Il Fattore Karma

Fonte: http://unaltrosguardo.wordpress.com/

bimbo-indiaPremessa. Non sono né un maestro né un guru e nemmeno un esperto. Anzi lotto tutti i giorni, spesso con piacere a volte meno, per proseguire nella mia vita. Quanto scritto di seguito è una mia sintesi, fatta da giornalista, da ricercatore, da semplice essere umano, che scaturisce da anni di attente letture, molto ascolto di maestri, profonde esperienze personali, ricerca e ragionamenti. Non ha nessuna altra pretesa se non quella della Condivisione.

Karma è una parola sanscrita che, come tutte le parole che originano da culture e lingue lontane dalla nostra, è di non facile traduzione. Questo per la semplice ragione che le parole delle lingue non occidentali sono maggiormente legate a idee, pensieri e concetti. Quindi ogni parola sanscrita potrebbe avere più significati. In ogni caso una traduzione comunemente accettata di karma e che si avvicina molto al concetto primordiale è: “azione compiuta”. Ovvero il karma sarebbe come una sorta di magazzino o di memoria della nostra vita dove sono registrati tutti i pensieri, le parole e le azioni prodotte dall’infinito passato. In sostanza secondo la tradizione hindu, che ha formulato per prima il concetto di karma, la nostra vita, le cui radici si trovano nell’infinito passato, registra tutto: azioni, parole e persino i pensieri. Questo, tra le altre cose, ci invita a fare attenzione anche a ciò che pensiamo essendo i pensieri stessi energia (lo insegna anche la scienza) e quindi qualcosa di molto più concreto di quanto non si creda comunemente. Gli hindu li chiamano forme-pensiero.

Il karma non è solo individuale, ma anche collettivo e può investire le relazioni  nella vita di una persona sia sul piano orizzontale che verticale. Ovvero il karma relazionale può coinvolgere persone che si sono incontrate apparentemente per caso, parenti, amici, colleghi di lavoro, fino al proprio intero popolo e tutta l’umanità. Ma può essere anche collegato alla stirpe, per cui ognuno di noi nel suo “magazzino karmico” personale porta frammenti di karma della propria famiglia e dei propri antenati, anche molto indietro nel tempo.

In parte il magazzino o memoria del karma si sovrappone a ciò che Jung aveva designato come “inconscio collettivo”. Ovvero quell’enorme magazzino di ricordi anche ancestrali che fanno parte del bagaglio culturale e psichico di tutta l’umanità.

Tra karma individuale e collettivo si tratta di qualcosa di veramente enorme e profondo, che influenza le nostre vite molto di più di quanto comunemente non si pensi e soprattutto di quanto non pensino numerosi occidentali.

Fortunatamente il karma differisce parecchio da ciò che chiamiamo destino, anzi le relazioni tra i due concetti sono molto labili, anche se ci sono. Vediamo quali. Il destino è un concetto molto meno profondo di karma ed è di matrice popolare e non filosofica. Ovvero non è scaturito da secoli di pensieri e meditazioni di guru e filosofi, ma si tratta di un’idea molto semplice e non verificabile su quella che potrebbe essere la storia della vita di ognuno già scritta in precedenza. D’altra parte in effetti il bagaglio karmico può senza dubbio influenzare alcune destinazioni nel corso della nostra vita, ma in questo caso si tratta di un destino, diciamo così, dinamico e non statico. Ovvero, se proprio vogliamo chiamarlo destino, si tratta di qualcosa che ha preso una direzione impressa da cause poste in precedenza, ma esistono gli strumenti per cambiarlo. Vediamo come.

Per cambiare il karma, sempre secondo le millenarie tradizioni orientali, si può agire in due direzioni. La prima è quella di bruciare i semi del karma negativo e curare quelli del karma positivo. Mi prendo la libertà di parlare di karma positivo e karma negativo per semplicità, anche se non esistono, esiste il karma e basta. Ma è utile per fermare le idee e per capire che ci sono cause messe nella nostra esistenza (attuale e passata) che, in determinate condizioni, possono dare effetti negativi e altre che possono dare effetti positivi.

Il primo passo è lo sviluppo della coscienza attraverso la meditazione, lo studio e, soprattutto, l’osservazione. Meditare significa fondamentalmente “osservare”, la propria mente, il proprio corpo, la propria vita. L’osservazione ci permette di accrescere la coscienza su di noi e anche sul nostro karma. Successivamente la recitazione di mantra e preghiere ci permette di alleggerire la “retribuzione karmica” che a volte rallenta la nostra vita, anche se a volte la allieta.

In seguito alla presa di coscienza viene da sé, ed è del tutto razionale, pensare che se si porranno, da ora in avanti azioni, parole e pensieri positivi la retribuzione successiva non potrà che essere positiva, lo capisce anche un bambino. Anzi forse lo capiscono meglio.

Tutto quanto esposto non è solo un esercizio letterario o un’amena curiosità, ma un punto chiave della nostra vita. Ovvero se non si accetta, non ci si rende conto, della realtà del karma, può accadere che le nostre vite siano solo una salita senza fine, senza scopo e, prima o poi, senza motivazione. Può capitare, e spesso capita, che invece la vita sia tutta in discesa, facile e divertente. In questo caso non è detto che non venga alla fine a mancare la motivazione.

Nella maggior parte dei casi, e lo sappiamo tutti molto bene, la vita è un susseguirsi di salite e discese senza fine, della quale spesso non abbiamo molto controllo. A volte sembra di essere benedetti, altre volte maledetti. C’è sempre qualcuno o qualcosa con la quale prendersela, Dio, la Madonna, il governo, i genitori, il capo, i dipendenti, il tempo, la pioggia, i figli.

In realtà, come spiega mirabilmente il concetto di karma, tutto dipende solo ed esclusivamente dalle nostre vite e dal loro mutuo intrecciarsi, così come si intrecciano con l’ambiente, la materia, l’energia e le particelle di tutto l’universo. L’apparente e illusorio distacco dal resto di cui siamo vittime si può superare con pratiche di meditazione e di disciplina corpo/mente. Diversamente non abbiamo altra scelta che andare avanti come muli spiegando, soprattutto a noi stessi, che è il sistema che ci impedisce di cambiare, di essere felici e liberi, e di fare quello che veramente volevamo. Altra attività possibile è invidiare quelli che, dal nostro punto di vista, hanno avuto fortuna e se la passano bene. Per il resto non è che resti molto da fare. Unico vero palliativo la gioia degli affetti e delle relazioni umane, qualcosa di enormemente prezioso che però spesso va a puttane poiché il nostro karma con quello degli altri si intreccia male e non ne abbiamo alcun controllo. In ogni caso tutto viene spesso vissuto, anziché con gioia e gratitudine come dovrebbe essere, come una continua austerità e una continua propria capacità di accettare di essere una vittima per amore dei figli, dei genitori, dei coniugi. Naturalmente sono un sacco di balle, dato che, come abbiamo visto, tutte le relazioni sono karmiche e andrebbero vissute come un dono, a volte per godere, a volte per mettere in discussione la nostra vita e per crescere. E, soprattutto, non esiste nessuno che ci obbliga a fare niente, visto che siamo noi a costruire il nostro karma, le nostre relazioni e la nostra vita.

Visto in questo senso il karma, lungi dall’essere una curiosità orientale o un modo di dire, è il punto chiave, ci piaccia o meno, per comprendere a fondo (o almeno in parte) e, se necessario, cambiare le nostre vite.

Personalmente mi sono reso conto, nella mia ricerca e nella mia esperienza di vita che NON C’E’ altra via. Se non siete d’accordo non avete mai notato come sia a voi che ad altri può capitare che, nonostante gli sforzi enormi per realizzare delle cose, non ci sia niente da fare, mentre altre cose vi riescono con facilità senza pensarci? Persino l’inclinazione di uno o dell’altro in certe attività è dovuta al karma accumulato. Persino l’aspetto che si ha, la predisposizione a certe malattie piuttosto che altre o il nascere in un posto invece che un altro è dovuto al karma. Secondo molte filosofie non occidentali le nostre vite attuali sono il risultato di cause poste in altre esistenze precedenti. O comunque, se proprio si fatica a digerire l’eternità della vita, da cause in qualche modo poste da qualcuno o qualcosa d’altro. Tale concezione è senza dubbio più scientifica di quella di Darwin, dal momento che il caso non ha alcuna pertinenza scientifica, come confermato anche dalle più recenti ricerche sulle particelle subatomiche, le quali esistono e  si muovono tutte in base a precise leggi di interazione con il cosmo.

Nel nostro caso sii tratta della legge mistica di causa ed effetto che pervade tutto l’universo e interessa anche la nostra cara e famigliare vita quotidiana, le famose bollette incluse. Persino In occidente l’affermazione di Darwin che l’evoluzione sia dettata dal caso e dalla necessità, è stata surclassata meno di un secolo dopo da quella di Einstein il quale sosteneva che “Dio non gioca a dadi”.

La presa di coscienza del proprio karma, più o meno profonda, lo sforzo per alleggerire il karma accumulato, gli sforzi per porre cause positive per beneficiare se stessi e gli altri, mettono in condizione di attivare l’attrazione dell’energia, della prosperità, della fortuna di cui l’Universo è fatto. L’Universo si espande, si rinnova, nasce e muore ogni istante. Noi possiamo fare lo stesso. Provateci. Basta crederci come bambini.

Perchè sempre i Peggiori al “Comando”: Psicopatia e Potere

Scritto da: Hans-Hermann Hoppe
Fonte: http://www.gamerlandia.net/2013/09/30/perche-sempre-i-peggiori-al-comando-psicopatia-potere/

vote-300x225Una delle affermazioni più largamente accettate dagli economisti politici è la seguente: qualunque monopolio è dannoso dal punto di vista dei consumatori. Il monopolio, nella sua accezione classica, è concepito come un privilegio esclusivo garantito ad un singolo produttore di un determinato bene o servizio, cioè come assenza di libero accesso ad un determinato settore della produzione. In altre parole, una sola azienda, A, può produrre un determinato bene, x. Ogni monopolista di questo tipo è dannoso per i consumatori poiché, essendo protetto dall’ingresso di potenziali nuovi concorrenti nel suo settore di produzione, il prezzo del prodotto di monopolio x risulterà più alto e la qualità di x più bassa che nel caso contrario.

Questa elementare verità è stata spesso invocata come argomento in favore dei governi democratici in opposizione al governo classico, monarchico o del principe. Questo perché in democrazia l’accesso alle strutture di governo è libero – chiunque può diventare primo ministro o presidente – mentre in una monarchia esso è ristretto al re e ai suoi eredi (anche se rimango convinta del fatto che “non entri nel sistema, se non fai parte del sistema“, ndr).

Tuttavia questo argomento in favore della democrazia ha una pecca fatale. Il libero accesso non è sempre una cosa positiva. Il libero accesso e la competizione nella produzione di beni sono un bene, ma la libera competizione nella produzione di mali non lo è. Il libero accesso al business della tortura e dell’assassinio di innocenti, oppure la libera competizione nel settore della contraffazione e della frode, ad esempio, non sono cose positive; sono il peggiore dei mali. Perciò che tipo di “business” è quello di un governo? Risposta: non è un ordinario produttore di beni venduti a consumatori volontari.

E’ invece un “business” che si occupa di furto e di espropriazione – per mezzo di tasse e falsificazioni – e di recinzione di beni rubati. Dunque, il libero accesso al governo non produce risultati positivi. Al contrario, esso peggiora i problemi, cioè incrementa la malvagità.

Finché l’uomo è quel che è, in ogni società ci saranno persone che desiderano l’altrui proprietà. Qualche persona è più soggetta a questo sentimento di altre, ma gli individui imparano solitamente a non agire sulla base di tali sentimenti o persino si vergognano di averli. Generalmente, soltanto pochi individui non riescono a sopprimere il loro desiderio per le proprietà altrui e vengono per questo trattate come criminali dai loro simili e limitati dalla minaccia della punizione fisica. Sotto il governo del principe, soltanto una singola persona – il principe – può dar seguito legalmente al desiderio per la proprietà di un altro uomo ed è questo a renderlo un potenziale pericolo e un “malvagio.”

Tuttavia, un principe è limitato nei suoi desideri redistributivi poiché tutti i membri della società hanno imparato a considerare la sottrazione e ridistribuzione della proprietà di un altro uomo come vergognosa ed immorale. Di conseguenza, guardano ad ogni azione del principe con il massimo sospetto. In aperto contrasto, dal momento dell’entrata in un governo, a chiunque è consentito di esprimere liberamente il suo desiderio per la proprietà altrui. Ciò che precedentemente veniva considerato immorale e di conseguenza è stato soppresso è ora considerato un sentimento legittimo. Chiunque può bramare apertamente ogni altrui proprietà in nome della democrazia; e chiunque può agire sulla base di questo desiderio per la proprietà di un altro, a condizione che riesca ad entrare nel governo. Quindi, in democrazia ciascuno si trasforma in una minaccia.

Ne consegue che, sotto le condizioni democratiche, il popolare benché immorale ed anti-sociale desiderio per la proprietà di un altro uomo sia sistematicamente rinforzato. Ogni richiesta è legittima se affermata pubblicamente sotto la protezione speciale della “libertà di parola.” Tutto può essere detto e sostenuto e tutto può essere sottratto. Neppure il diritto di proprietà privata apparentemente più sicuro è esente dalle richieste redistributive. Peggio, grazie ad elezioni di massa, quei membri della società con poche o nessuna inibizione contro il furto della proprietà altrui, cioè gli a-moralisti abituali che sono i più talentuosi nell’assemblare maggioranze su una moltitudine di richieste popolari moralmente disinibite e reciprocamente incompatibili (efficienti demagoghi) tenderanno a guadagnarsi l’entrata nel governo ed a salire alle posizioni più alte. Quindi, una brutta situazione diventa ancora peggiore.

Storicamente, la selezione di un principe avveniva con l’incidente della sua nascita nobile e la sua sola qualificazione personale era tipicamente la sua formazione come futuro principe e tutore della dinastia, della sua condizione e dei suoi possedimenti. Ciò non assicurava che un principe non sarebbe stato cattivo e pericoloso, naturalmente. Tuttavia, vale la pena di ricordarsi che ogni principe che è venuto a mancare nel suo dovere primario di conservazione della dinastia – che ha rovinato il paese, causato agitazione, conflitti e dispute civili, o altrimenti messo in pericolo la posizione della dinastia – ha affrontato il rischio immediato di essere neutralizzato o assassinato da un altro membro della sua stessa famiglia. In ogni caso, tuttavia, anche se l’incidente della nascita e della sua formazione non esclude che un principe potrebbe diventare cattivo e pericoloso, allo stesso tempo l’incidente di una nascita nobile e di una formazione da principe non preclude neanche che potrebbe rivelarsi un dilettante inoffensivo o persino una persona buona e morale.

In contrasto, la selezione dei capi di governo per mezzo di elezioni popolari rende quasi impossibile che una persona buona o inoffensiva possa mai arrivare al vertice. I primi ministri ed i presidenti sono selezionati per la loro provata efficienza come demagoghi moralmente disinibiti. Quindi la democrazia virtualmente assicura che soltanto uomini malvagi e pericolosi arriveranno al vertice del governo. Effettivamente, come conseguenza della libera concorrenza e selezione politica, coloro che salgono si trasformeranno in individui sempre più malvagi e pericolosi, tuttavia in quanto custodi provvisori ed intercambiabili soltanto raramente verranno assassinati.

A questo proposito non si può evitare di citare H.L. Mencken.

I politici,” nota con il suo caratteristico spirito, “raramente se non mai arrivano [all’ufficio pubblico] solo per merito, almeno negli stati democratici. A volte, per dirla tutta, accade, ma soltanto per una specie di miracolo. Normalmente vengono scelti per motivi piuttosto diversi, il principale dei quali è semplicemente il loro potere di impressionare ed incantare gli intellettualmente meno privilegiati….

Si avventurerà mai uno di loro a dire solo la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità circa la situazione del paese, straniero o domestico?

Eviterà mai uno di loro di fare promesse che sa di non poter mantenere – che nessun essere umano potrebbe mantenere?

Pronuncerà mai uno di loro una parola, per quanto ovvia, capace di allarmare o allontanare anche solo uno del mucchio enorme di fessi che si affollano al truogolo pubblico, abbandonati alla mammella che diventa sempre più sottile, sperando contro la speranza?

Risposta: forse per alcune settimane all’inizio….  Ma non dopo che aver affrontato in pieno la questione e la lotta è razionalmente cominciata….

Prometteranno ad ogni uomo, donna e bambino nel paese qualunque cosa lui, lei od esso desiderano. Tutti gireranno per la terra cercando occasioni per rendere ricchi i poveri, per rimediare l’irrimediabile, per salvare l’insalvabile, per separare l’inseparabile, per spegnere l’infiammabile. Tutti loro cureranno le verruche con le loro parole e pagheranno il debito pubblico con soldi che nessuno dovrà guadagnare. Quando uno di loro dimostrerà che due volte due sono cinque, un altro dimostrerà che sono sei, sei e mezzo, dieci, venti, n. In breve, si disferanno del loro carattere di uomini ragionevoli, candidi e sinceri e semplicemente diventeranno candidati, dediti soltanto alla raccolta di voti.

Tutti allora sapranno, ammesso e non concesso che alcuni di loro non lo sappiano già ora, che in democrazia i voti si conquistano non con il buon senso ma con l’assurdità e si applicheranno al lavoro con un caloroso ya-hoo! La maggior parte di loro, prima che l’eccitazione sia finita, si auto-convinceranno davvero. Il vincitore sarà chiunque prometterà di più con la minor probabilità di mantenere qualcosa.”
___________________________

Bibliografia

Andrzej ŁObaczePonerologia politica, la Scienza del Male

Mentre noi pensiamo a Dudù, 1,7 milioni di nuclei familiari in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta

Scritto da: Massimo Ragnedda
Fonte: http://notizie.tiscali.it

montecitorio-porte-aperte-deputati-roma-gratisImmagineInEvidenza(Foto: http://www.funweek.it/)

Quando questo governo Letta-Berlusconi è nato, il 30 Aprile 2013, ha ottenuto al Senato 233 sì, 59 no e 18 astensioni. Dopo 5 mesi, con gli stessi senatori e dopo interminabili risse e vergognose sceneggiate, ha ottenuto 235 sì, 70 no e un astenuto. A conti fatti tutte queste pagliacciate e giri di giostra per due miseri voti in più. Ma vi rendete conto che mentre “giocate” a fare e rifare maggioranze, a spostare uno o due senatori, a litigare in TV e sui giornali, a fare ridicole sceneggiate come quelle in Senato, 1.7 milioni di nuclei familiari in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta?

Lo sapete, cari Senatori, che mentre giocate a fare governi e governicchi e a insultarvi reciprocamente, nel solo 2013 ben 50mila imprese hanno chiuso i battenti? Ma lo sapete, cari Deputati e Ministri, che mentre siete intenti a guardarvi l’ombelico e tirare a campare, la disoccupazione giovanile ha raggiunto la cifra record del 40,1%? Dico, lo sapete che a causa della vostra incompentenza e litigiosità l’IVA è aumentata al 22% e questo porterà ad una contrazione dei consumi andando così a peggiorare una situazione già di per sè pessima? Dico, lo sapete che mentre mandate in onda queste penose sceneggiate, i fondi avvoltoi speculano sugli stati e dirottano le nostre (poche) ricchezze nei loro conti segreti nei paradisi fiscali? Lo sapete che siete funzionali al loro gioco?

Dico: lo sapete vero? Dico, cari senatori e deputati, ma voi sapete come vivono i comuni cittadini fuori da quel mondo dorato dove vi siete rinchiusi? Onorevoli e Ministri della Repubblica, lo sapete che i comuni cittadini non riescono più a pagare il mutuo e sono costretti a scegliere se curarsi o mangiare, se mandare il figlio all’Università o pagare l’assicurazione della macchina?

Credete siano tutti interessati al congresso del PD, alle regole per le elezioni del nuovo segretario e del nuovo candidato premier? Davvero, lo dico senza iprocrisia e falsa retorica, ma avete mai provato a guardare fuori dalla finestra? Ad aprire le tende, buttare lo sguardo oltre Montecitorio e Palazzo Madama, oltre il Quirinale e Palazzo Chigi: dico avete mai provato a farlo? Capite che a causa dei vostri giochi, risse, stoccate, risate, abbracci, insulti e poi ancora sorrisi, abbracci, insulti e stoccate, l’Italia sta morendo? L’ho scritto varie volte e commentatori ben più autorevoli di me lo hanno ricordato: la coesione sociale del Paese sta per esplodare con gravi conseguenze di ordine pubblico e sociale. Prima lo capite e meglio è per l’Italia. Prima lo capite e meglio è per voi. Così evitate di stare lontani dalla realtà e, magari, provate a fare quel poco che la Troika vi permette di fare.

Perchè, questo non dovremmo mai dimenticarlo, mentre questi teatrini vanno in onda, mentre noi qui discutiamo di maggioranza e opposizione, di fiducia e leggi ad personam, di lizzi e lazzi, lassù lontano dai riflettori che di volta in volta si prendono i vari Scilipoti o Formigoni, là lontano da sguardi indiscreti si pianifica e parla del nostro futuro. Si mettono in piedi politiche economiche che lo Stato, un tempo sovrano, deve accettare e recepire. Letta, uomo della Trilaterale e del gruppo Bildeberg, lo sa bene. E lo sa ancora meglio Napolitano, anch’egli vicino a questi ambienti, che ce lo ha imposto. Poi, ahimè, va in onda questa farsa, sceneggiate degne delle peggiori osterie, condite di insulti e grida. Ognuno a difendere il proprio orticello. Senatori di ogni ordine e grado che qualora si andasse a nuove elezioni non sarebbero più candidati; Bondi che dice quello che tutti sappiamo, ovvero che erano lì per difendere Berlusconi e dell’aumento dell’IVA non gli importa neanche un po’; Letta che sa che mai più sarà premier qualora crollasse questo governo e, soprattutto, sa che gli tocca guidare il semestre europeo: un’occasione, più unica che rara, che non può di certo lasciarsi sfuggire. E mentre ognuno è intento a difendere il proprio orticello o poltrona, i grandi fondi speculativi guardano dalla finestra, assoporando già le lacrime di sangue che dovremo versare per poterli arricchire. Avvoltoi che si lanciano sulle vittime in difficoltà.

Noi questi avvoltoi non li vediamo, perché siamo intenti a guardare le risse di falchi e colombe in casa berlusconiana o la miriade di correnti in casa piddina. Noi questi avvoltoi non li conosciamo perché i media ci parlano di quanto abbaia Dudù e non degli “Vulture Funds”, i fondi avvoltoi che dissanguano i cittadini, che obbligano lo Stato a tagliare i fondi pubblici per la scuola, la sanità, la ricerca, la sicurezza per pagare il debito da usuraio contratto con questi avvoltoi. Così, giusto per fare un esempio, lo scorso anno la Grecia, per salvarsi dalla bancarotta, ha dovuto versare alla Dart Management con base nel paradiso fiscale delle isole Cayman, ben 400 milioni di euro (800 miliardi di vecchie lire). Soldi sottratti ai lavoratori che si sono visti tagliare lo stipendio del 30%, soldi rubati ai pensionati, soldi sottratti all’Università (quella di Atene ha chiuso i battenti qualche settimana fa). Soldi finiti nei paradisi fiscali. Esentasse, manco a dirlo.

Mentre noi pensiamo alla squallida sceneggiata tra Cicchitto e Sallusti, questi fondi avvoltoi dissanguano le finanze degli Stati un tempo sovrani. Elliot, Hemishere, Dart (solo per citarne alcuni) stanno dissanguando le finanze degli Stati, dirottando i nostri soldi (quello che paghiamo con le tasse per intenderci) in paradisi fiscali. Stanno facendo all’Europa quanto hanno già fatto con le finanze del Ghana, dello Zambia, del Congo, dell’Argentina (che ad un certo punto si è rifiutata di regalare i soldi pubblici a questi avvoltoi senza scrupoli) e del Perù.

Ecco, continuiamo a pensare a Dudù noialtri, mentre loro lucrano sulle nostre debolezze.

Lampedusa, perché i profughi lasciavano l’Eritrea

Scritto da: Michele Pierri
Fonte:http://www.formiche.net/

Eritrean Refugees at Shagarab Refugees camp at KassalaDietro la nuova strage del barcone andato a fuoco nelle acque di Lampedusa, c’è il dramma di migliaia di migranti provenienti all’Africa subsahariana o dal Corno.

Come negli sbarchi di Augusta lo scorso 26 ottobre e le persone morte pochi giorni fa a qualche metro dalla spiaggia di Scicli, anche in questo caso si tratta soprattutto di somali, ghanesi ed eritrei ma anche sudanesi e marocchini, stando alle prime ricostruzioni.

Per loro – anche se vulnerabili, esposti agli abusi e al rischio di rimpatrio forzato – la traversata del Canale di Sicilia rimane ancora l’opzione migliore, anzi l’unica possibile.

Tra i Paesi di provenienza a spiccare è però proprio l’Eritrea. Asmara ha un governo proprio solo dal 1993, anno di indipendenza dall’Etiopia dopo anni di guerriglia per ottenere la liberazione. Al potere del Paese, una repubblica presidenziale monopartitica, sempre lo stesso uomo: Isaias Afwerki.

L’Eritrea è uno degli Stati più chiusi al mondo, ma sempre più centrale sul piano geopolitico a ragione delle sue risorse minerarie e della sua posizione strategica vicina al “collo di bottiglia” che chiude il Mar Rosso.

Un Paese dove i diritti umani sono sostanzialmente calpestati, come rilevano tutte le organizzazioni internazionali a cominciare da Amnesty International, che nel suo ultimo rapporto annuale descrive un Paese dove “l’arruolamento militare nazionale è rimasto obbligatorio e spesso esteso a tempo indeterminato. È rimasto obbligatorio anche l’addestramento militare per i minori. Le reclute sono state impiegate per svolgere lavori forzati. Migliaia di prigionieri di coscienza e prigionieri politici hanno continuato ad essere detenuti arbitrariamente in condizioni spaventose. L’impiego di tortura ed altri maltrattamenti è stato un fenomeno diffuso. Non erano tollerati partiti politici d’opposizione, mezzi di informazione indipendenti od organizzazioni della società civile. Soltanto quattro religioni erano autorizzate dallo Stato; tutte le altre erano vietate e i loro seguaci sono stati sottoposti ad arresti e detenzioni“.

Per la ong, sono questi i motivi principali che inducono cittadini eritrei a continuare a fuggire in massa dal Paese, delle dimensioni di un terzo dell’Italia e con meno di cinque milioni di abitanti.
Ma nemmeno lasciare l’Eritrea è semplice. Sempre Amnesty spiega che “per coloro che venivano colti nel tentativo di varcare il confine con l’Etiopia è rimasta in vigore la prassi di “sparare per uccidere”. Persone colte mentre cercavano di varcare il confine con il Sudan sono state arbitrariamente detenute e duramente percosse. Familiari di persone che erano riuscite a fuggire sono state costrette a pagare multe per non finire in carcere“.

A causa di questa situazione, inasprita da condizioni economiche severissime, la ong e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr, hanno rivolto a molte nazioni anche europee l’invito a non rimpatriare forzatamente gli esuli eritrei.

Quanto all’Italia, – venuto meno il “filtro” del regime libico di Muhammar Gheddafi che “conteneva” con la violenza l’arrivo di rifugiati dall’Africa – questa è tornata ad essere ciò che era per i migranti fino a non molto tempo fa: una terra di speranza, ma purtroppo anche di morte.

 

LA VILLA E LA DAMA MALCONTENTA

Scritto da: Gabriele
Fonte: http://www.croponline.org/

venezia4La villa sorge sulle rive del fiume Brenta in un paese della provincia di Venezia di nome Malcontenta.
È stata progettata dal Palladio e realizzata nel 1560 per Niccolò e Luigi Foscari. In questa villa, che è stata  restaurata nel 1926, ha vissuto una nobile donna veneziana di nome Elisabetta, che nella Venezia settecentesca visse una vita piuttosto licenziosa e che la famiglia, per questi motivi, segregò nella villa, dove lei, sola e scontenta (da qui il nome Malcontenta), finì i suoi giorni.
Ancora oggi è possibile vedere il suo fantasma aggirarsi per le sale della villa; è un fantasma molto particolare poiché spesso accade che assuma un aspetto talmente definito e chiaro (derivato dal suo grande attaccamento alla vita terrena) da sembrare una persona vivente, ma non le si vedono mai i piedi sporgere dal suo lungo vestito nero e sembra quindi fluttuare nell’aria.
La villa è tutt’ora abitata ed è visitabile dai turisti in cerca di emozioni, anche se, come sembra giusto, la dama non si è ancora mai mostrata ai turisti curiosi, ma solo ai proprietari

La “Cattedrale Aliena” di Scientology. Perchè la setta ha un bunker segreto nel deserto del New Mexico?

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/30/09/2013/la-cattedrale-aliena-di-scientology-perche-la-setta-ha-un-bunker-segreto-nel-deserto-del-new-mexico/

bunker-scientologyNel deserto del New Mexico si trova un misterioso impianto segreto che presumibilmente appartiene alla setta Scientology. Il sito è caratterizzato da un grande simbolo inciso sul suolo del deserto e visibile solo dall’alto: due diamanti circondati da una coppia di cerchi che si intersecano. L’iscrizione vorrebbe essere un enorme messaggio per gli extraterrestri.

L’intero complesso si trova a Mesa Huerfanita, a circa due ore da Santa Fe e tre ore a nord di Roswell, sede di numerosi avvistamenti Ufo.

In un resoconto scritto per The Sun, John Sweety, giornalista della BBC, sostiene che la chiesa è stata progettata per essere collocata sotto terra per resistere a un olocausto nucleare.

Uno degli scopi, sarebbe quello di proteggere alcuni scrigni in titanio sigillati con argon, nei quali sono conservati i dischi d’oro con le incisioni dei testi originali del fondatore di Scientology, L. Ron Hubbard.

La struttura è anche provvista di una pista d’atterraggio privata, costruita per consentire l’arrivo dei leaders della controversa organizzazione. Secondo quanto scrive Sweeney nel suo nuovo libro [Scientology. La chiesa della paura], il bunker nascosto nel deserto del New Mexico è da considerarsi come la “Cattedrale Spaziale Aliena” di Scientology.

I simboli visibili sulla superficie del deserto serviranno a guidare i membri di alto rango della setta a trovare le opere originali del fondatore, quando ritorneranno sulla Terra dopo la fuga dal pianeta per sfuggire ad una futura apocalisse nucleare che spazzerà via l’umanità.

Il bunker, da quanto riporta il giornalista, è stato costruito nel 1980 ed è costato svariati milioni di dollari. Sweeney è riuscito a localizzare il luogo segreto grazie a Marc Headley, un ex aderente di Scientology.

“Headley afferma di essere stato iniziato alla setta da Tom Cruise – superstar di Hollywood e membro leader della chiesa – e anche di essere stato malmenato da uno dei leader ombra del movimento, tale David Miscavige. Ma la chiesa nega entrambi i fatti”, conclude il reporter.

John Sweeney, ha dedicato gran parte della sua carriera a svelare i segreti di Scientology e gli enormi movimenti di danaro ad essa connessa.

La controversa Chiesa di Scientology – che vanta membri celebri come Tom Cruise, John Travolta, Kirstie Alley e Juliette Lewis – è stata fondata nel 1952 dallo scrittore L. Ron Hubbard, e promuove il concetto che gli esseri umani sono esseri immortali con le anime reincarnate.

Il loro credo si basa sul fatto che un sinistro extraterrestre chiamato Xenu abbia portato miliardi di persone (esseri immortali con anime reincarnate?) sulla Terra, grazie ad astronavi simili agli aerei di linea DC 8.

Secondo quanto annuncia il loro sito web, “Scientology è una religione che offre un percorso preciso che porta a una conoscenza completa e certa della propria vera natura spirituale e il proprio rapporto con se stessi, la famiglia, i gruppi, l’umanità, tutte le forme di vita, l’universo materiale, l’universo spirituale e l’Essere Supremo”.

Letture consigliate

copj170.aspScientology. La chiesa della paura

Autore: John Sweeney

Tom Cruise, John Travolta, Will Smith sono solo alcuni dei famosi adepti ­ oltre che entusiasti sostenitori e importanti uomini ­immagine ­ di una delle chiese più giovani ma più potenti del mondo: Scientology.

[Disponibile su IBS]

Come è nato questo culto e come è riuscito a diffondersi a livello planetario, influenzando particolarmente l’ambiente cinematografico e i media americani?

Chi era il suo fondatore Ron Hubbard e quali metodi vengono usati ancora oggi dai suoi affiliati per fare proselitismo? Come si entra nella setta e cosa bisogna fare per uscirne?

Il giornalista investigativo John Sweeney con quest’inchiesta durata più di cinque anni, durante i quali è stato spiato e minacciato affinché abbandonasse le sue ricerche, risponde a questi interrogativi sulla base delle testimonianze dirette di ex ­adepti, giunti al termine del faticoso percorso che li ha portati a lasciare la setta, ma anche di alcuni membri attivi, inclusi noti divi hollywoodiani, convinti che Scientology sia la risposta a tutti i mali nel mondo…

 

Scienziati sconcertati dall’insolita migrazione di massa del Gufo delle nevi

Fonte: http://terrarealtime.blogspot.it

2012-01-28T175336Z_1_BTRE80R1DPI00_RTROPTP_2_OWLS-MIGRATIONAppassionati di bird-watching stanno segnalando un crescente numero di gufi bianchi delle nevi,una delle migrazioni piu’ incredibili degli ultimi 10 anni.Migliaia di esemplari sono stati avvistati in Idaho,Montana,Missouri e Massachussetts.Il gufo bianco delle nevi vive solitamente ad alte latitudini prevalentemente nella regione artica raramente migra in zone cosi’ a sud come sta accadendo.”Quello che stiamo vedendo e’ incredibile”, ha dichiarato Denver Holt direttore dell’istituto di ricerca della fauna selvatica del Montana.Gli scienziati stanno ancora cercando di dare delle spiegazioni all’insolito fenomeno migratorio che li sta lasciando sconcertati.

http://news.yahoo.com/snowy-owls-soar-south-arctic-rare-mass-migration-175336821.html

L’ “avventura americana”

Scritto da: Massimo Mazzucco
Fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4335

img5248661c6db5e

Venti anni fa un taxi percorreva Aviation Boulevard, il grande viale che conduce dall’aeroporto di Los Angeles al centro della città. Su quel taxi c’era una famiglia di italiani, che si stavano trasferendo a vivere negli Stati Uniti: marito e moglie quarantenni, una figlia di sei anni e un figlio di tre. Un pò per motivi personali, un po’ per motivi professionali, avevamo deciso di tentare “l’avventura americana”.

Avevamo qualche soldo in tasca, e la vita sembrava sorriderci da qualunque lato la si guardasse.

I motivi professionali che ci avevano spinto al grande salto derivavano dal mio lavoro, cioè il cinema. Dopo aver fatto alcune esperienze in Italia, avevo capito che per procedere era necessario “accasarsi” politicamente ad uno dei clan di regime, è questo per me non era accettabile. Partendo per Los Angeles mi ero detto: “Preferisco non fare più un solo film nella vita perchè non sono bravo abbastanza per farlo, piuttosto che non farlo perchè non lecco il culo alla persona giusta.” Per fortuna, mia moglie fu pienamente d’accordo con me.

Le motivazioni personali riguardavano i nostri figli: volevamo che crescessero in un ambiente che offre ai giovani mille orizzonti e possibilità, e non in un ambiente – come quello italiano – che tarpa le ali ai giovani prima ancora che siano in grado di volare.

Comprammo una casetta, ed iniziammo la nostra avventura. […]

Io feci un piccolo film, con un gruppo di attori di una scuola di recitazione locale, e mi dissero che “promettevo” bene. Man mano che mi addentravo nei meandri di Hollywood, però, iniziavo anche a capire quali siano i reali meccanismi che operano alle spalle del grande schermo luminoso. Questi meccanismi non riguardano tanto i soldi – quelli si muovono a cielo aperto, ed in grandi quantità – quanto piuttosto le dinamiche di tipo ideologico che determinano la realizzazione o meno di un film da parte delle major. Di “piccoli” film infatti puoi farne quanti ne vuoi, ma non li vedrà mai nessuno se non ti sei prima assicurato la distribuzione di una major.

E quella la trovi soltanto se il film risponde a certi criteri di tipo ideologico, che sono decisamente rigidi e inequivocabili: quella di Hollywood è una macchina che tende ad appiattire tutto, che tende ad omogeneizzare ogni discorso verso un minimo comun denominatore: l’entertainment. L’intrattenimento.

Messo costantemente di fronte al Primo Comandamento di Hollywood – “La gente va al cinema per distrarsi e non per pensare” – mi resi conto che realizzare un vero film con una grande distribuzione, restando fedele a certi principi d’autore, sarebbe stato per me un’impresa titanica.

I tempi inoltre stavano cambiando velocemente, ed il film drammatico, imperniato sulle vicende umane dei personaggi, stava lasciando il posto al cinema d’azione, basato esclusivamente sulla spettacolarità degli effetti speciali.

Ero arrivato in ritardo. Di qualche decennio. I tempi di Altman, Cassavetes e Rafelson erano già finiti, e io ancora non me n’ero accorto.

Poi venne l’11 settembre, e per me cambiò tutto. Ricordo ancora vividamente il momento in cui mi alzai dalla sedia, la sera di quel martedì maledetto, e dissi a mia moglie: “Mettiamoci al lavoro. Qui c’è moltissimo da fare”. Non sapevo minimanente “che cosa” si potesse fare, in quel momento: internet per me era una realtà ancora tutta da scoprire, e di certo non sarebbe stato un film hollywoodiano a permettere di affrontare il problema in maniera efficace. Sentivo però che certe energie mentali andassero indirizzate con tutta la forza possibile verso l’esterno, e non più verso l’interno.

Cominciai a leggere il libro di Meyssan sul Pentagono, poi lessi quello di Giulietto Chiesa intitolato “La guerra infinita”. Iniziai le mie ricerche in rete, e in poco tempo mi ritrovai coinvolto nella vicenda dell’11 settembre in maniera irreversibile. Nel 2003 mandai il mio primo articolo a comedonchisciotte, intitolato “Mamma, ci hanno dirottato l’aereo!”, e un anno dopo aprivo luogocomune. Il resto della storia la conoscete. Nel maggio prossimo il nostro sito compirà 10 anni.

Nel frattempo i figli erano cresciuti, si sono sposati ed hanno avuto dei figli. Più nolente che volente, sono diventato nonno.

Dopo aver dedicato gli ultimi 3 anni all’ultimo film sull’11 settembre, sentivo che un ciclo era giunto a conclusione. Avevo fatto tutto quello che potevo per denunciare la grande menzogna delle Torri Gemelle, avevo messo in rete il film in tre lingue diverse, ed avevo partecipato alla più importante trasmissione radiofonica americana, parlando dell’11 settembre, proprio la sera dell’anniversario: per me non ce’era più motivo per rimanere negli Stati Uniti, era nuovamente ora di voltare pagina.

La scorsa settimana un taxi ha percorso Aviation Boulevard in senso opposto, dal centro della città verso l’aeroporto. A bordo c’era una famiglia di italiani: un marito e una moglie quasi sessantenni, con il figlio (oggi 23enne) che portava con sè la moglie e il suo proprio figlio, di tre anni (la figlia è rimasta in USA, con la sua nuova famiglia). Eravamo contenti dell’esperienza fatta, e contenti di rientrare nel proprio paese.

Non so se trovandomi in Italia potrò fare qualcosa di utile per il mio paese, ma di certo posso dire che mi piacerà essere più vicino ai miei connazionali nei momenti decisamente difficili che stanno per arrivare.

E’ facile fare i tromboni quando tutto va bene. Più difficile – ma anche molto più bello – è dichiararsi italiani al 100% in un momento come questo