Russia e Usa firmano un accordo di sicurezza per evitare scontri nei raid in Siria

Fonte: http://www.asianews.it/notizie-it/Russia-e-Usa-firmano-un-accordo-di-sicurezza-per-evitare-scontri-nei-raid-in-Siria-35642.html

Mosca e Washington hanno raggiunto un memorandum di intesa; esso predispone linee di comunicazione privilegiate e contatti sul campo di battaglia. E fissa una distanza di “sicurezza” fra i due eserciti impegnati nel conflitto. Esclusi raid aerei coordinati, condivisione di obiettivi e intelligence.

Damasco (AsiaNews/Agenzie) – Russia e Stati Uniti hanno siglato un accordo che, secondo i firmatari, intende scongiurare il pericolo di scontri fra le due aviazioni impegnate in queste settimane in bombardamenti aerei contro obiettivi jihadisti in Siria. Mosca ha avviato la campagna militare a fianco dell’esercito governativo lo scorso 30 settembre, per colpire postazioni, armi e mezzi riconducibili allo Stato islamico (SI) e ad altri gruppi terroristi (fra cui al Nusra, emanazione di al Qaeda nel Paese). La scorsa settimana caccia americani e russi sono entrati in contatto visivo “nello stesso campo di battaglia”, a pochi chilometri l’uno dall’altro.

Peter Cook, portavoce del Pentagono, riferisce che il contenuto dell’accordo rimarrà segreto, seguendo le richieste avanzate da Mosca al momento della firma. Esso predispone linee di comunicazione privilegiate fra le parti e un punto di contatto sul terreno di battaglia.

Tuttavia, i due eserciti non saranno tenuti a condividere le informazioni raccolte dall’intelligence sugli obiettivi degli attacchi e le strategie messe in campo. L’accordo prevede inoltre che i mezzi dei due eserciti restino a una distanza di “sicurezza” l’uno dall’altro, ma non vi sono indicazioni precise sul limite fissato.

Intanto anche Mosca conferma la firma di un memorandum di intesa fra i due fronti. Il vice-ministro russo alla Difesa Anatoly Antonov riferisce che esso “contiene una serie di regole e restrizioni volte a prevenire incidenti tra i caccia russi e americani”.

Analisti ed esperti di questioni militari sottolineano che per arrivare a un accordo fra le parti sono servite quasi tre settimane e ha uno scopo limitato. Esso non prevede raid aerei coordinati fra loro, condivisione di target e intelligence, ma vuole solo impedire che si verifichino incidenti fra le due aviazioni impegnate sul campo di battaglia.

Attivisti siriani vicini all’opposizione e nazioni occidentali affermano che i caccia russi colpiscono anche obiettivi non riconducibili allo Stato islamico; un’accusa che il Cremlino respinge con forza al mittente. Mosca ha iniziato la campagna militare contro lo SI e altri gruppi jihadisti in seguito a una richiesta avanzata dal presidente siriano Bashar al-Assad, storico alleato del governo russo.

Dal marzo 2011, data di inizio degli scontri fra il governo Assad e una multiforme coalizione di oppositori, sono decedute circa 250mila persone. Gli sfollati, secondo i dati delle Nazioni Unite, sono oltre 11 milioni. Almeno 4 milioni hanno scelto le nazioni confinanti – Turchia, Libano, Giordania e Iraq – mentre altri 150mila hanno chiesto asilo all’Unione Europea. Gli altri 6,5 milioni sono sfollati interni, persone che hanno abbandonato tutto ma hanno scelto di rimanere nel Paese

 

Anisakis nei prodotti della pesca: quali sono i rischi e come proteggersi

Fonte: http://www.tuttogreen.it/anisakis-nei-prodotti-della-pesca-quali-sono-i-rischi-e-come-proteggersi/

Anisakis è il nome di uno dei parassiti più pericolosi per l’uomo: si prende dal pesce crudo, ma c’è modo di evitarlo.

Immagini via shutterstock.

Avete mai sentito la parola anisakis? Se non sapete che cosa sia ma siete amanti di sushi, sashimi, carpacci e comunque di preparazioni basate sul pesce crudo, fareste bene ad informarvi, perché si tratta di un parassita che può causare una grave peritonite, e farvi finire in sala operatoria in urgenza a rischio della vostra stessa vita.

Impauriti? No, non dovreste esserlo, perché è molto difficile contrarlo; basta seguire alcuni semplici regole alimentari che renderanno il pesce sicuro e che vi permetteranno anche di comsumarlo crudo, se volete.

Che cos’è la anisakis?

Anisakis è essenzialmente un verme. È un nematode, quindi un verme cilindrico, che si differenzia dai vermi piatti come le tenie; è un animale, quindi non un batterio o un virus, ed è classificato come parassita, un animale che vive a spese di altri, detti ospiti.

Gli animali ospiti di anisakis sono pesci che non mangiamo, come i cetacei, orche e altri cetacei carnivori, soprattutto, o meglio il loro intestino, sono l’ambiente di vita ideale di questo verme che lì trova una compagna e si riproduce, facendo le sue uova. Le uova finiscono in mare, con la cacca del cetaceo, e lì si schiudono facendo uscire tanti piccoli vermi.

I piccoli vermi, tuttavia, non si possono riprodurre, ma esattamente come gli insetti (bruco-bozzolo-farfalla) devono compiere una serie di mute prima di diventare adulti. E se le farfalle lo fanno sugli alberi o sulle piante, anisakis lo fa nel corpo di altri animali. I primi sono i gamberetti, che mangiano i piccoli vermi senza però digerirli, e loro fanno la prima muta. Poi i gamberetti vengono mangiati dai pesci, in cui compiono la seconda muta. Devono compiere altre tre mute per poter diventare adulte, mute che compiono quando il cetaceo a sua volta mangia il pesce.

Questo è il “ciclo biologico” normale del parassita, ciclo che viene interrotto dal pesce, se questo viene pescato dall’uomo: orate, branzini, sardine, alici, merluzzi in tutti i pesci si può trovare questo verme. Che rimane vitale per molti giorni dopo essere stato mangiato e che quando arriva nel nostro intestino capisce di non essere nell’intestino di un cetaceo.

E allora che cosa succede? Non se ne sta buono lì, ma cerca di andarsene bucando l’intestino. E un buco nell’intestino fa andare il materiale digerito e i batteri nel peritoneo, cavità sterile, e venire la peritonite. Operazione d’urgenza quindi, e a volte anche rimozione di parte dell’intestino.

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Come difenderci dalla anisakis

Per difenderci da questo problema possiamo agire cuocendo il pesce, perché la cottura cuoce il verme, che muore. E va fatto, perché si tratta di un parassita molto diffuso nei nostri mari, più nell’Adriatico (che è un mare più chiuso) che nel Tirreno, dove comunque è presente.

Le ASL, che da anni studiano questo problema che tuttavia non si può risolvere (perché sarebbe impossibile eliminare il verme dal mare) hanno trovato una soluzione per evitare la cottura, per chi il pesce vuole mangiarlo crudo: il congelamento.

Il pesce può infatti essere congelato, e ci sono due leggi specifiche al riguardo: la prima riguarda i ristoranti, a cui viene imposto che il pesce, prima di consumarlo crudo, sia congelato per almeno 24 ore, tempo che riesce ad uccidere il verme.

 

Anisakis nei prodotti della pesca: quali sono i rischi e come proteggersi

Quando andate al ristorante e chiedete del pesce crudo chiedete sempre se il pesce è stato surgelato e ascoltate la risposta. Deve essere “Si”. Se vi dicono di no, le soluzioni sono due. O non lo fanno proprio (e il pesce è pericoloso) o lo fanno per paura della ASL ma non lo dicono per non fare brutta figura (e allora sono dei bugiardi). Diffidate da chi vi dice di “No”.

Le preparazioni come il pesce sottolio, aceto, marinato al limone o sotto sale, sono crude a tutti gli effetti. Quel pesce deve essere surgelato comunque, prima di poterlo mangiare.

In casa, invece, se vogliamo fare il sushi da soli, dobbiamo seguire la seconda normativa che impone a chi vende il pesce fresco (pescherie) di esporre un cartello a caratteri cubitali: il pesce deve essere surgelato per almeno 96 ore in un congelatore ad almeno 3 stelle prima di essere consumato crudo.

 

La legge impone a loro di esporre il cartello, non a noi di seguirlo, ma facciamolo. Non surgelare il pesce solo perché il pesce fresco ha un sapore migliore di quello surgelato è una cosa stupida, e mette a rischio la vita nostra e quella dei nostri familiari.
Pensiamoci.

 

La polizia forestale cinese sventa massiccia importazione di fauna selvatica

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/biodiversity/4091-la-polizia-forestale-cinese-sventa-massiccia-importazione-di-fauna-selvatica.html

Il corpo forestale cinese a arrestato 16 persone nell’ambito di una operazione volta a sradicare il traffico di fauna selvatica. L’operazione, col nome in codice “21 maggio”, ha portato alla confisca di prodotti derivati da animali selvatici tra cui 804,4 kg di avorio, 11.3 kg fi corno di rinoceronte e 35 zampe di orso, per un valore totale di quattro milioni di dollari.

Le investigazioni hanno portato a smascherare una banda criminale dotata di propria fabbrica, magazzini e veicoli per il trasporto, con ramificazioni in Giappone e Hong Kong, fino all’output nei negozi di antiquariato in Guangdong, Shandong e a Pechino.

L’annuncio arriva a pochi giorni dalla firma di impegno congiunto tra Cina e Stati Uniti ad “adottare importanti e tempestive misure per fermare il commercio di avorio”.

Secondo le informazioni rilasciate in conferenza stampa, dal 2013, il Corpo Forestale cinese ha sventato 222 casi di commercio illegale di specie selvatiche e arrestato 108 sospetti, e portando alla confisca di 1.321 prodotti della fauna selvatica del valore di circa milioni di dollari, tra cui 1.527 kg di avorio.

5 ferite emotive che ci impediscono di vivere serenamente

Scritto da. Marta Albè
Fonte: http://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/17948-cinque-ferite-emotive
Fonte foto:: http://somaramos.com/

le cinque ferite

Alcuni aspetti della nostra esistenza ci impediscono di vivere serenamente. La nostra mancanza di gioia di vivere o addirittura la nostra rassegnazione potrebbero essere legate a una o più ferite. Si parla di cinque ferite emotive fondamentali nate dal rifiuto, dall’abbandono, dal tradimento e dall’aver subito un’ingiustizia o un’umiliazione.

Le persone che hanno subito una o più di queste cinque ferite sviluppano delle maschere per non vederle e per non sentirle. Queste maschere impediscono di identificare le ferite emotive e di guarirle. Per riuscire a comprenderle e a risolverle è necessario andare in profondità, in un viaggio che può risultare doloroso ma che rappresenta l’unica via di guarigione.

Secondo le teorie di Lise Bourbeau, esperta di crescita personale, possiamo guarire le nostre ferite emotive soltanto andando alla loro ricerca e facendole riemergere, senza nasconderle. A parere dell’esperta ognuno di noi nasce con delle ferite emotive. Risolverle per riuscire ad essere felici fa parte del progetto della vita.

Il grado della nostra sofferenza fisica e psicologica può essere un’indicazione di quanto siano profonde le nostre ferite. Il processo di guarigione può essere molto lungo. Lise Bourbeau fa risalire le ferite che dobbiamo affrontare in questa vita alle vite precedenti. Per guarire le nostre ferite emotive dobbiamo cercare di eliminare i filtri e di abbattere le barriere che ci separano da esse.

Forse stiamo cercando di barricarci dietro convinzioni errate o di nascondere le nostre sofferenze. Ecco quali sono le cinque ferite che possiamo provare a cercare dentro di noi. Almeno una di queste potrebbe essere presente senza che ne siamo ancora consapevoli. Provate a riconoscere le cinque ferite e ammirate le fantastiche illustrazioni di Somaramos.

1) Rifiuto

La ferita emotiva del rifiuto è una delle più profonde. Non porta tanto al rifiuto degli altri, quanto alla non accettazione di se stessi e alla svalutazione delle proprie capacità. Non amare se stessi, però, conduce a non riuscire ad amare gli altri e la situazione in questo modo diventa ancora più tragica. Le persone con la ferita del rifiuto vorrebbero vivere sempre nascoste e sentirsi quasi invisibili. Fuggono dalle sfide. Di solito sono degli intellettuali che scelgono la solitudine e che faticano a gestire le emozioni lasciandosi sopraffare da esse. Sono delle persone introspettive, dotate di una spiccata capacità di osservazione e di grande intuito.

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2) Abbandono

Le persone che portano dentro di sé la ferita dell’abbandono difficilmente riescono a trascorrere del tempo da sole nella vita. Soffrono molto la solitudine e sono sempre alla ricerca di qualcuno che possa fare loro compagnia. Si trovano in una situazione di forte carenza d’affetto di cui a volte non riescono a dare spiegazione né a se stessi né agli altri. Tendono a preoccuparsi molto e con largo anticipo se sanno che dovranno affrontare un evento problematico. Desiderano impegnarsi per un obiettivo comune e spesso amano fare parte di gruppi e associazioni che rispecchino i loro ideali.

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3) Umiliazione

Chi ha dentro di sé la ferita dell’umiliazione di solito tende ad impegnarsi al massimo nei propri progetti e a dare tutto se stesso nel lavoro di gruppo. La preferenza di queste persone è per i lavori pratici e artigianali, in cui possano esprimere le proprie capacità dando vita a qualcosa di concreto e di visibile che possa attrarre l’attenzione degli altri. Nello stesso tempo la ferita dell’umiliazione può portare a provare vergogna e senso di inferiorità. Può essere presente la tendenza a soddisfare prima di tutto le esigenze degli altri invece di dare la precedenza alle proprie necessità. Empatia e ipersensibilità sono tra le caratteristiche principali delle persone con la ferita dell’umiliazione.

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4) Tradimento

La ferita emotiva del tradimento è legata alla fiducia che ad un certo punto è venuta a mancare. Ad esempio si potrebbe essere vittime di una promessa non mantenuta o di un’aspettativa non raggiunta. Chi ha dentro di sé la ferita del tradimento pretende molto sia da se stesso che dagli altri e non ama mostrare segni di debolezza. Le ricche aspettative per il futuro a volte possono diventare un ostacolo perché impediscono di vivere al meglio il presente. Le persone con questa ferita spesso cercano di tenere sotto controllo gli eventi e chi le circonda.

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5) Ingiustizia

Le persone che hanno subito un’ingiustizia e che ne sono state ferite profondamente vivono troppo concentrate sul proprio dovere e tendono a privarsi di ogni piacere perché credono di non meritare qualcosa di bello nella vita e perché sono convinte che portando sempre a termine al meglio i propri compiti otterranno la perfezione e una sorta di riscatto. A volte le ferite emotive si manifestano nella struttura fisica delle persone. La ferita dell’ingiustizia porta ad avere un portamento rigido, eretto e fiero. Le persone ferite dall’ingiustizia tendono essere molto precise e ordinate.

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Per approfondire l’argomento delle cinque ferite emotive vi consigliamo la lettura di due testi molto interessanti: “Le cinque ferite e come guarirle” di Lise Bourbeau e “Risolvere le cinque ferite” di Maria Rosa Fimmanò.

In quale/i delle cinque ferite emotive vi riconoscete?

 

OGM: inchiesta del New York Times sui conflitti di interesse tra accademia e industria

Scritto da: Agnese Codignola
Fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/ogm-new-york-times-monsanto.html

L’inchiesta del NYT potrebbe avere conseguenze rilevanti nella percezione degli OGM
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Potrebbe avere conseguenze molto rilevanti, l’inchiesta giornalistica con cui il New York Times ha acceso un potente faro sui conflitti di interesse tra molte istituzioni accademiche statunitensi e i colossi della chimica come Monsanto, Dow Chemicals e altri, nella guerra senza esclusione di colpi sugli OGM. Migliaia di pagine di email, tutte consultabili sul sito del giornale, gettano infatti una luce inquietante sull’attendibilità di certi pronunciamenti e spiegano perché, dopo molti anni, ancora non ci sia una parola chiara sulla sicurezza degli OGM, né una legislazione coerente.

In sintesi, ciò che si delinea è una vera e propria strategia commerciale messa in campo da anni, per convincere l’opinione pubblica con la forza di risultati e giudizi teoricamente indipendenti, e per distrarre le ricerche su aspetti quali i nuovi insetticidi da usare con le sementi OGM, evitando di approfondire quelli relativi alla salute umana. Negli scambi di corrispondenza emergono i diversi strumenti utilizzati per questa pesante azione di lobbying: finanziamenti ingenti, mai personali, ma sempre a ricerche concordate e incentrate su aspetti tecnici relativi ai semi, alle condizioni di coltivazione, all’analisi chimica delle piante e così via, che hanno fruttato dozzine e dozzine di pubblicazioni, tutte con il marchio doc di accademici stimati di università blasonate quali quelle della Florida; viaggi per tenere conferenze pilotate, nelle quali gli esperti erano invitati a mettere in luce i dati a favore, e materiale per siti divulgativi per il grande pubblico.

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Sembra che le aziende abbiano costruito un sentimento pro OGM sfruttando accademici ed esperti blasonati, finanziandoli

L’esempio citato dal giornale americano aiuta a capire molto bene in che modo le aziende hanno cercato di costruire un sentimento favorevole verso gli OGM. Un sito, messo on line dal Council for Biotechnology Information, che riunisce BASF, Bayer, Monsanto, Dow Chemicals e DuPont, e chiamato “GMO Answers”, contiene molte domande (le famose FAQ) e relative risposte affidate a più di 100 ricercatori e docenti cosiddetti indipendenti. I quali, i molti casi, si sono limitati a incollare il testo ricevuto dall’azienda, casualmente sempre positivo verso gli OGM.

Uno degli obbiettivi più immediati e cercati, inoltre, sempre secondo il New York Times, è  di ottenere una legge federale che blocchi qualunque iniziativa statale sull’etichettatura, che le aziende vogliono impedire, insieme a quello di esercitare la giusta pressione tanto sulla FDA quanto sulla Environmental Protection Agency affinché non introducano limitazioni su prodotti quali il glifosato, l’erbicida recentemente passato nella lista dei possibili cancerogeni dell’International Agency for the Research on Cancer di Lione. Non a caso, la Monsanto, produttrice dei prodotti con il glifosato, poche settimane fa ha annunciato l’istituzione di un suo panel di esperti indipendenti per ribaltare il pronunciamento dell’agenzia dell’OMS: non stupirebbe ritrovarvene alcuni tra quelli chiamati in causa dal New York Times.

Naturalmente i protagonisti negano qualunque distorsione del proprio operato, e ribattono che sull’altro versante anche le associazioni del biologico, quelle dei consumatori e tutti coloro che si oppongono agli OGM hanno sempre fatto altrettanto, cercando di reclutare voci autorevoli per sostenere le loro battaglie, ma di certo i mezzi economici a disposizione e in generale il potere a disposizione non sono neppure lontanamente paragonabili.

La guerra degli OGM dunque continua, e ha già fatto una vittima importante: la verità, e il diritto dei consumatori a conoscerla, per compiere scelte veramente ragionate e libere.

LE LOTTE AL CREMLINO

Scritto da: Gianni Petrosillo
Fonte: http://www.conflittiestrategie.it/le-lotte-al-cremlino

La leadership di Putin in Russia non è in discussione. Nonostante l’Occidente continui a sperare in una caduta della sua popolarità le cose vanno in direzione esattamente opposta. L’indice di gradimento riservato al Capo del Cremlino dai suoi connazionali non è mai stato così alto, nonostante le numerose crisi politiche ed economiche in cui il Paese è rimasto coinvolto. Dalla faccenda ucraina al crollo del rublo, dalle micro-tensioni negli stati della sua orbita egemonica fino all’intervento in Siria, i dossier sul tavolo di Putin si sono moltiplicati ma il gruppo dirigente ha saputo affrontarli con abilità e risolutezza. La compattezza degli organi di comando di fronte alle difficoltà e la loro capacità di reazione alle problematiche emergenti, spesso ordite da provocatori esterni e da quinte colonne interne, ha spento le velleità dell’opposizione sedicente liberale, la quale ha toccato il punto più basso della sua esistenza, nonostante alcuni episodi che avrebbero potuto favorirla, vedi l’omicidio Nemtsov, avvenuto a due passi dalla residenza ufficiale del Presidente. Oggi in Russia non ci sono persecuzioni verso i dissidenti, né angherie contro partiti e movimenti di opposizione, anche quelli più eccentrici (vedi Pussy Riot), perché tali elementi si sono attirati le antipatie generali a causa delle loro posizioni antipatriottiche e le continue dissacrazioni dell’etica pubblica o della fede ortodossa in costante crescita dopo i divieti dell’era comunista. I cosiddetti antigovernativi si sono fatti fuori da soli e non sarà il riconoscimento ed il sostegno finanziario da parte degli avversari atlantici di Mosca a risollevarli dalle loro sorti di emarginazione. Costoro hanno bruciato un capitale di credibilità politica ed ideologica agendo scopertamente contro il loro paese ed i risultati sono stati devastanti in termini di voti e di feeling con l’opinione pubblica.
Ovviamente, questo quadro rassicurante non mette Putin al riparo dalle lotte intestine ai vari apparati e settori statali che si contendono il potere politico ed economico. Il think tank americano Stratfor ha ricostruito le vicende di questi drappelli e le sfere dalle quali operano i decisori che contribuiscono a sviluppare, in competizione/collaborazione, le strategie dello Stato russo. Nonostante all’esterno appaia una certa omogeneità di scelte e di visioni della leadership russa, Putin si è ritrovato in situazioni abbastanza intricate in cui fare la sintesi tra le differenti posizioni non è stato affatto un gioco da ragazzi.
Secondo Stratfor quelli che seguono sarebbero i campi e le personalità predominanti del potere russo (di cui Putin è, per l’appunto, il terminale di sintesi):campi

Nel primo campo operano FSB (servizi segreti) e Chiesa ortodossa. In esso gravitano alcune personalità molto influenti come Igor Sechin ( Chairman di Rosneft); Sergei Naryshkin (Chairman della Duma di Stato); Nikolai Patrushev (Segretario del Consiglio di Sicurezza); Sergei Ivanov (capo dell’amministrazione Presidenziale); Sergei Sobyanin (Sindaco di Mosca). Tutti questi uomini hanno legami con l’intelligence.
Nel secondo campo operano Fso (Protezione e comunicazione presidenziale); GRU( Servizio segreto militare); Mvd (forze dell’ordine e polizia federale). In questo campo agiscono come uomini di rilievo come Ramzan Kadyrov (presidente ceceno); Vladislav Surkov (ex vice capo di Stato Maggiore).
Nel terzo campo: Rostec (impresa di stato del settore della difesa) ed il suo Ceo Sergei Chemezov; Rosoboronexport (gestisce l’import-export militare).
Nel quarto: Le forze armate russe e Sergei Shoigu (ministro della difesa)
Nel quinto: la Commissione investigativa (prima autorità investigativa federale che risponde all’Ufficio del Presidente).
Secondo Stratfor Putin si è trovato più volte alle prese con necessari bilanciamenti di potere all’interno di queste cerchie non sempre allineate sulle posizioni presidenziali. Alcuni eventi, come la guerra civile in Ucraina, hanno fatto traballare l’unità degli intenti tra le parti. Alcuni settori, infatti, ritenevano più efficace un intervento diretto contro Kiev anziché il mero supporto esterno ai miliziani. Altri (minoritari), invece, credevano che sarebbe stato meglio cedere al nemico e lasciar andare il vicino al suo destino. Questa diatriba sarebbe giunta ad un punto critico e qualcuno sarebbe arrivato anche a chiedere la testa di Putin incapace di prendere una decisione immediata.
La famosa sparizione di Putin, nei primi di marzo 2014, sarebbe legata a queste divisioni nei gangli del potere russo. Da questa disputa l’FSB sarebbe uscito nuovamente vincitore, grazie alle mosse di Putin e del suo entourage, che hanno posizionato dei fedelissimi nei posti chiave, ridimensionando le aspirazioni di alcuni personaggi dell’élite, i quali puntavano ad un cambiamento di strategia per uscire dall’angolo in cui la Russia si era, a loro dire, messa. Per il momento, quest’ultimi, hanno avuto torto e visti i risultati conseguiti da Putin, possiamo dire che è stato meglio così.

Viaggio ad Acqui Terme, terra di streghe

Scritto da: Monica Taddia
Fonte: http://italiaparallela.blogspot.it/2015/09/viaggio-ad-acqui-terme-terra-di-streghe.html
Immagine: La strega – Agostino Veneziano

Situata al confine tra Piemonte e Lombardia, circondata da un suggestivo corollario collinare, Acqui Terme si sviluppa attorno all’antico Borgo Pisterna, attuale centro del paese. Collocata nella zona sudorientale dell’alto Monferrato, è principalmente ricordata per le sue sorgenti termali: se ne hanno notizie già dai tempi di Gaio Plinio Secondo che, assieme alle terme di Pozzuoli ed Aix-en-Provence, l’annoverava tra le più importanti del mondo romano.

In passato conosciuta come Aquae Statiellae, nome che i Romani attribuirono in memoria dei Liguri Statielli (probabilmente i primi ad insediarsi stanzialmente in questo luogo), basa le sue fondamenta su antichi siti paleocristiani: la basilica di San Pietro, ad esempio, venne costruita nel IV secolo proprio all’interno del recinto di un cimitero risalente agli albori del cristianesimo. Corre inoltre voce che, per non intaccare le fondamenta degli edifici più antichi di Acqui Terme, un discreto numero di scheletri non sia mai stato rimosso da là sotto, continuandovi a giacere silente ed imperturbato.
Una simile premessa non può far altro che contribuire ad alimentare la leggenda, tanto che Acqui Terme viene considerata come uno dei luoghi esoterici più potenti d’Italia. E’, questa, una terra di streghe, guaritori, veggenti, rabdomanti. Ancora oggi i più anziani del paese sono soliti leggere il futuro nelle carte e difficilmente ricorrono alle cure mediche in caso di malattia, preferendo la sapienza delle guaritrici, donne le cui conoscenze relative alle erbe mediche – connesse a rituali oscillanti tra il pagano ed il cristiano – vengono tramandate sul letto di morte di generazione in generazione.
Pare che fino a pochi anni fa qui vivesse l’ultima delle masche: così sono chiamate, infatti, le streghe piemontesi. Su richiesta d’importanti somme da migliaia e migliaia di lire, la donna preparava intrugli, fatture e medicamenti ricorrendo ad elementi della tradizione cristiana (come, ad esempio, l’invocazione dei santi) associati a riti di chiare radici celtiche o romane.
E, come tutte le streghe, si dice che partecipasse alla celebrazione dei sabba assieme ad altre compagne sul Monte Stregone, una collina sulla quale nessun tipo di vigna attecchisce perchè, lo dicono tutti, “le strie non lo permettono”.
Ai piedi del monte accade un fatto curioso: la terra ribolle costantemente. Colpa delle masche? In realtà la spiegazione è molto meno poetica: qui passa un corso d’acqua sotterraneo che va ad alimentare la sorgente sulfurea di Piazza della Bollente. Eppure è facile cedere alla tentazione di credere che ciò sia imputabile alle streghe, se non addirittura al Borvo, il protettore celtico delle fonti gorgoglianti che vivrebbe in una caverna non esattamente identificata proprio in queste zone. Con le sue mani è lui che, forse per non farsi trovare, spande nebbia e vapore tra le colline circostanti.
Altro luogo di ritrovo delle streghe, posizionato su uno dei colli di fronte a Monte Stregone, è il Castello di Moncrescente, conosciuto anche come La Tinazza a causa della forma di tino rovesciato. Trattasi di una misteriosa fortificazione di tipo militare di pianta ottagonale, elemento tipico delle costruzioni attribuite ai Templari. Non sono giunti sino a noi documenti relativi all’edificazione che, però, risulta databile tra il XII e il XIV secolo: molto probabilmente essa controllava, con la sua posizione strategica, le strade del commercio medievale.
Simile luogo non è esente da origini leggendarie. Si narra che molto tempo fa gli abitanti del luogo vollero costruire un enorme tino per riempirlo con più vino possibile. Il diavolo, al quale la cosa non andò decisamente a genio, una notte decise di rovesciarlo e renderlo così inutilizzabile. Gli abitanti di Acqui Terme, più scaltri di lui, convennero nel trasformarlo in un castello per potersi difendere da eventuali attacchi nemici. Così fu, fin quando l’edificio non iniziò progressivamente ad essere abbandonato e cadere in rovina: fu allora che le masche della zona ne presero possesso e ne fecero la sede dei loro ritrovi notturni.

Debito ecologico: Bolivia, Cuba, Equador e Venezuela chiedono una Corte internazionale

Fonte: http://www.greenreport.it/news/clima/debito-ecologico-bolivia-cuba-equador-e-venezuela-chiedono-una-corte-internazionale/

La Declaración anticapitalista di Tiquipaya verrà presentata alla COP21 di Parigi

Mrales Correa Maduro

Dopo tre giorni di dibattito,  la seconda Conferencia Mundial de los Pueblos sobre Cambio Climático y Defensa de la Vida, tenutasi in Bolivia, ha approvato una  dichiarazione  nella quale si propone «una transizione dell’attuale modello di civiltà per garantire la sopravvivenza dell’umanità». La Declaración de Tiquipaya verrà presentata a dicembre alla Conferenza delle parti dell’Unfccc a Parigi dal  presidente della Bolivia Evo Morales e dai presidenti di Venezuela ed Equador, Nicolás Maduro e Rafael Correa, che hanno partecipato alla Conferencia.

Il documento identifica nel modello capitalista come il principale colpevole del deterioramento ambientale e per questo chiede di cambiarlo e una transizione «verso il modello di civiltà del Vivir Bien». Secondo la Declaración de Tiquipaya, «Il mondo viene martoriato da una molteplice crisi globale che si manifesta in una crisi climatica, finanziaria, alimentare, energetica, istituzionale, culturale, etica e spirituale e da uno stato di guerra permanente. Questo ci dimostra che stiamo vivendo una crisi integrale del capitalismo e di un modello di società. Per sopravvivere, l’umanità deve liberarsi del capitalismo perché conduce l’umanità verso un orizzonte di distruzione che condanna a morte la natura e la vita stessa».

La dichiarazione approvata in Bolivia sottolinea: «Dobbiamo mettere in marcia un nuovo modello civilizzatorio che dia valore alla cultura della vita e alla cultura della pace, e un nuovo modello civilizzatorio  è il Vivir Bien. Il mondo deve passare ad una visione olistica del Vivir Bien, approfondendo la complementarietà tra i diritti dei popoli e i diritti della Madre Tierra» ed lancia l’allarme sul rischio di una «catastrofe planetaria» se la temperatura della Terra salirà oltre gli 1,5 gradi centigradi e per questo difende la proposta di «un sistema giuridico internazionale che punisca i Paesi che non rispettano i loro impegni internazionali di proteggere l’integrità della Madre Tierra». I delegati alla Conferenza di Tiquipaya sono stati invitati a «Guarire l’umanità per salvare la Madre Tierra» e per farlo è necessario «passare a un nuovo modello di convivenza».

Morales ha infiammato la platea delle migliaia di delegati provenienti da tutto il mondo quando ha detto che «Gli Stati rivoluzionari preferiscono essere sottomessi ai popoli e non agli imperi, per questo le conclusioni della seconda Conferencia Mundial de los Pueblos sobre Cambio Climático y Defensa de la Vida saranno sottoposte alla COP21 che si terrà a dicembre in Francia. I nostri popoli sono saggi, sanno esattamente “cosa vogliono, quale è il cammino che si deve seguire, seguiamo questo cammino in Bolivia per questo abbiamo risollevato il Paese e proseguiremo avanzando e i governanti devono saper ascoltare».

Morales ha esortato tutti a «Lottare per fermare gli effetti del cambiamento climatico, mentre il  G7 propone che la temperatura salga di 2 gradi centigradi, con i quali si distruggerebbe la natura». Per questo «La gioventù, le nuove generazioni, per principio, per la vita, per l’umanità dovrebbero essere antimperialiste che è l’eredità che hanno lasciato gli antenati ad ognun dei popoli latinoamericani che hanno lottato per recuperare il potere politico. In Bolivia abbiamo adempiuto a questo mandato perché abbiamo recuperato il potere politico con i nostri movimenti sociali e con l’unità di tutti. Il Paese si è liberato della politica neoliberista  e ora stiamo meglio di prima ed abbiamo stabilità politica, sociale e una crescita economica che si distingue tra i Paesi del continente americano.  I nostri nonni ci hanno dato una grossa responsabilità: la lotta permanente contro l’imperialismo e contro il capitalismo che prima ci dividevano perché non volevano la stabilità politica, volevano dividerci per dominarci, per derubarci economicamente e saccheggiare le nostre risorse naturali». Secondo Morales, «Le nuove generazioni, la gioventù, saranno vittime del capitalismo se non fermiamo questo riscaldamento globale. Grazie ai fratelli indigeni, maestri, campesinos, minatori, trasportatori, abbiamo salvato la Bolivia. I latinoamericani, di qualsiasi classe sociale, per principio dovrebbero essere antimperialisti, anticolonialisti e anticapitalisti, questa è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri antenati».

Musica per gli orecchi del ministro degli esteri di Cuba, Bruno Rodríguez, che intervenendo alla manifestazione di chiusura della Conferenza di Tiquipaya ha sottolineato che «Dobbiamo difendere il vivir bien, i diritti della Pachamama, perché così ci difendiamo anche dalle catastrofi del cambiamento climatico e dell’economia capitalista distruttrice della natura.  Non accetteremo, a Parigi, che si diluiscano le responsabilità dei Paesi per pagare il loro debito ecologico. E’ necessaria la creazione di una Corte internazionale e indipendente. Sarà necessario difendere il fatto che l’accordo sia giusto e ambizioso e che si basi sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate. Non c’è la volontà nei Paesi».

Alla Conferenza boliviana era presente anche il ministro degli esteri francese Laurent Fabius che ha avvertito: «La creazione di un tribunale è interessante, però sarò complicato ottenerla, molti Paesi sicuramente resisteranno. Dobbiamo arrivare ad un accordo giuridicamente obbligatorio».

Il presidente equadoregno Correa, alle prese nel suo Paese con proteste che lo accusano di autoritarismo e di svendere le risorse indigene, ha proposto, «L’universalizzazione dei diritti della natura e della sua protezione come un bene di immenso valore, però che non ha prezzo, cosa che non è compresa dall’economia capitalista che vuole mettere un prezzo a tutto e se non lo ha non esiste. Bisogna dichiarare le tecnologie che aiutano a mitigare gli effetti del cambiamento climatico di libero accesso e generalizzare il loro uso tra tutti i Paesi». Anche per Correa «Bisogna lottare per l’istituzione di un tribunale internazionale capace di quantificare il debito ecologico dei Paesi ricchi però, intanto, si deve evitare che il debito o si incrementi».

Correa ha aggiunto che «L’essere umano non è l’unico importante in natura, però continua ad essere il più importante. Il riscaldamento globale è anche una parola che definisce il socialismo e questa parola è giustizia, in questo caso giustizia ambientale. E’ necessario lottare per questo tribunale internazionale  per quantificare ed obbligare a pagare il debito ecologico che hanno i Paesi più ricchi, però bisogna soprattutto evitare che il debito continui a crescere. Se in questa Conferenza (la COP21 di Parigi, ndr) falliamo e non troviamo accordi vincolanti per proteggere questo unico pianeta che abbiamo, potrebbe iniziare il funerale della nostra civiltà»

Il presidente venezuelano Maduro in Bolivia ha ritrovato il sorriso dopo mesi di durissimi scontri di piazza con l’opposizione e denunce di tentati colpi di stato ed ha colto l’occasione  per ricordare che «I popoli uniti devono lottare per la loro felicità, che non ha niente a che vedere con il concetto di felicità da accumulazione, ma con il condividere e che tutti godano dell’uguaglianza e dei diritti umani».

Anche Maduro si è impegnato a portare alla COP21 Unfccc la Declaración de Tiquipaya: «La sfida ora è quella di garantire che le conclusioni dell’incontro di Tiquipaya vengono ascoltate e tenute di conto a Parigi. Ora abbiamo una grande sfida: che questa voce comune che si è levata da questo evento mondiale sia la nostra voce e che portiamo con coraggio tutte le proposte che sono state approvate al summit di Parigi. Che sia la voce che segnerà le decisioni che andremo a prendere a Parigi». E anche il presidente del Venezuela ha chiesto di «Creare un Tribunale Ambientale, la protezione della biodiversità, il recupero e la difesa del patrimonio comune, la restituzione della terra a favore dei popoli indigeni e garantire l’acqua di qualità».

Maduro ha ricordato che «Il 12 ottobre è  il giorno della resistenza indigena dei popoli della nostra America. Solo il popolo salva il popolo, solo noi popoli salveremo l’umanità e salveremo la vita in questo pianeta. Salvare il sistema per metterlo al servizio degli esseri umani, al servizio del popolo, al servizio della sopravvivenza nel pianeta, nella Pachamama».

Ma dalla  Mesa 18 autoconvocada, uno dei 12  tavoli di lavoro della Conferencia Mundial de los Pueblos sobre el Cambio Climático, è arrivata una dura critica al modello estrattivista (e nuclearista) del governo boliviano e contro la rielezione per la terza volta di Evo Morales e Álvaro García Linera e quindi anche del presidente dell’Equador Correa..

Cancio Rojas, leader del Consejo Nacional de Ayllus y Markas del Qullasuyu (Conamaq) Orgánico, ha detto che la mesa 18  «Ha formato una “Alianza por la Vida”, contro lo sviluppo estrattivista dell’attuale governo» e che questa nuova Alleanza per la Vita si riunirà a novembre in un Encuentro Nacional «che ha il proposito di definire azioni da fare per cambiare il modello estrattivista e la matrice produttiva basata sullo sfruttamento minerario e petrolifero».

Rojas ha anche annunciato che l’ Alianza por la Vida  «Organizzerà una campagna di massa per il no al cambiamento della Constitución Política del Estado» che permetterebbe la rielezioni di Morales.

Quanto al modello produttivo dell’attuale governo Morales, Rojas sostiene che «Produce emissioni di gas serra e pertanto colpisce l’ambiente. E’ necessario cambiare la matrice produttiva, sulla base di una produzione familiare indigena originaria campesina».

L’INPS e i pensionati all’estero… perché non ucciderli?

Scritto da: Massimo Rodolfi
Fonte: http://www.primapaginadiyvs.it/linps-e-i-pensionati-allestero-perche-non-ucciderli/

old-people-616718_640In Italia, con le pensioni che ci sono, si campa male. Molti sono tornati ai ritmi di mia nonna, che faceva cena con un caffellatte e il pane secco, ed è un dato di fatto che molti, e non solo pensionati, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.

Ma niente paura, in un paese in netta ripresa, a detta dei nostri governanti, con quel praticante dell’Actor’s Studio di Renzi in testa, il tenore di vita dei nostri pensionati si sta ovviamente elevando, vero?

Nel frattempo però, sempre più anziani italiani, da anni, scelgono di trasferirsi all’estero, in paesi nei quali, con la loro misera pensione, riescono a condurre una vita dignitosa, cosa non più possibile in Italia.

Già questo fatto è di per sé esecrabile, e ce la dice lunga sulla considerazione che i nostri governi, nel corso del tempo, hanno avuto per le vite dei propri cittadini, che hanno pagato le tasse per tutta una vita di lavoro.

Infatti, questa banda di infami che sono i nostri politici, si sono mangiati tutte le risorse del paese… e continuano! E dovremmo essere un paese civile… ma non importa, tanto ormai ci siamo abituati, visto che nessuno protesta più.

Spero però che la notizia che ho sentito ieri l’altro non sia vera, perché significherebbe che abbiamo veramente superato un limite invalicabile, e che sarebbe ora di fare veramente una rivoluzione, cosa per altro improbabile in questo paese.

Pare che l’INPS, ben consapevole della realtà ‘migratoria’ di molti pensionati, abbia deciso di abbassare la pensione di coloro che si recano a vivere all’estero. Dai! Non può essere vero, non possono essere così stronzi! O sì ?

Scusate, non volevo dire stronzi, perché mi sembra parecchio riduttivo, per cui lascerò alla fantasia del lettore la possibilità di variare sostantivo o aggettivo, per definire gli ideatori di questa bella pensata.

Però, davvero, continuo a lasciare aperta una porta alla possibilità che questa notizia sia una bufala, anche se l’hanno già rilanciata per televisione. Non posso credere che esista qualcuno di così diabolico, con tanto malefico accanimento nei confronti dei nostri poveri, è il caso di dirlo, vecchietti.

Avanti di questo passo, ci verrà nostalgia delle dittature del ventesimo secolo, che di sicuro non sono mai arrivate a tanto, ma non è possibile, visto che noi siamo in democrazia, vero?

Ma cara INPS, giunti a questo punto, perché non passiamo subito al successivo, inevitabile punto: la soppressione programmata del lavoratore che avesse la ventura di arrivare ad andare in pensione (oggi vero e proprio miraggio). Sai che risparmio per le casse dello stato?!

Però gente, se questa cosa è vera, e continua il clima imperante di acquiescenza nei confronti di chi sta letteralmente uccidendo la vita umana nel nostro bel paese, giuro che vado a vivere all’estero anch’io, anche senza pensione, che tanto a me l’INPS non me la darà mai…

Diciamocelo però, ormai siamo veramente allo schifo più totale, e fa ancora più schifo vedere i soliti balletti dei nostri politici, raffinati artisti della menzogna, che mentre svendono il nostro paese agli interessi di aliene corporazioni, ci raccontano, col sorriso sulla faccia (di bronzo) che va tutto sempre meglio.

Se non ci riprendiamo la vita, a partire dal basso, se non costituiamo istanze veramente democratiche di base, che esautorino i ladri che ci governano, non usciremo veramente da questo tunnel di imbarbarimento, al quale pariamo ormai condannati.

Ma non possiamo far altro che dire Mea Culpa, Mea Grandissima Culpa…

Forcella tra guerra e clan, il racconto dei commercianti

Scritto da: Enzo Ciaccio
Fonte: http://www.lettera43.it/cronaca/forcella-tra-guerra-e-clan-il-racconto-dei-commercianti_43675218167.htm

Coprifuoco. Proiettili vaganti. Guaglioni minacciosi. E pizzo pagato due volte. Nel rione di Napoli si vive e lavora con la paura. Un negoziante ne parla con L43

Nessuno.
In sala non si è presentato neanche uno spettatore, tranne il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, l’assessore alla cultura Nino Daniele e qualche staffista aggregato al seguito.
E così, sul palco dell’ex cinema in via Vicaria vecchia al rione Forcella, l’attore Enzo De Caro e il cantante Marcello Colasurdo, voce del gruppo dei Zezi di Pomigliano d’Arco, sono rimasti zitti e muti per imprevista assenza di pubblico.
Lo spettacolo anti-camorra, organizzato nel segno della lotta ai nuovi boss che ogni sera infestano la vita comunitaria locale a suon pistole e mitragliette, è rinviato «causa coprifuoco».
Un flop imbarazzante, consumato sotto gli occhi del primo cittadino.
L’assessore Daniele, a caldo, ha riconosciuto amaro: «Forcella è un pezzo di città che dobbiamo riconquistare, lo sappiamo bene. Stiamo provando a rompere la barriera di diffidenza e paura. Non ci fermeremo».
«ERANO A CASA DAVANTI ALLA TIVÙ». Saracinesche dei negozi abbassate fin dal pomeriggio, abitazioni e bar con le finestre e le porte sprangate, nei vicoli neanche un’anima viva: il papà di Annalisa Durante, la 14enne ammazzata nel 2014 in via Vicaria mentre era in corso una sparatoria fra i clan rivali di seconda generazione, ha provato a minimizzare assicurando che «no, le minacce dei guaglioni non c’entrano» e che «la gente l’altra sera è rimasta a casa perché a quell’ora su Canale 5 trasmettevano Squadra Antimafia, una fiction ad alto impatto emotivo».
Bugia pietosa. Ma non gli ha creduto nessuno, neanche i negozianti di Forcella sovraesposti più di tutti alla “guerra” scatenata dai “nipotini” dei boss.
Un commerciante – anonimo «per necessità di sopravvivenza» –  ha accettato di discuterne con Lettera43.it.

 

  • Un’immagine del quartiere napoletano di Forcella. © GettyImages

 

DOMANDA. Come si vive a Forcella?
RISPOSTA. Come in un luogo sotto dominazione armata.
D. Addirittura?
R. L’altra sera i guaglioni ci avevano avvertito: «chiudete i negozi, restate in casa, lo diciamo per il vostro bene».
D. Neanche le mamme, che qui sono molto combattive contro la malavita, hanno disubbidito al diktat.
R. Hanno detto che stavolta non ne valeva la pena: a che serve rischiare la pelle per partecipare a uno spettacolo teatrale?
D. Lei ha paura?
R. Ogni giorno. Da quando apro il negozio fino alla sera quando chiudo e scappo via.
D. A che ora chiude?
R. Alle sei del pomeriggio.
D. Non è troppo presto?
R. Dipende.
D. È una sua scelta?
R. È un consiglio ricevuto.
D. Perché l’altra sera i guaglioni hanno intimato il coprifuoco?
R. Non hanno gradito il testo dei volantini che annunciavano lo spettacolo. Hanno detto: «Sono contro di noi. Se stasera ci andate, anche voi sarete contro di noi».
D. Vi hanno minacciato?
R. La minaccia dei guaglioni non è mai esplicita. Né diretta.
D. Come avviene?
R. Sotto forma di consiglio: «Ma non è meglio se…?». Oppure c’è chi riporta una voce, chi sussurra di averlo sentito dire, chi assicura che un amico gli ha confidato che…
D. Lei paga il pizzo?
R. C’è chi lo paga due volte, perché due sono le fazioni in lotta.
D. Ma lei lo paga o no?
R. Si paga due volte.
D. Come nel film di Luciano De Crescenzo Così parlò Bellavista?
R. Bravo, hai capito.
D. Col doppio pizzo da pagare, come si fa a far tornare i conti?
R. Non si fa. In tanti stanno chiudendo bottega.
D. Colpa della crisi?
R. No.
D. Chi decide il prezzo dei prodotti che lei vende in negozio?
R. Il mercato.
D. Chi è il mercato, qui a Forcella?
R. Chi è in grado di decidere i prezzi.
D. Nel suo negozio è libero di vendere i prodotti che vuole?
R. E tu? Sei libero di scrivere sempre quello che vuoi?
D. È la prima volta che una manifestazione anti-clan si rivela un flop per assenza di partecipanti?
R. No. Il 4 settembre, alla presentazione di un libro su Annalisa Durante, il suo papà e gli abitanti di Forcella disertarono in massa.
D. Allora è un vizio, il vostro.
R. Non serve scandalizzarsi: se qui prevale la paura, la colpa è dello Stato che viene a fare teatro invece che le cose serie.
D. Il teatro non è cosa seria?
R. Solo se e dopo che lo Stato, se ne è capace, abbia disarmato per sempre i vecchi e i nuovi camorristi.
D. L’antico teatro Trianon, di proprietà regionale, è chiuso da tempo: un bene o un male?
R. Un male, ma ci vuole ben altro che il Trianon per restituirci un po’ di serenità.
D. Bastano mille uomini dell’esercito per tranquillizzare Napoli?
R. Per vincere la camorra di oggi ce ne vogliono molti di più.
D. La verità è che anche a Forcella siete in balìa dei delinquenti che hanno imposto leggi, regole, premi e castighi.
R. È vero, ma è facile criticare se non si è costretti ogni sera a tornare a casa sfiorando i muri per paura delle pallottole.
D. Via Tribunali, piazza Calenda, via sant’Agostino della Zecca: c’è chi ha redatto perfino una mappa delle strade più pericolose del rione.
R. Appunto, è come un bollettino di guerra. C’è chi sceglie percorsi tortuosi per arrivare a casa, sperando nella fortuna. Ma si sa che evitare il rischio delle pallottole è impossibile.
D. Eppure dicono che a Forcella, mamme combattive a parte, non avete alcuna voglia di ribellarvi ai nuovi boss.
R. La gente di Forcella ha esposto lenzuola bianche ai balconi per segnalare lo stato di abbandono del rione, ma non ha ricevuto risposta.
D. E poi?
R. Abbiamo diffuso migliaia di volantini in cinque lingue per far sapere anche ai turisti che invadono il centro antico quanto le istituzioni ignorano le nostre grida di aiuto: ma è tutto inutile.
D. Fernanda Tuccillo, preside della scuola Ristori, ha denunciato le assenze degli alunni a scuola per colpa del coprifuoco.
R. È da mesi che i bambini non frequentano più come prima neanche il catechismo. Né vanno agli allenamenti di basket o a mangiare un gelato, né giocano più in strada.
D. Come sono le vostre serate?
R. Come quelle in una zona di guerra: all’imbrunire, tutti in casa davanti alla tivù. Con le finestre chiuse, per paura dei proiettili vaganti.
D. Insomma, alle sei di sera “togliete il disturbo” in massa così che in strada la malavita sia libera di consumare i suoi traffici.
R. Polvere siamo… Lo sa che Forcella fornisce cocaina a tutta la Napoli bene?
D. Quale ruolo concreto stanno svolgendo le mamme nella lotta ai clan?
R. Alcune si stanno rifiutando, per esempio, di calare il paniere da casa per aiutare i guaglioni a nascondere la droga. Altre non accettano più di nascondere la roba nei carrozzini per neonati.
D. È davvero un fenomeno significativo?
R. Nella nostra cultura dei vicoli la figura della mamma è sacra per tutti.
D. E allora?
R. Sembra incredibile, ma la ribellione di chi ci ha messo al mondo mette in crisi molti giovanissimi criminali abituati allo zabaione col caffellatte, allo scappellotto bonario, alla camicia ben stirata nel cassetto.