Noi siamo la guerra, noi siamo la pace

Scritto da: Davide Mantovani
Fonte:  http://www.primapaginadiyvs.it/noi-siamo-la-guerra-noi-siamo-la-pace/

monk-458491_640In questi giorni neri, in cui il terrore è entrato ancora una volte nelle nostre case, pare che nessuno taccia di fronte a questa peste.

Il terrore viene spezzettato, valutato, analizzato da esperti, che diverranno poi suggeritori della moltitudine di persone che esprimono pubblicamente opinioni personali. Passiamo molto tempo a riempirci la bocca di cose che altri hanno detto, quasi sempre per essere a nostra volta riconosciuti, esattamente come fanno i leader che ci siamo scelti.

L’arroganza con cui andiamo per il mondo è davanti a noi, come fosse uno scranno di pietra che ci ricorda quanto siamo siamo vuoti dentro, tanto da aver bisogno dei pensieri e delle parole di altri per sapere cosa fare della nostra vita.

Così, vedo inneggiare all’odio verso l’altro, ascolto parole dette o scritte da persone che cercano popolarità, uomini e donne interessati a se stessi, non a risolvere il problema di cui parlano.

Vedo moltitudini di ipocriti che parlano di pace, ma che vivono con arroganza verso il prossimo, persone che analizzano scacchieri mondiali, e magari odiano il vicino di pianerottolo per via di un parcheggio.

Abbiamo la televisione, internet e per fortuna ancora i libri con cui poter studiare le ragioni storiche dei fatti che stiamo vivendo. Il colonialismo europeo non è un segreto, ne lo lo sono più in generale le azioni politiche occidentali dalla fine della seconda guerra mondiale per accaparrarsi risorse preziose come gas e petrolio.

La scienza ha fatto grandi progressi, possiamo connetterci in pochi istanti da un capo all’altro del pianeta, abbiamo mezzi di trasporto potenti, aeroplani, navi, tecnologie sempre più avanzate in ogni campo della vita.

Eppure, leggendo un libro di storia, potremmo accorgerci di un fatto fondamentale di cui nessuno parla mai. Migliaia di anni di questa cosiddetta civiltà e nulla è cambiato. Siamo sempre quelli di ieri, violenti, aggressivi, competitivi, avidi, spietati.

Costruiamo ancora ghetti da cui fioriscono paura e intolleranza, intraprendiamo guerre per prendere possesso di cose, siamo incoerenti, schiavi di noi stessi e del nostro stile di vita. Noi siamo tutto questo, e la società mondiale in cui viviamo è il riflesso di ciò che siamo. Una società che genera disparità, basata sulla competizione che si traduce inevitabilmente in odio.

Ma nonostante l’evidenza, ancora non la vogliamo fare finita con questa follia, ancora ci facciamo guidare da leader politici che proteggono questo sistema spietato, che ci dicono come pensare, come mangiare, e a cosa credere. Siamo schiavi di un sistema creato da noi stessi, dalla nostra brama di potere personale, dalla nostra ignoranza.

Solo una cosa può quindi vincere il terrore, finirla con questo modello sociale che crea ghetti razziali, che giustifica la guerra e la competitività. Certo è difficile pensare a qualcosa di nuovo, significherebbe lasciare da parte migliaia di anni di condizionamento, ma servono scelte radicali.

Cambiare significa imparare ogni giorno a vivere in modo diverso, e anche se c’è chi si ostina a voler restare su questo barcone che fa acqua da tutte le parti, non si dica che è impossibile.

Ogni cambiamento esterno della società dettato da una qualsiasi ideologia continuerà a produrre odio e guerre, lo dice la nostra storia, mentre la vera rivoluzione da iniziare è dentro di noi.

Siamo disposti a dare noi stessi per cambiare questa società?

 

Troppi antibiotici in Europa: Italia ai primi posti

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/antibiotici-europa-italia.php

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Nonostante gli appelli e le campagne, il consumo di antibiotici inEuropa non cala, e anzi in alcuni paesi continua a salire

Nonostante gli appelli e le campagne, il consumo di antibiotici in Europa non cala, e anzi in alcuni paesi continua a salire. È quanto rivelano i dati presentati oggi a Bruxelles dall’European Center for Diseaeses Control and Prevention (Ecdc) in occasione della giornata europea per l’attenzione agli antibiotici, che vedono l’Italia ai primi posti per consumi soprattutto fuori dagli ospedali.

Secondo il rapporto, basato sui dati della sorveglianza Esac-net dell’Unione Europea, il dato medio Ue di consumo fuori dagli ospedali per il 2014 è 21,6 dosi al giorno ogni mille abitanti, e varia dalle 10,6 dell’Olanda alle 34,6 della Grecia.

L’Italia, con 27,8 dosi, è al quinto posto,dietro a Francia, Romania e Belgio. Il dato medio è sostanzialmente stabile, con la Gran Bretagna che ha mostrato un aumento del consumo bilanciato da diminuzioni a Cipro e in Svezia.

“Come negli anni precedenti – scrivono gli esperti dell’Ecdc – le penicilline sono l’antibiotico più utilizzato in tutti i paesi, anche se la proporzione fra i vari gruppi di antibiotici varia molto. Ad esempio le cefalosporine sono lo 0,2% degli antibiotici usati in Danimarca ma il 21% in Slovacchia”.

L’abuso di antibiotici desta molte preoccupazioni, considerato il grave pericolo che questo può rappresentare per la salute pubblica. Proprio dall’uso eccessivo degli antibiotici hanno origine infatti i superbatteri resistenti ai farmaci. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha intervistato circa 10mila persone provenienti da 12 paesi. Dai risultati è emerso che il 64 per cento degli intervistati ritiene erroneamente che i farmaci a base di penicillina e altri antibiotici possano curare raffreddori e influenza, nonostante questi farmaci non abbiano alcun impatto sul virus.

Inoltre, circa un terzo delle persone ritiene erroneamente di dover interrompere l’assunzione degli antibiotici quando si sente meglio, anziché completare il ciclo di trattamento prescritto.

JOHN McCAINE, IL GRANDE REGISTA DEL NUOVO TERRORISMO ISIS

Scritto da: Andrea Cinquegrani
Fonte: http://www.lavocedellevoci.it/?p=3792

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La regia di John McCain, l’ex candidato alla Casa Bianca, il “duro” ed ex militare super stellato Usa, oggi eminenza “grigia” al Dipartimento di Stato a stelle e strisce, dietro alle strategie del terrore – e di sangue – targate Isis. Un sospetto che, man mano, si fa sempre più concreto.

Da diversi giorni 20 pagine quotidiane dedicate da Repubblica, Corsera & media al massacro di Parigi. No stop televisive intervallate da fiction & consigli per gli acquisti. Ma la ventunesima pagina, almeno per un sol giorno, non sarebbe il caso di dedicarla al “dietro le quinte”? Cinque minuti via tivvù non varrebbe la pena di pensarli per un approfondimento sulle reali responsabilità e la effettiva regia di questo “Islam” impazzito, come lo definisce il ministro degli esteri Usa John Kerry? Perché dietro quella follia sanguinaria esiste una scientifica strategia (e regia) politica, militare e, soprattutto, economica.

Vediamo alcune tappe salienti in questa escalation del terrore. E partiamo da una data relativamente fresca, due anni e mezzo fa, per ricostruire alcuni tasselli del puzzle. Idleb, nord della Siria, 27 maggio 2013. Mister McCain è in missione segreta, niente trapela infatti dal suo staff, né dal suo portavoce a Washington, Brian Rogers. L’ex senatore dell’Arizona è lì per incontrare alcuni capi dell’opposizione armata al governo di Bashar al Assad: ad organizzare il summit una sigla, al solito, dal nome evocativo, “Syrian Emergency Task Force”, ufficialmente “palestinese”, in realtà gemmazione di Aipac, una potente lobby sionista yankee. E’ l’occasione – quell’incontro di Idleb – per tenere a battesimo l’operazione “Nido dei calabroni”: ossia l’arruolamento organico di nuove leve pro Isis, un esercito di circa 12 mila unità, preaddestrate in Turchia e in Libia. Una foto “storica” ritrae quattro quattro amici al bar in compagnia del plenipotenizario Usa, e non si tratta di reclute di West Point: Mohammad Nour e Abu Mosa, rispettivamente il portavoce del fronte terrorista Al-Nosra (la ramificazione siriana di Al Queida) e il portavoce della stessa Isis; Salem Idriss, a capo dell’esercito per la Siria libera (sic) e Ibrahim Al-Badri, detto anche Abu Du’a, ma soprattutto noto agli 007 che gli danno la caccia come Abu Bakr Al-Baghdadi (il suo nome è in cima alla short list dei terroristi più ricercati al mondo e sulla testa una taglia da 10 milioni di dollari).

Prigionieri a Guantanamo

Così descrive quel meeting il Wall Street Italia del 14 settembre 2014: “Un mese prima di ricevere il senatore McCain, Al-Baghdadi aveva creato lo Stato islamico in Irak e nel Levante, sempre facendo parte dell’esercito siriano libero. Aveva rivendicato l’attacco alle prigioni di Taj e Abou Graib in Irak, da cui aveva fatto evadere centinaia di jihadisti che avevano integrato le fila della sua organizzazione. L’attacco era coordinato con altre operazioni quasi simili in diversi paesi. I fuggiti andavano a raggiungere organizzazioni combattenti in Siria”. E viene aggiunto: “Lo scopo perseguito da McCain (senza alcun mandato peraltro della Casa Bianca di Barack Obama, che subiì l’iniziativa senza saperne nulla) era quello di dividere l’Irak in diverse parti per meglio sfruttare le risorse energetiche. In passato gli americani non ci sono riusciti, malgrado avessero tolto di mezzo Saddam Hussein. Oggi ci riprovano con l’aiuto dello Stato islamico”. Proseguiva ancora l’analisi di Wall Street Italia di settembre 2014. “L’operazione è preparata da tempo, prima ancora dell’incontro di McCain e Al-Baghdadi. Migliaia di jiadisti sono stati formati in Qatar e in Libia dopo la caduta di Gheddafi e lo Stato islamico ha ricevuto finanziamenti per quasi 3 milioni di dollari. Violando l’accordo di difesa con l’Irak, gli Stati Uniti non sono intervenuti e hanno lasciato che lo Stato islamico proseguisse la sua conquista territoriale e il massacro di oppositori interni e minoranze religiose. I bombardamenti americani non puntano a distruggere le postazioni militari dei jiadisti ma servono a fare in modo che ogni gruppo si mantenga nel territorio che gli compete. Si è trattato di bombardamenti simbolici”.

E sempre a settembre 2014, quindi oltre un anno fa, l’analista Thierry Meyssan, sulle colonne di Boulevard Voltaire, ricostruiva altre tappe precedenti, sempre targate McCain. “Il 4 febbraio 2011 – scrive – McCain presiedeva al Cairo una riunione Nato per lanciare la primavera araba. Poi il 22 febbraio era in Libano per organizzare il trasferimento di armi in Siria. Dopo aver lasciato il Libano, aveva ispezionato la frontiera siriana e individuato i villaggi che sarebbero serviti come base ai mercenari per la guerra che si stava preparando”. Alla riunione del Cairo, fra gli altri, partecipò anche Mahmoud Jibril, l’amico e poi nemico di Gheddafi (l’uomo che lo ha “venduto” ai servizi francesi, secondo alcune fonti), l’ex numero due del governo libico.

Da vent’anni “l’ambasciatore” McCain è in sella all’International Republican Institute, Iri per gli aficionados, l’agenzia intergovernativa che “elabora” strategie da mettere in campo negli scenari internazionali, da rendere possibilmente sempre più “bellicosi”. E’ l’uomo del Dipartimento che, proprio con la sua Iri, ha ideato, progettato e messo in campo le rivoluzioni arancioni in Ucraina e le primavere (sic) arabe dall’Egitto alla Tunisia, dalla Libia alla Siria: fini strategie per ribaltare governi, mettere su esecutivi fantoccio, controllare le risorse energetiche e non solo, far girare montagne di soldi con le ricostruzioni di quanto è stato (proprio dagli Usa) massacrato e distrutto, trovando il tempo di sventolare la bandiera della democrazia e il vessillo dell’export di libertà. Un fantastico mix! Il McDonald’s Cain di tutte le libertà frullate e servite alle mandrie di cittadini e al popolo bue…

E nel pedigree del compagno di merende siriane, Al-Baghdadi, figura anche una “istruttiva” detenzione, quella di Guantanamo, dove è stato prigioniero dal 2004 al 2009. Un periodo sufficiente per farlo riflettere, e per convertirlo, un po’ alla volta, al credo di un Islam targato Mossad: perchè – “geneticamente” modificato al punto giusto – una volta tornato in campo potesse diventare una pedina strategica per dar vita ad un gruppo capace di convogliare forze “lontano dai confini di Israele” e mettere sotto pressione il governo Assad. Del resto, sarà la stessa Hillary Clinton ad ammettere – nel corso di un’intervista – che “abbiamo fallito nel voler creare una guerriglia anti Assad credibile. Il fallimento dei nostri progetti ha portato allo scenario che stiamo vivendo in Iraq”.

DAGLI STATES AL BELGIO E A GLADIO

Arriviamo agli attentati di Parigi di oggi. E alla pista belga. Non pochi, nei servizi di intelligence, si chiedono: “Perchè la connection terroristica ora porta in Belgio? Per via del quartier generale della Nato a Bruxelles? Per quei vecchi trascorsi della base terroristica che tra gli anni ’70 e gli ’80 portavano all’Hyperion?”. Cerchiamo di decodificare, partendo da un fresco saggio – 14 settembre 2015 – firmato da Wayne Madsen dal significativo titolo: “Gladio è tornata in Europa?”. Eccone alcuni passaggi “caldi”.

“La recente sparatoria al Consolato americano di Istanbul da parte di due donne, secondo il governo turco membri di un gruppo terroristico di estrema sinistra, così come l’incidente sospetto sul treno ad alta velocità Thalys diretto a Parigi da Amsterdam, indicano come le operazioni false flag condotte dalla rete stay-behind della CIA dell’epoca della guerra fredda, conosciuta come Gladio, siano di nuovo pienamente operative”.

L'attentato a Parigi

Analizza, più in dettaglio, Madsen. “Il marocchino Ayoub El Khazzani è accusato di essere salito a Bruxelles sul treno diretto a Parigi con l’intenzione di sterminare i passeggeri. Si ritiene che El Khazzani, al pari degli altri numerosi presunti terroristi in Francia, abbia molto viaggiato all’estero prima di compiere l’atto terroristico. (…) Durante il mese di giugno di quest’anno, si ritiene che El Khazzani stesse combattendo al fianco dei guerriglieri dello Stato islamico in Siria, per poi spostarsi ad Antiochia, in Turchia, e a Tirana, in Albania. La sua storia è quasi uguale a quella di Nahidi Nemmouche, il franco-algerino ritenuto responsabile per l’attacco al Museo ebraico di Bruxelles. Precedentemente all’attacco di Bruxelles, Nemmouche avrebbe combattuto con le forze dello Stato islamico in Siria ed avrebbe trascorso del tempo in Inghilterra. (…) Dopo essere stato arrestato dalla polizia francese, ha dichiarato di aver trovato le armi in una macchina parcheggiata a Bruxelles e di averle rubate per poi venderle sul mercato nero a Marsiglia. (…) Anche Mohamed Merah, il franco-algerino che nel 2012 ha ucciso 7 persone nella regione di Tolosa, e Said e Cherif Kouachi, i fratelli franco algerini che hanno attaccato gli uffici di ‘Charlie Hebdo’ a gennaio, erano l’oggetto di ‘Fiches S’ e altri dossier delle forze dell’ordine raccolti dalle autorità francesi. Anche il franco-maliano-senegalese Amedy Coulibaly, che ha attaccato il supermarket ebraico Hyper-Cacher a Parigi, era persona nota alla polizia e all’intelligence francesi”. Così come Mohammed Atta – il super attentatore delle Torri Gemelle quell’11 settembre – era ben noto a Cia, Fbi e dintorni.

Ma venendo a Gladio, ecco cosa scrive Wayne Madsen due mesi fa: “La ricomparsa di Gladio sulla scena politica europea è la risposta alla crescente ostilità all’Unione Europea e all’austerità dettata dai banchieri centrali. Dopo l’incidente del treno Thalys a Bruxelles, il ministro degli interni francese Bernard Cazeneuve e il primo ministro, il socialista di destra Manuel Valls, stanno richiedendo controlli di tipo aeroportuale alle stazioni ferroviarie europee. Il fine è dare all’Unione Europea un maggior controllo politico e sociale sulle popolazioni del continente”. E dopo la tragedia di Parigi, Hollande vuol chiudere la Francia dentro i suoi confini.

Commenta ancora Madsen: “E’ da notare che l’avanzata di gruppi ‘anarchici’, precedentemente sconosciuti, stia avvenendo negli stessi Paesi in cui le operazioni di Gladio erano più ampie: Italia, Turchia e Grecia. L’Italia era il centro focale per l’organizzazione Gladio, la filiale italiana delle operazioni terroristiche paneuropee gestite dalla Cia. In Turchia Gladio era conosciuta come ‘Ergenekon’ e in Grecia come ‘Operazione Sheepskin’. Finchè Gladio sarà di nuovo attiva in Europa, i popoli del continente dovranno avere paura. Molta paura”.

E con Gladio tornano i fantasmi di “Hyperion” e del “Superclan”. Sigle italo francesi (quartier generale a Parigi, anni ’70) che hanno segnato la nostra epoca del terrorismo e delle stragi di Stato. Prima fucina che ha “costruito” in modo scientifico i rapporti tra certe Bierre pseudo rosse e le “istituzioni” già allora in fase di deviazione. Tra l’estremismo guerrigliero e i Servizi.

E in tanta bagarre terroristica, chissà perchè, proprio in queste settimane, dalle nostre parti tornano alla ribalta il caso Moro e il caso Cirillo (in attesa delle mirabolanti rivelazioni di don Raffaele Cutolo dal supercarcere di Parma, dopo trent’anni e passa di silenzio tombale). Si fa finalmente luce sugli anni bui? Sulle stragi di Stato anche a casa nostra? Dopo il ciclone di Mani Pulite, altri sipari che si alzano ad orologeria? Altri burattini, altri pupari per inaugurare nuove stagioni? Staremo a vedere.

Nel fotomontaggio di apertura, John McCain 

 

Putin: “Anche nel G20 i finanziatori dell’Isis”

Fonte: http://www.quotidiano.net/vladimir-putin-isis-1.1492422

La Bomba Atomica di Hitlel

Fonte: http://www.macrolibrarsi.it/libri/__bomba_atomica_di_hitler.php

 

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Autore: Joseph P. Farrell
Editore: Profondo Rosso Edizioni
Data pubblicazione: Gennaio 2005
Formato: Libro – Pag 209 – 17×24
Note: Illustrato con foto in bianco e nero

Era tedesca la bomba atomica sganciata su Hiroshima”, con queste parole Romano Mussolini, il figlio del Duce, ha rilanciato di recente il dibattito sul modo in cui è finita la Seconda Guerra Mondiale. E subito dopo “Il Corriere della Sera” ha pubblicato un significativo articolo dal titolo: “Hitler e l’atomica, un disegno riapre il giallo”. Dalla caduta del Muro di Berlino, infatti, inquietanti documenti nazisti, fino ad allora tenuti rigorosamente segreti, hanno cominciato ad uscire dagli archivi dell’ex Germania comunista: documenti del Terzo Reich che delineano un ben diverso finale per la Seconda Guerra Mondiale da quello generalmente conosciuto. La Germania di Hitler era infatti riuscita a costruire per prima l’arma atomica impiegando un team di valenti scienziati agli ordini diretti delle SS. Ma perchè allora la bomba atomica di Hitler non è stata usata ed è finita in mano agli americani, che l’hanno lanciata contro il Giappone? Questi ed altri sorprendenti retroscena vengono finalmente svelati in questo libro.

 

Desertificazione: come funziona il Vallerani System

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/09112015/desertificazione-funziona-il-vallerani-system/8242

 

metodo ValleraniSe ne è parlato molto durante Expo 2015 e merita una menzione anche sul nostro modesto blog il Vallerani System, un metodo utile per mitigare l’effetto dei cambiamenti climatici, intervenendo sulla desertificazione nei territori aridi e semi-aridi della Terra. E’ già stato applicato con successo in 13 paesi dell’Africa e dell’Asia (Burkina Faso, Ciad, Cina, Egitto, Giordania, Kenya, Marocco, Niger, Senegal, Siria, Sudan, Tunisia e Madagascar). Il coinvolgimento della popolazione locale nell’intero processo di coltivazione ha come effetti diretto la riduzione della fame e della povertà, dell’emigrazione e delle tensioni sociali.

Semplificando al massimo, questo sistema consente di:
* ottimizzare conservazione e utilizzo dell’acqua piovana
* riforestare le aree desertiche
* migliorare la qualità dei pascoli
* ampliare la produzione agricola

Il Vallerani System utilizza speciali aratri denominati Delfino³ che scava dei micro-bacini in cui l’acqua si raccoglie. Questo strumento sfrutta un movimento ondulatorio per scavare delle fosse a forma di semiluna lunghe 5 metri e profonde circa mezzo metro, distanziate di un paio di metri tra loro. In queste fosse si raccoglie l’acqua piovana (anche quando essa è molto scarsa), fino a 1500 litri.

In questi microbacini vengono seminate le piante autoctone, che poi vi germinano e crescono in base ai loro normali tempi di sviluppo. Grazie alla maggiore profondità che le radici delle piante riescono a raggiungere, diventano più forti e resistenti alle malattie, ai parassiti e ai cambiamenti climatici. Questa resilienza è superiore a quella delle piante coltivate in vivaio. Inoltre è anche superiore la capacità di autopropagarsi e la percentuale di germinabilità dei semi.

La terra torna ai nativi: la tribù Kashia vince

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/popoli_nativi/kashia_terra_california.html

Dopo 150 anni una grande proprietà terriera di 688 acri è tornata nelle mani dei proprietari originari, i nativi americani. In California il Trust for Public Land ha acquistato la proprietà dalla famiglia che l’aveva comprata nel 1925 e vi ha istituito la Kashia Coastal Reserve.

La tribù Kashia degli indiani Pomo era stata costretta a vivere in una piccola riserva poverissima d’acqua, mentre ora i nativi potranno tornare a godere delle terre dove i loro antenati cacciavano, pescavano e vivevano. La famiglia di Bill Richardson aveva comprato la proprietà, di 688 acri, nel 1925, che vedeva incluse foreste di abeti rossi e bellissime cascate. Di recente, dopo cinque anni di raccolta fondi, il The Trust for Public Land,  un insieme di gruppi e fondazioni private, ha riacquistato la proprietà e l’ha trasformata nella Kashia Coastal Reserve, restituendone la proprietà alla tribù. L’amministrazione della contea di Sonoma ha contribuito con 2 milioni di dollari, mentre altri 6 milioni sono stati raccolti da gruppi differenti. Verrà anche esteso il sistema di sentieristica sulla costa.La tribù si farà carico di gestire la terra come ambiente aperto e protetto e verrà realizzata una sorta di foresta “dimostrativa”, ossia foresta vera e propria ma che verrà utilizzata per educare e informare la popolazione sulla storia e le pratiche dei nativi americani di quell’area geografica.

Gli indiani Pomo hanno immediato uso dell’intera estensione dei terreni e l’ultimo discendente dei Richardson potrà vivere lì i suoi ultimi giorni fino alla morte, verrà seppellito su una collina poco distante.

Clima che cambia: di questo passo perderemo gli orsi polari e saremo invasi dalle zanzare

Fonte: http://www.improntaecologica.it/

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Guai in vista per gli animali che vivono al freddo perché, secondo quanto scritto in un nuovo report del WWF dal titolo Biodiversità e cambiamenti climatici, l’aumento della temperatura terrestre sta avendo ripercussioni che mettono a serio rischio la loro sopravvivenza.
E se potrebbero presto scomparire animali come il leopardo delle nevi, l’orso polare e lo stambecco, vero è che al loro posto potrebbero subentrare (e abbondare) zanzare, meduse e parassiti tipo il punteruolo rosso (il killer delle palme) e le zecche proprio perché a queste creature il caldo piace davvero.
Lo scenario disegnato dall’aumento delle temperature potrebbe dunque consegnarci – si legge nel rapporto – un Pianeta invaso da specie adattabili e invasive.
Per fuggire al riscaldamento del Pianeta diverse specie di animali e piante (all’incirca l’84% di quelle che vivono in ambienti aridi) già ora stanno spostando i loro areali di distribuzione.
Purtroppo, però, per le specie d’alta quota non esistono vie di fuga, così che proprio la riduzione dei ghiacciai e dei periodi di innevamento sta minacciando molte di queste specie alpine.
Dal canto loro anche gli oceani rappresentano un altro ecosistema ad alto rischio: l’aumento di anidride carbonica delle acque, infatti, unito all’aumento delle temperature, produce una vera e propria acidificazione che sta inevitabilmente infliggendo molteplici danni, in primis alla barriera corallina che potrebbe scomparire entro il 2050 se questo trend dovesse perdurare.

INFLAZIONE E PETROLIO: LEGGENDE METROPOLITANE CERCANSI!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2015/11/11/inflazione-e-petrolio-leggende-metropolitane-cercansi/

Negli ultimi tempi i governatori della banche centrali hanno raccontato alcune barzellette ai mercati…

L’alto grado di correlazione tra inflazione e prezzo del petrolio rende difficile il compito della Banca Centrale Europea di raggiungere nel medio termine un tasso di inflazione inferiore ma vicino all’obiettivo del 2%

Più volte Draghi ha usato i prezzi del petrolio come giustificazione per il calo dell’inflazione, più volte Mario Draghi ha detto che il calo dei prezzi del petrolio avrebbero rilanciato i consumi e l’economia.

La barzellette del secolo lo scorso anno era questa…

«Inflazione bassa influenzata dalla Pasqua alta»
Draghi non vede rischi futuri di deflazione e ha sottolineato che il dato di inflazione basso a marzo (0,5% nell’Eurozona) è stato influenzato anche dalla Pasqua alta. «Quest’anno Pasqua cade molto più tardi» che nel 2013 e siccome «intorno a Pasqua la spesa per i servizi sale» questo spiega perche «il dato marzo sull’inflazione è stato più basso e quello di aprile sarà più alto».

Fed: Yellen, inflazione tenuta bassa da effetti transitori come petrolio etc etc etc!

BALLE! L’inflazione è tenuta bassa dalla dinamica della DEFLAZIONE DA DEBITI la deflazione è tenuta bassa dalla DEFLAZIONE SALARIALE, è tenuta bassa dal crollo delle materie prime ovviamente ma soprattutto dalla frenata dell’economia mondiale, chiaro il concetto?

Diamo un’occhiata ai prezzi all’importazione usciti ieri in America, EX OIL, ovvero escludendo il calo dei prezzi del petrolio…

Thanks to ZEROHEDGE

Prezzi importazione Usa -0,5% a ottobre, -10,5% su base annuale

I prezzi all’importazione negli Stati Uniti sono calati in ottobre per il quarto mese consecutivo, segno che il dollaro forte, i bassi prezzi del petrolio e una crescita ancora debole all’estero generano pressioni al ribasso sull’inflazione. Stando a quanto reso noto dal dipartimento del Lavoro americano, i prezzi all’importazione sono scesi dello 0,5%. Gli analisti attendevano un ribasso dello 0,1%. Su base annuale, i prezzi sono in calo del 10,5% rispetto a ottobre 2014. Il dato annuale è in calo da 15 mesi di fila. America24

Non è solo un problema di prezzi del petrolio e delle materie prime, le dinamiche deflattive in atto sono tante e non facilmente controllabili. Aspettate che il dollaro raggiunga la parità e vedrete cosa accadrà all’inflazione.

L’America sta IMPORTANDO deflazione!

Per il resto non avevamo alcun dubbio…

T-Bond: domanda solida per l’asta di titoli a 10 anni. Agli acquirenti indiretti, associati alla domanda dall’estero, è andato il 60,5% dell’asta, sopra la media pari a 59% delle ultime quattro aste. A quelli indiretti, riflesso della domanda interna agli Usa, è andato il 14%, massimi di sei mesi. E’ il segno di come gli investitori vedono valore nel decennale dopo la recente corsa dei rendimenti.