TANTA FRUTTA E VERDURA CONTRO IL FUMO

Scritto da: Rossella
Fonte: http://www.terraemadre.com/2015/09/15/tanta-frutta-e-verdura-contro-il-fumo/

Cigarette On Dinner Plate
Cigarette On Dinner Plate

Oggi voglio trattare un argomento che mi sta a cuore: il fumo. Non sono una fumatrice, ma ho tante persone a me care che fumano e mi piacerebbe che smettessero!!! O quantomeno che sappiamo determinate cose e che si aiutino con una buona igiene naturale. Per questo riporto i consigli che la dottoressa Gradassi dà su Macrolibrarsi:

Quando un fumatore abituale si accende una sigaretta, la nicotina in circolo nel sangue raggiunge una sorta di picco.

La nicotina di un’unica sigaretta viene eliminata dal corpo nell’arco di 6-8 ore e la via di eliminazione preferenziale è quella renale quindi attraverso le urine.

Nel momento in cui si decide di smettere di fumare si ha una percentuale di nicotina nel sangue che cala gradualmente nell’arco di 48-72 ore, ma questo non basta per essere puliti. Esiste infatti anche la nicotinina, un sottoprodotto della nicotina che il corpo elimina fisiologicamente in 20-30 giorni.

  • La vitamina C è la sostanza migliore per la rimozione della nicotina presente nel flusso sanguigno. Infatti aumenta il metabolismo del corpo, l’attività e la formazione dei globuli bianchi. Un bicchiere di succo d’arancia o una mezza tazza di peperone rosso sarebbero sufficienti per la dose giornaliera di vitamina C, oppure broccoli, cavolo viola, peperone verde, peperone rosso, kiwi, succo di pomodoro.
  • Un altro consiglio che spesso do a chi vuole smettere di fumare è quello di aumentare la quantità di frutta e verdura nella dieta, in quanto la ricerca dimostra che chi mangia più frutta e verdura è in grado di riuscire a stare più a lungo senza tabacco e ritardare notevolmente la prima sigaretta della giornata.
  • Un aumento del consumo di frutta e verdura può aiutare le persone a smettere di fumare per i seguenti motivi:
  1. Meno dipendenza dalla nicotina.
  2. Una grande quantità di fibre sane aiuta a sentirsi più pieni e felici evitando così la ricerca della sigaretta per “riempire” il nostro corpo e la nostra mente evitando così anche la fame nervosa.
  3. A differenza dei salumi, alcool e bevande contenenti caffeina, frutta e verdura non migliorano il gusto del tabacco anzi a volte lo peggiorano.
  4. Impegnarsi in uno stile di vita più sano potrebbe consciamente e inconsciamente portare alla volontà sempre maggiore di smettere di fumare.

Un aiuto può arrivare anche dal cerotto antifumo che ha un effetto disintossicante, calma i nervi e rinfresca.

Attraverso un effetto a rilascio transdermico controllato, il cerotto rilascia i suoi ingredienti nell’organismo tramite la cute: in questo modo è in grado di attenuare i sintomi dell’astinenza e liberare dalla dipendenza da tabacco.

 

C’è gas e gas

Scritto da: Marco Cedolin
Fonte: http://ilcorrosivo.blogspot.it/2015/09/ce-gas-e-gas.html#more

Leggendo le parole del quotidiano La Stampa di Torino (e in verità anche di tutti gli altri) riguardo a quanto sta accadendo al confine con l’Ungheria, si percepisce la profonda indignazione degli articolisti nei confronti delle forze dell’ordine ungheresi che di fronte alle cariche dei migranti che tentavano di sfondare le barriere in filo spinato, hanno sparato gas lacrimogeni ed usato gli idranti per respingere l’attacco. Risultato degli scontri, sempre stando alle parole dei giornalisti italiani, il ferimento di 300 migranti ed anche una ventina di poliziotti. Dure condanne per quanto accaduto, non solo da parte dei media nostrani, ma anche dall’ONU e dalla UE che si sono detti scioccati per l’uso di una violenza inaccettabile…..

Fatta la debita premessa che personalmente sono profondamente “allergico” all’uso degli idranti e dei lacrimogeni (troppe volte sperimentati sulla mia pelle), quello che mi preme mettere in evidenza è l’atteggiamento completamente antitetico espresso dalla “buona stampa” nei confronti delle persone che vengono gasate dalle forze dell’ordine, a seconda che la polizia sia quella di uno stato profondamente nemico da criminalizzare, come l’Ungheria, o quella di uno “stato” a libro paga del quale i giornalisti si ritrovano, come la Ue che solo qualche giorno fa gasò e bastonò gli agricoltori che protestavano a Bruxelles, nell’indifferenza mediatica generale, o l’Italia che in altrettanta indifferenza fece anche di peggio.
Dico di peggio perché le forze dell’ordine italiane, asserragliate dietro alle barrriere in filo spinato del cantiere – fortino del TAV a Chiomonte, il 3 luglio 20113 spararono ben 4367 lacrimogeni al gas cs (vietati in guerra dalla convenzione di Ginevra), come emerso dagli atti del maxiprocesso di Torino. E li spararono non solamente contro giovani facinorosi e mascherati, ma anche e soprattutto, contro donne ed anziani che tentavano di difendere con i propri corpi la terra in cui vivono.
Senza scomodare l’ONU e la UE, che ignorarono bellamente la vicenda, gli articolisti della “buona stampa” (compresi quelli della “busiarda” torinese) elogiarono pubblicamente le forze dell’ordine, stigmatizzando non la loro violenza, ma quella della popolazione valsusina che aveva assalito le barriere in filo spinato, tentando di penetrare nel cantiere.
Insomma, anche quando si parla di gasare la gente c’è il gas buono e quello cattivo, quello che “fanno bene ad usarlo” e quello che invece fa indignare profondamente, tanto i giornalisti quanto il bestiario politico internazionale. Peccato non accada la stessa cosa anche per i media mainstream, lì quelli buoni davvero non ti riesce di trovarli e devi rassegnarti a vederli sempre tutti allineati dalla stessa parte

Asteroide in arrivo entro il 28 settembre: cosa c’è di vero?

Scritto da: Francesca Mancusa
Fonte: http://www.nextme.it/

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Un asteroide colpirà la Terra la prossima settimana. Quante volte abbiamo sentito annunci di questo tipo? Da tempo gira voce (finora priva di fondamento) della presunta minaccia che potrebbe arrivare dallo spazio: una grande roccia che potrebbe colpire il pianeta tra il 15 e il 28 settembre. Ma cosa c’è di vero?

Ben poco a detta della Nasa che ha già assicurato che qualora ci fosse una simile minaccia, gli strumenti l’avrebbero già rivelata.

Ci sarà un impatto violento nei pressi di Puerto Rico, che distruggerà le coste atlantiche, degli Stati Uniti e del Messico, così come il Centro e Sud America. Questa è la voce ormai diventata virale e smentita dalla Nasa.

“Non vi è alcuna base scientifica – non uno straccio di prova – che un asteroide o qualsiasi altro oggetto celeste avrà un impatto sulla Terra in quelle date,” ha dichiarato Paul Chodas, direttore del Near-Earth Object della Nasa presso il Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, California.

Nel 2011, il giorno del giudizio era stato annunciato a causa dell’arrivo della cometa Elenin. L’anno dopo a dominare le teorie catastrofiste fu la profezia del calendario Maya, con una presunta fine il 21 Dicembre 2012. Arrivarono poi gli asteroidi 2004 BL86 e 2014 YB35, fortemente temuti perché, si diceva, le loro traiettorie li avvicinavano pericolosamente alla Terra. Ma i loro passaggi ravvicinati a gennaio e marzo furono senza conseguenze.

“Anche in questo caso, non vi è alcuna prova esistente che un asteroide o qualsiasi altro oggetto celeste è su una traiettoria che avrà un impatto con la Terra”, ha detto Chodas.

A fare chiarezza è stato anche uno scienziato dell’University of Central Lancashire, il professor Robert Walsh secondo cui ogni giorno la Terra è raggiunta da un centinaio di tonnellate di materiale extraterrestre. Tuttavia, la maggior parte di questi detriti brucia a contatto con l’atmosfera del pianeta. Quelli che ce la fanno ad arrivare a terra sono i meteoriti.

“Dato che oltre il 70 per cento del nostro pianeta è coperto di acqua, molti passano inosservati”.

Spiega lo scienziato che gli asteroidi sono le briciole rocciose rimaste dopo la formazione dei pianeti nel nostro sistema solare. Gran parte si trova in un enorme anello noto come cintura di asteroidi tra Marte e Giove. Altri però si trovano al di fuori della fascia principale degli asteroidi.

“Tre gruppi (chiamati Aten, Amors, e Apollo), sono quelli che più ci preoccupano qui sulla Terra”.

Secondo l’Earth Impact Effect Programme dell’Imperial College di Londra, le velocità di impatto tipiche sono 17 km/s per gli asteroidi e 51 km/s per le comete.

Ciò non significa che la Terra non corre alcun rischio. Ricorda Walsh che il nostro pianeta ha subito impatti distruttivi, come quello che potrebbe aver provocato l’estinzione dei dinosauri. O ancora quello che nel 2013 colpì la cittadina russa di Chelyabinsk, in Siberia.

“Il risultato potrebbe essere ancora più devastante se questo tipo di evento si ripetesse sopra i centri abitati di maggiori dimensioni come Londra, New York o Pechino”.

Don Puglisi, 22 anni fa l’omicidio voluto dalla mafia

Fonte: http://www.diregiovani.it/news/44063-don-puglisi-anniversario-omicidio-mafia-.dg

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ROMA – 15 settembre 1993, don Pino Puglisi paga con la vita, nel giorno del suo compleanno, il suo impegno costante nello ‘smuovere le acque” nel tentativo di “coinvolgere il maggior numero di persone in una protesta per i diritti civili. Noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualcosa”. Siamo nella Palermo di Cosa Nostra dove chi si oppone al suo potere è persona da ‘eliminare’, poco importa se semplice cittadino, uomo delle istituzioni o prete. 3P viene giustiziato in puro stile malavitoso: sotto il portone di casa con un colpo di arma da fuoco alla nuca. Un omicidio che porta la firma materiale di Salvatore Grigoli, pentitosi subito dopo il delitto e oggi collaboratore di giustizia, e la volontà, in qualità di mandanti, dei fratelli Graviano, gli stessi degli omicidi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

15 settembre 2015, oggi Palermo ricorda con eventi e testimonianze la vita di padre Puglisi beatificato il 25 maggio 2013. Per chi lo ha conosciuto, il suo omicidio resta una barbarie impossibile da dimenticare, difficile anche da perdonare come ha confessato, questa mattina al programma di Radio1 Rai, le Voci del mattino, il fratello Gaetano Puglisi. “Non mi sento di perdonare chi ha ucciso mio fratello”, “avrei preferito fosse ancora vivo, in mezzo a noi, piuttosto che Beato, che è naturalmente una cosa piacevole”. Proprio l’84enne Gaetano spiega, nel suo intervento, con un tenero ricordo, l’opera di 3P. “Lo andai a trovare in chiesa mentre lui officiava la messa. Al termine gli chiesi perché, contrariamente alla procedura normale nella quale le offerte si raccoglievano durante la messa, quella volta venne messo un vassoio davanti la porta. E lui mi disse che chi voleva metteva i soldi e chi li voleva prendere li prendeva”. Ecco, questo era Don Puglisi. Oggi ‘vive’ nella memoria e nelle opere delle migliaia di volontari che operano, tutti i giorni, nel solco della sua vita.

La grande potenza mancata: l’Europa.

Scritto: Aldo Giannulli
Fonte: http://www.aldogiannuli.it/europa-potenza-mancata/

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L’adozione dell’Euro fu un’operazione molto più politica che economica: la Germania aveva la concreta possibilità di coronare il sogno della riunificazione, ma questo incontrava molte diffidenze di americani, inglesi e russi.

La Francia dette la garanzia politica, nel solco di quell’asse franco tedesco che dal 1963 regge l’intera costruzione europea, ma, in  cambio chiese l’adozione della moneta unica, per un’Europa unita, pacifica e mercantilista.

L’abbiamo detto molte volte: l’Euro avrebbe dovuto far concorrenza al dollaro, diventare la locomotiva che avrebbe portato all’unità politica e far convergere le economie dei singoli paesi europei in un modello più o meno simile per tutti.

Da questo nacque l’azzardo di una pluri-Stato che escluse dai trattati istitutivi la possibilità di recedere dal patto. La ratio era evidente: una moneta, anche se appartenente a più Stati, non è l’”Hotel del libero scambio” e la possibilità dei componenti di uscire avrebbe suggerito l’impressione di una moneta provvisoria, alla quale i mercati finanziari avrebbero attribuito scarsa credibilità. Considerazione giusta, ma più che un progetto di ingegneria monetaria, si trattò di una sorta di atto di fede che  tutto sarebbe andato sempre bene.

La scelta aveva un evidente punto debole di partenza: assemblava economie troppo diverse e senza un potere centrale che redistribuisse le ricchezze per riequilibrare la compagine. Sarebbero state possibili due scelte: o stati divisi ciascuno con la propria moneta, manovrabile secondo le esigenze di ciascuno, o centralizzare stato e moneta, compensando  gli squilibri attraverso la redistribuzione. La via prescelta fu quella più a rischio: stati separati e moneta unica. E subito le condizioni del patto (debito al 60% del Pil, disavanzo di bilancio contenuto al 3% ed inflazione al 3%) vennero disattese.

Di fatto, l’ alternativa era: dare pieni poteri alla Bce, liquidando ogni regola democratica, o indebolire il patto di stabilità, riducendolo ad una dichiarazione di intenti. Prevalse la seconda scelta.

A complicare le cose venne anche la decisione di permettere ad alcuni membri della Ue (essenzialmente il Regno Unito) di non aderire alla moneta, ma consentendogli non solo di restare  nell’Unione, ma anche di far parte della Bce. Ne derivava un complicato intreccio fra Ue e Eurozona che si sommava alle altre difformità dell’Unione come l’appartenenza alla Nato di alcuni ma non di altri. Si cercò di dare inizio all’Europa politica con un “trattato istitutivo” della Ue che avrebbe dovuto averle il ruolo di Costituzione: venne clamorosamente bocciata nei referendum che ne seguirono. Quella architettura barocca e incoerente non convinceva nessuno perché  rifletteva il caos concettuale che metteva insieme monarchie, repubbliche presidenziali, repubbliche parlamentari, stati federali, unitari, regionali, sistemi bipartitici e sistemi a pluralismo polarizzato, paesi di common law e paesi di tradizione codicistica. I giuristi ci misero del proprio con un fuoco artificiale di sciocchezze del tipo “diritto non statale”, “Unione non statale” e persino “Costituzione senza Stato” (che sembra lo statuto della bocciofila). L’unione era più di una alleanza ma meno di una federazione, più di una unione doganale ma meno di una confederazione, una unione monetaria di cui alcuni facevano parte e altri no, ma tutti conservavano la propria riserva aurea,  i cui componenti non perdevano la sovranità mentre l’Unione diventava un soggetto “quasi sovrano”: una “dialettica dei distinti” senza sintesi possibile.

Dopo quelle bocciature l’unione politica dell’Europa divenne solo una vuotissima espressione liturgica. L’Euro, dato il suo innegabile successo sino al 2008, restò l’unico collante. Gli europei non credevano più all’unione politica, ma ritenevano conveniente una moneta “forte” che garantiva stabilità: i paesi più deboli potevano accedere al mercato finanziario a prezzi molto bassi (che non avrebbero mai avuto da soli), i paesi forti, come la Germania, potevano approfittare della stabilità monetaria per sostenere le loro esportazioni verso i paesi del sud Europa e tutti potevano illudersi che questo stato di cose potesse continuare indefinitamente. L’Europa dei banchieri aveva sepolto definitivamente l’Europa politica.

Ma la storia è ostinata e, anche se con ritardo, presenta sempre il conto che  è venuto con la dèbacle dei debiti sovrani di Grecia, Portogallo ecc. e il trattato che non prevede nè uscite volontarie nè allontanamenti forzati diventa un problema in più.

Il problema si pone su due piani: quello operativo immediato e quello di lungo periodo da affrontare dopo aver superato la tempesta.

Allo stato attuale, il rischio evidente è quello del default di uno o più stati dell’Eurozona e, in questo caso la sopravvivenza dell’Euro sarebbe a forte rischio. Ma una fine dell’Euro porterebbe con sè anche la fine della Ue, di cui resterebbero solo una serie di trattati inservibili. E se anche si trovasse il modo di far uscire un paese prima del suo default, si stabilirebbe un precedente che potrebbe essere imitato da altri e questo avrebbe conseguenze sugli interessi per i debiti degli altri partner, perchè tutti i titoli diverrebbero a rischio, se i mercati dovessero avere la sensazione di una uscita della Germania dalla moneta unica, per non pagare i costi di una inflazione causata da una eventuale emissione eccessiva di liquidità. E qui riaffiorano antiche lesioni mai superate.

Berlino non ha saputo essere la capitale d’Europa, ma ha avuto la forza di impedire che potesse esserlo Parigi. Il risultato è stato una Ue che non è stata in grado di essere soggetto politico e, tantomeno, grande potenza. Barry Buzan, anni fa, riteneva Europa e Cina le uniche due grandi potenze in grado di porre una candidatura allo stato di super potenza entro una ventina di anni, ma l’Europa si è sottratta al compito.

Nei primi anni del secolo, Berlusconi, in una delle sue uscite estemporanee, propose l’ingresso della Russia nella Ue e l’allora Commissario europeo Romano Prodi bocciò l’idea con la motivazione che, in questo modo, l’Europa sarebbe diventata una superpotenza. Quello che, evidentemente era escluso programmaticamente. Ma, nel grande gioco della globalizzazione, chi non si costituisce come polo d’attrazione subisce fatalmente l’attrazione degli altri e rischia lo smembramento. L’Europa di oggi è in questa condizione, almeno sinchè non riprenderà un credibile progetto di unificazione politica e militare del continente indipendente da ogni alleanza

Come riequilibrare i chakra con elementi naturali

Scritto da: Arch. Andrea Brambilla
Fonte: http://www.naturopataonline.org

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Come riequilibrare i chakra con gli elementi naturali

Tra le varie tecniche e modalità utili per poter aiutare un chakra a ritrovare la sua naturale armonia, l’utilizzo degli elementi naturali, come paesaggi e luoghi specifici, sono un’utile via per elaborare e trasformare condizioni stagnanti rimettendole in movimento

  1. Primo chakra

    Legato alla terra e alla vita nel suo aspetto più materiale. Viene riequilibrato grazie al colore rosso di alba e tramonto, tinta che entra in risonanza con questo chakra andando a riequilibrarlo. È consigliata anche l’attività fisica in generale, lo stare in contatto con la natura ascoltandone i suoni, e la pet therapy. Connesso al senso dell’olfatto, il consiglio è di passeggiare nella natura facendo attenzione ai profumi percepiti.

  2. Secondo chakra

    Connesso all’acqua, si riequilibra grazie al contatto con questo elemento. Mare, corsi d’acqua limpidi, sia da osservare sia nei quali immergersi, costituiscono un ottimo rimedio al nutrimento di questo centro energetico. Altra modalità è osservare la luna nelle notti di plenilunio, magari riflessa in un bacino d’acqua. Il senso connesso è il gusto, quindi il consiglio è di concentrarsi maggiormente sui sapori percepiti.

  3. Terzo chakra

    Il fuoco è l’elemento connesso, quindi il sole, la luce ed il fuoco fisico sono gli elementi principali da considerare. Anche osservare elementi simbolici legati all’elemento, quali campi di girasole o di grano, possono essere di grande aiuto. Focalizzarsi maggiormente sul senso della vista.

  4. Quarto chakra

    Legato all’elemento aria, si riequilibra grazie alle lunghe passeggiate all’aria aperta, in boschi e prati e aree alberate. Utile appoggiarsi al tronco di un albero. I colori di questo centro energetico sono il verde ed il rosa, quindi osservare il cielo rosato contribuisce a lavorare su questo chakra. Il senso è il tatto, da utilizzare durante le passeggiate per percepire la natura circostante non solo in maniera visiva.

  5. Quinto chakra

    Azzurro e blu sono i colori dominanti. Osservare il cielo terso, contemplare il mare o l’oceano da un punto di vista panoramico. Unito al senso dell’udito, suggerisce di prestare attenzione non solo ai suoni della natura, ma anche ai nostri suoni interiori.

  6. Sesto chakra

    Osservare il cielo notturno senza luna, fino a che la mente non si disperde nella vastità del cosmo.

  7. Settimo chakra

    Si riequilibra di fronte a paesaggi che esprimono il concetto di “vastità”. Osservare il panorama dall’alto di una vetta, visitare luoghi che si distendono a perdita d’occhio, così da non avere più un unico punto di riferimento fisso.

 

Codice McCartney

Fonte: http://libreriadistoria.it/prodotto/codice-mccartney/

di F. Andriola – A. Gigante

Codice-McCartney

PID: un acronimo fitto di mistero che in tre lettere condensa una delle storie più discusse degli ultimi cinquantanni. Paul is dead, ovvero Paul McCartney sarebbe morto il 9 novembre 1966 in un incidente stradale, costringendo compagni e produttore a mettere al suo posto un sosia che a tutt’oggi vive la sua vita. Verità o montatura? Complotto o allucinazione dovuta all’isteria collettiva che circondava i Beatles? Oggi queste domande che hanno ossessionato fan ed esegeti trovano una risposta precisa, perché per la prima volta l’ipotesi di un “secondo Paul” è stata messa a confronto con la scienza. Andriola e Gigante hanno infatti avuto un’idea: sottoporre le foto di Paul McCartney “prima” e “dopo” l’incidente alle più sofisticate prove tecniche e scientifiche: analisi grafologiche, identificazione antropometrica, perizie vocali, tutti metodi che hanno ormai raggiunto livelli di precisione tali che i risultati vengono comunemente usati come prove nei tribunali. “Codice McCartney” ripercorre la carriera dei Beatles e analizza uno per uno gli eventi salienti, le domande senza risposta, le tracce nascoste sulle copertine degli album e nei versi delle canzoni. Prende nota delle strane coincidenze: l’improvvisa assenza dai palcoscenici, la riluttanza a concedersi ai fotografi, il nuovo look, la maturazione musicale improvvisa con capolavori come Let It Be e Hey Jude, e moltissimi altri indizi.

Edizioni: Rizzoli | pp. 249

Ginseng, l’integratore che ti rimette in pista

Fonte: http://www.riza.it/benessere/integratori/4889/ginseng-l-integratore-che-ti-rimette-in-pista.html

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Settembre è il mese della “ripartenza” e capita che le ferie siano state insufficienti a ricaricare le pile: con l’integratore di radice di ginseng ritrovi l’energia che ti serve

Chiamato anche “radice delle meraviglie” e noto da secoli alla medicina cinese, il ginseng contiene più di 70 principi attivi: sono soprattutto ginsenosidi e polifenoli, che aiutano l’organismo a fronteggiare le situazioni di affaticamento psicofisico. Dopo la pausa di agosto, il ginseng è dunque il ricostituente ideale per tutto il corpo, migliora le condizioni generali di salute, combatte la stanchezza e ti rende subito più attivo e resistente; inoltre potenzia l’attività mentale, la concentrazione e la memoria.

Il ginseng ti difende dai primi virus

Il ginseng, fra l’altro, potenzia le difese nei confronti dei primi virus e interviene in maniera “intelligente” a beneficio degli organi più indeboliti, preparandoti ad affrontare al meglio l’autunno. I suoi principi attivi, infine, contrastano i radicali liberi e gli effetti dell’invecchiamento sia mentale che fisico, svolgendo anche un’importante prevenzione nei confronti delle degerazioni cellulari di organi e tessuti.

Ha un’azione rivitalizzante e antietà

L’estratto di radice di ginseng è quindi un toccasana in tutti i momenti in cui l’energia fisica e mentale tende a calare, come capita spesso al rientro dalle ferie. E, grazie al suo consistente contenuto di fitoestrogeni, è un ottimo alleato anche per ridurre i malesseri della menopausa.

Perché il ginseng fa bene

Dà la carica e protegge dallo stress: il ginseng potenzia la resistenza psicofisica e il rendimento, regolando anche i livelli di umore. Migliora le prestazioni fisiche e mentali: l’estratto della radice aumenta i livelli di acetilcolina, la sostanza che migliora il rendimento intellettuale. Inoltre, è un “vaccino” naturale: rafforza gli anticorpi e li aiuta a reagire subito a infiammazioni, infezioni e contagi.

Come si assume l’integratore di ginseng

Acquista il ginseng in erboristeria e in farmacia come estratto secco e assumilo per un mese, nella proporzione di 0,25-2 g al giorno. In alternativa, puoi richiedere i preparati fluidi o bere il prodotto liofilizzato. Basta una dose al dì la mattina prima di colazione, con acqua.

 

Cosa sta succedendo in Turchia (e perché nessuno ne parla)

Scritto da: Rossana Miranda
Fonte: http://www.formiche.net/2015/09/11/turchia-erdogan-akp-elezioni/

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Incendi dolosi nelle sedi della formazione pro-curda HDP, aggressioni alla stampa di opposizione e attacchi a cittadini turchi. Sono alcune delle risposte dei nazionalisti turchi agli attentati del movimento guerrigliero PKK. Ma secondo la stampa nazionale non si tratta di reazioni spontanee, ma di una strategia che mira a ridare il potere al partito islamista AKP di Recep Tayyip Erdogan. 

SCONFITTA ELETTORALE

A giugno il presidente ha perso la maggioranza di cui godeva dal 2002. Tutti i negoziati per formare un governo di coalizione sono falliti e il premier Ahmet Davutoglu si è visto costretto a convocare elezioni anticipate all’1 novembre. Ma i sondaggi indicano che però nulla cambierà. Probabilmente ci sarà un piccolo incremento di voti per l’HDP, entrato per la prima volta in Parlamento dopo avere superato la soglia del 10%. “Tutto sarebbe diverso se avessimo ottenuto i 400 seggi per riformare la Costituzione”, ha detto Erdogan nella conferenza stampa a seguito di un attentato del PKK nel quale sono morti 16 soldati turchi.

POTERI ESECUTIVI

Il deputato dell’AKP Abdürrahim Boynukalin, che in passato aveva twittato messaggi di sostegno al Fronte Al Nusra, filiale di Al Qaeda in Siria, celebra l’attacco contro la redazione del giornale Hürriyet. Boynukalin ha promesso “di far diventare Erdogan presidente con pieni poteri esecutivi, qualsiasi cosa succeda l’1 novembre”. In un’intervista al quotidiano BirGün, il deputato Özgür Özel dei socialdemocratici del CHP ha detto che “l’AKP è responsabile della sicurezza delle prossime elezioni. Hanno una mano sulla bara dei soldati caduti, un’altra sui microfoni e lo sguardo fisso ai sondaggi”.

GUERRA CIVILE?

Per il leader dell’HDP, Selahattin Demirtas, Davutoglu ed Erdogan hanno deciso di dare il via a “una guerra civile”, dopo la sconfitta elettorale di giugno. Secondo Marta Ottaviani, corrispondente della Stampa in Turchia, il conflitto è già iniziato. In un articolo pubblicato su East, la Ottaviani sostiene che “c’è la guerra fra lo Stato turco e il Pkk, organizzazione separatista considerata terrorista da Europa e Stati Uniti e con la quale per anni Erdogan ha finto di trattare per porre fine a un conflitto costato oltre 40mila morti. In pochi giorni, ci sono state decine di morti da entrambe le parti, con la Mezzaluna che ha anche portato avanti un’azione di terra lampo in Nord Iraq”.

SILENZIO INTERNAZIONALE

Davanti all’aumento di consenso dei curdi, prosegue l’analisi, Erdogan non pensa di restare fermo: “In preda a un delirio di onnipotenza ormai incontrollabile, il Capo dello Stato pensa di riprendersi quello che gli è stato sottratto a giugno con queste manovre diffamatorie, creando l’equazione Hdp=Pkk, nella speranza di essere premiato alle urne”. “Quello che sta succedendo in Turchia – aggiunge la giornalista – è qualcosa a metà fra una guerra civile e una lotta fra bande, un regolamento di conti e una notte dei cristalli che ormai dura da giorni. Nel totale silenzio della comunità internazionale”.

L’APPELLO A RENZI

Nel frattempo Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, ha lanciato un appello al presidente del Consiglio Matteo Renzi perché agisca di fronte alla crisi turca. In un articolo pubblicato il 9 settembre sul Fatto Quotidiano, Ferrero ha invitato il premier a ritirare l’ambasciatore italiano in Turchia: “È vergognoso che la Turchia, Paese Nato considerato uno Stato ‘sicuro’ in realtà stia massacrando migliaia di civili. E gli stessi che piangono per la morte dei bambini scappati da Kobane, condannano in questo modo altri bambini a morte certa… Ho chiesto conto a Renzi di questa situazione indecente, mandandogli la lettera … Chiediamo al governo da Lei presieduto di ritirare immediatamente l’ambasciatore italiano in Turchia, di fare pressioni affinché cessino queste violenze e le elezioni si possano svolgere in un clima civile, nel pieno rispetto dei diritti del popolo curdo. Vogliamo sperare che la disattenzione dimostrata su quest’emergenza fino ad ora dal governo si interrompa; se continuasse sarebbe un elemento criminale intollerabile”.

GIALLO PANTANI / RIMINI VUOLE ARCHIVIARE. MA DA FORLI’ PUO’ ARRIVARE IL BOTTO

Scritto da: Andrea Cinquegrani
Fonte: http://www.lavocedellevoci.it/?p=3032

mont pantani

Quando cadi in una prima trappola, scendi nel gorgo della depressione, cerchi di risalire, e giù un altro colpo. Quando ti fanno fuori due volte, prima togliendoti l’onore, poi la vita. Ma non è finita, perchè anche la giustizia (sic) ti può uccidere una terza volta. Chiudendo gli occhi su prove clamorose, chiudendosi a riccio nella ferrea certezza del suo teorema: fu suicidio e basta.

Giallo Pantani. Per la procura di Rimini e il pm Paolo Giovagnoli, deve calare il sipario sulla fine del Pirata, suicidio al cento per cento, esclusi gli altri scenari, chiesta l’archiviazione, dopo che l’avvocato della famiglia del Pirata, Antonio De Rensis, aveva prodotto una montagna di elementi in grado di smontare la pista suicidio e fornire una serie di elementi per documentare un omicidio in piena regola.

Solo una piccola variazione sulle “modalità” del suicidio, secondo la procura riminese: non più overdose di coca ma di farmaci, di antidepressivi. E la polvere bianca? Solo una concausa.

Sbotta subito l’avvocato De Rensis, che già preannuncia il ricorso al gip contro la richiesta: “una totale smentita rispetto alle conclusioni dell’autopsia della prima inchiesta, secondo la quale i livelli degli antidepressivi nel sangue sarebbero rientrati nel range terapeutico e comunque nettamente inferiori alla soglia tossica”. E preannuncia anche che verrà inoltrata istanza per far spostare la sede del processo, affinchè il fascicolo venga avocato da Bologna.

Nel mezzo, una battaglia di perizie, almeno tre, che forniscono tre diverse interpretazioni. La prima, firmata Fortuni, a 48 ore dal decesso, parlava di “morte per arresto cardiocircolatorio a causa dell’ingente quantità di droga ingerita”. La perizia ordinata dal pm al professor Tagliaro, dell’istituto di medicina legale di Verona, sostiene che “il decesso è dovuto primariamente al sovradosaggio di antidepressivi”.

Molto più articolata la perizia, per la famiglia Pantani, del professor Francesco Maria Avato, direttore della sezione di medicina legale dell’università di Ferrara, secondo la quale, in sostanza, il campione fu ucciso volontariamente, costretto a ingerire cocaina a forza di botte e tale sarebbe il motivo delle numerose lesioni rilevate sul corpo. E balzano in evidenza tutta una serie di elementi e fatti concreti, che ora il pm Giovagnoli sbrigativamente liquida.

Eccone alcuni. Le macchie di sangue sul corpo e intorno al corpo. Lo stesso volto, ricoperto, per metà, di sangue. Un taglio al sopracciglio. Ma le mani di Marco non hanno alcuna traccia ematica, circostanza del tutto inconciliabile col contesto (una pozza di sangue intorno al corpo). Ancora: una macchia, un livido, all’avambraccio destro: con ogni probabilità segno di un trascinamento dopo la morte, e certo non riconducibile al lieve spostamento effettuato dai medici del 118 che hanno cercato di rianimarlo. A quanto pare, la macchia è “a stampo” e indica chiaramente che il corpo è stato sollevato da qualcuno e “trascinato” (da qui anche la scia di sangue). Secondo la perizia Avato, Marco potrebbe essere morto in un punto diverso da quello in cui è stato trovato.

Siamo solo all’inizio, perchè la lista delle contraddizioni e dei buchi neri è molto lunga. C’è la pallina di “pane e coca”, da alcuni vista, da altri no, con ogni probabilità lì collocata da qualcuno per alimentare il sospetto dell’overdose di coca. I medici del 118, infatti, non l’hanno vista, e invece è stata ritrovata dalla polizia. Una stanza messa a soqquadro, mobili spostati e materassi lacerati: perchè? Da chi? Poi, in camera vengono rinvenuti tre giubbotti: a chi appartengono, se il ciclista era arrivato al residence Le Rose solo con un borsone? Ancora. La polizia ha girato un filmato, che risulta abbondantemente tagliato: per quale motivo perdere tempo a distruggerne delle parti? Secondo non pochi, la scena del crimine sarebbe stata alterata ad arte, per creare “un disordine organizzato”.

Ma il pm Giovagnoli taglia corto e per lui tutto è estremamente chiaro: ininfluenti i tagli del filmato, materassi aperti da un ispettore di polizia per cercar coca, la pallina di droga notata da un medico, le ferite e la scia di sangue compatibili con una crisi convulsiva. I mobili? Manca solo che dica “si sono spostati da soli”, ma ci va vicino. “Il fatto – spiega l’imperturbabile pm – è irrilevante”. Lo Sherlock Holmes ha anche un asso nella manica: la porta. “Ostruita da mobili – scrive Giovagnoli – nessuno poteva mettere degli ostacoli e poi uscire da tale unico accesso”. Elementare, Watson.

Di strane presenze, di terzi, di delinquenti (a parte gli spacciatori) che ruotassero intorno al Pirata, in quei giorni di “reclusione” riminese, nessuna traccia. Guarda caso, il residente “Le Rose” dopo poche settimane dalla morte del Pirata ha chiuso battenti. Come mai? Perchè nessuno ha indagato su gestori e proprietari e, soprattutto, sull’ambiente che vi ruotava intorno? Racconta uno che da anni vive sulla costiera romagnola: “qui la camorra è arrivata da un bel pezzo, anzi siamo stati tra i primi in Italia a vederli arrivare, erano attirati dalla facilità di poter lavar bene i loro soldi. A inizio degli anni ’90 si parlò, ad esempio, di interessi dei clan campani sulla Fiera di Rimini, all’inizio volevano entrare attraverso l’appalto per le pulizie. Poi negli anni è stato un diluvio”.

E la camorra entra a pieno titolo in un secondo filone d’inchiesta che porta sempre al Pirata e potrebbe condurre ad esiti clamorosi, influendo direttamente sulla (non) inchiesta riminese. Si tratta di quel maledetto Giro d’Italia 1999, quando Pantani venne clamorosamente escluso dalla tappa di Madonna di Campiglio per “alti valori dell’ematocrito”, 51 invece di 50, un punto appena. Ma tale da farlo escludere dal Giro. Secondo ultime notizie, forse si è individuato il modo attraverso il quale qual valore sarebbe stato modificato ad arte, letteralmente taroccato: ossia attraverso la “deplasmazione”, una tecnica semplice semplice per far lievitare quel valore. Di più: sarebbe stato accertato che almeno uno dei due risultati scaturiti dai controlli sarebbe stato truccato, quello di Imola.

Ma chi aveva interesse all’esclusione di Pantani dal Giro? La malavita organizzata, la camorra in particolare, che aveva scommesso sulla sua “non vittoria”. Anzi: sul fatto che non avrebbe nemmeno terminato la competizione. In una missiva inviata anni fa alla mamma di Pantani, Tonina, ne scrisse nientemeno che Renato Vallanzasca. Da qui è partita un’inchiesta della procura di Forlì, coordinata dal procuratore capo Sergio Sottani e dal sostituto Lucia Spirito. Vallanzasca agli inquirenti ha rivelato che durante la sua detenzione venne a sapere di strane manovre intorno a quel Giro ’99, di maxi scommesse, di una vera e propria organizzazione per alterarne un risultato altrimenti scontato e fare il botto con le puntate.

Era proprio la primavera ’99 e Vallanzasca si trovava recluso a Novara. Un camorrista lo avvicina e gli dice: “Renato, so che sei un bravo ragazzo e che sei in galera da un sacco di tempo. Per questo mi sento di farti un favore. Hai qualche milione da buttare? Se sì puntalo sul vincitore del Giro. Non so chi vincerà, ma sicuramente non sarà Pantani. Il pelatino non arriva a Milano”.

Vallanzasca verbalizza davanti al pm di Forlì Sergio Sottani, che apre un fascicolo. Si trova ormai in semilibertà, il bel René, ma ecco un fatto inquietante. Viene accusato di furto di un paio di mutande (neanche la sua misura) in un magazzino Esselunga, dopo uno strano episodio con un giovane che lo riconosce e gli vuol portare la borsa. Il filmato di quanto accaduto, stranamente, è andato distrutto: peccato, perchè fra l’altro avrebbe potuto consentire l’identificazione del misterioso ragazzo dall’accento meridionale.

E Vallanzasca, in attesa del nuovo processo, va di nuovo in galera, a Opera. “Una trappola per farmi tornare in carcere perchè ho parlato di Pantani e perchè forse in quell’inchiesta non ci sono coinvolti solo camorristi, ma anche professionisti, o soggetti comunque legati ad ambienti istituzionali”, accusa Vallanzasca. Un bel groviglio. Camorra in pole position, ma anche colletti bianchi e “alti” personaggi che ruotano intorno al variegato e milionario mondo delle scommesse e delle gare taroccate (ematocrito compreso).

Intanto gli investigatori – dopo un minuzioso lavoro di identikit, confronti di foto, profili segnaletici – avrebbero individuato, fra nove sospetti, quel camorrista in grado di prevedere l’esito del Giro maledetto. E lo avrebbero anche interrogato. Cosa contiene quella verbalizzazione che può rappresentare la vera svolta e fornire, finalmente, il quadro d’assieme dove è maturato il complotto prima e il delitto poi? Siamo in attesa.

In apertura, Marco Pantani e, sullo sfondo, Renato Vallanzasca