Finanziare entrambe le Fazioni per trarne giovamento

Fonte: http://renzominari.blogspot.com

C’è una potentissima Famiglia che da almeno 200 anni finanzia entrambe le parti coinvolte in un duro scontro che, spesso a causa di questa stessa Famiglia, si trasforma in Guerra aperta. Questa Famiglia si chiama Rothschild ed ha finanziato sia Napoleone che il Duca di Wellington, tant’è che durante la famosa battaglia di Waterloo il Banchiere Nathan Rothschild assistette allo scontro dalla cima di una collina. L’intento di questa Famiglia di Banchieri era quello di fare in modo che gli inglesi sconfiggessero i francesi per poter guadagnare ingenti somme tramite aggiotaggio alla Borsa di Londra, come è successivamente accaduto. Questa tecnica è stata col tempo perfezionata e si è protratta nel tempo dato che la stessa cosa successe durante gli scontri per l’unità d’Italia, Cavour (che sottostava agli ordini dei Rothschild) e la Massoneria Inglese (controllata sempre da loro) ebbero un ruolo determinante. Durante la Prima Guerra Mondiale i Rothschild hanno avuto un ruolo da protagonisti: a partire dal gruppo segreto “La Mano Nera” fino ad arrivare alla resa che pose fine alla Guerra. La Seconda Guerra Mondiale è stata praticamente voluta e finanziata dai loro uomini: Winston Churchill, Franklin Delano Roosevelt, Benito Mussolini, Adolf Hitler (era un Rothschild), Charles de Gaulle e tanti altri. Le Guerre ed i genocidi continuarono in tutto il Mondo ed un esempio degno di nota sono gli Stati nel Sud America (oltre a molti altri in Africa ed in Asia, per non parlare di tribù e Comunità autogestite sparse in tutto il Mondo) che hanno cercato l’indipendeza dalla schiavitù moderna (e cioè il denaro ricevuto in prestito dai Banchieri Internazionali) ma hanno trovato spesso finte rivoluzioni e massacri; gli USA hanno avuto un ruolo determinante in questo caso.

Tramite le Banche Centrali Nazionali e Continentali controllano le decisioni degli Stati e chi non sottostà a questo potere viene spazzato via; molto spesso però le persone che hanno la possibilità di giungere a Capo del Governo sono dei prescelti dalla Famiglia Rothschild.

La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa ottenere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere.

[Amschel Mayer Rothschild, 1773]

Il dominio dei banchieri nel cuore degli stati

Scritto da: di: Thierry Brugvin
fonte: Rinascita.eu

La crisi economica che è scoppiata nel 2008 era già stata prevista da parecchio tempo da numerosi economisti soprattutto in seguito alla bolla finanziaria dovuta alla speculazione.
Ma relativamente ai derivati dell’economia capitalistica, la responsabilità bancaria del debito e dei paradisi fiscali è al tempo stesso più profonda e più vecchia di quel che si è sempre pensato .
Nel cuore dello Stato e del governo dell’economica e della politica, domina il potere finanziario in maniera legale, ma a volte anche sotto forme illegali e spesso poco democratiche.
Nel quadro di questo articolo andremo ad esporre differenti meccanismi del potere dei banchieri nel mondo. Le banche e i paradisi fiscali, sono degli acceleratori di questa autorità (governance) neoliberale.
La deregulation viene allora a rafforzare i delitti politico-finanziari di fatto per la carenza e la dissoluzione delle regole nel controllo.
Il debito, in particolare quello dei Ped (Paesi in via di sviluppo ndt) è uno strumento di dominio dei paesi ricchi verso i più poveri. Mentre la privatizzazione del potere di produzione monetaria attraverso le banche private, porta ad un furto uguale a quello di un bene pubblico.

Le banche e i proprietari delle grandi banche (Rockefeller, Rothschild, Morgan, City Group, Goldman Sachs…) rappresentano uno dei perni del potere mondiale. Va precisato prima di tutto che questi proprietari dispongono di enormi somme. Il periodico Forbes calcola 1125 miliardari nel 2008 (Kroll, 2008).Nella classifica Forbes del 2005, Bill Gate era l’uomo più ricco al mondo con 46,5 miliardi di dollari e Warren Buffet con 44 miliardi di dollari.
Il patrimonio delle banche più grandi supera largamente quella dei soggetti più ricchi, poiché la di City Group era 10 volte superiore a quella di Bill Gates e quella della Bank of America lo era di 16 volte.
Nella classifica Forbes 2005 vi erano 5 banche, tra le quali Citygroup (484,10 miliardi di dollari di attivo), la Bank of America (776,42 miliardi di dollari di attivo) poi, HSBC, ing Group e UBS.
Questo permette alle banche di acquistare potenzialmente e assolutamente tutto ciò che può servire al loro obiettivo di potenza: imprese, media, beni differenti, di tutto e di più, fino a corrompere al bisogno quei dirigenti politici suscettibili di lasciarsi prezzolare.
I paradisi fiscali e le stanze di compensazione (Clearstream) sono il più grande strumento di corruzione politica e di spogliazione economica dei cittadini.
Le stime relative l’importanza dei capitali leciti o illeciti drenati dai paradisi fiscali sono assai difficili da stabilire.
Si stimava nel 2000 che i capitali, detenuti oltre frontiera si elevassero a più di 5000 miliardi di dollari così come il 54% dei capitali mondiali (EAEF, 2001).
Dal canto suo, il Fondo monetario internazionale stimava nel 2003 che il 50% dei flussi dei capitali passassero nei siti off-shore, che nel mondo circolassero tra i 600 e i 1500 miliardi all’anno di denaro sporco, e che il riciclaggio rappresenta il 55 % del Pil mondiale.
Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite per il controllo delle droghe e la prevenzione del crimine, nel 1999 il 50% dei 4800 miliardi di franchi annuali derivanti dall’insieme delle attività criminali nel mondo (traffico di droga, prostituzione, moneta falsa..) sarebbero stati riciclati nei paradisi fiscali (ODCCP,200).
Per i paesi in via di sviluppo, l’evasione fiscale conduce ad una mancanza di guadagno negli introiti fiscali di 50 miliardi di dollari. E cioè l’equivalente dell’APD (Aiuto pubblico ai paesi in via di sviluppo, ndt) annuale dell’insieme dei paesi appartenenti all’OCSE (Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico che comprende l’Europa occidentale, Nord America, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Corea, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, ndt).
Quasi tutte le grandi banche ed imprese europee o americane hanno aperto succursali nei paradisi fiscali. Ad esempio c’è il caso di Bnp-Paribas, presente alle Bahamas e alle Isole Caiman, lo stesso per il Credit Agricole, la CIC (Credit Industrial et Commercial ndt) e il Crédit Lyonnais, Natexis Banque Populaire, la Société Générale, etc…
Total realizza la maggior parte dei suoi utili nelle filiali registrate alle isole Bermuda e in altre filiali off shore, ecc.(Foutoyet,2005).
Contrariamente alle idee ricevute, i paradisi fiscali non sono un “sotto sistema” ai margini del meccanismo economico ma ne costituiscono uno degli ingranaggi. In effetti, si stima che più della metà delle transazioni finanziarie internazionali passino attraverso i paradisi fiscali.
I paradisi fiscali facilitano dunque l’evasione fiscale, la limitazione del sistema fiscale, il riciclaggio del denaro sporco, le operazioni occulte, il segreto bancario, l’immunità giudiziaria, l’assenza di cooperazione giudiziaria internazionale sotto la responsabilità e l’accordo del G8 e sono un acceleratore della criminalità grazie al riciclaggio del denaro legato al traffico di droga, alla prostituzione, alla fabbricazione di denaro falso, all’estorsione..).
Le società di copertura sono gli strumenti utilizzati contro la trasparenza democratica.
Una società di comodo è una pseudo impresa che nasconde il suo vero proprietario attraverso l’utilizzo di prestanome. E’ molto utilizzata per la frode fiscale .Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite per il controllo delle droghe e la prevenzione del crimine, i paradisi fiscali accoglierebbero tre milioni di società di copertura (ODCCP, 2000).

Il dirottamento e il riciclaggio fatto dalle banche grazie ai paradisi fiscali
Nel 1991, lo scandalo internazionale della BCCI (Bank of Crédit and Commerce International) portò alla sua chiusura da parte della giustizia e questo mostrò il legame che poteva esistere tra il traffico di droga, il terrorismo, l’alta finanza e i servizi segreti.
Registrata in Lussemburgo, la BCCI raccoglieva alla rinfusa i conti di Abu Nidal, di Saddam Hussein, del generale Noriega , dei servizi segreti Cia e delle società legate al traffico internazionale di droga , al trafficante Kashoggi, tra mille altri posti della stessa natura.
Emergono così le connessioni tra Ben Laden (ereditiero multimilionario di una grande famiglia saudita) e la BCCI. Queste pratiche litigiose hanno accentuato un passivo di 13 miliardi di dollari (Verschave).
Le banche sono il cuore del potere finanziario e costituiscono il luogo di deposito del denaro e il luogo dei flussi finanziari che rappresentano l’energia e il sangue del sistema.
Il riciclaggio del denaro sporco un tempo transitava specialmente per le banche dei paesi sviluppati, attualmente questo denaro transita preventivamente attraverso le banche dei paradisi fiscali Andorra, Caiman, Lussemburgo, Jersey…) o ancora in seno a Clearstream (la banca delle banche) come sosteneva Denis Robert(2001).
In più quasi tutte le grandi banche dispongono di conti nei paradisi fiscali (Foutoyet, 2005).
Così alcune come la FIBA d’Elf hanno riciclato denaro o partecipato all’evasione fiscale (Verschave, 2001).
Ma nel cuore stesso di Londra, la City che accoglie le più grandi banche britanniche ha delle pratiche analoghe presso le banche dei paradisi fiscali.
Le banche svizzere, lussemburghesi, specialmente tramite i paradisi fiscali, rinforzano i derivati del capitalismo illegale e la corruzione, riciclando il denaro sporco, e questo grazie alla cultura del segreto, al rifiuto di adottare la trasparenza sull’insieme dei conti presenti e ai trasferimenti di fondi che vi si svolgono.
Denis Robert (2001) ha svelato una delle tecniche di riciclaggio, nella sua opera Rivelazione, analizzando il funzionamento delle banche Clearstream ed Euroclear. Ora per il momento i media si limitano ad rievocare “l’affaire Clearsteram” cioè l’intrigo Villepin-Sarkozy non sottolineando quasi mai il vero dossier Clearsteam.
Quest’ultima, grazie ad “un meccanismo di compensazione” fa in modo di far sparire alcune dubbiose transazioni.
Denis Robert, stima che le stanze di compensazione, in quanto posizionate nel cuore della finanza mondiale,riciclino somme largamente più importanti di quelle che toccano i paradisi fiscali.
Di conseguenza, esse sono ancora più potenti e pericolose per il mantenimento dello Stato di diritto nell’economia mondiale.
Ad esempio Densi Robert, afferma che BGPI, filiale del Credit Agricole Indosuez possieda anch’essa un conto S0418 presso Clearstream (Robert, 2007).

La responsabilità del FMI e ella Banca Mondiale nei dirottamenti dei fondi.
Nel suo libro La grande delusione, Josph Stiglitz (2002) denuncia la responsabilità del Fondo monetario e del Tesoro americano che – per esempio – hanno sostenuto, consigliato ed orientato i burocrati russi convertiti al capitalismo, specialmente il presidente Boris Eltsin. “Quando la crisi colpì giù duro, il Fondo monetario assunse la direzione delle operazioni e chiese alla Banca Mondiale di contribuire al salvataggio” con 22,6 miliardi di dollari.
Stiglitz, premio nobel per l’economia nel 2001 ed ex presidente economico della Banca Mondiale, afferma che al momento della firma di un prestito, il Fondo monetario “faceva proseguire la “cerimonia” con la firma di una lettera d’accordo – i cui termini venivano dettati dal Fondo stesso – con un espediente che simulava il fatto che la “lettera d’intenzione” venisse dal governo coinvolto!”.
Stiglitz spiega che la prima tappa del piano di prestito ai paesi in via di sviluppo mette in rilievo la “subordinazione”: sue proprie parole.
Insomma si cercava di far pressione sui governi dei paesi in via di sviluppo per far privatizzare le loro pubbliche imprese vendendole a prezzi ridicolamente bassi.
In cambio, avrebbero avuto la possibilità di ricevere una commissione del 10% su un conto svizzero, versato dall’impresa del Nord che avrebbe poi riacquistato quella del Sud.
Come esempio, Stiglitz riprende nuovamente questo meccanismo di subordinazione illegale, parlando della liquidazione del patrimonio dello stato russo nel 1995.
In questo caso si osserva una collusione tra la Banca Mondiale, i suoi più influenti stati membri, i dirigenti dei paesi in via di sviluppo, le banche e le imprese private del Nord a scapito dei paesi sottosviluppati.
Se la Banca Mondiale e il FMI non compiono un’azione illegale, ne sono almeno complici perché conoscono il meccanismo di corruzione e spingono in questa direzione forzando la mano ai governi del Sud.
Mentre le comunità internazionali esigono dai paesi in via di sviluppo l’estirpazione della povertà come condizione per i nuovi prestiti, le banche del Nord e le organizzazioni internazionali dirette dai paesi del G8, come il FMI e la Banca Mondiale sono in seno a queste pratiche illegali.
“Questi debiti ugualmente qualificati come illegittimi si accumulano come conseguenza di atti di corruzione perché i fondi prestati dagli Stati sono direttamente deviati verso conti personali di governo” (Ramos, 2008), o in cambio di differenti favori resi ad esempio ad alcuni intermediari al servizio di un’impresa transnazionale e che vanno ad aumentare il debito estero dei paesi indebitati,
“Spesso le banche che ricevono i prestiti illegali sono complici di queste manovre perché in generale sono esse stesse che finanziano la corruzione”(…) e “che rilasciano il prestito all’origine dell’atto di corruzione, che gonfiano il debito estero che pagheranno i popoli del Sud coinvolti”(Ramos 2008). Alla fine del 2002, un’inchiesta del dipartimento del tesoro degli Stati Uniti sul dittatore cileno Augusto Pinochet, rivelò che almeno per otto anni, la Banca Riggs, negli Stati Uniti aveva nascosto l’esistenza di conti bancari a suo nome con depositi dai 4 agli 8 milioni di dollari.
E anche che questa aveva partecipato alla creazione di due imprese fantasma appartenenti al dittatore nei paradisi fiscali delle Bahamas per nascondere i conti aperti in banche specialmente di Washington. Questo denaro probabilmente è stato dirottato da Pinochet ed ha aumentato il debito estero del paese che è quintuplicato durante la sua permanenza al potere (Ramos, 2008).
Anche il debito delle classi dirigenti è un “debito illegittimo che si accumula in seguito a prestiti dello Stato per beneficiare una certa minoranza di popolazione e di gruppi economici locali o stranieri” come l’impresa Texano in Ecuador (Ramos 2008).
La socializzazione dei debiti privati contribuisce a questo debito delle classi dirigenti.
Ferdinant Marcos ha venduto alcune imprese allo Stato delle Filippine ad amici suoi, poi le sue imprese sono in seguito rientrate nel girone dello Stato con un importante debito.
Marcos si ritirò poi in Austria e lasciò le banche pubbliche che rimborsassero questo debito (Adams 1993 in Ramos 2008).
Il potere della creazione monetaria privata: il furto legalizzato di un bene pubblico
Attualmente, non utilizziamo quasi più denaro “fiduciario”, cioè biglietti e le monete coniate dagli Stati ma bensì moneta scritturale materializzata da assegni e dalla moneta elettronica creata dalle banche stesse.
Maurice Allais, premio Nobel per l’Economia , spiega che “fondamentalmente, il meccanismo del credito porta ad una creazione di mezzi di pagamento ex nihilo(a partir dal nulla…). Ad ogni operazione di credito esiste anche una duplicazione monetaria. In tutto, il meccanismo di credito si risolve nella creazione di moneta ex nihilo attraverso semplici giochi di scritture” (Maurice Allais 1999).
Dal 1861 al 1913, lo Stato americano dispose del controllo dell’emissione e della circolazione di una moneta senza interessi. Ma il presidente Woodrow Wilson, firmò l’atto della Riserva federale del 23 dicembre 1913, trasformandolo in legge. Così la proprietà e il potere di decisione e la capacità di creazione monetaria della riserva federale (la banca centrale) passava dal Congresso degli Stati Uniti composto da rappresentanti eletti dal popolo, alle più potenti banche private.
Woodron Wilson, presidente degli Stati Uniti dal 1913 al1921, dichiarava prima di essere assassinato: “Sono un uomo tra i più infelici. Ho incoscientemente rovinato il mio paese. Una grande nazione industriale è controllata dal suo sistema di credito. Il nostro sistema di credito è concentrato nel privato. Di conseguenza, la crescita della nostra nazione così come tutte le nostre attività ,è nelle mani di qualche uomo. Siamo diventati uno dei governi tra i più mal diretti del mondo civile, uno tra i più dominati e controllati non dalla convinzione e dal voto della maggioranza ma dall’opinione e della forza di un piccolo gruppo di uomini dominanti” – cioè i banchieri privati.
Eric Samuelson, rivela che la Banca newyorkese Fed, Riserva federale, è sotto la proprietà maggioritaria della Chase Manhattan Bank che appartiene ai Rockefeller con il 32,35% delle azioni e dalla Citybank al 20,51%. Queste due banche controllano dunque da sole la FED che dovrebbe essere sensato ritenere come un bene pubblico negli Stati Uniti (Carmack 2007).
Contro questo tipo di deriva, Maurice Allais stima che “la creazione monetaria deve dipendere dallo Stato e solo da quello. Ogni creazione monetaria diversa dalla moneta di base effettuata dalla Banca centrale deve essere resa impossibile in modo che spariscano i “falsi diritti” che risultano attualmente dalla creazione della moneta bancaria (Allais 1999). Secondo A.- J.Holbecq “Ogni moneta necessaria allo sviluppo dell’economia deve essere prodotta dalla Banca centrale europea (BCE) (…) e l’interesse di ogni moneta creata nel passato da banche commerciali e dalla BCE deve ritornare agli Stati della zona euro e dunque al popolo… Si tratta sicuramente di più di 350 miliardi di euro all’anno” a livello europeo. (Hobecq 2008).
Amchel Mayer Rothschild (1743-1812) la cui famiglia sedeva tra i reggenti della Banca di Francia e prosperava già da decine di anni grazie alle banche private affermava così: “Datemi il controllo sulla moneta di una nazione e io non mi preoccuperò di ciò che stabiliscono le sue leggi”.
Thomas Jefferson, il terzo presidente degli Stati Uniti, dichiarò inoltra sempre sull’argomento: “Credo sinceramente che le istituzioni bancarie siano più dannose per i nostri privilegi delle armi convenzionali. Esse sono già state elevate all’apice di una ricca aristocrazia che ha sfidato il governo. Il potere d’emissione dovrebbe essere tolto alle banche e restituito al popolo a cui appartiene”. (Jefferson, 1802).
I banchieri privati piazzano i loro uomini nel cuore degli stati e privatizzano di nuovo la creazione monetaria.
Georges Pompidou prima di diventare presidente della Repubblica era un banchiere. Dal 1945 alla sua elezione come presidente della Repubblica nel 1969, Pompidou esercitò le sue funzioni in seno al governo francese continuando in svariati periodi turbolenti al servizio della banca Rothschild dal 1954 al 1958 e dal 1959 al 1962. L’otto gennaio 1959 è diventato direttore generale della Banca Rothschild. Tuttavia sarà tra le altre cose nominato nel marzo 1959 al Consiglio costituzionale in cui rimarrà fino al 1962. Si osserva dunque di nuovo una grave mancanza d’indipendenza tra gli interessi dello stato francese e quelli privati delle banche. Poi la banca di Francia è stata nazionalizzata nel 1945 dal generale De Gaulle e quindi durante questo periodo lo Stato ritrova il controllo sul credito e sulla moneta. Ma il presidente Pompidou uomo dei banchieri dell’epoca non ci sente da quest’orecchio. L’articolo 25 della legge del 3 gennaio 1973 di Pompidou e Giscard d’Estaing, “proibisce al Tesoro pubblico di essere presentatore dei propri effetti allo sconto della Banca di Francia”. Lo Stato francese si pone dunque nuovamente sotto l’impresa finanziaria diretta dei banchieri privati.
Il potere politico e ideologico dei banchieri
Il gruppo Bilderberg fu creato nel 1954, grazie ad un cofinanziamento di Unilever e della CIA.
Secondo un vecchio delegato del gruppo, il consenso elaborato in seno a questo forum serviva da base all’evoluzione delle politiche internazionali.
Bilderberg “compose lo sfondo delle politiche che furono messe in opera in seguito come ad esempio il Convegno economico mondiale di febbraio a Davos, gli incontri Bilderberg, quelli del G8 nell’aprile-maggio e la conferenza annuale del FMI e della Banca Mondiale a settembre.
Una specie di accordo internazionale emerse (…). Questo consenso ha rappresentato lo sfondo dei comunicati del G8.
Esso ispira il Fondo monetario quando arriva ad imporre il programma di allineamento all’Indonesia e alla politica che il Presidente americano ha proposto al congresso”. (Armstrong, 1998).
Il bancario David Rockefeller fu il fondatore di Bilderberg, poi della Commissione Trilaterale. “Queste due lobbies sono i veri architetti della mondializzazione neoliberale” secondo M.R. Jennar (2005).
D. Rockefeller ha dichiarato al Newsweek international che “Qualcosa deve pur sostituire i governi ed il potere privato mi sembra l’entità più adatta per farlo”(Rockefeller 1999)”.
Questo stesso personaggio aveva dichiarato otto anni prima davanti alla Commissione Trilaterale: “la sovranità soprannazionale di una élite intellettuale e dei banchieri è preferibile al principio di autodeterminazione dei popoli” (Jennar 2005).
La Banca Mondiale è spesso diretta da vecchi membri, provenienti dalle più grandi banche private degli Stati Uniti o da grandi banche transnazionali.
Di conseguenza gli interessi capitalistici dei banchieri e delle élite economiche hanno i loro guardiani e si evolvono nel cuore dei poteri pubblici internazionali.
Robert Strange McNamara fu presidente della Banca Mondiale dall’aprile 1986 a giugno.
Gli anni precedenti la sua nomina, McNamara era considerato come uno degli uomini d’affari più importanti degli Stati Uniti e divenne presidente della Ford Motor Company all’età di 44 anni.
Dal 1 luglio 2007 Robert Zoellick è il decimo presidente della Banca Mondiale.
Nel 1997, è stato consigliere agli affari internazionali della banca Goldman Sachs.
Paul Wolffowitz fu il nono presidente della Banca mondiale. Prima era stato un uomo d’affari e aveva condotto una carriera da banchiere, poi nel 2007 era stato spinto alle dimissioni per nepotismo. Alla Banca Mondiale, l’ideologia neoliberale è egemonica,ed è dunque nel quadro di questa politica che essa intende esercitare il suo ruolo di “buona governance”.
La “buona governance”, per la Banca Mondiale è anche sinonimo di buona gestione di sviluppo “(World Bank 1992).
Le istituzioni di Bretton Woods esercitano un potere politico e culturale. E la Banca Mondiale è alla sommità di questa piramide.
Il ruolo finanziario ed economico è solo la punta dell’iceberg. La parte sommersa rileva la fiducia nella dottrina della leadership intellettuale. Come dirà in seguito Pierre Bourdieu, la Banca è potente perchè è capace di cambiare costantemente capitale economico contro il capitale simbolico e viceversa. Susan George descrive la Banca come “la mano invisibile del “programma” planetario messo in opera dal capitalismo liberale. Nel suo libro Crédit Sans Frontières, attribuisce dunque al Fondo monetario internazionale e alla Banca Mondiale degli attributi e un funzionamento quasi religioso.
La dottrina sostituisce allora l’argomentazione, malgrado il discorso che si vorrebbe fosse scientifico, ma si tratta invece di un’ideologia .
Un altro strumento dell’egemonia ideologica dei neoliberali è la loro attitudine al recupero e alla manipolazione concettuale,che è relativamente vicina al nuovo linguaggio. La Banca utilizza “parole solenni e formule magiche per trasformare la realtà (George, 1994).
Dietro la politica della “buona governance”, la Banca Mondiale cerca anche di costringere i paesi che sono a bassi salari a condurre una buona gestione, cioè ad applicare i piani di allineamento strutturali (privatizzazioni, restrizioni di bilanci societari…). basati su una politica economica neoliberale. Così di fatto dal principio di condizionalità al quale sono sottomessi gli Stati per ricevere i prestiti dalla Banca Mondiale, questi perdono la sovranità sulla loro politica nazionale (George,1994).
Questa distorsione della sovranità del popolo è “mimetizzata dagli aggettivi qualificativi come “empowered” (dare pieni poteri) vista come “partecipazione” e del “consenso”con la società civile (Hidouci,2003).
La corruzione limita la democratizzazione degli Stati. Tuttavia, le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) agiscono poco contro la corruzione dei dirigenti (quando i prestiti che essi concedono vengono dirottati ) (Gueye 2003).
La Banca Mondiale rimette poco o nulla in causa la propria politica economica neoliberale e lo fa solo a parole. Si accontenta ad esempio di aggiungere in margine alcune “reti di sicurezza” per i più poveri.
Essa ha così sviluppato un approccio più politico , cioè “la buona governance”.
I direttori della Banca Mondiale hanno da parte loro interrotto il rilascio di prestiti a diversi paesi perché si sono scontrati con gli interessi degli Stati Uniti (anche se ufficialmente era per altri motivi) precisa Eric Toussaint… Nello stesso ordine di idee, la Banca Mondiale ha sistematicamente tentato di mettere in scacco i regimi considerati come minacce per gli interessi americani.
E’ questo il caso contro il governo del Guatemala di Jacobo Arbenz nel 1954. Al contrario la Banca Mondiale sosterrà poi in seguito la giunta militare che rovescerà Jacobo Arbenz (Toussaint, Millet, 2007).
In mezzo agli altri esempi tra i più conosciuti in Africa, citiamo la dittatura di Mobutu nello Zaire, quella di Idi Amin Dada in Uganda, d’Habyarimana in Ruanda a partire dal 1973, di Idris Déby nel Ciad (Toussant, 2006).
Il debito: strumento
di dominio dei paesi ricchi
Il debito pubblico è un’opportunità per le rendite.
L’accrescimento del debito pubblico di uno Stato nazionale beneficia anche degli azionari e delle rendite (che Keynes qualificava come parassiti) perché si arricchiscono grazie alla produzione concreta degli altri attori (industria,agricoltura,operai…) e questo semplicemente perché questi dispongono di beni finanziari.
Va anche detto che, contrariamente a quel che l’opinione pubblica pensa in generale, i flussi finanziari più importanti vanno dunque dal Sud verso il Nord.
In conclusione sono i più poveri che aiutano i più ricchi .
Nel 2002, i flussi costituiti da trasferimenti di risorse (contributi e prestiti) dal Sud verso il Nord rappresentavano 200 miliardi di dollari nel 2002.
Nel 2004, mentre l’aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi OCSE per i paesi in via di sviluppo si elevava a 78 miliardi di dollari, il servizio del debito estero dei paesi sottosviluppati rappresentava 374 miliardi di dollari e di conseguenza, i flussi finanziari che andavano dal Sud verso il Nord erano 4,7 volte superiori ai flussi che andavano dal Nord verso il Sud (Banca Mondiale, 2005).
Nel 2003, l’APD (aiuto pubblico allo sviluppo) elevava l’importo a 54 miliardi di dollari e il rimborso a 436 miliardi cioè 8 volte di più. (Ziegler, 2005).
Il debito gestito dalla Banca mondiale è illegale
Nel momento in cui il Gabon raggiunse la sua indipendenza nel 1960, la Banca Mondiale ha trasferito in questo paese i debiti precedentemente sottratti dalla Francia per la colonizzazione del Gabon, e ciò rappresenta una totale violazione delle regole del diritto internazionale.
Dall’egemonia dei dirigenti francesi sull’economia gabonese la Francia non si è mai smentita: Omar Bongo ne era prima di tutto il garante. Un debito pattuito a queste condizioni è illegittimo e non deve essere rimborsato. (Toussaint, 2006).
Ci sono debiti contratti per realizzare progetti di sviluppo che si sono incagliati o le cui conseguenze umane o ambientali si sono rivelate nefaste a causa di una mancanza di studi preliminari (Ramos, 2008)
Cioè che si qualifica a volte come “elefante bianco” non sono altro che quei grandi progetti di cui ne beneficiano il governo o l’impresa privata, ma non la popolazione.
Ad esempio, gli ospedali ad alta tecnologia in cui lo Stato non ha previsto finanziamenti dei salari e la manutenzione e che sono lasciati nell’abbandono.
E’ questo il caso dell’Africa One, un progetto da 2 miliardi di dollari messo in piedi nel quadro di una partership AT& T- UIT-operatori privati e Stati africani che è completamente fallito, inghiottendo decine di milioni di dollari.
Allo stesso modo, WordCom: vera effige neoliberale diventata primo operatore mondiale in capitalizzazione borsistica e gran predatore di operatori nelle telecomunicazioni e che ha causato il più grande fallimento della storia degli USA e il più grande dirottamento finanziario mai registrato. Più di 11 miliardi di dollari. (Fullsack, febbraio 2005).
Abbiamo esaminato i rapporti tra il potere e le cause politico-ideologiche e i rapporti tra il potere e le cause economiche che possono spiegare le attuali disuguaglianze nel mondo.
In particolare, è il potere politico dei proprietari dei beni economici (i capitalisti della finanza e dei mezzi di produzione) che dominano alla grande il potere politico dei dirigenti pubblici .
Si tratta della governance economica, finanziaria, ideologica e della governance attraverso i poteri pubblici(nazionali e internazionali).
Il secondo livello di potere o di governance rappresenta l’autorità e le regole attraverso la violenza (poliziesca, militare…) attraverso il potere relazionale (le organizzazioni) e attraverso la governance imperialista.
La dimensione illegale viene dunque a rinforzare le carenze della governance non-democratica, ma alla fine rimane secondaria sul piano quantitativo, anche se sembra largamente sottostimata. In più, un delitto, anche se piccolo e raro, commesso da un eletto dal popolo dovrebbe far reagire i cittadini e i media.
Infine, se il capitalismo economico e politico possono spiegare l’attuale situazione mondiale di disuguaglianza estrema, il liberismo(con la sua deregulation) non fa che rinforzarlo, accentuandone ancora le tendenze verso il non rispetto delle regole di alcuni appartenenti alle élite attraverso la corruzione.
mondialisation.ca
Traduzione di Stella Bianchi-italiasociale.org
Thierry Brugvin è sociologo, autore del libro Les mouvements sociaux face au commerce éthique, Hermès/Lavoisier, 2007)

Costa d’Avorio, il ritorno degli squadroni

Scritto da: Alberto Tundo
Fonte:http://it.peacereporter.ne 

Uccisioni sommarie e sequestri, la crisi ivoriana si fa sempre pù grave mentre Gbagbo alza il tiro contro le Nazioni Unite che decidono la proroga della loro missione

La crisi politica in cui si è avvitata la Costa d’Avorio si fa sempre più grave, come dimostrano le bande di miliziani ricomparse sabato notte, a dimostrazione che il presidente Laurent Gbagbo pur di non farsi da parte è disposto veramente a tutto. Anche a minacciare le Nazioni Unite, da lui accusate di avere interferito nel processo elettorale e di essersi schierate con il leader dell’opposizione, Alassane Ouattara, vincitore delle presidenziali del 30 novembre. L’ultimo atto di questo braccio di ferro diplomatico è una minacciosa dichiarazione del ministro dell’Interno Emile Guirieolou, secondo il quale la missione Onu in Costa d’Avorio (Unoci) potrebbe essere considerata alla stessa stregua della guerriglia che controlla il nord del Paese. Con tutto ciò che questo comporta. Che il confronto si stesse sinasprendo lo si è capito tra sabato e domenica, quando pattuglie di militari delle Nazioni Unite sono state attaccate. Il capo dei peacekeepers, Alain LeRoy, ha dichiarato all’Agence France Presse, che soldati fedeli a Gbagbo, oltre agli attacchi ai Caschi blu, stanno cacciando i funzionari Onu dalle loro case e che hanno interrotto i rifornimenti di carburante.

Blitz notturni. La ricomparsa degli squadroni è il segno più tangibile di quanto il Paese si trovi vicino a quel baratro che lo aveva inghiottito tra il 2002 e il 2004. Il bilancio delle manifestazioni degli ultimi giorni è di una sessantina di morti e di oltre 200 feriti. Ancora più inquietante è il ritorno alla prassi dei sequestri: miliziani in uniforme, accompagnati da uomini dei servizi di sicurezza, da alcuni giorni razziano il quartiere della capitale dove si concentra lo stato maggiore del partito di Ouattara, l’Rdr: entrano nelle case nel cuore della notte per uccidere e sequestrare quelli che sono obiettivi scelti. Lo hanno confermato a Peacereporter fonti vicine al leader del partito, le quali hanno denunciato anche l’esistenza di una fossa comune nei pressi della prigione civile di Abdjan. Non sono molte le informazioni a riguardi, perché Gbagbo ha chiuso le emittenti che trasmettono programmi stranieri, notiziari compresi, e ha dato ordine ai suoi scagnozzi di far sparire le copie dei quotidiani a lui ostili. Di vitale importanza per il vecchio leader è la fedeltà di una corte di “giapponesi”, come Pierre Brou Amessan, il direttore della televisione di stato, la principale fonte di propaganda o come Blè Goudé, ministro della Gioventù, sottoposto a sanzioni nel 2006 dalle Nazioni Unite, che lo accusano di guidare un gruppo paramilitare,i Giovani Patrioti, responsabili di torture e uccisioni sommarie.

Le prime crepe nell’esercito. Una fedeltà che ha fatto saltare le catene di comando. Sempre più ininfluente, ad esempio, è il ruolo di Philippe Mangou, generale di Corpo d’armata, un quattro stelle scavalcato dal generale di brigata Dogbo Ble Brunot, il capo della Garde Republicaine, la guardia pretoriana che protegge il palazzo presidenziale. Sono i suoi vertici ad aver preso il comando dell’esercito e a tenere i collegamenti con le milizie private ricomparse sabato notte, provvidenziali ora che l’appoggio delle Forze armate ai golpisti si fa meno convinto: mercenari liberiani, orfani della guerra della Sierra Leone, e miliziani angolani, arrivati in nome dell’amicizia tra Gbagbo e il presidente dell’Angola Josè Eduardo Dos Santos. Secondo quanto appurato da Peacereporter, l’esercito non è più un potere monolitico: a diversi ufficiali sinceramente repubblicani il colpo di stato in atto non piace. Anche nella Gendarmeria sono emerse posizioni critiche, come quella del comandante del corpo, Edouard Tapiè Kassaraté, che si è rifiutato di sparare sulla folla scesa in piazza a favore di Ouattara.

La guerriglia in attesa. I guerriglieri delle Forces Nouvelles intanto rimangono a guardare: a parole esibiscono una ritrovata fedeltà alla Repubblica ma in realtà sanno che, con Gbagbo fuori dai giochi, ci sarà un rimescolamento dei posti di comando nell’esercito, con cui si sono fusi, e sanno che non conviene tornare alla guerriglia proprio ora. C’è una postilla, però: rimarranno fermi finché le truppe fedeli al vecchio presidente non attaccheranno i soldati dell’Onu che proteggono l’Hotel Du Golf, dove vive blindato Ouattara. Non a caso, in quell’albergo si trova anche il generale Soumaila Bakayoko, il loro comandante. Quella dell’Onu resta una presenza ingombrante per il regime, che sperava di liberarsene approfittando della scadenza del mandato, prevista per il 31 dicembre. Lunedì 20 però la missione dell’Unoci è stata prorogata di altri sei mesi. E’ il primo avvertimento a Gbagbo e ai suoi giapponesi. Un secondo è arrivato a stretto giro: l’Unione Europea ha adottato un divieto d’ingresso per il presidente, la moglie e altre 17 membri della cerchia presidenziale. Il congelamento dei conti bancari e il blocco dei beni sarà il prossimo passo.

Squadroni della morte ‘made in England’

Scritto da: Enrico Piovesana
Fonte: http://it.peacereporter.net

Bangladesh: nuovi ‘wikileaks’ rivelano che la Gran Bretagna ha addestrato le famigerate ‘camicie nere’ dei Battaglioni di azione rapida (Rab), accusate di centinaia di omicidi politici e torture

Tra i tanti ‘wikileaks’ usciti negli ultimi giorni, ce n’è uno che ha messo in forte imbarazzo il governo di Londra.

Da un cablogramma del maggio 2009 inviato dall’ambasciatore americano in Bangladesh, James Moriarty, è emerso infatti che la Gran Bretagna addestra i locali ‘squadroni della morte’: le famigerate forze speciali dei Battaglioni di azione rapida (Rab) legate al Partito nazionalista bengalese (Bnp).

Da anni, numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e Amnesty International, denunciano i crimini commessi dalle ‘camicie nere’ bengalesi dalla loro comparsa nel 2004: almeno mille attivisti e oppositori uccisi in esecuzioni mirate spacciate per ‘scontri a fuoco’ o a seguito di torture. Hwr ha descritto le Rab come ”squadroni della morte in stile latinoamericano, camuffate da forza anti-crimine”.

Gli obiettivi prediletti dei Rab sono i militanti maoisti del Purba Banglar Communist Party (Pbcp) e quelli integralisti del Jama’atul Mujahideen Bangladesh (Jmb), del Jagrata Muslim Janata Bangladesh (Jmjb) e dell’Harkat-ul-Jihad-al Islami Bangladesh (HuJi-B). Ma a finire vittime della gestapo bengalese sono anche attivisti locali per la democrazia e i diritti umani, oppositori politici, sindacalisti e giornalisti.

Anche gli Stati Uniti non ne escono molto bene da questa vicenda. In un altro cablogramma dell’agosto 2008, l’ambasciatore Moriarty scrive che gli Usa vorrebbero tanto sostenere i Rab, ma purtroppo non possono perché la legge americana impedisce l’addestramento di forze accusate di violazioni di diritti umani.

Questa consapevolezza, come dimostra un cablo del gennaio 2009, non impedisce agli Stati Uniti di fare pressioni sulla premier bengalese Sheikh Hasina affinché ”non smantelli i Rab”, giudicati da Washington come ”la miglior forza antiterrorismo del paese”, quella ”nella miglior posizione per divenire un giorno la versione bengalese dell’Fbi”.

Cavallo pazzo

Scritto da: Roberto Cegalin
Fonte: La patatina fritta

foto del Crazy Horse Memorial
Se i racconti e le sue gesta fossero avvenuti in un epoca assai remota, si potrebbe pensare che il suo nome fosse un ricordo leggendario, mitologico, utilizzato dai popoli oppressi come un mito a cui attingere…

Ma, Cavallo Pazzo, appartiene ad una storia recente, all’epoca in cui i colonizzatori bianchi invadevano il vecchio west e, di lui, ci sono pervenute molte testimonianze dirette di chi ha vissuto quell’epoca, indiani e “visi pallidi”compresi.

Quando nacque sua madre lo chiamò Cha-o-Ha, che vuol dire Tra-gli-Alberi, perché l’aveva partorito in un bosco. Ma lui, una volta adulto, decise di assumere il nome di suo padre, Tashunka Wikto, che i bianchi tradussero in Crazy Horse.

Apparteneva alla tribù degli Oglaga dei Lakota Sioux e combattè valorosamente contro l’esercito degli Stati Uniti D’America che, senza alcun rispetto per i popoli che abitavano quelle terre da tempo immemorabile, calpestava e devastava un mondo rimasto fino a quel momento in equilibrio con la madre terra.

Di lui, in particolar modo ,resta vivo il ricordo della vittoria contro il Generale Custer ed il settimo cavalleggeri nella battaglia del Little Big Horn che, alcuni istruttori della scuola militare americana hanno detto che Cavallo Pazzo è stato il più grande indiano esperto in tattiche di guerra che sia mai esistito.

Ma, oltre che valorosissimo condottiero militare è stato una guida spirituale che ha saputo portare “linfa vitale” ad un popolo che stava perdendo i suoi valori ed i suoi punti di riferimento, uomo che si è speso tutto  per la sua gente e per la sua terra.

Consiglio  vivamente di leggere il libro  “Gli Spiriti non dimenticano” scritto da un giornalista  italiano, Vittorio Zucconi che vive e lavora negli Stati Uniti.

Vittorio Zucconi, , ha saputo conquistare la fiducia della tribù del grande condottiero Sioux  e ha ottenuto il permesso di parlarne dopo aver consultato molti documenti la maggior parte non accessibili ai più… un libro che suscita molte emozioni e profondo rispetto per questa splendida figura di uomo.

Giappone, l’arma è mobile

Scritto da: Gabriele Battaglia
Fonte: http://it.peacereporter.net

Il nuovo programma di difesa nazionale: dalla Guerra Fredda alla dottrina anticinese

I media internazionali hanno dato grande risalto al nuovo programma di difesa nazionale giapponese. Si chiama “dynamic defense capability” e implica un cambiamento non solo contingente, ma anche dottrinale.
Dal vecchio modello basato sulla difesa della parte nord dell’arcipelago, con Hokkaido al centro, si passa infatti a una strategia incentrata sulla parte meridionale del Paese e sulle isole Nansei.

Le Nansei, prossime a Taiwan, comprendono l’arcipelago delle Senkaku, che è parte della prefettura di Okinawa e da mesi al centro di una disputa con la Cina, che le chiama Diaoyu. Qui, ad agosto, un peschereccio cinese ha speronato due motovedette giapponesi che cercavano di fermarlo. Nella crisi che ne è seguita, condita da manifestazioni nazionaliste da entrambe le sponde del mare, è emerso con chiarezza un nuovo scenario.
La Cina, in difinitiva, è percepita come il nuovo principale antagonista del Giappone. Nel programma di difesa nazionale – varato dal governo con stanziamento di fondi per il quinquennio 2011-15 – il Dragone sostituisce “nero su bianco” la Russia come minaccia numero uno per l’integrità territoriale nipponica. Va in soffitta l’eredità della Guerra Fredda, si apre una nuova era.
C’è poi la penisola coreana da tenere d’occhio, specie dopo le ultime vicende di un conflitto che dal 1953 non è mai stato formalmente chiuso.

La trasformazione è “dottrinale” anche nel senso che il nuovo modello di difesa è definito “dinamico“. In pratica si farà sempre più affidamento sulla flessibilità delle forze armate e sulla loro capacità di monitorare in tempo reale le manovre dell’ipotetico antagonista.
Lo impone la geografia dei luoghi. Mentre a nord il Giappone finisce con Hokkaido (più a settentrione, le Curili sono occupate dai russi), a sud si prolunga in un pulviscolo di isole fino a Taiwan e ben in profondità nel Mar Cinese Orientale: piccoli avamposti per piccole guarnigioni, con la necessità di trasportare velocemente truppe e materiali in tutte le direzioni.
Questo implica un comando integrato di esercito, aviazione, trasporti, con in aggiunta una nuova dotazione di missili installati sugli isolotti e puntati verso la Corea del Nord.

A questo punto, perché tutta l’enfasi nel presentare le novità?
“Nansei, Senkaku, Okinawa”, ecco una possibile chiave di lettura. Il nuovo programma di difesa nazionale, strillato ai quattro venti nella sua inevitabilità, sembra un ottimo strumento per fare pressioni sugli abitanti di Okinawa che si battono contro il trasferimento della base militare Usa di Futenma a Henoko, sempre sull’isola.
Il Primo ministro Naoto Kan, che ha visitato la base militare statunitense lo scorso weekend per la prima volta dalla sua nomina, a giugno, ha sondato il terreno con alcune dichiarazioni.
Ha per esempio sostenuto che lo spostamento della base all’interno dell’isola è un’opzione “migliore” (rispetto al suo trasferimento altrove) anche se “non la migliore in assoluto”.

Ha dovuto però incassare la decisa opposizione del neoeletto governatore Hirokazu Nakaima: un piano per il trasferimento della base all’interno di Okinawa – ha tagliato corto l’anziano politico – “non potrebbe in nessun caso essere ‘migliore’, ma solo pessimo“.
La partita è aperta.
Nel frattempo, il lavorio ai fianchi della propaganda che evoca lo spauracchio cinese comincia a dare i suoi frutti: secondo un sondaggio commissionato dal governo, il 78 per cento dei giapponesi afferma di “non sentirsi vicino” alla Cina, il 19 per cento in più rispetto all’anno scorso, per il peggior risultato dal 1978.

L’irresistibile ascesa di Padoa Schioppa

Fonti: Disinformazione Giornalettismo Arianna editrice

All’ombradelloSCUDOROSSO(Rothschild)

Padoa Schioppa è diventato famoso per il grande pubblico, nel 2007, quando era Ministro del Governo Prodi, per il suo invito alle famiglie italiane di mandare fuori di casa i “bamboccioni“, con tale termine poco edificante si riferiva ai ragazzi che restano in casa con igenitori nella fascia dai 20 ai 30 anni. Era Ministro di un Governo di centrosinistra e invece di affrontare il tema della disoccupazione giovanile e della enorme diffusione del lavoro precario (sviluppatosi per scelta della Confindustria, ma ben accolto dal Ministro Treu all’epoca del precedente Governo D’Alema), pose i giovani sul banco degli accusati. Era evidente che lui, come i Ministri e i capi partito che avevano deciso di allontanarsi dal “diritto al lavoro“, sancito nella Costituzione Italiana, e dalla conquista sindacale e sociale del “lavoro stabile“, non avevano alcuna idea di come una persona potesse sopravvivere autonomamente con 7/ 800 Euro al mese (chi aveva la fortuna di trovare lavoro “occasionale” e “precario” per un intero mese), oppure avendone piena consapevolezza non lo ritenevano un problema loro.
Io ero senatore di maggioranza (2006-2008) e lui era il mio Ministro, ma non lo conoscevo se non per il fatto che era magnificato, soprattutto a sinistra, come grande economista e che i giornali avevano parlato di lui come autorevole candidato alla guida della Banca d’Italia; poi mi feci una mia diversa opinione e nell’ottobre 2007 entrai in polemica con la sua illustrazione della finanziaria 2008, in cui parlò dei poveri ma diede denaro ai ricchi.
Ora, con la nomina di Tommaso Padoa Schioppa a tutor della finanza del Governo greco, amici greci mi hanno chiesto una nota di commento ed ho pensato che fosse opportuno fare una ricerca su Internet.
Da una ricerca sommaria è emerso che:
– egli è un autorevole membro delle più potenti organizzazioni massoniche e sioniste del mondo, come il Gruppo dei 30, l’Aspen Institute, la Commissione Trilaterale e il Club Bilderberg (il Club Bilderberg, nel 2009, si riunì proprio in Grecia ad Atene e tra le altre decisioni in agenda, fu forse deciso di stringere il cappio monetario al collo della Grecia );
– ha saldi rapporti con i Rothschild (cosa evidente visto che tutte le Banche Nazionali, appositamente privatizzate, sono largamente partecipate Rothschild e non ne possono diventare dirigenti persone non gradite alla famiglia capofila dei banchieri sionisti);
– è stato un alto dirigente di Bankitalia in fasi molto delicate e confuse, durante le quali riuscì a “guardare altrove” e  a “non vedere” (tra le cose poco chiare di quel periodo, c’è lo svaporarsi di riserve auree e in moneta pregiata, sotto la Presidenza Bankitalia di Carlo Azeglio Ciampi, poi diventato Presidente della Repubblica);
– ha forti legami con i centri di potere del sionismo che hanno consentito alla moglie di realizzare l’Università sionista in Italia, diventandone rettore.
La grande finanza mondiale ha quindi piazzato in Grecia uno dei suoi uomini migliori, e io credo che governo e partiti greci sappiano benissimo chi (volenti o nolenti) si sono messi in casa; sarebbe un problema forse più grave se non avessero nemmeno cercato di avere le informazioni che un “non professionista” come me ha raccolto su Internet in una sola giornata. Leggere queste notizie su Padoa Schioppa, per me è stata una rivelazione, ma anche una ulteriore conferma dello smarrimento politico, morale ed etico della sinistra storica italiana che si era  messa nelle mani, non di un gregario, ma di uno dei capi del gangsterismo politico finanziario mondiale.

Elettrosensibilità, una malattia non da tutti riconosciuta

Scritto da: Andrea Boretti
Fonte: http://www.terranauta

L’elettrosensibilità è una malattia. Ad affermarlo, contro l’opinione di istituzioni e multinazionali del telefonino, è il Professor Olle Johansson che, da oltre 20 anni, studia il fenomeno. La Svezia ha risposto all’allarme del professore, altri paesi stanno valutando se riconoscerne il lavoro e prendere provvedimenti. L’Italia, ancora una volta, sembra ferma al palo.
Allergico al telefono, al cellulare, alla televisione e al forno a microonde. No, non è una rivolta sociale di chi rifiuta la modernità, si tratta di una vera malattia

Allergico al telefono, al cellulare, alla televisione e al forno a microonde. No, non è una rivolta sociale di chi rifiuta la modernità e l’essere reperibili sempre e a qualunque costo, si tratta di una vera e propria malattia. Lo dice l’OMS che stima in una cifra compresa tra l’1% e il 3% della popolazione mondiale le persone affette da elettrosensibilità.

I sintomi della malattia sono diversi: cefalea, vertigini, rossore, tachicardia. “Una chiamata al telefonino un giorno mi ha portato alle convulsioni” racconta Sergio Crippa, membro dell’Associazione Italiana Elettrosensibili e coordinatore dei malati in Lombardia. L’intensità varia, ovviamente, da persona a persona, quello che non varia e sembra non varierà con semplicità è lo status della patologia che ancora oggi non è considerata una malattia a tutti gli effetti in nessun paese del pianeta.

A dire il vero un’eccezione c’è ed è la solita Svezia, che come spesso accade è all’avanguardia nella tutela di molti diritti civili. Il riconoscimento da parte di questo paese è il risultato di anni di pressione sulle istituzioni del Dottor Olle Johanson, vero e proprio pioniere degli studi sull’elettrosensibilità che, da oltre 20 anni, studia la materia diventando, nel corso del tempo, una sorta di portavoce di chi nel mondo si dichiara elettrosensibile.

Secondo Johansson chi si dichiara tale soffre di una vera e propria allergia. Il nostro sistema immunitario – spiega il professore svedese – si è sviluppato in sintonia con nemici riconosciuti e non è pronto a fronteggiare gli “allergeni” elettromagnetici contenuti in segnali TV, onde radio e via dicendo.

L’intensità del disturbo varia ovviamente a seconda dei casi e Johanson è riuscito nel corso degli anni ad analizzare e riconoscerne le diverse tipologie. Questa ricerca lo ha rafforzato nella convinzione che la percentuale di elettrosensibili sia decisamente più alta (tra il 3% e il 10%) rispetto alle stime dell’OMS.
Vere e proprie cure ovviamente non ce ne sono, l’unica speranza al momento è che politici e amministrazioni fissino nuovi limiti di sicurezza nello sviluppo delle nuove tecnologie

Vere e proprie cure ovviamente non ce ne sono, l’unica speranza al momento è che politici e amministrazioni fissino nuovi limiti di sicurezza nello sviluppo delle nuove tecnologie. “In una risoluzione UE del 4 Settembre 2008, il Parlamento Europeo ha riconosciuto che l’esposizione ai livelli di radiazione deve basarsi su fattori biologici, non solo sugli effetti del surriscaldamento. Una posizione sottolineata anche da un rapporto dello scorso 23 Febbraio” racconta Johansson.

Un segnale che qualcosa si sta muovendo? Forse, visto che anche Canada, USA, Regno Unito e Svizzera stanno valutando l’ipotesi di riconoscere l’elettrosensibilità come una malattia. Non così in Italia dove la questione è al centro di un forte dibattito. Protagonisti della diatriba sono da una parte l’Associazione Italiana Elettrosensibili e quella per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o ambientale (MCS) – che lottano per il riconoscimento della patologia – dall’altra le istituzioni e e la Società Italiana di Elettromagnetismo che appoggia la posizione dell’OMS secondo cui l’elettrosensibilità sarebbe solo una suggestione psicologica.

“Mancano dati di laboratorio precisi” dice Guglielmo D’Inzeo, ordinario di Interazione bioelettromagnetica presso La Sapienza di Roma. A queste critiche risponde invece Angelo Levis, ex ordinario di Mutagenesi ambientale a Padova e fondatore di Apple (Associazione per la Prevenzione e la Lotta all’Elettrosmog), secondo cui il mancato riconoscimento della malattia è dovuto semplicemente alla commistione tra chi fa ricerca, chi fa servizi di telefonia mobile e la realtà istituzionale internazionale. “Questa situazione – afferma Levis – provocherà nei prossimi anni, gli stessi danni che il tabacco ha fatto al ‘900, e la sua effettività è dimostrata da studi epidemiologici, geografici e dal lavoro di Johansson, che ha aperto uno spiraglio di luce per tutti i malati.

Better Place: stazione di scambio batteria al volo per veicoli elettrici

Scritto da: Giuseppe Tavella
Fonte: www.howtobegreen.eu

Il nodo prevalente della mobilità elettrica è da sempre quello legato all’autonomia. Il progetto israeliano Better Place è tanto semplice quanto rivoluzionario: realizzare in tutto il mondo innumerevoli stazioni automatiche di scambio batteria (battery swapping).

Non è quindi un sistema di ricarica ma un vero e proprio scambio fra la batteria scarica ed una perfettamente ricaricata. Questa tecnologia è chiamata quickdrop e permette a qualsiasi auto elettrica predisposta appositamente di ottenere un cambio della batteria in un tempo addirittura inferiore a quello necessario attualmente per fare il pieno di carburante: meno di un minuto.

Il cambio della batteria avviene senza nemmeno scendere dalla macchina.

Il progetto Better Place prevede che il proprietario del veicolo non possieda di fatto le batterie ma che le possa utilizzarle sfruttando abbonamenti simili a quelli che attualmente si utilizzano per la telefonia mobile. Questo comporta non solo un costo dell’auto elettrica molto più basso di quello in cui la batteria è compresa ma anche di liberare il proprietario dell’auto da rischi legati a guasti e/o garanzie dell’anello più debole di tutto il sistema, la batteria appunto.

Il progetto Better Place è pensato per risolvere contemporaneamente due problemi: l’ansia da autonomia (tipica sensazione di chi viaggia in veicoli puramente elettrici) e la mancanza di stazioni di servizio lungo il proprio percorso. Costruendo veicoli con tecnologia quickdrop, stazione automatiche di scambio batteria e considerando che i veicoli elettrici comunque sono sempre ricaricabili in modalità plug-in da qualsiasi presa elettrica 220V, si ottiene una tecnologia non solo potenzialmente ecologica al 100 percento ma funzionale ed in grado di competere in prestazioni e flessibilità con le comodità garantite dalle attuali macchine endotermiche (benzina, diesel, gas ed ibride).

La rivoluzione è già in atto a Tel Aviv, a Tokyo e in numerose città nord europee dove sono stati siglati accordi per lo sviluppo di questa tecnologia.

Perchè i cinesi stanno divorando oro senza alcun freno

FONTE: http://endoftheamericandream.com
Traduzione a cura di JJULES per www.comedonchisciotte.org

Perché i cinesi stanno acquistando così tanto oro?
Nel 2010 è stata la domanda al di fuori della Cina uno dei fattori principali del sensazionale aumento del prezzo dell’oro. L’oro è salito circa del 26 per cento quest’anno e la maggior parte degli analisti prevede che aumenti ancora di più nel 2011. Dunque, la Cina sta acquistando oro a velocità sbalorditiva perché viene visto come un buon investimento o ci sono altri elementi in gioco?
I cinesi considerano l’oro come un riparo dall’inflazione?
La Cina sta cercando di evitare i Buoni del Tesoro americani?
L’oro è semplicemente diventato molto più attraente delle monete cartacee come l’euro e il dollaro americano?
Oppure la Cina si starebbe preparando all’imminente crollo finanziario che molti economisti vedono arrivare?
E’ sempre difficile dire con esattezza che cosa stia combinando la Cina ma una cosa è certa – stanno comprando oro senza alcun freno.

E’ stato annunciato di recente che la Cina ha importato 209,7 tonnellate di oro nel corso dei primi dieci mesi del 2010. Si tratta di cinque volte l’oro che la Cina ha importato nel corso dello stesso periodo del 2009.

Come si spiega un simile sensazionale aumento?

La Cina ha bisogno di tutto quell’oro per l’utilizzo nazionale?

Indubbiamente l’oro sta diventando molto di moda in Cina ma non che la Cina non riesca a produrre da sola una quantità enorme di oro. Infatti, dal 2007 la Cina è il primo produttore mondiale di oro del mondo e certamente non ha scarsità di metallo giallo.

Se le cose stanno così, cos’altro potrebbe spiegare il fatto che la Cina stia acquistando oro così in fretta?

Bene, sembrano esserci quattro teorie fondamentali sul perché la Cina stia comprando in questo momento così tanto oro.

#1 Un riparo dall’inflazione

Già stiamo iniziando a vedere un inizio di inflazione seria in Cina. In particolare, l’inflazione dei generi alimentari minaccia di sfuggire da ogni controllo. In una condizione inflazionistica, l’oro è sempre un buon investimento.

#2 Un’alternativa ai Buoni del Tesoro americani

Nel corso dell’ultimo decennio, la Cina ha investito molto, molto pesantemente in Buoni del Tesoro americani. Infatti, ad oggi il governo degli Stati Uniti deve alla Cina quasi mille miliardi di dollari. Tuttavia, nel corso degli ultimi uno o due anni la Cina ha drasticamente ridotto gli acquisti di Buoni del Tesoro americani e si sta dando da fare per trovare investimenti alternativi. L’oro è sempre stato un investimento molto sicuro e con l’attuale instabilità del sistema finanziario ha molto senso investire in oro.

#3 Una mancanza di fiducia nelle monete cartacee

Nel corso dell’ultimo decennio, la Cina ha accatastato giganteschi cumuli di riserve Forex ma ultimamente le monete cartacee come l’euro il dollaro americano stanno diventando sempre più instabili. La crisi del debito sovrano europeo minaccia di far crollare l’euro in qualunque momento. Il Quantitative Easing 2 e l’accordo sui tagli fiscali che Obama e i Repubblicani stanno cercando di far approvare al Congresso stanno facendo perdere molta fiducia nel dollaro americano al resto del mondo. In queste condizioni, è diventato molto meno invogliante detenere monete cartacee.

#4 La preparazione all’imminente crollo finanziario

Non ci vuole un genio per capire che stiamo vivendo nella più grande bolla del debito della storia del mondo e che, ad un certo punto, il sistema finanziario mondiale andrà in rovina. Quando questo accadrà, la situazione più sicura in cui trovarsi saranno i metalli preziosi e le altre materie prime. I cinesi sono molto presi a divorare oro, argento e numerose altre materie prime, e quindi che lo facciano di proposito o meno, si stanno sistemando per superare meglio di altre nazioni l’imminente tempesta finanziaria.

Ancora una volta, è sempre difficile dire con esattezza quello che sta facendo la Cina. Forse tra sei mesi o un anno, la Cina cambierà di nuovo rotta. Ma al momento la Cina sta divorando enormi quantità di oro e, se questo continuerà, si creerà un enorme squilibrio sui mercati finanziari globali.

In effetti, se tutti questi acquisti cinesi proseguiranno ancora per qualche tempo, potrebbero far saltare molti di coloro che detengono importanti posizioni corte in oro. Ma non è soltanto il governo cinese ad essere stato colpito dalla “febbre dell’oro” in questo momento.

I cittadini cinesi stanno acquistando oro ad un ritmo mai visto prima.

Alla Borsa Aurifera di Shangai, i volumi delle contrattazioni sono aumentati del 43 per cento nel corso dei primi 10 mesi del 2010.

Poiché è aumentato il ceto medio cinese, l’oro è diventato sempre più di moda. E’ sbalorditivo il fatto che le famiglie cinesi hanno acquistato, a partire dal 2007, quasi la metà dell’oro comprato da tutti gli investitori di Wall Street messi insieme

Questo è un altro segnale di quanto sia arrivata lontano la Cina. La Cina non è più un attore di second’ordine sul palcoscenico mondiale. La verità è che la Cina oggi è un’importante superpotenza economica.

In un precedente articolo intitolato “Cina al numero 1, Stati Uniti al numero 2? 25 fatti che dimostrano che la transizione sta davvero avvenendo”, avevo descritto in dettaglio alcune delle statistiche che dimostrano che la Cina sia diventata una fucina assoluta. I punti seguenti sono soltanto alcuni esempi tratti da quelle statistiche…

*Gli Stati Uniti sono stati leader del consumo di energia nel mondo per quasi 100 anni, ma l’estate scorsa la Cina è salita in vetta.

*Nel corso degli ultimi 15 anni, la Cina è passata dal 14° posto al 2° posto negli articoli di ricerca scientifica pubblicati a livello mondiale.

*Secondo un recente studio, entro l’anno prossimo la Cina potrebbe diventare il primo paese per numero di brevetti depositati.

*La Cina possiede oggi il supercomputer più potente del mondo.

*La Cina ha ora il treno più veloce del mondo e la rete ferroviaria ad alta velocità più estesa del pianeta.

*Nel 1998, gli Stati Uniti detenevano il 25 per cento della quota di mercato delle esportazioni high-tech mentre la Cina appena il 10 per cento. Dieci anni dopo, gli Stati Uniti detenevano meno del 15 per cento e la quota della Cina aveva raggiunto il 20 per cento.

*L’economista Premio Nobel Robert W. Fogel dell’Università di Chicago prevede che, se continuano le tendenze attuali, entro l’anno 2040 l’economia cinese sarà tre volte più ampia di quella americana.

E gli Stati Uniti?

Beh, la verità è che gli americani hanno subito un tale appiattimento culturale che solo circa il 70 per cento di loro riesce a trovare la Cina su una cartina geografica.

Triste, vero?

Sullo scacchiere globale la Cina oggi sembra essere costantemente quattro o cinque mosse più avanti degli Stati Uniti.

Dunque, se la Cina è così presa ad acquistare oro a velocità frenetica forse è perché sa esattamente quello che sta facendo.

Link: http://endoftheamericandream.com/archives/buying-gold-why-are-the-chinese-gobbling-up-gold-like-there-is-no-tomorrow
17.12.2010