Marte, il vascello da guerra che conserva un tesoro

Scritto da: Jane J.Lee
Fonte:http://www.nationalgeographic.it/

Ricercatori e sommozzatori hanno cominciato a studiare i segreti che la Mars (Marte), l’orgoglio della marina militare svedese del Sedicesimo secolo, ha custodito per 450 anni

di Jane J.Lee

storia,archeologia,svezia

La Marte oggi, sul fondale del mar Baltico, dove affondò nel 1564. Il sommozzatore che si vede in alto a destra dà un’idea delle dimensioni del relitto.
Immagine composita di Tomasz Stachura, Ocean Discovery

1564: nel corso del secondo giorno di una violenta battaglia navale, una nave da guerra si trasformò in una palla di fuoco e colò a picco, consegnando per sempre centinaia di marinai svedesi e tedeschi ai fondali del Mar Baltico insieme a un’immensa fortuna in monete d’oro e d’argento. La leggenda narra che uno spettro salisse dalle viscere dell’inferno per sorvegliare che la nave – orgoglio della marina svedese – non venisse scoperta.

Cacciatori di tesori, archeologi e appassionati di storia hanno cercato la Mars per anni senza successo. Fino alla primavera del 2011, quando un gruppo di sub localizzò a 75 metri di profondità i resti del vascello, in quella che presto si confermò essere una delle più grandi scoperte di archeologia marittima.

“È l’anello che ci mancava” dice Johan Rönnby, professore di archeologia marittima all’università di Södertörn in Svezia, che attualmente sta studiando il relitto di 60 metri di lunghezza. Se gli storici navali sanno quasi tutto sulle navi del Diciassettesimo secolo, le conoscenze delle navi da guerra del Sedicesimo secolo sono invece molto limitate. E il 1500 – continua Rönnby – è un periodo molto

importante perché è proprio in quest’epoca che si cominciarono a costruire le grandi navi da guerra a tre alberi.

Il professore spiega come questa prima generazione di navi a tre alberi abbia nella Marte uno dei migliori esempi. In passato i ricercatori hanno già ritrovato i carichi delle prime navi da guerra chiamate galeoni – imbarcazioni appena successive a quelle di cui fa parte la Marte. Sono stati anche trovati resti di navi come la Mary Rose, battente bandiera inglese, che si inabissò durante una battaglia navale nel 1545. Tuttavia, non era mai stato ritrovato nulla di così ben conservato come la Marte.

Questa scoperta è il punto culminante di 20 anni di ricerca condotta da Richard Lundgren, uno dei proprietari di Ocean Discovery, una società di sommozzatori professionisti che assiste il lavoro degli archeologi marittimi. Richard ha operato fianco a fianco con il fratello Ingemar e il loro collega Fredrik Skogh. I tre sognavano di ritrovare la Marte dal giorno in cui – da bambini – visitarono il museo di Stoccolma nel quale è esposta un’altra icona della marina militare svedese: il Vasa. Se Richard e Ingemar sono diventati subacquei professionisti, lo si deve anche a quel sogno.

Una macchina da guerra

La Marte affondò il 31 maggio del 1564 al largo dell’isola svedese di Öland. È rimasta a riposare sul fondale inclinata a tribordo (a destra). A conservare la nave in buone condizioni è stato un mix di coincidenze positive: pochi sedimenti, correnti piuttosto lente, acqua salmastra e l’assenza di un mollusco chiamato teredo navalis capace – in altri oceani – di far collassare i relitti in legno nel giro di appena cinque anni.

A rendere ancora più eccitante la scoperta, dice Lundgren, è che non furono né difetti di costruzione né errori di navigazione a far naufragare la Marte: “La Marte era una vera macchina da guerra che in battaglia si comportava egregiamente”, spiega Lundgren. La nave affondò stracarica di cannoni – ce n’erano persino sulle coffe – marinai e tutto l’armamentario che serviva ad equipaggiare una nave per la guerra (compresi otto diversi tipi di birra). Secondo Lundgren l’imbarcazione poteva contare su una potenza di fuoco “mai vista” per i suoi tempi. E proprio quei cannoni furono la rovina della Marte.


La zona del Mar Baltico dove è stato individuato il relitto
Ng Staff, Jamie Hawk. Source: Richard Lundgren, Ocean Discovery

Un impetuoso canto del cigno

La nave colò a picco mentre stava ingaggiando una battaglia con un’imbarcazione danese alleata con soldati tedeschi provenienti dalla città di Lubecca. Nel primo giorno di battaglia gli svedesi incalzarono i danesi. Così, il secondo giorno, i tedeschi decisero il tutto per tutto. Rönnby racconta che le forze tedesche presero a scagliare palle infuocate contro la Marte e alla fine riuscirono ad affiancarsi quel tanto che bastava per andare all’arrembaggio. La polvere da sparo di cui era stipata la nave scatenò un inferno e il calore divenne così intenso che i cannoni iniziarono ad esplodere. Furono proprio queste esplosioni a far inabissare la nave.
La tradizione, però, narra una storia leggermente diversa. Rönnby spiega che i sovrani svedesi, all’epoca, erano impegnati a consolidare la propria posizione. “Ma la chiesa cattolica, potente com’era, costituiva un grosso ostacolo”. Proprio nel tentativo di sminuire il potere della Chiesa, re come Erik XIV – colui che commissionò la Marte – confiscarono le campane delle chiese, le fusero e utilizzarono il metallo per forgiare i cannoni delle navi da guerra. A bordo c’erano oltre  cento cannoni di svariate dimensioni.Secondo il mito, proprio la “nuova vita” forzata di quelle che erano soltanto campane, portò la nave verso la rovina.

Una macchina del tempo

“Non è solo una nave. È un autentico campo di battaglia”, dice Rönnby.
Immergendosi e nuotando sul relitto “ci si sente vicinissimi al drammatico incendio che si scatenò a bordo, mentre i marinai si uccidevano a vicenda e tutto intorno bruciava ed esplodeva”. Infatti, quando Lundgren e i suoi colleghi portarono in superficie un pezzetto di scafo, notarono subito che il legno emanava un leggero odore di bruciato.
Lundgren, Ingemar e Skogh stanno aiutando Rönnby a ispezionare il luogo del ritrovamento, mettendo insieme – pezzo per pezzo – un fotomosaico e scansionando il relitto per produrre delle riproduzioni tridimensionali. Grazie ai fondi della National Geographic Foundation, quest’estate lavoreranno per completare le scansioni di tutta la nave. La loro intenzione è quella di lasciare la Marte sul fondo del mare utilizzando foto e riproduzioni 3D per condividere il relitto con tutto il mondo. Portare una nave in superficie è costoso e può metterne a repentaglio i manufatti. I laser scanner utilizzati da Lundgren e i suoi colleghi hanno una precisione entro i due millimetri. Più che sufficiente per soddisfare la maggior parte dei ricercatori in giro per il mondo. Secondo Rönnby, se non fosse per questi strumenti e questi metodi avanzati gli archeologi non sarebbero stati in grado di studiare la Marte così nel dettaglio. Ora, invece, è possibile ricostruire gli ultimi istanti della nave e degli uomini che erano a bordo e farsi un’idea di come ci si muoveva e ci si comportava durante una battaglia navale. “Questo, alla fine, è lo scopo dell’archeologia: mettere in discussione noi stessi e i risvolti umani di una scoperta”, conclude Rönnby.

 

Il tempo della svastica raccontato da Luciano e Simonetta Garibaldi

Scritto da: Angelo Paratico
Fonte: http://lanostrastoria.corriere.it

HitlerGaribaldi1Luciano Garibaldi e sua figlia Simonetta hanno scritto una biografia di Adolf Hitler, uscita presso l’editore De Agostini di Novara. Il titolo del libro è: “Il Tempo della Svastica” ed è stato pubblicato contemporaneamente in lingua inglese, sotto al titolo di “Evolution of a Dictator” presso la White Star Publishers, facente sempre parte del gruppo De Agostini.
Casualmente l’ho scoperto a Hong Kong, presso alla libreria Swindon di Pacific Place, nella sua versione in lingua inglese e l’ho acquistato. La globalizzazione per quanto riguarda la distribuzione dei libri sta funzionando a meraviglia
Conosco bene Luciano Garibaldi ma non mi aveva segnalato questa sua ultima opera. Gli ho subito mandato una mail, congratulandomi e dicendogli che avrei subito cominciato a leggerlo. Mi ha risposto ringraziandomi e ha poi aggiunto che lo stesso libro sta per essere pubblicato anche in Francia e in Romania.
Luciano Garibaldi non è quello che si dice un topo d’archivio, perché ha lavorato come giornalista investigativo per tutta la sua vita (è nato nel 1937). Molti sono i suoi libri di alta caratura pubblicati, alcuni sono già stati sceneggiati per la televisione, basti ricordare “Nella prigione delle Brigate Rosse” scritto con Mario Sossi e “Mio Marito il Commissario Calabresi” scritto con la vedova del protagonista.
Per quanto riguarda il secondo conflitto mondiale ha intervistato a più riprese vari personaggi che vi hanno partecipato da protagonisti, come Karl Wolff, l’ex comandante delle Waffen SS in Italia e che, dietro lauto compenso, non mancava mai di tirar fuori qualche telegramma originale o qualche intercettazione telefonica fatta a Benito Mussolini a Gargnano. Documenti con i quali ci si poteva costruire uno scoop che moltiplicava le tirature di una rivista o di un quotidiano. Garibaldi lo ricorda come una miniera inesauribile di documenti inediti, come del resto inesauribile era la sua sete di denaro. Intervistò Eugen Gerstenmier, ex presidente del Bundenstag e fra i pochi superstiti della congiura del 20 luglio 1944 contro Hitler; Inge Scholl, la sorella di Sophie Scholl, l’eroina della Rosa Bianca, finita ghigliottinata assieme a suoi giovani compagni per aver fatto propaganda pacifista e poi vari ufficiali nazisti che erano stati in contatto con il dittatore nazista.
La cosa che esteticamente attrae maggiormente in questo libro è il fatto che ha una copertina rigida con la sovraccoperta, un fatto ormai raro per opere storiche pubblicate in Italia e, tutto sommato, un indicatore indiretto del degrado morale attraversato dal nostro Paese. I nostri libri sono ormai oggetti usa e getta, prodotti con carta acida ed economica, subito ingialliti e sbriciolati, con copertine cartacee e leggerissime, libri fatti per massimizzare il profitto a discapito della qualità e della permanenza.
Il secondo punto esteticamente pregevole di questo libro è la qualità delle foto, molto nitide, tirate su carta pesante e opaca, che ne esaltano l’intrinseca profondità. Alcune, poi, non le avevo mai viste prima d’ora e credo siano inedite. Qui si vede indubbiamente la mano della De Agostini che in fatto a qualità delle immagini non prende lezioni da nessuno. Quasi incredibile a dirsi, eppure il libro è fornito d’un indice e di un sommario con i nomi dei maggiori studiosi del nazismo, con le loro opinioni espresse in pillole.
Garibaldi inizia con uno studio sugli anni giovanili di Adolf Hitler, sia come artista mancato che come combattente nella prima guerra mondiale. L’immagine di Hitler eroico soldato portaordini è stata recentemente incrinata dalla storiografia tedesca. Pare che egli sia stato in realtà un piccolo imboscato. Li chiamavano ‘topi’ i soldati tedeschi di prima linea. Prima sfuggì alla chiamata di leva in Austria, arrestato in Germania e rispedito indietro, fu scartato, tornò in Germania e fu arruolato come portaordini nell’esercito tedesco. Riuscì poi a farsi dare una croce di guerra di prima classe (dopo una di seconda classe) che non gli sarebbe spettata, blandendo e corteggiando il proprio ufficiale superiore, Ugo Gutman (un ebreo che morirà nel 1962 negli Stati Uniti) e inventandosi di aver fatto da solo prigioniero ben 16 soldati francesi. Raccontò questa storia appunto per coprire il fatto che a un portaordini non si poteva dare una croce di guerra di prima classe. Viene analizzato il suo ‘Mein Kampf’ e la storia dell’Olocausto, e quest’ultima parte, a mio giudizio, è la migliore di tutta l’opera. Quella del razzismo viscerale di Adolf Hitler è una questione dolorosa da spiegare, difficile e spinosa, ma che gli autori di questo libro riescono a trattare con obiettività, con una grande umanità e dimostrando che tutto il suo programma di sterminio era già scritto nel suo delirante memoriale, il ‘Mein Kampf’.
La lettura è scorrevole, punteggiata di dettagli curiosi e poco conosciuti al grande pubblico, come un Adolf Hitler che prima di inghiottire la fiala di cianuro nel suo bunker, sotto a un quadro di Federico il Grande, tira fuori una foto di sua madre e gli dà un ultimo sguardo prima di suicidarsi. Questi sono piccoli fatti che ci danno la misura di come un orrendo personaggio come Hitler sia ancora in grado di attrarre e repellere allo stesso tempo, come un grosso serpente che lentamente si srotola in una radura e poi ci fissa.
Si tratta di un libro onesto, breve, essenziale, pur nella precisione dei richiami e delle fonti, fatto per essere letto velocemente. Lo vedo come un’opera da offrire ai nostri giovani, per via della sua obiettività e della sua scorrevolezza, che li potrà avvicinare allo studio della storia contemporanea.

RABINDRANATH TAGORE

Fonte: http://biografieonline.it

Rabindranath_TagoreNato a Calcutta (India) il  7 maggio 1861, da una famiglia nobile e ricca, illustre anche per tradizioni culturali e spirituali, Rabindranath Tagore è il nome anglicizzato di Rabíndranáth Thákhur; è conosciuto semplicemente come Tagore, ma anche con il nome di Gurudev.

Giovane, studia tra le mura domestiche il bengali e la lingua inglese. Sin dall’infanzia legge i poeti bengalesi cominciando a comporre le prime poesie alla tenera età di otto anni. Crescendo, la passione di scrittore e poeta si sviluppa in lui sempre più.

Ha una straordinaria creatività artistica che lo indirizza anche verso la musica, la danza e la pittura. Compone liriche a cui affianca la musica, traduce le stesse in inglese e dipinge quadri che saranno poi conosciuti anche in occidente, grazie alle esposizioni che verranno organizzate. L’attività artistica di Tagore poeta, musicista, scrittore, drammaturgo, pittore, nonchè la sua personale visione filosofico-religiosa, avrà modo di essere conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.

Nel 1877 viene inviato nel Regno Unito dal padre – Debendranath Thákhur, noto riformatore indù e mistico – perchè possa studiare Diritto per diventare poi avvocato. In Inghilterra il futuro poeta decide di anglicizzare il proprio nome. Nei suoi tre anni di soggiorno europeo ha modo di approfondire ed apprezzare la cultura occidentale. Nel 1880 viene richiamato in India dal padre. Tagore torna con la convinzione che gli inglesi “sanno ben proteggere un’India bisognosa di protezione” e decide di dedicarsi all’amministrazione delle sue terre e alla sua arte.

Diversamente dal pensiero di Gandhi, il quale con la disobbedienza civile organizzò il nazionalismo indiano sino a scacciare gli inglesi, Tagore si propone di conciliare e integrare in India le diverse culture. Tagore considera l’opera ardua tuttavia gli è di sostegno l’esempio sociale del nonno, che nel 1928 fondò il “Sodalizio dei credenti in Dio”, integrando il monoteismo cristiano ed il politeismo induista. Per un lungo periodo Tagore viaggerà tra Oriente ed Occidente per tenere numerose conferenze e divulgare la propria filosofia.

Nel 1901 crea a Santiniketan (in indiano significa “asilo di pace“) presso Bolpur, a circa cento chilometri da Calcutta, una scuola dove attuare concretamente i propri ideali pedagogici: nella sua scuola gli alunni vivono liberamente, a stretto e immediato contatto con la natura; le lezioni consistono in conversazioni all’aperto, secondo l’uso dell’India antica. La scuola, dove lo stesso Tagore tiene conferenze di natura filosofica e religiosa, si fonda sugli antichi ideali dello Ashram (Santuario della foresta), affinché, come lui stesso afferma, «gli uomini possano riunirsi per il supremo fine della vita, nella pace della natura, dove la vita non sia solo meditativa, ma anche attiva».

Il pensiero teologico che risiede alla base di tutta la produzione artistico-religiosa di Tagore viene espresso organicamente soprattutto nell’opera “Sadhana”, dove raccoglie una scelta delle conferenze tenute nella sua scuola di Santiniketan. Si fonda su un panteismo mistico che ha le sue radici nelle “Upanisad”, anche se è aperto ad altre tradizioni culturali. A partire dalla contemplazione della natura Tagore vede in ogni sua manifestazione la permanenza immutabile di Dio e quindi l’identità tra l’assoluto e il particolare, tra l’essenza di ogni uomo e quella dell’universo. L’invito a cercare il significato dell’esistenza nella riconciliazione con l’universale – e con l’essere supremo – percorre tutta la filosofia indiana; in questo contesto Tagore è stato uno dei maggiori maestri nel XX secolo.

Nelle sue liriche, come nella sua vita, Tagore esprime la propria passione, anche erotica, la sua convinta ricerca dell’armonia e della bellezza, nonostante ogni difficoltà, che comprende il dolore causato dai numerosi lutti che avrebbe sofferto.

Nella grande produzione letteraria del poeta indiano si trova anche l’autobiografia “Ricordi della mia vita”, del 1912.

Per “la profonda sensibilità, per la freschezza e bellezza dei versi che, con consumata capacità, riesce a rendere nella sua poeticità, espressa attraverso il suo linguaggio inglese, parte della letteratura dell’ovest“, nel 1913 Rabindranath Tagore viene insignito del premio Nobel per la Letteratura: devolverà la somma del premio a favore della scuola di Santiniketan. Nella sua amata scuola morirà il 7 agosto 1941.

Bibliografia essenziale:

– Lettere di un viaggiatore in Europa (1881)

– Il genio di Valmiki (dramma musicale, 1882)

– Canti della sera (1882)

– Canti del mattino (1883)

– Il re e la regina (dramma, 1889)

– Manasi (1890)

– Sacrificio (dramma, 1891)

– Citrangada (dramma, 1892)

– Il battello d’oro (1893)

– La luna crescente (1903-1904)

– Gora (1907-1910)

– L’offerta di frutta (1915)

– Il re della camera oscura (dramma, 1919)

– L’ufficio postale (dramma, 1912)

– Ricordi della mia vita (1912)

– Sadhana : la realizzazione della vita (1913)

– Offerta di canti : Gitanjali (1913)

– Il giardiniere (1913)

– La casa e il mondo (1915-1916)

– Balaka (1916)

– Petali sulle ceneri (1917)

– Dono d’amore (1917)

– Passando all’altra riva (1918)

– Canti serali (1924)

– Oleandri rossi (dramma, 1924)

– Variopinto (1932)

– Il flauto (1940)

 

Un orto urbano in hotel, è il progetto vincitore di un concorso a New York

Scritto da: Enrica Bartalotta
Fonte:http://www.tuttogreen.it/orto-urbano-in-hotel-a-new-york/

allotment-hotel-courtyard-400x250Coltivare un orto urbano in hotel e mangiarne i prodotti, tra pochi anni potrebbe succedere a New York! L’idea è di Dean Moran, che l’ha proposta per il concorso messo a punto dalla catena dei Tablet Hotel, per ripensare lo spazio alberghiero cittadino e la sua fruibilità.

Il concorso partiva dall’idea che l’albergo è una macchina con dei requisiti fondamentali per i suoi ospiti: fornire suffciente quali privacy, alloggio e comfort, e anche un po’ di pace. Trasformare l’esperienza privata del viaggiatore in una sociale che coinvolga anche la città è l’obiettivo del progetto vincitore del concorso, che si chiama Allottment (che in inglese significa ‘assegnazione di spazi’) .

Così gli spazi sono stati ripensati per farne qualcosa d’altro, un luogo di condivisione e coesione che apporti salute e benessere a tutti, ospiti e cittadini. Lo slogan del progetto vincitore, è grow, teach, eat & share, ovvero cresci, insegna, mangia e condividi. In pratica consiste nel dare ai cittadini la possibilità di coltivare e mangiare le proprie verdure, sane ed biologiche, sul tetto di un hotel, di poterle mangiare in un ristorante presente all’interno, creando una vera e propria comunità, autonoma e di scambio interdipendente.

L’hotel, sarà infatti costituito da 4 unità che collaboreranno tra loro attraverso mettendo in connessione i visitatori e gli operatori locali, come i farmers’ market.

Approfondisci: In Italia solo il 10% sono alberghi eco-sostenibili

Le 4 unità, Il Mercato, Il Ristorante, Il Viaggio del cibo e Il Tetto, costituiscono il progetto dell’Allotment. Il Mercato sarà l’unità attorno alla quale si muoverà tutto il resto: lì, i cittadini locali potranno vendere i propri prodotti, prodotti coltivati con principi sostenibili sull’unità de Il Tetto.

Il Mercato fornirà i prodotti a Il Ristorante, dove i visitatori potranno veder cucinato quello che hanno scelto, a cucina aperta, con prodotti serviti freschi ogni giorno, e in ultima battuta si potrà fare un giro con Il Viaggio del Cibo, ovvero l’opportunità di visite guidate all’interno dell’hotel, che avranno come sfondo e protagonista proprio il cibo.

La cucina aperta ed i tour, hanno l’obiettivo di aprire il dialogo tra gli utenti e i commercianti, per conoscere i cibi, gli ingredienti, le modalità di cottura, e i migliori negozi della città in cui è possibile mangiare sano e biologico; un processo di conoscenza che termina sul tetto, dove i commensali, ma anche dei semplici visitatori esterni, possono continuare a rilassarsi; immergersi nella natura, fare giardinaggio, chiacchierare e gustare saporiti cocktail dal bar con vista.

Leggi anche: Coltivare la terra mentre si aspetta il treno: orto urbano sul tetto

Una novità straordinaria che coniuga salute, benessere e design. Un progetto innovativo ed intelligente, che non è solo green ma è anche social. Noi di Tuttogreen speriamo che il progetto dell’allotment hotel diventi realtà, e che qualcun altro, ne prenda poi immediatamente esempio

Intrigo internazionale. Perché la guerra in Italia. Le verità che non si sono mai potute dire

Fonte:http://www.ibs.it/
Autori: Giovanni Fasanella, Rosario Priore

copj170.aspDescrizioneL’indicibile della storia italiana. La domanda di fondo è: perché l’Italia dal 1969 è stata funestata dal terrorismo e dalla violenza politica con centinaia di morti e migliaia di feriti? Perché solo nel nostro paese? Tutte le inchieste giudiziarie hanno dato finora molta importanza al ruolo dei servizi segreti deviati, della P2, della Cia. Risultato: nessuna verità giudiziaria, nessuna verità storica. Rosario Priore, il magistrato che si è occupato di eversione nera e rossa, di Autonomia operaia, del caso Moro, di Ustica, dell’attentato a Giovanni Paolo II, qui prova a rispondere cambiando completamente scenario. E strumenti di analisi. Grazie ad anni di ricerche, testimonianze, prove, carte private, incontri con ex terroristi, agenti segreti e uomini politici anche stranieri, Priore ricostruisce uno scenario internazionale inedito per spiegare il terrorismo e la strategia della tensione in Italia, testimoniando la verità che finora nessuno ha potuto certificare attraverso le sentenze. Colpita la manovalanza (e non sempre), la giustizia si è infatti dovuta fermare senza arrivare a scoprire il livello più alto dei responsabili. Siamo stati in guerra, senza saperlo. L’egemonia del Mediterraneo, il controllo delle fonti energetiche ci hanno messo in rotta di collisione con l’asse franco-inglese che non ha mai sopportato il nostro rapporto privilegiato con la Libia. Ecco chi era il terzo giocatore dopo Urss e Stati Uniti.

Non credete a Obama, è pronto a usare la bomba atomica

Fonte: http://www.libreidee.org/2014/07/non-credete-a-obama-e-pronto-a-usare-la-bomba-atomica/

«E’ cambiata la dottrina di guerra degli Stati Uniti: le armi nucleari americane non sono più limitate alla controffensiva, ma sono state elevate al ruolo di attacco preventivo». Lo sostiene Paul Craig Roberts, editorialista e già viceministro di Reagan, citando un recente servizio di Eric Zuesse su “Op-Ed News”: Washington sta mettendo a punto i piani per un primo attacco nucleare contro la Russia di Putin, come se non sapesse che anche un attacco atomico “limitato”, secondo in maggiori esperti, porterebbe a sconvolgimenti planetari capaci di causare la morte di non meno di 2 miliardi di persone nel mondo. Craig Roberts accusa l’America di Obama: si è tirata fuori dai trattati anti-balistici e sta sviluppando il suo “scudo anti-missile” in Europa con l’obiettivo di intercettare l’eventuale reazione russa a un attacco contro Mosca. Attacco che non avverrebbe comunque a freddo: «Washington sta demonizzando la Russia e il suo presidente con una vergognosa propaganda diffamatoria, preparando la popolazione statunitense e i suoi Stati-sudditi alla guerra contro la Russia».

Secondo Roberts, la Casa Bianca si è fatta convincere dai neo-conservatori che le forze nucleari russe sono ferme e impreparate, quindi un ottimo Obama e Putinbersaglio per un attacco. «Questa falsa opinione – scrive l’analista, in un post ripreso da “Come Don Chisciotte” – si basa su informazioni vecchie di dieci anni», prima cioè del poderoso riarmo difensivo promosso da Putin, che ha permesso alla Russia di giocare un ruolo-chiave per impedire che la Siria diventasse la scintilla della possibile Terza Guerra Mondiale. In ogni caso, «indipendentemente dalle reali condizioni delle forze nucleari russe, dal successo del “primo attacco” di Washington e dal livello di protezione dello “shield” americano», uno studioso come Steven Starr conferma che «il carattere letale delle armi nucleari» non è arginabile: un conflitto atomico non avrebbe vincitori, perché tutti soccomberebbero nella catastrofe.

Lo ribadiscono autorevoli scienziati atmosferici, in studi come quello pubblicato già nel 2008 da “Physics Today”: nonostante la riduzione degli arsenali nucleari programmata con Gorbaciov nel lontano 1986 (ridurre a circa 2.000 entro il 2012 le 70.000 testate dell’epoca) non si è ancora ridotta la minaccia che una guerra nucleare rappresenta per la vita umana sulla Terra. E’ scontata la distruzione simultanea di centinaia di milioni di persone, mentre il fumo atomico emanato dalle esplosioni nella stratosfera «causerebbe l’inverno nucleare e il collasso dell’agricoltura». Sicché, «gli esseri umani scampati alla morte e alle radiazioni morirebbero comunque di fame». Reagan e Gorbaciov l’avevano ben compreso, ma «purtroppo non c’e’ stato un degno successore tra i governi americani che seguirono», sostiene Craig Roberts. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, Paul Craig Robertsi 9 paesi dotati di armi nucleari ancora possiedono un totale di 16.300 testate atomiche.

E il maggior pericolo viene proprio dagli Usa: «E’ ormai appurato che a Washington ci siano dei politici che pensano, erroneamente, che la guerra nucleare sia una guerra che si può vincere, e che sia un valido strumento per arrestare l’ascesa di Russia e Cina che mette a repentaglio l’egemonia americana nel mondo». Il governo degli Stati Uniti, indipendentemente dal partito in carica, è «una grossa minaccia per la vita sulla Terra», accusa Roberts. E i governi europei, «che si reputano civilizzati», in realtà «non lo sono affatto, poiché permettono a Washington di perseverare nella sua sete di egemonia». E’ quello il problema: «L’ideologia che concede all’eccezionale e indispensabile America questa supremazia è un’enorme minaccia per il mondo».

Iraq e Afghanistan, Libia e Siria, Yemen e Somalia, per non parlare della Jugoslavia. «La distruzione parziale o totale di sette paesi del mondo operata dall’Occidente nel 21° secolo, con l’appoggio di altre “civiltà e mezzi d’informazione occidentali”, è la prova lampante che la leadership del mondo occidentale è completamente svuotata di coscienza morale e di compassione per il genere umano», dichiara Craig Roberts. «Ora che Washington è armata della sua falsa dottrina di “supremazia nucleare”, si prospetta un triste futuro per l’umanità». Secondo l’ex consigliere di Reagan, infatti, «Washington ha dato il via alla preparazione di una Terza Guerra Mondiale, e gli europei sembrano ben disposti a prenderne parte». A fine 2012, il danese Rasmussen a capo dell’Alleanza Atlantica aveva detto che la Nato non considerava la Russia come un nemico, ma «ora che la folle Casa Bianca insieme ai suoi folli vassalli ha dimostrato alla Russia che l’Occidente è ancora un nemico», Rasmussen ha cambiato posizione, dichiarando: «Dobbiamo accettare il fatto Alexander Vershbowche la Russia ci considera suoi avversari»,  per aver sostenuto militarmente l’Ucraina (golpista) insieme agli altri paesi dell’Europa orientale.

L’escalation è ormai avviata: per Alexander Vershbow, ex ambasciatore statunitense in Russia e attuale vicesegretario Nato, la Russia è «un nemico». Pertanto, «i contribuenti americani ed europei devono sostenere l’ammodernamento degli armamenti, non solo per Ucraina ma anche per Moldova, Georgia, Armenia e Azerbaijan». L’apparato militare americano sta riesumando la guerra fredda, scrive Roberts, proprio perché ha appena perso la cosiddetta “guerra al terrore” in Iraq e Afghanistan. «Questo probabilmente è il punto di vista delle industrie di armamenti e di qualcuno a Washington». Ma i neocon sono ancora più ambiziosi: «Non perseguono solo il profitto nel sistema della sicurezza e degli armamenti, il loro scopo è l’egemonia degli Stati Uniti nel mondo, ovvero azioni sconsiderate come la minaccia strategica che il regime di Obama, con la complicità dei vassalli europei, ha lanciato contro la Russia in Ucraina».

Dall’autunno scorso, continua Roberts, il governo americano «non ha fatto che mentire sull’Ucraina, dando la colpa alla Russia per le conseguenze delle azioni di Washington e demonizzando Putin nello stesso modo in cui Washington ha demonizzato Gheddafi, Saddam Hussein, Assad, i Talebani e l’Iran». Il governo conta su formidabili complici: «La stampa “prostituita” e le capitali dei paesi europei hanno assecondato queste menzogne e questa propaganda, ripetendole senza sosta». Così, l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti della Russia è diventato apertamente negativo. «Come pensate che vedano tutto questo Russia e Cina? La Russia ha visto la Nato spingersi fino ai suoi confini, una violazione degli accordi sottoscritti da Reagan e Gorbaciov». Peggio: Mosca «ha visto gli Stati Uniti violare gli accordi del trattato “Shield” e costituire un proprio “scudo” da guerre stellari». Se poi questo “shield” funzioni o meno «è del tutto irrilevante: il suo scopo è quello Gorbaciov e Reagandi convincere  i politici e l’opinione pubblica che gli americani sono al sicuro».

La notizia peggiore, continua Craig Roberts, è che i russi hanno visto gli Stati Uniti cambiare il ruolo delle armi nucleari, da mezzi deterrenti a strumenti di attacco preventivo. «E ora la Russia  sente ogni giorno fiumi di menzogne ripetute in Occidente e assiste al massacro di civili nell’Ucraina russa da parte del vassallo ucraino degli Stati Uniti». Civili che Washington definisce “terroristi”, e che invece vengono sterminati «con armi come il fosforo bianco». E tutto questo «senza alcuna protesta da parte dei paesi dell’Occidente». E’ cronaca, benché oscurata dai media mainstream: «Attacchi massicci di artiglieria e aerei sulle case dell’Ucraina russa si sono compiuti nel giorno del 25° anniversario di Piazza Tienanmen, mentre Washington e i suoi paesi-marionetta hanno condannato la Cina per un evento che non è mai accaduto». La farsa della presunta “strage” di Pechino è infatti stata smascherata da fonti diplomatiche Usa: il governo cinese non ha Piazza Tienanmen, la repressione sanguinosa fu un falso storicomai sparato sulla folla degli studenti, ma ha contrattato con loro l’abbandono della piazza.

«Come oggi sappiamo, non c’era stato alcun massacro in piazza Tienanmen», sottolinea Craig Roberts. «Era solo un’altra bugia di Washington, come quella del Golfo del Tonchino, come le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, come l’uso di armi chimiche di Assad, come le armi nucleari iraniane». Si stupisce, l’ex viceministro di Reagan: «E’ davvero sorprendente vedere come il mondo stia vivendo una falsa realtà creata dalle bugie di Washington. Il film “Matrix” è una fedele rappresentazione della vita in Occidente: la popolazione vive in una falsa realtà creata dai suoi governanti». L’opinione pubblica è così assuefatta da non riuscire a distaccarsene, come spiega – in quel film – Morfeo, il capo dei ribelli “risvegliati”: «La maggior parte della gente non è pronta a staccare la spina», molti di loro sono «così completamente schiavi del sistema che lotteranno per proteggerlo».

Confessa Craig Roberts: «Vivo quest’esperienza ogni volta che scrivo un articolo: ecco che arrivano le proteste di quelli che non sono disposti a staccare la spina, attraverso e-mail o dai quei siti che nella sezione dei commenti accusano gli scrittori di calunnia verso i loro governi-troll». Se non altro, aggiunge l’analista, ad abboccare è l’Occidente, ma non le popolazioni russe e cinesi, quelle che vedono benissimo il cappio che si sta stringendo giorno per giorno. «Come pensate che reagirà la Cina quando Washington dichiarerà che il Mar Cinese Meridionale è una zona di interesse nazionale degli Stati Uniti, e invierà il 60% della sua flotta nel Pacifico e costruirà nuove basi aeree e navali americane dalle Filippine al Vietnam?». Finora, aggiunge Roberts, russi e cinesi «si sono comportati in modo ragionevole». Sergej Lavrov, il ministro degli esteri di Putin, è estremamente chiaro: «In questa fase, vogliamo dare ai nostri partner la possibilità di calmare gli animi. Vedremo cosa succederà in seguito. Se continueranno le Il ministro russo Lavrovaccuse contro la Russia e i tentativi di pressione su di noi attraverso la leva economica, allora potremo rivalutare la situazione».

«Se la folle Casa Bianca, le prostitute mediatiche di Washington e i vassalli d’Europa convinceranno la Russia che la guerra è inevitabile, la guerra diventerà davvero inevitabile», avverte Craig Roberts. «E poiché non esiste possibilità alcuna che la Nato sia in grado di montare un’offensiva convenzionale contro la Russia nemmeno lontanamente vicina alle dimensioni e alla potenza delle forze d’invasione tedesche del 1941, che poi incontrarono la distruzione, la guerra non potrà che essere nucleare, e questo significa la fine per tutti. Tenetelo bene a mente, mentre Washington e i suoi canali d’informazione continuano a far rullare i tamburi di guerra». La storia è lì a dimostrare che, oltre ogni dubbio, «tutto quello che Washington e le sue prostitute mediatiche hanno detto e dicono, non sono che bugie al servizio di un fine non dichiarato». E la cosa, purtroppo, «non si risolve votando democratico invece che repubblicano». Thomas Jefferson suggerì una soluzione: «L’albero della libertà di tanto in tanto si deve bagnare con il sangue dei patrioti e dei tiranni. E’ il suo concime naturale». Per Roberts, il guaio è che oggi «a Washington ci sono pochi patrioti e molti tiranni».

Ordine Nuovo

Fonte:http://www.ecn.org/inr/caradonna/destra/destra12.htm

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………. “Ordine nuovo”, formalmente sciolta da un decreto governativo del 21 novembre 1973, fu creata nel 1960 da alcuni iscritti al MSI che, come i fondatori di Avanguardia nazionale, trovavano troppo moderata la linea del partito. Ordine nuovo costituì il gruppo forse più aggressivo dell’intero campo neonazista. Secondo un rapporto della polizia esso si ispirava alle dottrine razziste e nazionalsocialiste del barone Julius Evola, il filosofo dell’idealismo mistico, autore nel 1937 del libro “Il mito del sangue”, ma che ancora nel 1967 rimproverava Almirante perché non organizzava apertamente squadre d’azione per “distruggere i centri della sovversione” e “stroncare scioperi”.
………. All’origine “Ordine nuovo” aveva adottato come simbolo l’ascia bipenne in cerchio bianco su fondo rosso e, come motto, quello delle SS naziste: “Il nostro onore si chiama fedeltà”. Le sue posizioni politiche erano di un oltranzismo delirante.

………. A rendere l’idea di come ragionavano i capi di “Ordine nuovo”, basti questo brano programmatico, tratto dal giornale del movimento allora guidato da Pino Rauti (oggi deputato del MS-Fiamma Tricolore alla Camera):
………. “Se ci sentiamo legati al fascismo come al movimento politico autoritario e gerarchico più vicino alle nostre esperienze dirette, più prossimo all’epoca storica nella quale siamo vissuti, non per questo non potremmo non dire che egualmente ci sentiamo vicini alla sostanza e ai valori, ai principi e alle idee fondamentali che informarono l’essenza politica di ogni Stato autoritario o aristocratico dei tempi andati […]. Siamo vicini tanto alla Repubblica sociale italiana che al III Reich, quanto all’lmpero napoleonico o al Sacro romano impero […]. Chi viene al nostro fianco avrà un’altra sensazione che è propria del combattente quando a pie’ fermo attende l’istante per balzare dalla trincea e gettarsi nella mischia per colpire, colpire, colpire”.

………. Probabilmente ispirato dalle critiche di Evola al MSI, nel 1966 “Ordine nuovo” prese l’iniziativa di costituire un certo numero di Comitati di insurrezione nazionale (CIN) che, con il loro attivismo, avrebbero dovuto strappare al MSI gli iscritti e portarli su posizioni più combattive. Infatti i Comitati diedero inizio a una campagna terroristica che tuttavia non raggiunse all’interno del partito gli scopi desiderati. Ciò indusse i principali dirigenti di Ordine nuovo e lo stesso Pino Rauti [inquisito perché tra gli organizzatori dell’attentato alla Banca dell’Agricoltura di Milano] a riprendere la tessera del MSI.
………. Dopo il rientro di Rauti e dei suoi più vicini collaboratori nel MSI, Ordine nuovo continuò la propria attività, dandosi nuovi capi e spingendosi su posizioni sempre più oltranziste e polemiche sia nei confronti di Rauti [il “traditore”] che di Almirante [la “spia antifascista”].
………. Da un rapporto di polizia steso dopo il fallito golpe del dicembre 1970, si è saputo che Ordine nuovo era in rapporti con il Fronte nazionale di Valerio Borghese e con altre organizzazioni di estrema destra italiane, francesi, spagnole, portoghesi, sudafricane, nonché con il governo dei colonnelli greci. Poiché molti affiliati di Ordine nuovo operavano all’interno di altre organizzazioni eversive, è legittimo ritenere che questo movimento abbia svolto un ruolo operativo di paricolare rilevanza nel far procedere la strategia della tensione.
………. Lo scioglimento decretato alla fine del 1973, oltreché essere tardivo, non costituisce un serio procedimento in quanto ha lasciato liberi di agire altri gruppi che, perseguendo obiettivi non dissimili da quelli di Ordine nuovo, ne hanno adottato anche gli stessi mezzi. Inoltre tutto lasciava pensare che, di fronte alla tolleranza dimostrata dalle autorità, l’organizzazione disciolta sarebbe stata presto ricostituita. Difatti, due giorni dopo lo scioglimento di Ordine nuovo veniva annunciata l’esistenza dell’organizzazione clandestina “Ordine nero” che, dopo aver dichiarato “guerra allo Stato”, firmava i principali attentati terroristici del 1974.
………. La clandestinità di quest’ultimo movimento si può considerare molto relativa, dal momento che esso ha dato vita a un giornale intitolato “Anno Zero” e che notoriamente ha assunto l’eredità di Ordine nuovo. Copie di “Anno Zero” sono state trovate accanto al cadavere dilaniato del neofascista Silvio Ferrari, saltato in aria nel maggio 1974 a Brescia, mentre trasportava una potente carica di esplosivo a bordo di un ciclomotore. Copie dello stesso giornale sono state trovate nell’auto di un gruppo di neofascisti schiantatasi, venti minuti dopo la morte del Ferrari, nella stessa città. Il periodico era comunque diffuso in numerose sedi missine.

Elettrosmog: si chiude la bocca ai critici e si fa il gioco delle compagnie

Fonte:http://www.ilcambiamento.it

elettrosmog_controlliI nuovi regolamenti dell’Inail hanno soppresso i dipartimenti deputati a fare ricerca e studiare gli effetti dei campi elettromagnetici. E l’associazione Amica teme che si voglia chiudere la bocca a chi mette in guardia la popolazione. Intanto scattano esposti e interrogazioni parlamentari.

«Il nuovo Regolamento di Organizzazione – Titolo III dell’Ibail sopprime i Dipartimenti di Tecnologie di Sicurezza e quello di Impatto Ambientale degli Insediamenti Produttivi di cui faceva parte il Laboratorio di Inquinamento da Radiazioni e Ultrasuoni diretto dal Prof. Livio Giuliani» spiega l’associazione Amica che tutela le persone elettrosensibili.«Questo laboratorio Ispesl è stato determinante nella formulazione dei limiti di esposizione per i campi elettromagnetici (DM 381/1998 e Legge 36/2001), compreso il valore di attenzione di 6 volt/metro, che fa dell’Italia un Paese tra più avanzati nella protezione dalle radiazioni non ionizzanti – prosegue Amica – Temiamo che quanto sta avvenendo oggi all’Inail sia solo uno dei tanti passi per abbattere questo livello di attenzione e innalzare i limiti di legge per i campi elettromagnetici che non permettono il pieno sviluppo della telefonia di nuova generazione a banda larga. Il nuovo Regolamento prevede che i dipartimenti centrali dell’ex Ispesl siano ridotti a due e che vadano “in staff al Direttore Generale”, mentre i dipartimenti periferici, ridotti a unità operative, devono essere “in staff ai dirigenti regionali”. Questa previsione mette di fatto la ricerca in soggezione alla dirigenza amministrativa dell’Istituto, in netto contrasto sia con la Costituzione, che stabilisce che la ricerca è libera, sia con la legge che stabilisce “la competenza della dirigenza amministrativa non si estende alla gestione della ricerca e dell’insegnamento”.  L’Inail ha, per giunta, disposto il riordino dei dipendenti dell’Ispesl con soppressione del Laboratorio di Inquinamento da Radiazioni e Ultrasuoni. Contro tale provvedimento la maggioranza dei dipendenti dell’Ispesl ha proposto ricorso al TAR e alcuni ricercatori universitari, tra cui il prof. Mauro Cristaldi dell’Università di Roma e la Prof.ssa Caterina Tanzarella dell’Università Roma Tre, e associazioni, tra cui noi di Amica, hanno deciso promuovere un ricorso ad adiuvandum per dare forza davanti al giudice al ricorso dei dipendenti ex-Ispesl. La prima udienza si terrà il 29 ottobre». «Che i ricercatori dell’ex ISPESL fossero scomodi per le loro posizioni cautelative era evidente anche dal fatto che non sono stati chiamati ad esprimersi sul MUOS – prosegue l’associazione – La Regione Sicilia infatti ha vincolato il proprio parere in merito al MUOS alla relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, senza chiedere parere anche all’Ispesl nonostante le norme prevedano ancora oggi che l’Ispesl  (incorporato dall’Inail a cui sono state demandate tutte le competenze) abbia una competenza concorrente con l’ISS in materia di radiazioni elettromagnetiche e quindi gli enti locali dovrebbero chiedere parere ad entrambe queste istituzioni, cosa che in Sicilia non è stata fatta. Non è tutto. La soppressione del Laboratorio di Inquinamento da Radiazioni e Ultrasuoni rappresenta un insulto alla tutela della salute pubblica, ma anche alla ricerca scientifica in quanto tale laboratorio è all’avanguardia a livello internazionale per la ricerca degli effetti benefici dei campi elettromagnetici in particolare per la cura dell’infarto. Ha pubblicato, infatti, su due autorevoli riviste scientifiche (Electromagnetic Biology  and Medicine, 2008; Oxford Cardiovascular Research, 2009) uno studio sugli effetti dei campi elettromagnetici estremamente bassi (ELF) sulla differenziazione di cellule staminali cardiache autologhe. Un progetto volto alla prosecuzione di questa ricerca così innovativa, a cui collaborano ricercatori del CNR di Bologna e di Roma, medici dell’Università di Ricerca e il Premio Nobel Luc Montagnier, ha passato positivamente il vaglio dei referee, il National Institute for Environmental Health and Safety (NIEHS), incaricato dal Ministero della Salute di valutare i progetti di ricerca presentati nell’ambito del Piano ministeriale del 2009. I fondi sono stati assegnati nel 2011, ma da allora l’INAIL non li ha erogati. Nel frattempo un’equipe americana ha pubblicato i risultati di una ricerca simile».Il senatore Felice Casson ha presentato una interrogazione parlamentare al riguardo e il prof. Morando Soffritti, presidente dell’Istituto Ramazzini per la ricerca sul cancro di Bolgona, e il dott. Fiorenzo Marinelli del CNR di Bologna hanno presentato un esposto-denuncia  alla Procura di Firenze».

MASSIMILIANO FRASSI

Fonte:http://www.massimilianofrassi.it/blog/biografia

indexNato a Lovere (Bergamo) il 13.08.1969, dopo la laurea ha deciso di impegnarsi attivamente nel sociale, operando dapprima nel campo dell’emarginazione grave adulta (con particolare attenzione alle povertà di strada, alla tossicodipendenza ed all’AIDS, lavorando come operatore sia in strada che presso enti pubblici e privati e facendo nascere il primo gruppo di auto aiuto per sieropositivi nella bergamasca). Successivamente diventa fondatore e presidente dell’Associazione Prometeo onlus che da più di 15 anni si occupa di lotta alla pedofilia, dedicando al sua vita a sostenere le vittime dei pedofili e lavorando per creare una presa di coscienza del problema da parte della società.

Questo l’ha portato a prendere spesso delle posizioni moto scomode ed impopolari, ma sempre e solo “dalla parte dei bambini abusati”.
È autore di sette libri bestseller che hanno venduto quasi 200mila copie in Italia e Svizzera, “I bambini delle fogne di Bucarest” (sei edizioni, con prefazione di Maria Rita Parsi), “L’inferno degli angeli” (quattro edizioni, con prefazione di Maurizio Costanzo) “I Predatori di bambini” (primo libro in Italia a parlare anche di Chiesa e Pedofilia), “Ho conosciuto un angelo – la storia di Tommaso Onofri” (scritto con la collaborazione della mamma del piccolo Tommaso),  “Favole di Bambini e dei Loro Orchi” (Edizione I Nuovi Quindici 2009), “Il libro nero della Pedofilia” (nuova versione con capitoli inediti de I predatori di bambini) e “Perché nessuno mi crede?! Storia di Stella (edizione La Zisa – 2012) Al lavoro su due nuovi libri, uno dei quali tornerà ad occuparsi dei bimbi della Romania,..
Frassi è stato promotore di una proposta di legge contro la pedofilia e tiene circa 200 conferenze all’anno (molti i corsi di formazione, dai docenti alle forze dell’ordine). Molto amato dalla gente è invece da sempre duramente attaccato da movimenti pedofili italiani e stranieri.
Massimiliano Frassi è stato insignito di numerosi riconoscimenti tra cui il premio Kiwanis – We Build International 2000, la medaglia della Polizia di Stato, conferitagli dal Questore di Bergamo nel 2003 e la medaglia d’oro del F.B.I., assegnata a lui (ed alla Prometeo) dal responsabile della storica F.B.I. di New York nel 2004. Inoltre ha ricevuto, con la sua associazione (primo caso in Italia) il prestigioso Premio Livatino “Pro Bene Justitiae”, intitolato al noto Giudice anti-mafia. Frassi è consulente nel campo dei servizi sociali e ha collaborato con la catena Epolis da cinque anni, con degli editoriali pubblicati a cadenza settimanale sul tema dell’infanzia violata.
Con l’Associazione Prometeo ha creato il coordinamento nazionale delle vittime di abuso, che riunisce adulti che sono stati abusati da piccoli e genitori di bambini vittima di pedofili. Inoltre con la stessa collabora attivamente con realtà internazionali come Scotland Yard.
Il sito della Prometeo è il seguente: www.associazioneprometeo.org .

MARIO MORETTI: spia o puro rivoluzionario?

Fonte:http://www.valeriolucarelli.it/Moretti.htm

MorettiMario Moretti. Studiare le Brigate Rosse comporta un passaggio chiave: interpretare la figura controversa di Mario Moretti, leader incontrastato delle BR dal 1975 al 1981. Difficile riuscire a parlarne in modo serio senza cadere in facili approssimazioni. Due correnti di pensiero si contrappongono definendolo il più puro dei rivoluzionari o una spia al servizio del potere che fingeva di voler abbattere. Le cose probabilmente non sono così semplici.

Moretti nasce a Porto San Giorgio nelle Marche il 16 gennaio 1946.

A finanziare i suoi studi la famiglia nobile, vicina a posizioni fasciste, Casati Stampa di Soncino. Quei Camillo e Anna protagonisti nel 1970 di un clamoroso caso di cronaca, quando il marchese Camillo uccise la bellissima moglie e il giovane amante di lei, prima di suicidarsi. La loro villa a San Martino di Arcore sarà poi acquistata da un giovane imprenditore, tale Silvio Berlusconi.

Diplomatosi come perito industriale, all’inizio del 1968 Moretti è a Milano in cerca di lavoro. Ha con sé due lettere di raccomandazione: una di Ottorino Prosperi, rettore del Convitto di Fermo, per un posto all’università Cattolica, l’altra proprio della marchesa Anna Casati, per un impiego alla Sit-Siemens. Lo assumono in fabbrica.

Dai rapporti con i Casati Stampa nascono le prime illazioni sul conto di Moretti. Ma anche di Renato Curcio si sa che da ragazzo frequenta un collegio cattolico e che ad Albenga milita dapprima nel gruppo “Giovane nazione”, quindi in “Giovane Europa”, due organizzazioni fondate dal belga Jean Thiriat, vicine all’estrema destra. Non per questo la figura di Curcio si è mai prestata a ambigue interpretazioni.

Il 29 settembre 1969, in una comune di piazza Stuparich, Moretti si sposa con Amelia Cochetti, maestra d’asilo. Avranno un figlio, Marcello Massimo.

Alla Sit-Siemens conosce Corrado Alunni, Giorgio Semeria, Paola Besuschio, Pierluigi Zuffada, Giuliano Isa, Umberto Farioli, tutti futuri membri delle Brigate Rosse. Partecipa al Collettivo Politico Metropolitano(CPM), il gruppo che darà vita alle Brigate Rosse. Fin dall’inizio, con Corrado Simioni, Moretti è per la scelta della lotta armata, una strategia che Curcio e Franceschini osteggiano fortemente, ritenendo non maturi i tempi. Vanni Molinaris, Corrado Simioni e Duccio Berio lasciano l’organizzazione e fondano a Parigi la scuola di lingue Hyperion. Moretti e altri, come Prospero Gallinari, lo seguono.

Qualcuno, riferendosi ai fondatori dell’ Hyperion, parla di Superclan. Una struttura iper clandestina dai contorni indefiniti. Con il Superclan Moretti è in stretto contatto ma, dopo qualche tempo, fa ritorno nelle BR insieme a Prospero Gallinari.

Il 30 Giugno 1971, a Pergine di Valsugana, partecipa con Renato Curcio a una rapina per autofinanziamento. È la sua prima azione. Moretti all’interno delle BR si mostra sicuro di sé, pronto a tutto e soprattutto capace di assumersi tutte le responabilità del caso. Ma non sempre il suo comportamento è ineccepibile. Spesso pasticcia in modo grossolano.

Come durante un sequestro lampo di cui Moretti si occupa personalmente: prende l’ostaggio, lo carica in macchina, gli scatta una fotografia e lo rilascia. Ma al momento di disegnare la stella a 5 punte, aggiunge un vertice in più e il simbolo delle BR si trasforma nella stella di David. La foto viene pubblicata dal Corriere della Sera. Era un messaggio al Mossad? Voleva dimostrare di poter fare qualsiasi cosa all’interno delle BR?

Dubbi anche per il mancato rapimento del democristiano Massimo De Carolis, affiliato alla loggia massonica P2. Una settimana prima del sequestro, De Carolis sparisce dalla circolazione. Ma non basta, perché carabinieri e polizia decapitano l’intera organizzazione, salvando soltanto il gruppo dirigente. Nella “prigione del popolo” di Via Boiardo le forze dell’ordine trovano una scatola da scarpe con fotografie di Curcio e altri negativi compromettenti. La scatola l’ha lasciata Moretti, che agli altri compagni aveva assicurato di averla distrutta come da accordi. Mentre è in corso la perquisizione, Moretti arriva sul posto guidando la macchina della moglie, che poi lascia parcheggiata fuori dallo stabile. Grazie a questa disattenzione i carabinieri arriveranno fino alla moglie di Moretti: sentendosi braccato la scelta della clandestinità è pressocchè obbligata.

Nel 1974 Curcio e Franceschini sono arrestati grazie all’’infiltrato Silvano Girotto, un ex frate soprannominato frate Mitra. Moretti avrebbe ricevuto una telefonata da una fonte anonima due giorni prima dell’incontro tra i capi storici e Frate Mitra a Pinerolo. Incontro a cui avrebbe dovuto partecipare lo stesso Moretti. Moretti si giustifica con i compagni dicendo che non era riuscito ad avvertirli. I precedenti incontri tra Frate Mitra e i capi brigatisti erano stati fotografati e le fotografie inviate all’autorità giudiziaria. A uno di questi incontri aveva partecipato anche Mario Moretti, ma il suo nome non veine preso in considerazione.

Fuori dai giochi Franceschini e Curcio, Moretti adotta immediatamente una linea più dura nella lotta armata contro lo Stato. Nel 1975 Mara Cagol viene uccisa e Giorgio Semeria rimane gravemente ferito: Moretti è il leader indiscusso delle BR. Si trasferisce a Roma, dove progetta la “campagna di primavera”: sarà lui a gestire il sequestro, la prigionia e la morte di Aldo Moro.

Intanto Renato Curcio evade dal carcere di Casale Monferrato. Nel gennaio 1976 i vertici delle BR si incontrano. Moretti, sovvertendo le regole della rigida compartimentazione che le BR si erano date, insiste per trascorrere la notte nell’abitazione di Curcio, di cui non conosceva il recapito. Due giorni dopo la polizia fa irruzione nell’appartamento e arresta per la seconda volta Curcio.

Alle Carceri Nuove di Torino, al VI braccio, secondo piano, Curcio e Franceschini si ritrovano. Curcio dice a Franceschini: “Mi sono convinto che Moretti è una spia, è lui che mi ha fatto arrestare”.

La rivelazione di Curcio, unita ai timori di Semeria, che riteneva Moretti una spia per una serie di covi caduti a Milano, spingono le Br ad aprire una inchiesta nei suoi confronti. L’inchiesta, portata avanti da Bonisoli e Azzolini, lo scagiona.

Negli anni successivi, per sua stessa ammissione, il pluriricercato Moretti si recherà numerose volte a Parigi. Durante il sequestro Moro viaggia ripetutamente sull’asse Roma-Firenze. Sfugge sempre a tutti i controlli.

Mario Moretti ammanettato Nel 1981 le BR a Milano sono state quasi completamente annientate. Moretti tenta di ricostruire un nuovo nucleo milanese. Per farlo si espone a rischi eccessivi. Con Enrico Fenzi, cognato di Giovanni Senzani, deve incontrare giovani da arruolare. Fra loro Renato Longo, malvivente e informatore della Digos di Pavia. Al momento dell’incontro, il 4 Aprile del 1981, dopo oltre dieci anni di latitanza, Moretti, la “primula rossa delle Br”, viene arrestato. È condannato a sei ergastoli.

Nel carcere di Cuneo subisce un misterioso agguato. Ad aggredirlo con un coltello, ferendolo al braccio, il delinquente comune Salvador Farre Figueras. A salvare lui e Enrico Fenzi dall’aggressione di Figueras è Agrippino Costa che istintivamente si frappone per difendere i compagni. Solo dopo l’intervento di Costa, le guardie aprono i cancelli. A loro Figueras consegna il coltello.

Non ha mai collaborato alle indagini, non si è mai pentito né dissociato. A gennaio 1993, dopo meno di dodici anni di carcere, usufruisce del primo permesso premio.

Nell’estate dello stesso anno concede una lunga intervista a Carla Mosca e Rossana Rossanda, che diviene un libro, “Brigate rosse : una storia italiana”. Lo pubblica Anabasi, casa editrice che visse appena un triennio, diretta da Sandro D’Alessandro ex militante del Superclan.

Nel 1994 ottiene la libertà condizionata. Ora abita a Milano dove è coordinatore del laboratorio di informatica della Regione Lombardia guidata da Roberto Formigoni.

Il senatore Sergio Flamigni ha dedicato una fetta dei suoi importanti studi alla figura di Moretti, da lui definito come “la sfinge”. Nella palazzina di via Gradoli 96, dove Moretti abitava durante il sequestro Moro, c’erano 24 appartamenti intestati a società immobiliari, tra i cui amministratori figuravano personaggi appartenenti ai servizi segreti. Nella stessa palazzina al secondo piano vi è un’informatrice della polizia, al n° 89 di via Gradoli abita un ex ufficiale dei carabinieri, agente segreto militare e compaesano di Moretti. Sono questi solo una piccola parte dei dati raccolti da Flamigni. Che sostiene: “la vera storia delle Br morettiane e del delitto Moro è in gran parte ancora da scrivere.”

Come sintetizzò il Generale Dalla Chiesa nella sua deposizione alla commissione sul terrorismo nel 1982: “Le BR senza Moretti sono una cosa. Le BR con Moretti sono un’altra.”

Ascoltando dagli archivi Rai la telefonata fatta alla famiglia Moro pochi giorni prima dell’assassinio dello statista, è difficile rintracciare il feroce e sanguinario leader delle BR. Più facile avvertire una persona disperata.

Mario Moretti non era una spia, forse qualcosa di più.