cacciati dai loro domini dai Visconti.

IL DESTINO DELL’INDIVIDUO

Fonte: http://www.seialtrove.it/il-destino-dellindividuo/

destino-coatto-300x243Una Realtà onnipresente è la Verità di ogni vita ed esistenza; e in tutte le sue espressioni, infinitamente mutevoli e perfino costantemente opposte, la Realtà è una e non una somma di cose.  Brahman è l’Alfa e l’Omega — è l’Unico oltre il quale nient’altro esiste.
Quest’unità, nella sua natura, è indefinibile; non esiste esperienza che possa limitarLo, non esiste concezione che possa definirLo.
Se nella fretta di arrivare all’Unità identifichiamo la Realtà con qualche stato d’essere, escludendo tutto il resto, non arriviamo a una vera unità, ma a una divisione nell’Indivisibile. Poiché anche il Molteplice è il Brahman. Tale fu l’esperienza degli antichi rishi vedici. Fu un’impazienza del cuore e della mente che cercò più tardi l’Uno per negare il Molteplice.
Brahman è entrato nella forma per godere della Sua manifestazione nella coscienza fenomenica. Brahman è in questo mondo per rappresentare Se stesso nei valori della Vita. La Vita esiste in Brahman per scoprire in sé Brahman. E il compimento dell’uomo consiste nel realizzare Dio nella vita; pur partendo da una vitalità animale, il suo obiettivo è un’esistenza divina.
La vera legge dell’autorealizzazione è una comprensione progressiva.  Così come Brahman riunisce a un tempo molti stati di coscienza, anche noi, manifestando la Sua natura, dovremmo abbracciare ogni cosa. Per quanto in alto possiamo salire, saliamo male se dimentichiamo la nostra base. Se, nella nostra attrazione verso lo Spirito, rifiutiamo la Mente e la Materia, non potremo realizzare il Divino integralmente, né soddisfare le condizioni della propria manifestazione di Sé.
Nella Vita vi sono tre generali forme di coscienza: individuale, universale e trascendente. Ciò a cui noi diamo generalmente il nome di Dio, è uno stato non tanto sovracosmico quanto extracosmico. La visione integrale dell’unità del Brahman evita queste conseguenze, poiché Quello che trascende il mondo è uno con l’universo, così come l’individuo è un centro dell’intera coscienza universale.
Brahman non è vincolato né alla sua unità, né alla sua molteplicità. Egli è libero e assoluto, e in virtù di ciò può darsi forma, stabilendo questa molteplice unità nei tre stati del subcosciente, del cosciente e del sopracosciente. Nel cosciente, l’ego diventa il punto superficiale nel quale può emergere la consapevolezza di sé.  Quando l’individuo trascende l’ego, comincia a includere in sé il sovracosciente. Questa liberazione individuale è il primo passo verso l’azione divina.  Essere perfetti come Lui è perfetto è la condizione per realizzare integralmente il Divino che siamo.

Da La Vita Divina di Sri Aurobindo