Reliquia Beato Carlo Spinola

Scritto da: Angelo Paratico
Fonte: La patatina fritta

Ricordo che quella era una bella giornata di primavera del 1995. Stavo passeggiando per Via della Scrofa in attesa di incontrare l’amico Gino Agnese, un editorialista del Tempo. Scorsi una bottega di legatoria, con una sezione di piccoli gioielli. Ero a caccia di vecchi polsini per camicia. Entrai e diedi un’occhiata all’esposizione. Scorsi un pezzo di carta con scritto il nome Spinola e ne fui subito attratto.

 A quel tempo ero interessato a Publio Francesco Spinola, un eretico milanese mandato a morte dalla Serenissima nel 1567. Un poeta e un filosofo, fulminato dal pensiero di Lutero e di Zwingli. Si guadagnava il pane a Venezia come precettore e insegnante di latino, ma voleva fare adepti. Qualcuno lo tradì e finì incarcerato. Così grande era il suo zelo che non rinunciò a predicare ai carcerieri e ai compagni di cella. L’inquisitore papale, quando lo venne a sapere, lo volle arso vivo in piazza San Marco.  Il doge s’oppose e decretò invece di eliminarlo quietamente, alla veneziana. Di notte, con le mani e i piedi legati, fu gettato in un canale.

 Di Publio Francesco Spinola, già allora, possedevo un libro rarissimo che raccoglie le sue opere latine, stampato a Basilea nel 1560, per questo motivo ero interessato a lui.

 

 Aprii quella carta ripiegata e la lessi. C’era anche un reliquiario argentato lungo circa tre centimetri, all’interno del quale, dietro a un vetrino, stava un minuscolo frammento di tessuto bianco. Forse era seta. Il documento era scritto in latino ed era datato 1869. Portava una intestazione vescovile e la dicitura episcopi Nicaensi. Confesso che lì per lì pensai all’Asia minore, mentre in realtà era Nizza. Si diceva che la reliquia conteneva un frammento tratto dalla camicia del beato Carlo Spinola sj, e il signor Vescovo garantiva la sua genuinità con una firma.

 

Conoscevo Carlo Spinola, avendo letto vari libri sulla storia di Macao, un ex colonia portoghese che si trova a un’ora di battello da Hong Kong.

 

Non ricordo quanto pagai i due oggetti, ma certamente non più di duecentomila lire. Tornato a Hong Kong li riposi in una scatola di porcellana, una delle tante cineserie che possiedo e me ne scordai.

 

 Due anni fa mi tornarono in mano e ne parlai a Gianni Criveller, un padre del Pime e storico, con varie pubblicazioni al suo attivo: su Matteo Ricci, su Aleni e Martini. Gli dissi che mi sarebbe piaciuto donarla a Macao, dato che non possiedono nulla di tangibile che ricordi la sua residenza, tranne il simbolo della città, le imponenti rovine della cattedrale di San Paolo. Gianni s’impegnò e alla fine riuscì a destare l’interessare del dipartimento culturale del governo di Macao. La piccola reliquia del beato Carlo Spinola sj è adesso di loro proprietà. Per la prima volta, nel mese di ottobre, verrà esposta a Macao alla grande mostra dedicata al confratello di Spinola, Michele Ruggeri sj.

 

 

 


 

Mercurio potrebbe ospitare depositi di ghiaccio (e composti organici)

Fonte: http://phys.org/news/2012-11-messenger-evidence-ice-mercury-poles.html
Tradotto da: http://www.ditadifulmine.com

Acqua su Mercurio? Se la sola idea vi fa balzare dalla sedia, in realtà ci sono discrete probabilità che il pianeta più vicino alla nostra stella ospiti grandi quantità di ghiaccio d’acqua all’interno di aree eternamente nascoste dalla radiazione termica solare.
Sono ormai molte le misurazioni che suggeriscono che alcune regioni di Mercurio siano ricche di ghiaccio d’acqua. Nonostante i soli 46-69 milioni di km di distanza dal Sole e l’esposizione massiccia alla radiazione stellare, Mercurio è inclinato sul suo asse rotazionale di nemmeno un grado, creando intere aree della sua superficie perennemente avvolte dall’oscurità.
L’ipotesi che queste regioni oscure potessero ospitare ghiaccio d’acqua è stata proposta diverse decadi fa, ma è solo dal 1991 che si è iniziato a raccogliere le prime prove dell’esistenza di ghiaccio attraverso il radiotelescopio di Arecibo.
I ricercatori dell’osservatorio portoricano scoprirono alcune strane chiazze bianche nelle riprese radar del telescopio, chiazze che riflettevano la luce solare secondo un comportamento coerente con la presenza di ghiaccio d’acqua sulla superficie del pianeta.
Molte di queste macchie bianche si trovavano in corrispondenza di crateri da impatto ripresi dalla sonda Mariner 10 negli anni ’70, ma la copertura fotografica del pianeta fu completata per meno del 50% della superficie di Mercurio, rendendo impossibile esaminare nel dettaglio la collocazione di questi ipotetici depositi di ghiaccio.
MESSENGER, giunta su Mercurio lo scorso anno e dotata di una strumentazione scientifica ben più avanzata di quella della Mariner 10, sta iniziando a fornire dati preziosissimi: il suo Mercury Dual Imaging System ha confermato che le macchie bianche osservate dal radar di Arecibo oltre 20 anni fa si troverebbero in regioni costantemente al buio, lontane dalla radiazione termica del Sole.
La spettroscopia a neutroni condotta dalla strumentazione di MESSENGER, inoltre, ha fornito prove consistenti del fatto che i depositi polari di Mercurio sarebbero composti da ghiaccio d’acqua in superficie, sepolti da uno strato di uno strano materiale scuro.

In rosso, le regioni perennemente in ombra sulla superficie di Mercurio

I dati mostrano che la concentrazione di idrogeno nelle aree oscure è consistente con la presenza di ghiaccio d’acqua. “I dati sui neutroni indicano che i depositi polari visibili al radar contengono, in media, uno strato ricco di idrogeno spesso oltre 10 centimetri, sepolto sotto uno strato di 10-20 centimetri meno ricco di idrogeno” spiega David Lawrence, membro del team di MESSENGER. “Lo strato sepolto ha un contenuto di idrogeno consistente con ghiaccio d’acqua quasi puro”.

Il Mercury Laser Altimeter, strumento che ha “sparato” oltre 10 milioni di impulsi laser contro la superficie del pianeta per mapparlo dettagliatamente, ha anche scoperto zone meno riflettenti, probabilmente regioni in cui il ghiaccio è ricoperto da uno strato di materiale isolante.
Secondo David Paige, ricercatore della University of California, questo materiale isolante sarebbe composto da un mix di composti organici complessi trasportati su Mercurio dall’impatto di comete e asteroidi, gli stessi potenziali responsabili del trasporto dell’acqua sul pianeta.
Il materiale organico potrebbe aver assunto una colorazione scura per via dell’esposizione alle tremende radiazioni che colpiscono la superficie di Mercurio anche nelle aree non direttamente esposte alla radiazione termica e luminosa del Sole.
“Per oltre 20 anni si è discusso se il pianeta più vicino al Sole possedesse acqua in abbondanza nelle sue regioni permanentemente all’ombra. MESSENGER ha ora fornito un verdetto affermativo. Ma le nuove osservazioni sollevano nuove domande. Questo materiale scuro nei depositi polari consiste per la maggior parte di composti organici? Che tipo di reazioni chimiche ha sperimentato? Ci sono regioni su Mercurio, o al suo interno, che possono ospitare acqua liquida e composti organici? Solo con la continua esplorazione di Mercurio possiamo sperare di rispondere a queste domande”.

CONTRO LA DITTATURA DELLA FINANZA – Una lettera di Alex Zanotelli

Fonte: http://www.coscienzeinrete.net/economia/item/966-contro-la-dittatura-della-finanza-una-lettera-di-alex-zanotelli

E’ ETICO PAGARE IL DEBITO?

Ho riflettuto a lungo come cristiano e come missionario,nonchè come cittadino, sulla crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando, e sono riandato alla riflessione che noi missionari avevamo fatto sul debito dei paesi impoveriti del Sud. Per noi i debiti del Sud del mondo erano ‘odiosi’ e ‘illegittimi’ perché contratti da regimi dittatoriali per l’acquisto di armi o per progetti faraonici , non certo a favore della gente. E quindi non si dovevano pagare! “E’ immorale per noi paesi impoveriti pagare il debito,” -così affermava Nyerere, il ‘padre della patria ‘ della Tanzania, in una conferenza che ho ascoltato nel 1989 a Nairobi (Kenya). ” Quel debito- spiegava Nyerere- non lo pagava il governo della Tanzania, ma il popolo tanzaniano con mancanza di scuole e ospedali.” La nota economista inglese N.Hertz nel suo studio Pianeta in debito , affermava che buona parte del debito del Sud del mondo era illegittimo e odioso.

Perché abbiamo ora paura di applicare gli stessi parametri al debito della Grecia o dell’Italia?

Nel 1980 , il debito pubblico italiano era di 114 miliardi di euro, nel 1996 era salito a 1.150 miliardi di euro ed oggi a quasi duemila miliardi di euro. “Dal 1980 ad oggi gli interessi sul debito- afferma F.Gesualdi- hanno richiesto un esborso in interesse pari a 2.141 miliardi di euro!” Lo stesso è avvenuto nel Sud del mondo. Dal 1999 al 2004 i paesi del Sud hanno rimborsato in media 81 miliardi di dollari in più di quanto non ne avessero ricevuto sotto forma di nuovi prestiti.

E’ la finanziarizzazione dell’economia che ha creato quella ‘bolla finanziaria’ dell’ attuale crisi. Una crisi scoppiata nel 2007-08 negli USA con il fallimento delle grandi banche ,dalla Goldman Sachs alla Lehman Brothers ,e poi si è diffusa in Europa attraverso le banche tedesche che ne sono state i veri agenti, imponendola a paesi come l’Irlanda, la Grecia…”Quello che è successo dal 2008 ad oggi- ha scritto l’economista americano James Galbraith-è la più gigantesca truffa della storia.”

Purtroppo la colpa di questa truffa delle banche è stata addossata al debito pubblico dei governi allo scopo di imporci politiche di austerità e conseguente svendita del patrimonio pubblico. Queste politiche sono state imposte all ‘Unione Europea dal ‘Fiscal Compact’ o Patto Fiscale , firmato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 capi di Stato della UE. Con il Fiscal Compact si rendono permanenti i piani di austerità che mirano a tagliare salari, stipendi, pensioni, a intaccare il diritto al lavoro, a privatizzare i beni comuni. Per di più impone il pareggio in bilancio negli ordinamenti nazionali. I governi nazionali dovranno così attuare, nelle politiche di bilancio, le decisioni del Consiglio Europeo, della Commissione Europea e soprattutto della Banca Centrale Europea(BCE) che diventa così il vero potere’ politico’ della UE. Il potere passa così nelle mani delle banche e dei mercati. La democrazia è cancellata. L’ ha affermato la stessa Merkel: “La democrazia deve essere in accordo con il mercato.” Siamo in piena dittatura delle banche.

E’ il potere finanziario che ha imposto come presidente della BCE, Mario Draghi, già vicepresidente della Goldman Sachs, (fallita nel 2008!) e a capo del governo italiano Mario Monti, consulente della Goldman Sachs e Coca-Cola, nonché membro nei consigli di amministrazione di Generali e Fiat. (Monti fa parte anche della Trilaterale e del Club Bilderberg) .Nel governo Monti poi molti dei ministri siedono nei consigli di amministrazione dei principali gruppi di affari della Penisola: Passera , ministro dello Sviluppo Economico, è ad di Intesa San Paolo; Fornero, ministro del lavoro , è vicepresidente di Intesa San Paolo;F. Profumo, ministro dell’istruzione è amministratore di Unicredit Private Bank e di Telecom Italia; P.Gnudi, ministro del Turismo, è amministratore di Unicredit Group; Piero Giarda, incaricato dei Rapporti con il Parlamento, è vicedirettore del Banco Popolare e amministratore di Pirelli. Altro che ‘governo tecnico’: è la dittatura della finanza!

Infatti sotto la spinta di questo governo delle banche, il Parlamento italiano ha votato il ‘Patto Fiscale’, il Trattato UE che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del PIL in vent’anni. Così dal 2013 al 2032, i governi italiani , di destra o sinistra che siano, dovranno fare manovre economiche di 47-48 miliardi di euro all’anno ,per ripagare il debito. ” Noi italiani siamo polli in una macchina infernale- commenta giustamente F.Gesualdi- messa a punto dall’oligarchia finanziaria per derubarci dei nostri soldi con la complicità della politica.” E ancora più incredibile è il fatto che sia stato proprio il Parlamento , massima istituzione della democrazia, a mettere il sigillo ” a una interpretazione del tutto errata della crisi finanziaria, ponendola nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale- così pensa L. Gallino. La crisi, nata dalle banche, è stata mascherata da crisi del debito pubblico.”

Il problema non è il debito pubblico (anche se bisogna riflettere per capire perché siamo arrivati a tali cifre!), ma il salvataggio delle banche europee che ci è costato almeno 4mila miliardi di dollari , a detta dello stesso presidente della UE, Barroso (Sembra che il salvataggio delle ‘banche americane’ fatto da Obama sia costato su 14mila miliardi di dollari!) .

E’ chiaro che non possiamo accettare né il Patto fiscale della UE, né la sua ratifica fatta dal Parlamento italiano ,né la modifica costituzionale dell’articolo 81 ,perché a pagarne le spese sarà il popolo italiano.

C’è in Europa una nazione che ha scelto un’altra strada:l’Islanda. La nostra stampa non ne parla. L’Islanda pittosto che salvare le banche (non avrebbe neanche potuto farlo, dato che i suoi debiti si erano gonfiati fino a dieci volte del suo PIL!), ha garantito i depositi bancari della gente ed ha lasciato il suo sistema bancario fallire, lasciando l’onere ai creditori del settore piuttosto che ai contribuenti. E la tutela del sistema di welfare, come scudo contro la miseria per i disoccupati, ha contribuito a riportare la nazione dal collasso economico verso la guarigione. E’ vero che l’Islanda è un piccolo paese ma può aiutarci a trovare una strada per tentare di uscire dalla dittatura delle banche .

Per questo suggeriamo alcune piste per una seria riflessione e conseguente azione:

1) Richiesta di una moratoria per il pagamento del debito pubblico;

2) Indagine popolare (audit) sulla formazione del nostro debito pubblico allo scopo di annullare la parte illegittima, rifiutando di pagare i debiti ‘odiosi’ o ‘illegittimi’, come ha fatto l’Ecuador di R. Correa nel 2007;

3) Sospensione dei piani di austerità che, oltre essere ingiusti, fanno aumentare la crisi;

4) Divieto di transazioni finanziarie con i paradisi fiscali e lotta alla massiccia evasione fiscale delle grandi imprese e degli straricchi;

5) Messa al bando dei ‘pacchetti tossici’ e della speculazione finanziaria sul cibo;

6) Divisione delle banche ‘troppo grandi per fallire’ in entità più controllabili, imponendo una chiara distinzione tra banche commerciali e banche di investimento;

7) Apertura di banche di credito totalmente pubbliche,

8) Imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie per la ‘tracciabilità’ dei trasferimenti e un’altra sui grandi patrimoni;

9) Rifondazione della BCE riportandola sotto controllo politico (democratizzazione), consentendole di effettuare prestiti direttamente ai governi europei a tassi di interesse molto bassi.

Sono solo dei suggerimenti per preparare un piano serio ed efficace per uscire dalla dittatura delle banche.

Per chi è interessato alle campagne in atto per un’altra uscita dal debito, consulti: smonta il debito,www.cnms.it. ; rivolta il debito,www.rivoltaildebito.it; no debito,www.nodebito.it

Se ci impegniamo, partendo dal basso e mettendoci in rete, a livello italiano ed europeo, il nuovo può fiorire anche nel vecchio Continente.

Da parte mia rifiuto di accettare un Sistema di Apartheid mondiale dove il 20% della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse: un pianeta con un miliardo di obesi tra i ricchi, e un miliardo di affamati tra gli impoveriti, e dove ogni minuto si spendono tre milioni di dollari in armamenti e nello stesso minuto muoiono per fame quindici bambini.

Il mercato, la dittatura della finanza si trasformano allora ” in armi di distruzione di massa”, dice giustamente J. Stiglitz, premio Nobel dell’economia. “Il potere economico-finanziario lascia morire –afferma F. Hinkelammert- e il potere politico esegue….Entrambi sono assassini.”

Diamoci da fare perché vinca invece la vita!

Alex Zanotelli

Cinque giorni di maggio

Scritto da: Angelo Paratico
Fonte: www.angeloparatico.com

Five days in London. May 1940” di John Lukacs è un libro molto avvincente scritto da questo famoso storico americano. Uscì nel 1999 e nel suo genere resta un  classico. Piace a tal punto che quest’anno viene offerto come strenna natalizia dalla Folio Society inglese, in un’edizione di lusso. Essendo Lukacs  un americano, e non un inglese, riesce a mantenere una sostanziale equità.

Nel 2001 uscì anche in Italia, da Corbaccio, con un’introduzione di Sergio Romano. Vi si espongono i drammatici giorni dal 24 al 28 di maggio, visti da Londra. Giorni che segnarono il trionfo del genio politico e militare di Winston Churchill.

Il vantaggio di Lukacs rispetto ad altri storici, oltre che l’essere americano, è di conoscere molto bene il pensiero e l’azione di Adolf Hitler, avendo pubblicato vari libri sulla storia del Terzo Reich. Inoltre egli ha avuto accesso a documenti desecretati dal Foreign Office britannico.

Avevo scritto di questi avvenimenti nel mio libro Ben, pubblicato da Mursia nel 2010, un romanzo basato sulla cosidetta Pista Inglese nella morte di Mussolini, leggendo pur con colpevole ritardo questo il libro di Lukacs vi ho trovato varie conferme a quanto avevo scritto. Per esempio il fatto che Churchill prima di essere richiamato da Chamberlain a guidare il Paese godeva di assai scarsa considerazione da parte della maggioranza degli inglesi. La regina madre, Roosevelt, e tutto l‘establishment britannico nutrivano una pessima opinione di lui.  Veniva preso come un ferrovecchio, un ubriacone, un personaggio inaffidabile e instabile, pur possedendo una forza retorica notevolissima. Creava parole nuove e sapeva evocare immagini dotate di una forza magica. L’arte della retorica, oggi negletta, in lui aveva trovato un nuovo campione. Un Cicerone reincarnato.

 I principali attori britannici durante quei cinque drammatici giorni di maggio, che decisero le sorti del conflitto, furono Winston Churchill e Lord Alifax.  La Francia, ormai moribonda, spingeva per una soluzione negoziata utilizzando Mussolini come intermediario. Halifax, a tal fine, segretamente incontrò varie volte l’ambasciatore d’Italia Bastianini, a Londra.  Churchill non chiuse mai nessuna porta, anche quella del negoziato. Ma a guerra finita tutti negarono queste aperture per paura di essere messi nella lista dei disfattisti e, per tal motivo, molti dei diari e delle memorie pubblicate da questi pesi massimi e dai loro assistenti furono accuratamente censurati. Anche le memorie di Bastianini non contengono alcun accenno a tali incontri, eppure dagli archivi britannici sono uscite varie minute che dimostrano come questi siano effettivamente avvenuti e vi sono accenni agli argomenti trattati. Non è certo una novità questa e neppure c’è bisogno di dimostrarlo. Il punto è un altro.

Il punto che ricaviamo dalla lettura di questo libro è che Churchill, da quel pasticcione in ritardo sui tempi e sui fatti, da uomo in bancarotta che era stato, si trasformò improvvisamente in un grande statista, ma questo non rende bene l’idea. Diventò un visionario, che sapeva leggere nel futuro, quasi potesse consultare  una sfera di cristallo.

Non esagero. Leggete per credere.  Contro ogni logica, contro l’evidenza, contro ai fatti, egli ebbe ragione. Compì un vero miracolo.Sappiamo però che  solo i santi possono compiere miracoli. Churchill fu una materialista per tutta la sua vita, un cinico senza scrupoli nel difendere i propri interessi, che collimavano con quelli della casta dominante nel suo Paese. Va detto, però, a suo onore, che a differenza di Mussolini e di Hitler, egli fu sempre un politico, non un ideologo.

Dunque, questo genere di miracoli non esistono. L’unica alternativa  aperta è che egli conoscesse cose che i suoi collaboratori non conoscevano.  Non si può pensare ad altro, e pur rischiando nuovamente di passare per degli ingenui e dei creduloni, diremo che la netta impressione che se ne ricava è che egli avesse dei canali diretti di dialogo. Sì, anche con Benito Mussolini.

Forse, grazie a questo asse parallelo, egli conosceva, attraverso Mussolini, i pensieri e i calcoli di Adolf Hitler. Come questo sia potuto accadere, lo ignoriamo; eppure nel libro di Lukacs esiste  una traccia che lascia sbalorditi e che mi ha indotto a scrivere questo pezzo.

Si tratta della drammatica riunione del 26 maggio 1940, ore 17 ad Admirality House, Londra. E.G. Esnouf scrive delle note,che sono state poi archiviate. Halifax cercava ancora una soluzione negoziata e diceva che l’indipendenza di Mussolini sarebbe stata minata dalla caduta della Francia e della Gran Bretagna (verissimo!) e per questo egli avrebbe potuto usare la propria influenza per discutere dei termini che non pregiudicavano l’indipendenza britannica.

Lo interruppe Churchill, dicendo che ogni mossa nei confronti di “Musso”era inutile. Perché anche se avessero offerto Gibilterra, Malta e qualche colonia africana, gli pareva incredibile che Hitler lo lasciasse fare. In questo aveva ragione: Mussolini era terrorizzato da Hitler in quei giorni, e dalla formidabile macchina da guerra nazista, in fondo sperava ancora che la Francia avrebbe battuto i nazisti. E poi aggiunge:  “Abbiamo sentito che Hitler ha detto a Mussolini di non volerlo fra i piedi, perché è in grado di arrangiarsi da solo con la Francia.”

Ecco la nota a pie’ di pagina posta da Lukacs: “Come lo sapevano? Nel 1940, e per alcuni anni precedenti, sia i servizi segreti britannici che quelli italiani erano in grado di decrittare e di leggere molti dei propri documenti. Eppure questa richiesta di Hitler a Mussolini non poteva essere dedotta dal messaggio di Hitler del 25 maggio.” In effetti Hitler, il 25 maggio, aveva mandato all’alleato italiano un verboso messaggio per spiegargli cosa stavano facendo in Francia e il motivo della fermata dei panzer, da lui decisa e che verosimilmente gli costò la sconfitta finale nel 1945.

Dunque, come poteva Winston Churchill essere a conoscenza di questo fatto? Un messaggio inviato da Mussolini, da qualcuno dei suoi ministri, o da una Clara Petacci, restano le ipotesi più plausibili.

Le banche e la cosca Valle, come nella Chicago anni ’30

Fonte: http://www.articolotre.com/2012/11/le-banche-e-la-cosca-valle-come-nella-chicago-anni-30/121748

R.C.- 30 novembre 2012– Francesco Valle, diciottenne, impiego precario e 9000 euro di reddito dichiarato annuo riesce nella strabiliante impresa di accendere un mutuo di 129.600 euro dalla Barclays Bank, per l’acquisto di un appartamento nell’hinterland milanese, a fronte di garanzie zero.

O meglio una  comunicazione del capo agenzie all’area crediti della banca che dice “Francesco Valle è di famiglia benestante, ha dato un acconto al resto provvederanno i familiari”. Sembra incredibile.

Ma chi sono i Valle? Li hanno definiti gli Scarface di Milano. Benestanti forse, certo un nome noto nella ‘Ndrangheta lombarda: gli affiliati alla cosca Valle sono stati condannati l’estate scorsa per associazione mafiosa e giovane Francesco ne è l’erede.

Mandavano i figli all’Internation School of Milan o si affidavano ai servigi di Sos Babysitter. Allestivano battesimi in Vaticano o trascorrevano settimane tra St Moritz e Montecarlo, a bordo di lussuose Bentley.

Tredici condanne fino a 24 anni di galera per gli affiliati alle cosca che, stando alle indagini, si è infiltrata nel tessuto politico, economico e imprenditoriale lombardo.  Il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di «delinquenza abituale» di Francesco Valle, patriarca del clan di 74 anni, e di suo figlio Fortunato, il babbo di Franceschino, entrambi condannati a 24 anni.

Ma stavolta è andata male sia a lui che alla Barclays, il Tribunale di prevenzione, pochi giorni fa ha ordinato il sequestro dell’appartamento, l’estinzione del mutuo e annullato l’ipoteca dell’istituto bancario, in quanto erogato “in difetto di buona fede perché  la banca non ha correttamente vigilato sull’operato dei propri funzionari e non ha predisposto adeguati passaggi di verifica per la concessione di un mutuo che non era d’importo proprio modesto”.

Chissà quali giustificazioni avrà addotto lo zelante funzionario di banca dalla fiducia facile, ammesso che non sia stato licenziato in tronco prima.

Ma la Barclays Bank non è certo un caso isolato, i giudici hanno redatto un elenco di banche che con l’universo mafioso qualche rapporto ce l’hanno: Banca nazionale del lavorola Banca per la casaUnicredit e il Credito bergamasco. In totale, nel provvedimento di confisca dei beni mafiosi, il tribunale ha disposto l’estinzione di mutui per 4 milioni e mezzo di euro, tutti erogati alla benestante cosca Valle.

Il risultato è clamoroso, non solo vengono aggrediti i patrimoni, ma sono messi sotto accusa i vertici delle banche, infatti nella sentenza si legge “Tutte le volte che la concessione del mutuo è frutto di una decisione collegiale è evidente che i componenti del collegio sono chiamati a compiere le stesse verifiche del funzionario infedele”.

Come nel caso della Banca Nazionale del Lavoro. Il direttore della filiale milanese di piazza Firenze, Vittorio Bricolo, secondo i giudici si è masso a completa disposizione della cosca ma scrive in una relazione allegata agli atti Banca d’Italia “esistono gravi carenze nell’organizzazione generale della banca”.

Altre vicende hanno del paradossale, sempre Bnl intrattiene rapporti finanziari con la Melfin sas, di Melissa Cioci, consorte di uno dei boss della cosca Valle. A proposito ancora nella relazione della Banca d’Italia si legge “Oltre il 60% delle posizioni procacciate da Melfin risulta ad oggi trasferito a partite anonime. Il fascicolo intestato alla s.a.s. è privo di documentazione utile a valutare il processo di entrata in relazione”.

Secondo i giudici “non vi è stata alcuna seria valutazione da parte della banca”.

Ma le cosche non chiudevano un occhio o sovente tutti e due solo con i Valle. Eclatante è il caso del mutuo di 800.000 euro concesso da Unicredit a Francesco Lampada, fratello di quel Giulio che era la mente finanziaria della cosca Condello.

Anche qui i giudici vanno giù duro in merito alla “malafede dell’istituto bancario” che ha erogato una somma del genere a un ragazzo trentenne “senza acquisire alcunché di concreto sulla sua attività lavorativa”.

Infatti gli investigatori, in fase di indagine che il fascicolo Francesco Lampada era desolatamente vuoto, in un file del computer del direttore un appunto che indicava il cliente come gestore di bar e tabaccherie con una visura camerale.

Niente bilanci, denunce dei redditi per non parlare di garanzie, o meglio in nome della cosca era la garanzia.