In Olanda i treni diventano biblioteche

Fonte: http://siviaggia.it/bellastoria/in-olanda-i-treni-diventano-biblioteche/154364/

Scaffali pieni di libri, tavolini e lampade da lettura: il vagone per veri bibliofili

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Sui treni olandesi arriva il vagone biblioteca. Un luogo dove al posto delle cappelliere sono stati sistemati alcuni scaffali contenenti centinaia di libri. Lo scrive Italianradio.eu che racconta come la NS, la compagnia ferroviaria dell’Olanda, abbia deciso di spingersi verso una nuova e rivoluzionaria esperienza di viaggio per i propri clienti.

La biblioteca viene allestita nella parte superiore di alcuni treni Intercity che viaggiamo in tutto il Paese, con alcuni vani appositamente progettati per godersi la lettura di un buon libro durante un viaggio in treno.

Il viaggiatore è anche invitato a lasciare un proprio libro in eredità alla biblioteca del treno, così da aumentare il catalogo e soddisfare il maggior numero possibile di viaggiatori.

“Con il vagone biblioteca”, hanno spiegato le ferrovie olandesi “vogliamo offrire la migliore esperienza di viaggio mettendo in pratica le nostre convinzioni: il treno è il posto migliore dove leggere”.

Duomo di Milano

Fonte: https://giardinodellefate.wordpress.com/luoghi-magici/duomo-di-milano/

Augusta Flavia Mediolanum… Milano. Anch’essa nasconde molti segreti. Segreti antichi, di cui si è persa memoria. Storie di fantasmi, mostri e diavoli… misteri entrati ormai nella dimensione del leggendario, del mito, ma che nascondono un fondo di realtà storica. Una verità cancellata dai ricordi delle persone, ma che rimane presente, come un ombra… di cui si teme la presenza.
Questo perché, da sempre, l’umanità teme ciò che non conosce, mentre invece, solo facendo luce su tali misteri potrà sconfiggere quest’arcana paura… Proviamo ad immaginare per un momento l’attuale piazza Duomo, a Milano, come una zona boschiva, piena di vegetazione e ricca di acque che vi scorrono tintinnanti…
Una bella sensazione, ma forse impossibile da provare, storditi come si è oggi dai rumori dei veicoli, dalla moltitudine di persone che sempre la affollano, dal cemento che progressivamente è sorto al posto degli alberi e dei corsi d’acqua, che sono stati interrati. In effetti, per vedere una Milano del genere descritto, ci dovremmo spostare di svariati millenni indietro nel tempo.
Solo durante la costruzione della rete metropolitana ci si accorse che, sotto l’attuale sagrato della cattedrale, giacevano i resti di ciò che c’era prima che il Duomo sorgesse, testimonianze mute di un passato che tornava a farsi “vivo”…

❈ Milano, Luogo Sacro Celtico ❈

La leggenda narra che il popolo celtico, alla guida del re Belloveso, sia giunto nella pianura padana seguendo una scrofa semilanuta. Presso i Celti il cinghiale era un animale sacro, se poi era bianco diventava simbolo divino, e con esso era altrettanto sacro il maiale selvatico, spesso confuso con il cinghiale.
La scrofa semilanuta era il simbolo del sacerdozio: in quanto femmina e portatrice di vita, simboleggiava proprio il massimo del buon auspicio per una migrazione come quella che il re Belloveso si era accinto a compiere. Anche le Alpi, nella tradizione celtica, avevano un significato mistico, quello del rituale iniziatico per raggiungere “l’altro mondo”.
È quindi facile supporre che il gruppo celtico che seguì il re nella traversata dell’arco alpino, fosse costituito da coloro che erano considerati gli “eletti”, gli iniziati di questo popolo alla ricerca di un nuovo “mondo”. Il popolo celtico era molto legato alle tradizioni della natura ed i suoi Druidi vivevano in armonia con essa, a contatto con il mistero della Grande Madre: loro era il compito di decifrare i segni che la Madre porgeva loro, e grande era la loro ricerca dei luoghi in cui le forze della Madre agivano.
Queste forze sono particolarmente attive presso le sorgenti d’acqua.
Quando il Re Belloveso ed i suoi seguaci giunsero al centro della pianura padana seguendo la scrofa, egli la vide abbeverarsi al centro di una radura, ad una sorgente, quindi tutta la cornice del luogo era favorevole, in quanto la pianura padana a quel tempo era coperta di foreste, e la Selva per i Celti era un luogo animato che offriva riparo alla selvaggina, ed in più offriva riparo da presenze misteriose ed arcane, gli spiriti maligni, senza contare che gli stessi alberi erano ad essi sacri.
La sorgente divenne così luogo di culto, e sorse tutto intorno una città, Mediolanium. Tale nome fu scelto per via del manto della scrofa, che per metà era ricoperto di lana. Da qui, il nome Mediulanum, cioè Medio-lanae: mezza-lana.
Una stele con l’effige di un cinghiale semilanuto esiste tutt’oggi, e la sorgente presso la quale gli antichi Celti avevano avuto il loro luogo di massimo culto, in quanto crocevia di forze naturali notevoli, è ancora oggi un luogo di culto molto importante: il Duomo di Milano.Quando infatti i nostri antenati cercavano un luogo in cui fa sorgere un qualcosa di grandioso, non sceglievano il luogo a caso. Con il pretesto dell’evangelizzazione essi sostituivano o sovrapponevano i loro altari a quelli già esistenti, proprio per acquisire i poteri magici legati alla positività di quel luogo particolare.
L’area del Duomo è sempre stata sacra ai Druidi, infatti, grazie alle loro affinità con la natura erano maestri nell’identificare queste zone di forza. Gli Insubri, la tribù celtica che si trasferì nella pianura padana, non aveva templi come quelli che siamo abituati a considerare tali. Quando poi furono conquistati dall’esercito romano “scomparvero”, e sui loro luoghi sacri venero eretti templi romani dedicati a Minerva.
L’assurgere poi della nuova religione cristiana spazzò via anche questo, per gettare le fondamenta del Duomo. Pare che nei suoi sotterranei, ora chiusi al pubblico, vi siano ancora i resti di quelli che furono i primitivi insediamenti con quelle che sono state considerate “Madonne nere”, statue antiche della Grande Madre a cui è stata “tagliata” la pancia e messo in braccio un bimbo.

Si dice che sotto il Duomo ci sia un laghetto, il quale era adorato dai Celti, dacché il popolo Celtico credeva nella Dea Belisama, che peraltro viene ricordata dalla Madonnina sulla punta del Duomo, e che era considerata Dea dell’Acqua, cioè Dea della vita, infatti l’acqua era sinonimo di ricchezza vitale.
Questa Dea venne raffigurata come una scrofa pelosa (la scrofa semi-lanuta della leggenda), ed aveva una duplice funzionalità: quella lunare, che ricordava la femminilità, la madre, e quella solare, che ricordava il territorio, un tempo ricco di boschi. Da qui tutto cominciò, i Celti edificarono un tempio o “cromlech”, cioè grandi cerchi formati dai menhir (pietre erette verticalmente) e dai dolmen (camere megalitiche); dopo questi templi Pagani, arrivarono altri templi costruiti dai Romani e successivamente diverse chiese Cristiane che, una sull’altra, diedero vita, dopo molti anni, al Duomo di Milano.

☆ Duomo di Milano: una Cattedrale Alchemica ☆

Come sappiamo esistevano canoni ben precisi per la costruzione di edifici gotici molto particolari, come possono essere le cattedrali. Il Duomo di Milano sorge in un luogo di “nodo energetico” di magia positiva molto potente.La costruzione di questo edificio pare abbia visto l’applicazione di quelle che erano le conoscenze di segreti costruttivi e semiologici anche da parte delle popolazioni orientali, venute a contatto con le nostre durante il periodo delle crociate. Anche le svettanti guglie sarebbero funzionali non soltanto per l’elevazione dell’anima del fedele verso il divino, ma anche alla regolazione dei movimenti tellurici impercettibili all’essere umano, provenienti dal centro della terra.
Si tratta di una tarda espressione dell’arte gotica, una simmetria di ispirazione germanica comune anche alle altre cattedrali europee. Infatti, particolari numeri e figure geometriche come il triangolo e il quadrato, fanno parte del segreto dei costruttori di questa grande opera architettonica.
Nel Medioevo questo genere di conoscenze non era alla portata di tutti, e venivano trasmesse in modo perlopiù occulto e a carattere esoterico. Il privilegio della conoscenza era concesso soltanto dopo lunghi anni di apprendistato presso i Maestri, che poi tramandavano il loro sapere e le loro tecniche.
Queste conoscenze non erano soltanto di carattere statico, come il dare stabilità alle volte o la maniera migliore di scolpire il marmo, ma anche del significato di ogni simbolo e la posizione o il suo allineamento con altri. Maestoso e imponente, vero rompicapo anche per gli architetti contemporanei, il Duomo ha una lunghezza esterna di 157 metri ed un’area interna di 11.700 metri quadri. La guglia, con la statua dorata della “Madonnina”, è alta 109 metri.
La Fabbrica del Duomo ha visto l’alternarsi di numerosi Maestri italiani e stranieri, ciascuno di essi ha lasciato nella cattedrale il proprio sapere… quale crogiolo migliore di conoscenze un cantiere tanto grande e con un compito tanto “delicato”?
Secondo la tradizione il Duomo di Milano altro non sarebbe che un immenso trattato alchemico, la rappresentazione della metamorfosi del cambiamento da animale a uomo, dell’essere umano. Fra i suoi simboli e i suoi ermetici fronzoli pare sia celato il mistero della trasmutazione, il che per una cattedrale è una simbologia potentissima, anche per la fede cattolica che vede la trasmutazione dell’essere umano in qualcosa di molto più simile al divino come scopo dell’esistenza: l’anima nella sua celebrazione.
Su una vetrata del Duomo di Milano un’iscrizione riporta “Il latte del sole è nero”. QUESTA È LA FIRMA TANGIBILE CHE CHIUNQUE LO ABBIA COMMISSIONATO, ERA UN ALCHIMISTA. La luce che penetra dalle vetrate gotiche produce un’atmosfera di mistica solennità.
I pavimenti a scacchiera bianchi e neri ricordano la dualità del tutto, luce ed ombra…
I labirinti sono un simbolo che risale alle religioni più arcaiche, e tra le varie cose simboleggia il percorso dell’anima in questa vita, in varie vite, il progredire tra vie tortuose…
Parallela alla facciata rivolta ad Ovest, notiamo sul pavimento una sottile linea d’ottone estesa per tutta la larghezza dell’edificio. A Nord la linea sale lungo la parete, in verticale, e termina con un riquadro nel quale è raffigurato il segno zodiacale del Capricorno. Altri riquadri minori seguono la linea sul pavimento e nell’ultimo, a Sud, è raffigurato il segno del Cancro.
Ogni giorno, a mezzogiorno, un raggio di luce penetra dal soffitto e va a colpire la linea meridiana, indicando il periodo dell’anno in cui ci si trova. Il maggior risalto dato al segno zodiacale sulla parete a Nord è attribuibile alla sua sovrapposizione con il Natale Cristiano. Ma non possiamo dimenticare che il Capricorno è anche l’animale col quale viene raffigurato il Diavolo… i costruttori del Duomo volevano comunicarci qualcosa, ma cosa? Quali segreti nasconde questa simbologia?
In ogni cattedrale gotica sono presenti elementi architettonici e simboli d’origine templare ed orientale, ed è risaputo che l’idolo adorato dai templari era il Bafometto, una sorta di Demone cornuto, pertanto è facile supporre una similitudine tra il Bafometto ed il Capricorno del Duomo. Sulla facciata del secondo portale d’ingresso di sinistra, spicca una formella tra le tante, raffigurante un albero, precisamente una quercia, che i Druidi veneravano essendo simbolo di forza, coraggio, vigore e rinascita. La quercia incarnava il Dio Celtico Dagda (per i romani impersonava Giove).
La quercia è presente anche nel portone principale, infatti in mezzo all’apertura del portone vi è un albero che si dirama, dando origine a formelle raffiguranti sull’ala destra del portone la nascita di Gesù e, sull’ala sinistra, la sua morte (con tutta la Passione). Si notano benissimo sul fondo del portone le radici dell’albero, questa presunta quercia allunga i suoi rami fin tutta l’altezza del portone sorreggendo la Madonna, Gesù, la Trinità e tutta una schiera d’Angeli. Tale albero potrebbe essere anche la simbologia dell’Albero della Conoscenza (il famoso albero proibito dal quale mangiarono Adamo ed Eva).
All’interno del Duomo, oltretutto, si ha l’impressione di essere di fronte ad un’antica foresta di querce (le colonne gotiche); infatti, i Maestri Comancini che contribuirono alla realizzazione del progetto, ben conoscevano il valore che la tradizione Celtica attribuiva a tali piante.
Sempre sulla facciata del Duomo, possiamo inoltre notare varie figure di draghi e serpenti, presenti in Italia soltanto in questa cattedrale (queste figure emblematiche rappresentano simbolicamente l’energia che ci trasmette la terra sulla quale viviamo, ed il potere di trasformazione).
Un problema che ha assillato gli archeologi e gli storici per molti anni, è stato quello di capire dove i cittadini della Milano medievale abbiano preso il denaro sufficiente per la costruzione di questa imponente opera architettonica. Per un simile progetto, e questo vale per ogni cattedrale europea, ci sarebbe voluto molto più denaro di quanto effettivamente ne possedeva il comune. Eppure, eccolo qui, davanti a noi, con tutte e 135 le sue guglie e le sue 2245 statue. Per niente un’opera del caso, ma di una profonda meditazione filosofica e scientifica.
Probabilmente, il segreto delle cattedrali si cela dietro l’immagine di un famoso Ordine di Cavalieri, i Templari. Costituiti nel 1118 per difendere il santo sepolcro, la “Militia Christi”, ovvero i Cavalieri di Cristo, potrebbero aver appreso, nell’Oriente delle crociate, segreti, nozioni tecniche/architettoniche e formule alchemiche, prima sconosciute agli occidentali.
Non dobbiamo infatti dimenticare che l’Oriente dell’epoca delle crociate era molto più evoluto dell’Occidente. Già da secoli, ad esempio, in Cina si conosceva la polvere da sparo e, in Arabia, la matematica e le scienze filosofiche e fisiche avevano già compiuto passi da gigante. Ma c’è di più. I Templari potrebbero aver trovato molto più di quanto andavano cercando…

Mai sprecare una bella crisi: ecco cos’hanno in mente

“Draghi vuole un Nuovo Ordine Mondiale che i populisti ameranno odiare”: così “Bloomberg” all’indomani del Brexit. «Mai sprecare una bella crisi, e il Brexit lo è», scrive Maurizio Blondet: «I globalizzatori sono dunque all’attacco: mentre gli europeisti (che sembrano essere la cosca perdente) cercano di cavalcare la crisi per instaurare “più Europa”, Draghi e complici puntano al Nuovo Ordine Mondiale. Ciò sarà  venduto al pubblico come “necessario coordinamento fra le banche centrali”, in seguito ad un collasso finanziario globale che è stato già (deliberatamente?) innescato». Per “Bloomberg”, oggi le banche centrali sono ancora «governate da leggi concepite in patria, che richiedono loro di perseguire certi scopi, a volte espliciti, in genere legati all’inflazione e alla disoccupazione». Per di più, «devono rispondere ai legislatori nazionali, eletti». Il che è un guaio  per i banchieri globali, commenta Blondet sul suo blog. Ecco perché, ora, «gli obbiettivi a breve termine dovrebbero essere sostituiti dagli obbiettivi globali». E cioè: più recessione e più disoccupazione. «La crisi ci farà  cadere dalla padella dell’euro alla brace della moneta globale governata contro gli interessi dei popoli».

Brandon Smith, economista e blogger, sostiene che il Brexit sia stato un evento artificiale, per preparare deliberatamente il prossimo collasso, che indurrà tutti – media e i governi – a «implorare il governo unico mondiale». Idea non peregrina, Draghicontinua Blondet: come se l’uscita del Regno Unito dalla Ue sia stata voluta da Buckingham Palace «per posizionare la City come centrale globale di negoziazione dello yuan». La valuta cinese, infatti, «farà parte del paniere di monete che costituirà la moneta globale digitale, una volta tramontato il dollaro». Pechino s’è affrettata ad esprimere il proposito di collaborare, con la sua Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), con la Banca Mondiale? E’ la prova, per Smith, che «i cinesi non hanno mai avuto l’intenzione di fare di fare della Aiib un contro-Fmi», dato che «i cinesi lavorano con i globalizzatori, non contro di essi». Sta cambiando tutto. Anche per questo, oggi, Tony Blair viene scaricato come criminale di guerra 12 anni dopo l’Iraq. «Allo stesso modo, l’Unione Europea viene abbandonata come un  guscio vuoto». Persino Schaeuble dice: se alcuni Stati membri vogliono perseguire le loro politiche al di fuori delle istituzioni europee, che lo facciano pure. «Una Ue ridotta ad accordi fra governi, adesso gli va benissimo».

«Se il progetto è quello indicato da Bloomberg – salto nella globalizzazione totalitaria – si capisce anche l’imprevista pugnalata di Draghi al Montepaschi, a cui ha richiesto, ordinato,  di liberarsi di 10 miliardi di crediti inesigibili: certo con ciò ha precipitato il fallimento della banca (del Pd), e magari il collasso del sistema bancario italiano, il più fragile, e non può non averlo fatto apposta», scrive Blondet. «Con ciò ha decretato anche la disfatta di Matteo Renzi. Deliberatamente ha pugnalato alla schiena il giovine rottamatore, come già fece con il vecchio Berlusconi». Come Blair, Juncker e Schulz, «simili personaggi non servono più», se l’Ue si sbriciola in favore della globalizzazione definitiva. «Anche Matteo Renzi sarà dato in pasto alle folle inferocite, e ai suoi sicari di partito», con un’Italia precipitata «nel collasso del suo sistema bancario senza un governo funzionante, e magari –  il che è lo stesso –  con un governo grillino eletto a furor di popolo». “Mai sprecare una bella crisi”. Meglio aggravarla, piuttosto che alleviarla – così sospetta Brandon Smith. «Non a caso Soros continua a dire che sta per arrivare la catastrofe. Non a caso il Fondo Monetario e la Banca dei Regolamenti Internazionali hanno “lanciato l’allarme” prevedendo un crash colossale nel 2016». Previsioni di crisi difficilmente sballate, «perché sono loro che pongono le condizioni perché esplodano».

Il burro non fa (così) male: breve storia di un dietrofront

Scritto da: Giovanni De Benedictis
Fonte: https://oggiscienza.it/2016/07/07/burro-dieta-colosterolo-dietrofront/

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Consigliato, demonizzato o accettato in piccole dosi, le raccomandazioni sull’uso del burro nella nostra alimentazione sono cambiate negli ultimi cento anni. Crediti immagine: Public Domain

APPROFONDIMENTO – Quanto nuoce il burro alla salute? Una domanda alla quale da sempre seguono risposte contrastanti. Demonizzato per quasi mezzo secolo, negli ultimi anni sta avendo la sua rivincita grazie a una serie di studi che ne hanno rivalutato l’impatto sull’organismo.

Pubblicate su Plos One, le ultime conferme in tal senso giungono dalla statunitense Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University. Un’ampia ricerca ha infatti confermato che il consumo di burro è debolmente legato alla mortalità, mentre il legame con le malattie cardiovascolari è sostanzialmente nullo. Inoltre, si è persino riscontrato un leggero effetto protettivo nei confronti del diabete.

Risultati che è stato possibile ottenere analizzando i dati di nove differenti ricerche (una meta-analisi, quindi), con un totale di 636 151 soggetti coinvolti. Nel periodo preso in esame si sono registrati 28 271 decessi, 9783 casi di malattie cardiovascolari e 23 954 casi di insorgenza di diabete, al netto di 14 grammi di burro consumati al giorno (una quantità pari a un cucchiaio).

Le conclusioni alle quali si è giunti è che l’associazione tra consumo di burro e mortalità totale è debole, mentre quella con qualsiasi tipo di malattia cardiovascolare è insignificante. Quanto al rapporto con il diabete, l’effetto protettivo – tutto da investigare – potrebbe derivare dai grassi del latte.

Il burro si configura quindi come un’opzione neutra rispetto ad alcune indubbiamente nocive (margarina in primis) e ad altre più salutari (come l’olio extravergine d’oliva).

Di recente altri studi avevano ribaltato l’immagine negativa del burro. Basti pensare al clamoroso dietrofront compiuto dalla celebre rivista Time: se nel 1961 la copertina venne dedicata al famoso biologo e fisiologo Ancel Keys (convinto sostenitore della pericolosità dei grassi saturi), nel 2014 campeggiava invece la scritta “Mangiate burro”, con tanto di sottotitolo: “Gli scienziati avevano bollato il grasso come nemico. Ecco perché si sbagliavano”.

Cos’è avvenuto quindi in questi cinquant’anni? Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso il burro veniva pubblicizzato in America come un alimento protettivo per donne e bambini. In seguito, negli anni Sessanta, la svolta. La American Heart Association consigliò di tagliare l’assunzione di grassi saturi perché ritenuti collegati a malattie cardiache. Una decisione seguita vent’anni più tardi dal Dipartimento dell’Agricoltura statunitense, che diffuse le linee guida dietetiche che indicavano di ridurre anche grassi totali e colesterolo.

Bisogna attendere il ventunesimo secolo per scoprire che i veri problemi per la salute non dipendono direttamente dal burro, bensì dai carboidrati: sono questi che fanno aumentare i livelli di glucosio e – conseguentemente – di insulina. È questa che impedisce all’organismo di intaccare le risorse di grasso, portandolo a convertire gli zuccheri in trigliceridi, i quali depositano colesterolo nelle arterie, intasandole.

Basato su ben 70 indagini, un meta-studio canadese pubblicato nel 2015 sul British Medical Journal aveva ribadito quanto fosse dannosa la margarina rispetto al burro: la prima (costituita da grassi trans di origine vegetale) è risultata associata alle cause di mortalità totale, a patologie cardiovascolari e coronariche, oltre che al diabete di tipo 2. Il burro (grassi saturi) invece no.

Uno studio simile del 2010 – presentato sull’American Journal of Clinical Nutrition – era giunto ad analoghe conclusioni dopo aver saggiato le abitudini alimentari di quasi 350 000 americani. Risultati, questi, che si collocano sulla scia di un’altra meta-analisi diffusa su Annals of Internal Medicine nel 2014.

Tirando le somme, il burro appare un alimento decisamente più salutare di quanto è stato detto per decenni. Non va dimenticato che contiene le vitamine liposolubili A, E, D e K, oltre all’acido linoleico coniugato, che abbassa i livelli di colesterolo (anche di quello ‘buono’, però) e che nelle donne sembra riduca il rischio di contrarre il tumore al colon e alla mammella.
Resta comunque preferibile – qualora sia possibile – sostituirlo con l’olio extravergine d’oliva.

Ancel Keys avrà anche commesso degli errori dovuti ai limiti della scienza dei suoi tempi, ma su una cosa aveva indubbiamente ragione: la dieta mediterranea resta un punto di riferimento imprescindibile.

Omaggi ai medici e prescrizioni di farmaci: studio rileva il legame

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/omaggi-medici-farmaci.php

medici farmaci

Pasti, feste, regali. Gli ‘omaggi’ delle case farmaceutiche incentivano i medici a prescrivere i farmaci commercializzati da quelle aziende, a svantaggio dei generici.

A confermarlo è un’indagine condotta dai ricercatori dell’Università della California, San Francisco, pubblicata sulla rivista “Jama” che evidenzia la relazione tra pranzi offerti ai medici dalle case farmaceutiche e la prescrizione di costose specialità di marca.

Gli studiosi hanno osservato il comportamento di 280 mila cardiologi di fronte a quattro farmaci – rosuvastatina, nebivololo, olmesartan e desvenlafaxina, ossia una statina, un betabloccante, un Ace inibitore e un antidepressivo – presenti sul mercato sia come generici sia come specialità di marca. È così emersa una relazione tra i benefici ricevuti dai medici e la scelta del farmaco di marca.

Dall’indagine è emerso che 60 mila hanno ricevuto “qualcosa” dall’azienda produttrice, nel 95 per cento dei casi un pasto del valore medio di 20 dollari. I medici che più spesso si sono seduti a tavola con i rappresentanti dell’industria hanno prescritto il doppio della rosuvastatina rispetto ai colleghi, e oltre quattro volte tanto nebivololo e olmesartan.

Una tomba vichinga e i resti di una coppia nobile

Fonte: Science Nordic
Traduzione/fonte: https://ilfattostorico.com/2016/07/06/una-tomba-vichinga-e-i-resti-di-una-coppia-nobile

Ricostruzione della tomba (Museum Silkeborg)

Ricostruzione della sepoltura della donna (Museum Silkeborg)

Lo studio di una tomba di legno vichinga ha dimostrato che conteneva i resti di un uomo e una donna probabilmente di origine nobile, o comunque erano persone di stato sociale elevato. I due avevano anche contatti con realtà molto lontane: l’uomo era infatti sepolto con ceramiche della regione baltica, e monete dell’attuale Afghanistan, oltre ad avere un’ascia da battaglia.

«È un’ascia molto grande e sarebbe stata un’arma formidabile», spiega l’archeologa Kirsten Nelleman Nielsen. «All’epoca questo tipo di ascia era noto come ascia danese, ed era temuto in tutta Europa».

Ricostruzione della tomba (Museum Silkeborg)

Ricostruzione della tomba (Museum Silkeborg)

Ascie da guerra

La tomba era stata scoperta nel 2012 durante la costruzione di una superstrada, e da allora è stata identificata come un’eccezionale tomba vichinga nota come ‘dødehus’ (casa della morte). La costruzione misura 4 x 13 metri, e conteneva tre sepolture datate al 950 d.C.

Le condizioni del suolo nel sito non hanno permesso la conservazione di altri resti, «ma i ritrovamenti nella tomba confermano che c’erano un uomo e una donna nella parte principale, e un altro uomo sul retro», dice Kirsten Nelleman Nielsen, a capo dello scavo e autrice del resoconto della scoperta.

L'ascia (Museum Silkeborg)

La grande ascia da battaglia della sepoltura principale (Museum Silkeborg)

Un'ascia più piccola, trovata nella terza sepoltura (Museum Silkeborg)

Un’ascia più piccola, trovata nella terza sepoltura (Museum Silkeborg)

La donna con le chiavi

La donna era stata sepolta in una sorta di carretto usato di solito dalle donne nobili. Nella sua tomba c’erano due chiavi: «Una è il simbolo del suo potere e del suo status come grande donna; l’altra è caratterizzata da un piccolo santuario quadrato piuttosto raro», racconta Nielsen.

E non sono solo le sepolture in sé ad essere particolari. «È straordinario vedere che le sepolture dell’uomo e della donna siano segnate dalla stessa tomba o palizzata. È insolito poter stabilire con una tale certezza che l’uomo e la donna fossero uguali», aggiunge l’archeologa.

Altre tombe vichinghe scoperte in Danimarca indicano che esistevano molte donne di alto stato sociale: «Le donne potevano facilmente essere molto potenti. Molte donne venivano sepolte in ricchi abiti con delle offerte funerarie molte costose, il che indica un’alta posizione nella società – ha dichiarato Nielsen – Queste donne non venivano seppellite in un modo inferiore rispetto agli uomini».

(Museum Silkeborg)

I resti della tomba (Museum Silkeborg)

La terza sepoltura (Museum Silkeborg)

La terza sepoltura (Museum Silkeborg)

Culture straniere

Nielsen crede che l’ispirazione per tali tombe possa essere arrivata da lontano.

«Non mi sorprenderebbe se quest’idea fosse arrivata da fuori la Scandinavia. Abbiamo anche trovato vasi d’argilla provenienti dal Baltico e monete d’argento dell’odierno Afghanistan, dunque i residenti dovevano essere piuttosto internazionali», dice.

Nielsen suggerisce che l’edificio potesse avere una struttura simile alla stavkirke (chiesa a pali portanti), la tipica chiesa medievale in legno dell’Europa nord orientale: «Il disegno assomiglia un po’ ai primi stavkirke, dunque forse qualcuno aveva visitato un luogo e ha fatto qualcosa di simile».

(Museum Silkeborg)

(Museum Silkeborg)

Due monete d'argento, probabilmente provenienti da un luogo lontano quanto l'Afghanistan (Museum Silkeborg)

Due monete d’argento, probabilmente provenienti da un luogo lontano quanto l’Afghanistan (Museum Silkeborg)

 

La via italiana all’Industria 4.0 incrocia l’economia circolare

Scritto da: Luca Aterini
Fonte: http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/la-via-italiana-allindustria-4-0-incrocia-leconomia-circolare/

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È stato presentato ieri(6 luglio) alla Camera il documento conclusivo (disponibile qui, ndr) di un’indagine, assai partecipata, che mira alla definizione di una «strategia italiana di Industria 4.0, attraverso una migliore definizione del quadro normativo necessario a promuoverne la realizzazione». L’indagine, condotta dalla commissione Attività produttive di Montecitorio, rappresenta il primo tentativo istituzionale di mettere a fuoco quella che è «la rivoluzione industriale del XXI secolo, la quarta in più di duecento anni di storia occidentale» e «paragonabile a quelle che si sono succedute negli ultimi tre secoli». È forse la prima che seguiamo e analizziamo in diretta con un elevato livello di dettaglio.

In questo caso non c’è una singola tecnologia abilitante (come il vapore o l’elettricità), ma un insieme – l’Internet of Things, il cloud e cloud computing, additive manufacturing/3D printing, cyber security, big data e data analytics, robotica avanzata, realtà aumentata, wearable technologies, sistemi cognitivi – che viene ad aggregarsi «in modo sistemico in nuovi paradigmi produttivi». Una rivoluzione in divenire dunque, che è necessario governare per valorizzarne gli aspetti positivi e frenarne quegli distruttivi. «Le persone – si legge – continueranno a svolgere i lavori in cui il valore sarà la creatività e l’esecuzione di attività non di routine».

«Diminuiranno le richieste di lavoro manuale poco qualificato mentre aumenteranno le richieste di figure professionali qualificate – si osserva nell’indagine – ci sarà quindi da affrontare il delicato problema della riconversione di molte figure professionali». La Cgil ha evidenziato che oggi il settore manifatturiero italiano «conta circa 375 mila imprese, una produzione di 800 miliardi di euro, 3,5 milioni di occupati». Se non si interviene in tempo, molti rimarranno travolti dall’arrivo dell’Industria 4.0. Interventi in ambito formativo e di riqualificazione professionali saranno determinanti, ma basteranno? Molti interlocutori, tra i quali la Banca mondiale, suggeriscono la necessità di introdurre in qualche forma un reddito universale. L’indagine della Camera non affronta però direttamente il tema.

Individua invece «cinque pilastri sui quali costruire una strategia Industria 4.0». Il primo «riguarda la creazione di una governance per il sistema Paese», con la necessità di costituire «una Cabina di regia governativa». Il secondo pilastro prevede «la realizzazione delle infrastrutture abilitanti», ad esempio  attraverso la realizzazione del piano banda ultralarga e di una P.A. digitale. Il terzo «prevede la progettazione di una formazione mirata alle competenze digitali», distinguendo «tra una formazione professionale di breve periodo rivolta prioritariamente a soggetti che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, o a personale impiegato in lavori in via di obsolescenza», una nel medio periodo, che «potrà invece essere rivolta alle imprese», e infine una formazione nel lungo periodo, con una «formazione scolastica e post scolastica che punti alla formazione di competenze digitali diffuse anche in tutti gli ambiti, compresi quelli delle scienze umane». Il quarto pilastro è rappresentato «dal rafforzamento della ricerca». Il quinto e ultimo è infine l’open innovation, come «standard aperti e interoperabilità e su un sistema che favorisca il Made in Italy».

Risulta particolarmente interessante l’intreccio evidenziato nell’indagine tra Industria 4.0 ed economia circolare. Già altre indagini internazionali hanno affrontato il tema, mettendo in evidenza opportunità da migliaia di miliardi di dollari. Al contempo – anche sotto il profilo ambientale – non mancano le criticità da gestire.

«La nuova industria manifatturiera – riporta l’indagine – caratterizzata da una produzione in piccoli lotti, con bassi o zero scarti, realizzata in impianti di non grandi dimensioni localizzati vicino al consumatore, dovrebbe comportare riduzione di inquinamento, fabbisogno energetico, costi di trasporto merci e scarti da imballaggio». Al contempo, però, la digitalizzazione della manifattura porta a una maggiore flessibilità della produzione, e ciò consente sia «un miglioramento della velocità di produzione», sia «un aumento della produttività». Difficile pensare che senza uno governo dei flussi di materia ed energia tutto questo possa condurre a un minore utilizzo di risorse naturali.

Ecco che l’Industria 4.0 deve avanzare a braccetto con un’altra rivoluzione industriale, quella dell’economia circolare. «La necessità di un graduale ma inevitabile passaggio da un’economia lineare – sottolinea la Camera – alla cosiddetta circular economy comporta un cambio di paradigma nella definizione dei prodotti e dei processi manifatturieri che devono essere gestiti e monitorati lungo tutto il loro ciclo di vita», facendo sì che i materiali e l’energia utilizzati mantengano «il loro valore il più a lungo possibile».

Il tempo, in questo contesto, non è una variabile qualsiasi. È bene ricordarlo. L’indagine italiana per “costruire una strategia Industria 4.0” arriva dopo molti altri progetti simili sono stati conclusi in altri Paesi: tra questi, Australia, Canada, Cina, Corea del Sud, Giappone, India e Stati Uniti, Belgio, Danimarca, Francia,  Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia. È ora di muoversi.

 

«La lotta chimica alle zanzare è inutile e pericolosa»

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/pericolosa_disinfestazione_zanzare.html

Siamo in piena stagione di disinfestazioni chimiche anti-zanzare e sempre più questa pratica si rivela pericolosa, inutile, costosa e controproducente». A parlare è il professor Roberto Ronchetti, docente universitario e membro della sezione Lazio dell’associazione Isde-Medici per l’Ambiente.

«Le zanzare sono fastidiose ma al momento attuale non rappresentano un pericolo per la salute: le malattie virali trasmesse dalle zanzare sono, nei paesi tropicali, un vero flagello, ma non qui. Nel 2007 una forma lieve e senza conseguenze di quest’ultima malattia ha colpito oltre 200 persone in Emilia-Romagna ma dopo di allora non ci sono più stati casi di queste malattie in Italia. Anche l’Europa è attualmente indenne da esse» spiega il professor Ronchetti che mette in guardia contro quella che è diventata ormai un’ossessione, cioè l’irrorazione di insetticidi dovunque nell’intento, vano, di combattere le zanzare.

«E’ vero che  il  clima sempre più caldo e umido (global warming) potrebbe favorire negli anni a venire una maggior infettività dei virus “tropicali”   ma deve essere chiaro che il pericolo verrebbe dai virus  che potrebbero espandere le loro aree di colonizzazione e non dalla ”zanzara tigre” che ormai da trenta anni vive “tranquillamente” in Italia. Questo insetto in estate rende “non tranquille“ le nostre cene all’aperto e le nostre notti ,  ma fare la “lotta” alle zanzare, intendiamo quella condotta con l’irrorazione di aree pubbliche e private con insetticidi è inutile (le zanzare non se ne vanno) e contaminante (tutti gli insetticidi attentano alla biodiversità e sono in vario modo pericolosi): soprattutto, l’uso degli insetticidi è controproducente perchè tutte le zanzare sono in grado di attivare un alto numero di processi   metabolici che in tempi brevi le rendono resistenti agli insetticidi che in teoria dovrebbero ucciderle. È per questo che bisogna evitare l’uso di insetticidi oggi se non si vuole avere armi inefficaci nel caso in cui eventi epidemici le rendessero indispensabili per la difesa della popolazione un domani».

«Bisogna sapere  che gli insetticidi impiegati che cercano di uccidere  la zanzara tigre  hanno effetti nei confronti di tutti gli altri insetti  che assicurano la impollinazione e quindi la vita di molti altri organismi viventi. Hanno effetti anche sui  bambini delle migliaia dei condomini della nostra città e di tutto il paese. In generale, dopo molte decine di anni  nel corso dei quali la moderna scienza chimica ha ingaggiato la lotta alle zanzare, abbiamo imparato che le sostanze impiegate, a partire dal DDT, consentono soltanto successi limitati e non duraturi, di certo assai meno importanti degli enormi danni ambientali e sulla salute che essi hanno dappertutto provocato.  Sembra ragionevole pensare che l’umanità non possa pretendere  di vivere senza   altri esseri viventi che sono certo  fastidiosi ma che da centinaia di millenni e prima di noi hanno stabilmente colonizzato ogni angolo di nostra madre terra».

«Al momento attuale per  difenderci dalle zanzare è necessario e sufficiente ricorrere a rimedi  tradizionali, scelti e messi in opera da ciascuno di noi, sulla propria persona e nel proprio ambiente, senza accettare l’intervento nel nostro suolo privato ed anche nelle aree pubbliche di irrorazioni o disinfestazioni che non ci viene detto quanto siano in realtà inquinanti. Rimane il fatto ben documentato che di tutti gli insetticidi consumati nel 28 Paesi della Comunità Europea l’Italia da sola ne consuma il 50%, segno evidente che esiste un “affare” anomalo: c’è nella nostra città e in tutto il Paese una miriade di imprese autorizzate in concorrenza fra loro che tentano di disinfestare i nostri condomini. Si tratta di un grosso business  perché  risulta che per un solo  condominio si spendano oltre 1000 euro(sapete quanto si spende nel vostro condominio?). Tale anomalia Italiana  può e deve essere corretta dalle autorità competenti sotto la spinta di una opinione pubblica che invece finora si è dimostrata disinformata e perciò distratta. A questo scopo  va chiesta una pacata discussione su questa pratica  che come è stato detto va annoverata tra quelle inutili pericolose e costose. Non si tratta di fare crociate ma di usare buonsenso e di risparmiare. Non è vero che le ordinanze del sindaco impongono la disinfestazione. Per questi motivi e per molti altri si deve chiedere che la disinfestazione venga  preliminarmente discussa».