Rimettere l’università al centro dell’agenda

Scritto da: Michele Marsonet
Fonte: http://www.loccidentale.it/node/129274

STUDENTI-univConsiderato il difficile momento che il nostro Paese sta attraversando, non stupisce più di tanto che la crisi del suo sistema universitario desti scarso interesse nell’opinione pubblica. E’ soltanto uno dei tanti problemi da affrontare e, se si escludono gli addetti ai lavori come gli stessi docenti universitari, sono pochi coloro che pongono le sorti dell’istruzione superiore al centro dell’agenda politica. Me ne accorgo anche in quanto preside di una delle neonate “Scuole”, entità ancora non ben strutturate e nelle quali vengono accorpate le ex Facoltà – più o meno affini – che la riforma Gelmini ha abolito.

Eppure altre nazioni in cui l’università ha problemi analoghi stanno cercando di trovare soluzioni. In genere, all’estero è più forte la consapevolezza che il futuro di una nazione dipende in gran parte dal poter disporre di giovani adeguatamente istruiti e, soprattutto, in sintonia con il mercato del lavoro.
Nessun dubbio che il nostro sistema universitario sia stato gestito male nel corso degli ultimi decenni, punendo in tanti casi i meritevoli e premiando gli incapaci. Non è solo colpa dei “baroni”, come tutti credono, giacché i sindacati hanno giocato un grande ruolo nel processo di deterioramento. Per tacere di alcuni politici che hanno in certi casi utilizzato gli atenei per fini personali.

Né vale invocare una maggiore autonomia – per quanto “responsabile” come hanno fatto i rettori riuniti nella CRUI (Conferenza Rettori Università Italiane). Tale invocazione ha senso soltanto se si sottolinea con forza l’aggettivo “responsabile”, poiché è un dato di fatto che il mondo universitario non ha in genere utilizzato l’autonomia in modo virtuoso. Spesso, da noi, l’autonomia viene scambiata per licenza di fare “gli affari propri”. Equivale, insomma, a un “rompete le righe” che porta a situazioni caotiche, in cui non si capisce più a chi spettino le funzioni di controllo e il potere di far rispettare le regole.

Una volta poste queste doverose premesse, occorre però aggiungere che il parlamento non sembra rendersi conto della situazione. Come se non bastassero le centinaia di milioni di euro tolti al Fondo di Finanziamento Ordinario, principale fonte di sostentamento delle università, i tagli si sono poi abbattuti anche sulle risorse destinate ai servizi per gli studenti, borse di studio e alloggi in primis.

Quali le conseguenze? Sgombriamo subito il terreno da possibili equivoci. In Italia si parla molto di “diritto allo studio”, dando a tale espressione un significato assai vasto come se tutti, dalle scuole materne sino alle aule universitarie, possedessero tale diritto “a prescindere”. In realtà la Costituzione dice che “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. In altre parole si riconosce che i giovani provenienti da famiglie di modeste condizioni economiche possiedono il citato diritto. Ma a un patto: che siano appunto capaci e meritevoli. E tale diritto si garantisce soltanto con un finanziamento sotto forma di borsa di studio, e con la possibilità di trovare alloggio a condizioni favorevoli in residenze universitarie.

Finora gli atenei italiani ci sono riusciti pur tra mille difficoltà e con somme a disposizione sempre più esigue. I tagli avranno come conseguenza il fatto che i giovani capaci e meritevoli – ma di modeste condizioni economiche – si dovranno arrangiare (per usare il titolo di un celebre film, girato da Mauro Bolognini nel 1959, con Totò e Peppino De Filippo).

Una prospettiva davvero inquietante, che certo accentuerà il già notevole calo delle iscrizioni registrato nel nostro Paese negli ultimi tempi. E’ arduo prevedere se un’inversione di tendenza sia possibile. Gli ultimi ministri titolari del MIUR hanno continuato a lanciare allarmi, ma le lamentazioni non hanno sortito effetti di alcun tipo.

La grande domanda che resta sullo sfondo è sempre la stessa. Che cosa s’intende fare dell’università italiana? Esistono programmi abbastanza precisi che ci consentano di progettare il futuro nell’arco, diciamo, dei prossimi 10 anni? A me non pare, pur seguendo il problema con attenzione anche per ragioni di ordine professionale. Forse qualcuno pensa che sia possibile andare avanti senza università: lasciamo che si spenga lentamente e poi risorgerà dalle ceneri come l’araba fenice.

Sarebbe una strategia suicida perché destinata a danneggiare l’intero Paese. Né si può riporre troppa fiducia in un processo di privatizzazione, almeno a breve termine. L’Italia è ben diversa dagli Stati Uniti, con la loro tradizione di investimenti massicci nel comparto dell’istruzione e della ricerca spesso a puro titolo di mecenatismo. Da noi si stenta a comprendere che un ateneo non è una fabbrica di automobili o di frigoriferi. L’investimento è remunerativo nel lungo periodo, e se si ha l’accortezza di capire che può mutare il destino delle prossime generazioni.

Influenza: a letto 500mila italiani. I rimedi naturali

Scritto da : Francesca Mancuso
Fonte: http://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/12184-influenza-500-mila-italiani-rimedi

influenza2014Quasi 500.000 gli italiani a letto con l’influenza in questi primi giorni del 2014. Solo nell’ultima settimana 100.000 bambini sono stati colpiti dal virus. Il picco comunque è previsto per la seconda metà del mese di gennaio.

Anche quest’anno il nemico numero uno è il virus AH3N2, che avevamo conosciuto anche nel 2013. Il primo isolamento era stato segnalato già nei primi giorni di dicembre. Una vecchia conoscenza, dunque, manifestatasi per la prima volta alla fine degli anni ’60 ad Hong Kong ma cambiata nel tempo accrescendo la sua facilità di contagio.

I più colpiti sono i bambini, soprattutto quelli di età compresa tra 0 e 4 anni, seguiti da quelli tra i 5 e i 14 anni e poi gli over 65.

Una persona infetta può trasmettere il virus molto facilmente prima ancora che appaiano i sintomi, con un semplice colpo di tosse, uno starnuto o una stretta di mano. Vaccinandosi si proteggono i familiari, i colleghi e i pazienti, specialmente quelli a maggior rischio di sviluppare le complicanze associate con l’influenza.

Quando si è contagiosi? Spiegano i pediatri dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma che è possibile trasmettere il virus dal momento in cui si contrae fino a 5-7 giorni dalla scomparsa dei sintomi. Limitare il contagio è possibile con delle piccole accortezze, come lavare spesso le mani, coprire la bocca in caso di tosse e/o starnuti.

Inoltre, secondo il dottor Alberto Villani, responsabile di Pediatria Generale e Malattie Infettive del Bambino Gesù, è preferibile consumare frutta e di verdure fresche. Un grande aiuto, lo ricordiamo, è dato dalla Vitamina C, in grado di rafforzare le difese immunitarie e di dimezzare il rischio di influenza.

Ma se proprio il virus dovesse vincere, ecco qualche idea per preparare una tisana per alleviare i sintomi dell’influenza e del raffreddore.