Un robot scova il materiale riciclabile tra i rifiuti da costruzione

Fonte: http://www.improntaecologica.it/read.asp?Titolo=Un%20robot%20scova%20il%20materiale%20riciclabile%20tra%20i%20rifiuti%20da%20costruzione&Chiave=595

595Sebbene molti dei rifiuti che un cantiere edile produce potrebbe essere riciclato o differenziato, circa il 100% di essi finisce nelle discariche.
Così almeno è avvenuto fino a ieri perché la società finlandese ZenRobotics ha progettato e costruito un robot che è in grado di separare i rifiuti e il materiale di risulta dei cantieri, scovare quello riciclabile e depositarlo in contenitori appropriati.
Sostanzialmente il robot è un braccio meccanico con una pinza che viene collegato ad un computer in grado di rilevare e determinare, mediante la scansione 3D, l’analisi tattile e quella spessimetra, il tipo di materiale con cui è composto il rifiuto.
Dal punto di vista del funzionamento tutto è molto semplice: i rifiuti sono posti sopra un nastro trasportatore che li porta al robot il quale li analizza e li separa per tipologia.
Diversamente, quello che il robot non riesce a riconoscere o a separare, rimane sul nastro e finisce in discarica.
Al momento attuale il robot è in grado di identificare circa la metà del materiale che analizza, ma secondo i tecnici della ZenRobotics esiste un grande margine di miglioramento grazie anche alle nuove tecnologie per le misurazioni che stanno diventando sempre più precise e affidabili.
In ogni caso si tratta di un considerevole passo in avanti sia per quanto concerne lo smaltimento dei rifiuti sia per la robotica dato che, almeno fino ad oggi, i robot erano in grado di fare solo operazioni ripetitive, ma in questo caso al robot è chiesto qualcosa in più come analizzare, riconoscere e separare i materiali.

Ecco un cervello sotto l’effetto di funghi allucinogeni

Scritto da: Simone Valesini
Fonte: http://www.wired.it/scienza/2014/10/31/cervello-funghi-allucinogeni/

Un grafico aiuta a comprendere le differenze tra un cervello normale e uno sotto effetto della psilocibina, il principio attivo dei funghi allucinogeni

(immagine: Petri et al./Proceedings of the Royal Society Interface)

Non è ancora chiaro come nasca l’esperienza soggettiva che chiamiamo coscienza. È opinione comune tra i neuroscienziati che non emerga comunque da una singola regione del cervello, quanto piuttosto dal complesso network di connessioni che si stabiliscono tra le diverse aree del nostro sistema nervoso.

Per questo, un team di ricercatori italiani e inglesi ha deciso di sviluppare un nuovo approccio matematico, in grado di caratterizzare non solo il funzionamento dei network, ma anche i “network di network”, o “meta-network”, ovvero le connessioni che si stabiliscono tra aree del cervello in relazione tra loro e altri network funzionali del nostro cervello.

I risultati del loro studio, pubblicati sulla rivista Proceedings of the Royal Society Interface, non sono forse sufficienti per svelare definitivamente l’origine della coscienza, ma ci offrono comunque un’informazione interessante: un grafico, visibile qui sopra, che illustra le differenze tra un cervello normale e uno sotto l’effetto della psilocibina, il principio attivo dei funghi allucinogeni.

Come spiegano gli autori della ricerca, l’utilizzo della psilocibina nello studio è stato puramente strumentale. “Un cervello normale è costantemente in attività, ed è impossibile capire cosa succeda precisamente o di cosa sia responsabile ogni area che vediamo attivarsi”, spiega su Wired.com Giovanni Petri, ricercatore dell’Institute for Scientific Interchange di Torino che ha partecipato allo studio. “Per questo motivo abbiamo deciso di perturbare lo stato di coscienza, e vedere cosa succedeva”.

Per farlo, ovviamente, i ricercatori hanno scelto i funghi allucinogeni. La psilocibina è stata somministrata a 15 volontari, che sono stati poi sottoposti a risonanza magnetica funzionale per fotografare il funzionamento del loro cervello. Le immagini così ottenute sono quindi state messe a confronto con quelle altri volontari che non avevano ricevuto la sostanza, ma solamente un placebo, per verificare la presenza di differenze nel funzionamento del loro cervello.

Attraverso un’analisi statistica dei risultati, i ricercatori hanno quindi ottenuto i due grafici che avete visto più in alto. Il cerchio di sinistra rappresenta il cervello di una persona normale, mentre a destra è visibile quello di un soggetto sotto funghi allucinogeni. I pallini colorati e le linee che li congiungono rappresentano invece rispettivamente i network particolarmente ricchi di connessioni (e non quindi singole aree del cervello), e le loro relazioni con gli altri network presenti nel cervello.

Come è facile notare dall’immagine, sotto effetto dei funghi si assiste ad un improvviso aumento di connessioni tra i network neurali. Una moltiplicazione delle comunicazioni tra le aree del nostro cervello, che non genera però una situazione caotica ma, come spiega Petri, un nuovo ordine maggiormente interconnesso.

Possiamo solo speculare su quali siano gli effetti di una tale organizzazione”, scrivono infatti gli autori dello studio. “Uno dei possibili effetti collaterali dell’aumento di connessioni all’interno del cervello è ad esempio il fenomeno della sinestesia”, ovvero l’esperienza, comune sotto effetto di droghe psichedeliche, di sentire qualcosa con un altro senso: gustare un colore, vedere un odore, tastare un suono, e così via.

Il livello di rappresentazione raggiunto nello studio, spiegano i ricercatori, è ancora troppo astratto per sperare di comprendere cosa accada realmente nel cervello. L’obbiettivo per i prossimi anni è quello di raggiungere una rappresentazione più potente, che riesca a descrivere le connessioni non in modo bidimensionale, ma tridimensionale (più accurato), lungo un periodo di tempo maggiore, e utilizzando un maggiore numero di droghe. In questo modo, i ricercatori sperano di avvicinarsi un po’ di più a comprende in che modo la coscienza emerga dal funzionamento del nostro cervello.

Medicine fatte in casa con il Propoli

Scritto da:James Fearnley
Fonte: http://www.informasalus.it

medicine-fatte-in-casa-con-il-propoli_3877Quando un prodotto come il propoli diventa molto popolare non è sempre facile identificare i prodotti di buona qualità o quelli con il miglior rapporto qualità-prezzo. Un modo per aggirare questo inconveniente è fare ciò che l’uomo ha fatto per millenni: farsi da sé le proprie medicine. Ciò può sembrare difficile e pericoloso; in realtà non lo è affatto. La prima cosa da fare è procurarsi del propoli grezzo con cui preparare la tintura di base che servirà poi per preparare tutti gli altri prodotti.

Si può provare a contattare un apicoltore, se ne conoscete uno, o contattare una qualche associazione di apicoltori che provvederà a darvi l’indirizzo di qualche suo membro nelle vostre vicinanze. Non tutti gli apicoltori raccolgono il propoli ma è cosa da poco per uno di loro fornirvi quella minima quantità che vi servirà, ad esempio, a fare il test per verificare se ne siete allergico. Se dovete pagarlo, ricordatevi che il prezzo del propoli grezzo a livello mondiale è attualmente di circa 15-20 dollari al chilo per quantità che vanno dalla tonnellata in su; non dovreste quindi pagare più di 10 euro per 250g. In caso di modiche quantità, non sorprendetevi se invece vi viene regalato.

Se è proprio impossibile procurarselo da un apicoltore locale, allora potreste contattare un produttore o raffinatore di propoli. Per controllare che il propoli non sia troppo vecchio esiste un semplice test inventato da alcuni apicoltori canadesi. Mettete mezzo cucchiaino di propoli grezzo finemente macinato in una tazzina di latte fresco e lasciatelo a temperatura ambiente per quattro giorni. «Se il latte è ancora fresco dopo i quattro giorni il vostro propoli è OK» (1).

COME SI PREPARA LA TINTURA DI PROPOLI
Vi sono due modi per calcolare la giusta concentrazione di propoli. Un modo è quello di calcolare il peso di un solido dissolto in una data quantità di solvente nella tintura finita. L’altro metodo, più semplice e pratico, che qui raccomandiamo, è basato sullo sciogliere una quantità nota di propoli grezzo in un solvente a scelta. I due solventi più usati sono l’alcol e il glicole propilenico. Se l’alcol fornisce in generale il solvente più efficace e più facile da usare, il glicole, invece, è il solvente più adatto per particolari preparati (es. una pomata a base acquosa). Per preparare un estratto alcolico al 25% (1:4) di propoli vi serviranno 250 g di propoli più quattro volte quel peso/volume in alcol, circa un l (a seconda della gradazione dell’alcol).

Il tipo di alcol che si utilizza è importante per due motivi. Se userete la tintura su di voi o i vostri animali dovete usare alcol per uso alimentare, cioè l’alcol che si beve, e non l’alcol denaturato. L’alcol denaturato ovviamente costa molto meno ma si chiama così proprio perché vi sono state aggiunte sostanze chimiche per evitare che sia bevuto. I residui dell’alcol denaturato possono avere effetti nocivi sulla salute se viene consumato. La scelta dell’alcol è importante in secondo luogo perché la ricerca ha dimostrato che quanto più alta è la sua gradazione l, tanto più alta è l’estrazione dei princìpi attivi del propoli. Bisognerebbe preferire alcol dai 70 °C in su (2). Si possono ovviamente usare anche i liquidi alcolici più comuni: grappa, gin, rum, whisky, vodka ecc.

Anche se questi prodotti non sono così forti come l’alcol vero e proprio e quindi l’estrazione sarà minore, sono perfettamente adeguati a un uso casalingo. Prima di procedere oltre, ripulite il propoli da ogni possibile impurità (es. pezzetti e schegge di legno) e sbriciolatelo meglio che potete; mettetelo quindi in un capiente contenitore di vetro perfettamente pulito, che chiuderete con un coperchio a chiusura ermetica subito dopo averlo riempito con la prescritta quantità di alcol. Bisogna lasciare il propoli immerso nell’alcol per almeno una settimana, scuotendo il contenitore ogni giorno. Il contenitore va tenuto in un posto caldo e al buio. Il tempo è un elemento molto importante perché è stato di recente dimostrato che l’estrazione ottimale dei princìpi attivi avviene nel giro di sette-dodici giorni (3). Alcuni provvedono a scaldare il contenitore per meglio dissolvere il propoli ma è meglio usare una quantità di calore minima per non correre il rischio di danneggiare i bioflavonoidi.

A tal proposito è utile ricordare che l’alcol è un liquido altamente infiammabile e va tenuto lontano da ogni tipo di fiamma diretta. Il liquido che si ottiene dev’essere filtrato con un pezzo di stoffa finissimo oppure tramite filtri di carta. Il liquido filtrato va posto in frigo per un giorno o due e poi filtrato di nuovo, sempre il più finemente possibile. Bisogna conservare l’estratto così ottenuto in bottiglie di vetro scuro e lontano dalla luce diretta del sole. La tintura di propoli che avete così ottenuto si conserverà praticamente all’infinito non solo perché il propoli è un energico battericida ma anche per le caratteristiche preservanti dell’alcol di gradazione superiore al 30%. Il metodo descritto vale anche per l’estrazione tramite glicole propilenico, con alcune varianti dovute al fatto che il glicole, o glicol, non è un solvente efficace quanto l’alcol. È meglio pertanto usare solo un 10% di propoli grezzo, ossia 100 g di propoli in 1 l di glicole. Per accelerare la dissoluzione del propoli nel glicole si potrà far ricorso a un leggero riscaldamento.

COME SI USA LA TINTURA
Abbiamo già visto i vari utilizzi della tintura alcolica. In generale, se ne possono prendere alcune gocce al giorno per mantenersi in buona salute, potenziare il sistema immunitario o prevenire tosse e raffreddore. Meglio sarebbe assumere le gocce in un liquido caldo (un succo o del tè) per evitare che la resina della tintura si alle sulle pareti del bicchiere. Potete anche mettere le gocce nel miele o su una fetta di pane (ancora meglio mettere insieme le due cose). La tintura si può usare per curare tagli, graffi, scottature, dermatiti, ferite e infezioni. Anche se solo meno dell’1% delle persone è allergico al propoli, ricordatevi di fare piccole applicazioni all’inizio e, se notate reazioni allergiche di un qualche tipo, siate pronti a sospendere il trattamento. La parte resinosa della tintura forma una membrana sulle ferite evitando quindi il ricorso a fasciature. Come abbiamo già visto, aiuta la rigenerazione dei tessuti e riduce sia il sanguinamento che il dolore. Le tinture glicoliche si usano allo stesso modo. Anzi, su ferite e scottature sarebbe meglio usare sempre tinture glicoliche, per evitare il bruciore di quelle alcoliche. Un dato importante da ricordare è che non è consigliabile consumare più di 1,5 g al giorno di glicole; di conseguenza per uso interno è sempre meglio utilizzare non le tinture glicoliche ma quelle alcoliche.

SPRAY PROPOLICI
Sia gli estratti alcolici che quelli glicolici possono essere miscelati ad altri estratti alcolici di erbe producendo, in questa maniera spray adatti al trattamento del cavo orale e nasale. Allo scopo si miscelano un estratto al 5% di tintura alcolica o glicolica e un estratto 1:20 di piante come anice, eucalipto, menta o altro, a seconda dei gusti. La soluzione così ottenuta si può ulteriormente diluire e versare in un piccolo contenitore spray. La soluzione spruzzata sulle aree affette cura ulcere del cavo orale, congestione nasale e alitosi. Con gli stessi scopi, se lo preferite, potete usare anche tintura propolica da sola, preferendo di solito quella glicolica perché, evaporando meno di quella alcolica, permane più a lungo e non brucia come quella a base di alcol. Lo spray è utile anche per curare ferite, scottature e infezioni della pelle; la sottile pellicola di propoli che si forma sulla parte affetta impedisce l’estendersi dell’infezione. Anche in questo caso sono da preferire le tinture a base glicolica.

PROPOLMEL
Gli utilizzi di questo formulato, opera di Jacob Kaal (4), sono vari: viene utilizzato per stimolare le ghiandole, per impedire infezioni e infiammazioni dello stomaco e dell’intestino e per il trattamento di disturbi collegati alla prostata. Si prende una parte di tintura propolica al 25% (prodotta come descritto sopra) e la si mescola a 7 parti di miele e a 2 parti di polline fresco (quando disponibile). Secondo Kaal, il polline tende ad alzare i valori della pressione del sangue mentre invece il miele li riequilibra. Potete anche sperimentare diverse proporzioni di miele, polline e propoli confezionando prima un piccolo quantitativo di propoli, miele e polline e poi aggiungendo a piacere il resto del miele. Il propolmel si può anche adoperare come base per formulare diversi preparati con aggiunta di altri prodotti apistici o erbe dagli effetti più o meno specifici. Se, ad esempio, si aggiunge alla base pappa reale un po’ di ginseng e di estratto di loto, si ottiene un tonico rinvigorente per persone anziane sofferenti di malattie croniche o convalescenti dopo malattie o d operazioni chirurgiche (5).

PROPOLI E MIELE
Aggiungere il propoli al miele, oltre a mettere insieme in modo complementare le virtù dell’uno e dell’altro, è un eccellente metodo per mascherare il sapore un po’ forte del propoli rendendolo ben accetto anche ai bambini. Questi prodotti vanno però conservati in vasi scuri posti al buio. Una mistura di propoli e miele viene usata con successo sulle scottature. L’area ustionata ne va cosparsa, bendata e tenuta così per qualche giorno.

UNGUENTO DI PROPOLI E VASELINA
Per confezionare questo unguento dovete far evaporare la tintura alcolica o glicolica ottenendo così un estratto concentrato. Questo si può fare scaldando a fuoco moderato e a bagnomaria la tintura fino a che il liquido si riduce a una consistenza collosa. Non si riuscirà però a ottenere polvere secca. Si miscela quindi lentamente questo estratto ridotto a vaselina in proporzione di 1 parte di estratto di propoli e 20 parti di vaselina se si usa l’estratto alcolico e 1 parte su 10 se si usa l’estratto glicolico. Anche in questo caso sarebbe utile svolgere l’operazione a bagnomaria e scaldando molto moderatamente la miscela. L’operazione va prolungata miscelando bene a mano o tramite un normale mixer elettrico finché l’unguento non assume un colore scuro uniforme. L’unguento si può usare per via esterna per curare ulcere e scottature negli umani o anche ascessi e ferite con pus negli animali. Quando una ferita è aperta è consigliabile applicare l’unguento prima nella zona circostante; ciò stimola la chiusura progressiva della ferita dall’esterno verso l’interno. Il trattamento va protratto fino alla rimarginazione totale.

UNGUENTO PROPOLICO A BASE OLEOSA
Per questo unguento si usano 2 parti di estratto di propoli e una parte di cera d’api, 7 parti di lanolina e 10 parti di burro di palma, cacao o simile. Per prima cosa occorre far sciogliere la cera a bagnomaria aggiungendo lentamente la lanolina e mescolando il tutto. Quando la miscela si sarà raffreddata si aggiungono il propoli e il burro già miscelati in precedenza e si continua a mescolare il tutto fino a creare una consistenza omogenea. Questo unguento lenitivo è utile per vari problemi cutanei applicandolo sulla parte infetta e massaggiando dolcemente e a lungo.

POMATA PROPOLICA
Allo scopo si può utilizzare una pomata già pronta. Invece di confezionarne una noi, si aggiunge semplicemente il propoli alla pomata. L’unico problema è che si dovrà sperimentare un po’ per trovare le giuste proporzioni che di solito variano dall’1 al 5% di propoli. Molte pomate in commercio sono a base acquosa e di conseguenza sarà meglio utilizzare l’estratto glicolico che si amalgamerà meglio di quello alcolico. Jacob Kaal ci dice che la «forza contrattile del propoli combatte la formazione delle rughe sul volto facendo sparire anche le macchie». Molte pomate e creme commerciali, siano esse idratanti, ringiovanenti o curative, possono essere migliorate con l’aggiunta di piccole quantità di propoli (12% del peso totale). Questi preparati sono utili anche per curare malattie della pelle come la psoriasi, in concomitanza con l’uso di propoli per via interna. I pazienti che non possono usare l’unguento descritto in precedenza per reazioni allergiche di qualsiasi tipo, possono far uso invece di queste pomate più leggere.

MASCHERE PER IL VISO AL PROPOLI
Il dottor Murat riporta il caso di una paziente la cui faccia «era talmente piena di rughe da sembrare una spugna ». La paziente, dopo alcuni mesi di trattamento notturno con maschera facciale al propoli, «sembrava vent’anni più giovane e il volto aveva assunto un bell’aspetto giovanile ». Sonowski (6) riporta la seguente ricetta di maschera facciale: 5 parti di eccipiente (argilla, caolino, bentonite o un insieme di queste sostanze), 4 parti di soluzione di glicerina al 50%, 5 parti di soluzione di propoli al 50% e un quantitativo adeguato di profumo od oli essenziali. L’estratto propolico viene mescolato al glicerolo; il composto viene quindi miscelato con l’eccipiente e il profumo. La ricetta può prevedere alcune variazioni con l’aggiunta di erbe depurative. La maschera facciale così confezionata va applicata sul volto e tenuta durante la notte. Krochmal7 riporta una maschera più semplice adatta soprattutto a pelli grasse. I componenti però dovrebbero essere miscelati solo prima dell’uso, altrimenti, in mancanza di sostanze conservanti, la miscela si deteriorerebbe subito.

Gli ingredienti sono in parti per volume: quattro parti di argilla, una parte di acqua di rose, una parte di succo di limone, 2 parti di miele, una parte di estratto propolico al 5-10%. L’estratto di propoli, sia esso alcolico o glicolico, dovrebbe essere diluito. Si prepara prima l’acqua di rose versando in acqua alcune gocce di olio essenziale o preparando un infuso di petali di rose e si mescolano poi i vari ingredienti. Anche questa ricetta presenta varianti che possono prevedere l’aggiunta di altri estratti di erbe, sotto forma di tintura o di olio essenziale; la maschera viene spalmata sul volto e tenuta per un certo numero di ore, preferibilmente di notte.

OLIO PROPOLICO PER MASSAGGI
Per confezionare un olio propolico per massaggi Felix Murat suggerisce di miscelare 1 parte di estratto di propoli con 2 parti di olio di girasole, sesamo, vinaccioli, oliva oppure mandorle dolci. Ciò produce un effetto rigenerativo e rinvigorente sulla pelle massaggiata.

CAPSULE AL PROPOLI
La ricetta è in parti di peso: una parte di gomma arabica, 1 parte di acqua, 1 parte di estratto propolico (l’ideale sarebbe l’estratto glicolico ridotto per evaporazione) e 10 parti di zucchero in polvere, polline oppure farina integrale di grano e, se richiesto, un aromatizzante. Si mescolano prima l’acqua e la gomma arabica finché assumono una massa omogenea. Poi si amalgamano al composto l’estratto di propoli e lo zucchero, polline o farina integrale. Si può sperimentare a piacere, ma il risultato finale dev’essere una pasta ben amalgamata e quasi solida che si può plasmare in forma di palla. Poi su una superficie cosparsa di zucchero in polvere si stende questa pasta fino a farne degli strati sottili. La pasta si taglia poi a quadratini o rondelline che si mettono a seccare e indurire su una superficie cosparsa di zucchero. Oppure si può accelerare l’ultima fase mettendoli in forno a calore moderato. Le tavolette o pasticche che avrete alla fine non avranno ovviamente l’aspetto di quelle che comprate in negozio o farmacia ma avranno di sicuro la stessa efficacia. Si possono usare come caramelle oppure per calmare problemi dentali e ulcere orali, lasciandole sciogliere piano in bocca.

DENTIFRICIO E COLLUTORIO AL PROPOLI
Oggi si possono trovare in commercio diversi dentifrici al propoli. Essi ne contengono quantità molto basse e servono più che altro nell’igiene orale di routine a prevenire la carie, viste le proprietà antibiotiche e antiplacca del propoli. Più che confezionarsi in casa una propria pasta dentale dentifricia, si può cercare in commercio della pasta dentale naturale o comprare un normale dentifricio e aggiungervi il propoli. Ciò si può fare riaprendo l’estremità ripiegata del tubo, estraendo la pasta e mischiandola con l’1-5% in peso di estratto di propoli (glicolico o alcolico) ridotto per evaporazione. Un collutorio, invece, si può preparare semplicemente aggiungendo 10-15 gocce di propoli liquido in un bicchiere di acqua calda che si userà per fare degli sciacqui al posto dei normali collutori. A differenza di questi ultimi, dopo lo sciacquo l’acqua calda e propoli può essere tranquillamente ingerita godendo quindi anche dei benefìci del propoli assunto per uso interno.

PASTA ANESTETICA AL PROPOLI
Il propoli si è ormai guadagnato una considerevole reputazione nella cura dei problemi dentali, nonché di stomatiti, gengiviti e riniti. Oltre a curare la natura infiammatoria di questi disturbi, il propoli agisce anche da anestetico riducendo il dolore in bocca. La seguente ricetta è adatta per mettere in risalto le proprietà anestetiche del propoli8. Gli ingredienti (in parti del peso) sono: 10 parti di lanolina, 10 parti di cera d’api non sbiancata, 10 parti di vaselina, 2 parti di etilaminbenzoato, 3 parti di olio essenziale di chiodi di garofano e 15 parti di propoli (estratto alcolico al 50%). Si sciolgono a bagnomaria la cera d’api e la vaselina e quando la mistura comincia a raffreddarsi si amalgama la lanolina. Quando la temperatura si sarà raffreddata a 40 °C circa si aggiungono il propoli e gli altri ingredienti. Si applica la pasta sulla parte dolorante e si incoraggia il paziente a mantenerla sul posto. Un’alternativa è quella di trovare del propoli grezzo pulito e di masticarlo finché non si ottiene la consistenza di un chewing gum; a questo punto si può modellare e applicare sulla parte dolorante.

LOZIONI ABBRONZANTI AL PROPOLI
Si aggiunge il 2-5% di peso di estratto glicolico ridotto per evaporazione alla soluzione abbronzante prescelta. Si ottengono così gli effetti rigeneranti sui tessuti tipici del propoli e quelli protettivi della lozione. Secondo il dottor Murat il propoli «agisce da schermo contro i raggi ultravioletti prevenendo scottature e bruciori». Meglio sempre verificare di non essere allergici al propoli, applicando prima la lozione su una piccola porzione di pelle.

PREPARATI PER CAPELLI AL PROPOLI
Nel pluricitato sondaggio sui consumatori molte persone riferirono che, uno dei risultati più evidenti dell’assunzione di propoli, era costituito dalle le migliorate caratteristiche del capello. Anche il dottor Murat riferisce che massaggiare i capelli con olio al propoli li rende «più naturali» e che «elimina i pruriti e spesso fa sparire anche la forfora». Si può preparare una lozione antiforfora nel modo seguente9. Gli ingredienti (sempre in parti del peso) sono: una parte di estratto alcolico di propoli al 10%, 5 parti di laurilsulfato, 37 parti di alcol etilico, 57 parti di acqua piovana o bollita. Si mescola prima il propoli alle 37 parti di alcol etilico; poi si aggiungono le 5 parti di laurilsulfato alle 57 parti di acqua bollita o piovana e infine si miscelano le due soluzioni. Il preparato si usa come un normale shampoo lasciandolo agire sui capelli per cinque minuti prima di risciacquare. Si può anche usare uno shampoo commerciale aggiungendo un 1-2% di estratto alcolico in peso a uno shampoo convenzionale. Bisogna fare però attenzione al tipo di shampoo che si sceglie perché alcuni perdono la loro viscosità se mescolati con alcol o estratti alcolici. Inoltre, è meglio non aggiungere troppo estratto allo shampoo perché il propoli può macchiare i capelli.

Note

1. Citato in Krell, R., Value added products from Beekeeping, in «FAO Bulletin», n. 124, 1996.
2. Ibidem.
3. Kaal, J., Medicine naturali dalle api, Kaal Printing House, 1991.
4. Ibidem.
5. Ibidem.
6. Sonowski, citato in Krell, R., op. cit.
7. Krochmal, citato in Krell, R., op. cit.
8. Sonowski, citato in Krell, R., op. cit.
9. Lejeune, citato in Krell, R., op. cit.

Quando gli europei cominciarono a bere il latte

Fonte:http://ilfattostorico.com/

Per le antiche popolazioni dell’Europa centrale, l’inizio del Neolitico, dell’Età del Rame e dell’Età del Bronzo fu accompagnato da altrettanti cambiamenti genomici, segno che le innovazioni materiali furono associate al mescolamento di popolazioni diverse. E’ quanto emerge dal sequenziamento di 13 genomi di individui vissuti nell’arco di 5000 anni, che mostra inoltre che in queste popolazioni la pelle divenne più chiara tra 19.000 e 11.000 anni fa, e la capacità di digerire il latte negli adulti comparve solo con l’Età del bronzo.

Sepoltura risalente all'Età del Bronzo nel sito di Ludas-Varjú-dulo, in Ungheria, e datato al 1200 a.C. (Janos Dani/Deri Museum, Debrecen, Hungary)

Uno sguardo su ben 5000 anni di evoluzione genetica delle popolazioni europee: a offrirlo è il sequenziamento completo del DNA estratto dai resti di 13 individui vissuti dal Neolitico all’Età del ferro, pubblicato su “Nature Communication” da Cristina Gamba dello University College di Dublino, in Irlanda, e colleghi di un’ampia collaborazione internazionale.

Lo studio dimostra che i grandi cambiamenti della cultura materiale di queste popolazioni preistoriche sono stati accompagnati da altrettanti shift genomici, cioè dal passaggio da alcuni corredi genetici caratteristici verso altri. Gli antichi campioni genetici indicherebbero inoltre che il consumo di prodotti caseari non iniziò nel Neolitico, come finora ritenuto, ma molto più tardi, nell’Età del bronzo, e che la pelle degli europei divenne sempre più chiara tra 19.000 e 11.000 anni fa.

Uno dei frammenti ossei utilizzati nello studio (Cortesia Kendra Sirak/Emory University)

La Grande pianura ungherese è un’ampia area dell’Europa centrale che si estende tra il Danubio e i Carpazi, ed è compresa nei confini nazionali di Ungheria, Slovacchia, Ucraina, Romania, Serbia e Croazia. Posta a metà strada tra il Mediterraneo e l’Europa temperata, per tutta la preistoria fu un crocevia di trasformazioni culturali e tecnologiche che provenivano sia da est sia da ovest.

In queste regioni, l’agricoltura iniziò durante il primo Neolitico, tra 6000 e 5500 anni fa, con la cosiddetta cultura di Körös, sviluppatasi lungo l’omonimo fiume ungherese. L’analisi dei reperti archeologici ha dimostrato una notevole continuità della cultura materiale tra il tardo Neolitico e la successiva Età del rame, nel quarto millennio a.C., che segna la transizione verso lo sviluppo della metallurgia.

È però con la prima fase dell’Età del Bronzo, tra 2800 e 1800 anni fa, che la crescente richiesta di minerali ricchi di elementi metallici in tutta Europa diede origine a una nuova rete di commerci paneuropea e intercontinentale, che favorì l’acquisizione di elementi culturali e tecnologici del Vicino Oriente, delle steppe euroasiatiche e dell’Europa centrale.

I dati emersi dall’analisi genetica dei campioni mostrano che periodi che registrarono via via l’avvento del Neolitico, dell’Età del Bronzo e di quella del Ferro furono accompagnati da altrettanti shift genomici, mentre i periodi intermedi, cioè quelli i cui non vi furono significative trasformazioni nella cultura materiale, corrispondono a fasi di stabilità genomica. Ciò indica che le trasformazioni culturali furono veicolate dal mescolamento di popolazioni differenti.

In particolare, i genomi più antichi raccontano che nel Neolitico si verificò il contatto tra una popolazione ancestrale di cacciatori-raccoglitori europei e i primi agricoltori che provenivano probabilmente dal Medio Oriente. Gli ultimi campioni, invece, risalenti all’Età del Ferro, mostrano le tracce di un’influenza genomica di popolazioni originarie dell’Est europeo, corrispondente all’introduzione di riti funebri originari delle steppe.

Sorprendentemente, i due campioni relativi alla cultura di Körös e i sette del Neolitico non mostrano i segni genetici di persistenza della lattasi, il fenomeno per cui questo enzima, che permette la digestione del lattosio, viene sintetizzato anche dall’organismo di individui adulti. Poiché nella maggior parte dei mammiferi la produzione di lattasi cessa con lo svezzamento, la sua persistenza è considerata uno dei più chiari adattamenti legati al cambiamento della dieta legato al consumo di prodotti caseari con l’inizio della pastorizia. Tradizionalmente si ritiene che questo cambiamento sia avvenuto già con la cultura di Körös, come confermerebbero i residui di latte trovati nel vasellame di quella cultura, ma i risultati di Gamba e colleghi lo collocherebbero in tempi più recenti.

I dati genetici mostrano infine il progressivo passaggio verso una pigmentazione più leggera della pelle, caratteristica delle attuali popolazioni europee. Questo processo, che facilitò probabilmente la sintesi della vitamina D da parte dell’organismo, avvenne in un arco di tempo relativamente lungo, tra 19.000 e 11.000 anni fa.

Le Scienze

Nature

I fumetti arrivano in Italia, inizia la storia del fumetto italiano

Fonte: http://temi.repubblica.it/ilmiolibro-holden/qui-comincia-lavventura-il-fumetto-in-italia/
Nessun dubbio sulla maturità e sulla validità del fumetto italiano, che vanta oggi un linguaggio espressivo tutto suo (che osserveremo più da vicino nei seguenti capitoli) e un mercato editoriale con precise caratteristiche. Ecco come dai primissimi autori nostrani si è giunti a piccoli passi a una tradizione di fumetto “made in Italy” stabile e di pregio.

Dagli esperimenti dei primi editori e dei primissimi autori nostrani si è giunti a piccoli passi a una tradizione di fumetto “made in Italy” stabile e di pregio, con autori di fama internazionale come Pratt, Bonelli, Serpieri, Crepax, Pazienza e molti altri, fino agli autori contemporanei più seguiti. Nessun dubbio quindi sulla maturità e sulla validità del fumetto italiano, che vanta oggi un linguaggio espressivo tutto suo (che osserveremo più da vicino nei seguenti capitoli) e un mercato editoriale con precise caratteristiche. Ma andiamo con ordine.

I fumetti americani giunsero in Italia il 27 dicembre 1908, appunto sulla prima testata per il nostro Paese tutta dedicata ai ragazzi, il Corriere dei piccoli, diretto allora da Silvio Spaventa Filippi. La particolarità di queste prime pagine a fumetti è data dai balloon: le famose nuvolette usate per i dialoghi, infatti, scompaiono letteralmente dalla pagina e vengono sostituite da brevi didascalie con testi scritti addirittura in rima!
È chiaro quindi che l`intento dell`editore non era esclusivamente quello di offrire ai piccoli lettori uno svago, ma piuttosto quello di proporre una lettura divertente e al tempo stesso educativa. In questo modo veniva aggirato il pregiudizio che accompagnava lo sguardo dei grandi verso un prodotto ritenuto potenzialmente pericoloso e i genitori erano ben lieti di acquistare una copia della testata per i loro bambini insieme al quotidiano tradizionale.

Un`altra caratteristica importante è data dai personaggi: il Corriere dei piccoli propone ai giovani lettori italiani le storie che venivano scritte oltreoceano, ma se quelle erano pensate per un pubblico adulto (le strips americane infatti uscivano sulle testate principali del paese) in Italia il pubblico per eccellenza diventa unicamente quello dei bambini (il titolo della testata è in questo senso indicativo!). Fin dalle sue origini quindi il fumetto italiano si identifica come una forma di intrattenimento (con intenti didattici) esclusivamente dedicata ai piccoli. Questa tradizione rimane forte nel nostro Paese anche oggi, diversamente da altri paesi in cui invece il fumetto ha sempre diversificato il suo linguaggio in base al pubblico a cui si rivolge.

Alle più famose avventure americane, il Corriere dei piccoli affianca fin da subito storie scritte e disegnate da autori italiani. Nasce così una prima generazione di grandi nomi come Attilio Mussino, Antonio Rubino e Sto (lo scrittore e attore Sergio Tofano) con il suo personaggio conosciuto ancora oggi, il Signor Bonaventura.
In quel clima di curiosità verso il fumetto, nascono in Italia nuove testate sempre dedicate ai ragazzi, incentrate su storie avventurose (sia italiane che straniere) e nuovi contenuti, come rubriche, pagine di approfondimento di vario tipo e articoli di vario tipo. I due titoli di maggior prestigio erano L`Avventuroso e L`Intrepido.

A partire dagli Anni ’40 iniziano inoltre a diffondersi in Ialia le prime storie Disney, con le avventure di Topolino e dei suoi compagni che iniziano a comparire (in maniera più o meno legale e fedele all`originale) su varie testate e – caso abbastanza unico – ben presto alcuni sceneggiatori italiani vengono coinvolti nella scrittura di episodi della Disney. Pedrocchi fu uno di questi sceneggiatori privilegiati: egli infatti, per sopperire alla mancanza di storie necessarie ai settimanali Mondadori, fu autorizzato dalla casa madre americana a scrivere alcuni episodi dei personaggi disneyani e, quando il governo fascista proibì l`importazione di materiale originale dagli Stati Uniti (in questi anni per esempio i lettori italiani conoscono Superman con il nome di Nembo Kid), lui stesso comparve come creatore di Topolino.

La vera esplosione del grande fumetto d`autore italiano si verifica però solo a partire dagli anni 60-70. Alle riviste contenitore si affiancano gli albi: dal formato piccolo e dedicato interamente alle avventure di un personaggio che dà il nome alla testata.
Mentre si consolida il sucesso di Tex (nato nel 1948 e giunto negli anni 50 alla terza serie), in questi anni vedono la luce personaggi intramontabili come Valentina, l`emancipata fotografa creata dalla matita di Crepax, Corto Maltese creato da Hugo Pratt per il romanzo a fumetti Una ballata del mare salato e Diabolik, creato nel 1962 dalle sorelle Angela e Giuliana Giussani. Sulla scia del successo di quest`ultimo nasce un filone di fumetti noir, di cui la principale rappresentante è senza dubbio Satanik. Ideata da Magnus e Bunker, Marny Banninster (alias Satanik) è una scienziata con il viso deturpato, che inventa un siero in grado di trasformarla in una donna affascinante e spietata.
Con questa generazione di autori il fumetto in Italia acquista piena dignità grazie a una tecnica di disegno di livello altissimo e a una linea narrativa capace di accostarsi alle forme colte di intrattenimento. Pratt diventa uno dei maggiori sostenitori di questa rivoluzione di pensiero, coniando per il fumetto la definizione di “Letteratura disegnata”.

A partire dal 1972, al Corriere dei piccoli si affianca Il Corriere dei Ragazzi, ideato da Giancarlo Francesconi che si caratterizza per uno stile meno “fiabesco”: alle classiche rubriche di intrattenimento accosta pagine di cronaca e i fumetti proposti ai lettori sono per lo più di stampo realistico e storico.
Fra i personaggi più importanti va ricordato senza dubbio Il Commissario Spada di Gianluigi Gonano e Gianni De Luca, che accosta a storie violente su cui si concentrano le indagini del protagonista uno stile grafico e narrativo assolutamente originale ed estremamente efficace.

Altra pubblicazione perfettamente in linea con il fervore culturale degli anni 70 è linus (la minuscola iniziale non è un errore!) sulle cui pagine vengono pubblicate le mitiche strisce dei Peanuts di Schultz, alcuni dei più importanti titoli internazionali (L`Eternauta di Alberto Breccia, Popeye di Segar, Calvin & Hobbes di Bill Watterson, solo per citarne alcuni) e inediti personaggi italiani destinati a fare la storia del fumetto italiano come Pentothal di Andrea Pazienza, Cipputi di Francesco Tullio Altan, Up il sovversivo di Alfredo Chiappori.

Al filone della feroce satira politica appartengono Sturmtruppen di Bonvi, Bobo di Staino (pubblicato su linus) e le celebri vignette di Forattini.
Previsioni sul futuro del fumetto italiano? Difficile farne. Negli ultimi venti anni gli attori che si sono mossi o che hanno fatto il loro esordio sul palcoscenico del fumetto italiano sono tanti e la scena editoriale presenta alcuni elementi di continuità e altri di forte rottura con il passato.

L`unica certezza è che i fumetti appassionano ancora le nuove generazioni (come le vecchie) e la contaminazione tra mondo reale e finzione ha portato oggi a creare sempre più connessioni tra il linguaggio del fumetto e quello di altre forme d’arte, come il cinema e l’animazione.

ISTAT E BANKITALIA: LA CRESCITA CHE NON C’E’!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2014/11/04/istat-e-bankitalia-la-crescita-che-non-ce/

gufiMatteo cercò di raggiungerla ma invano. Sfinita, si fermò all’ombra di un fungo. Lì si sentì chiedere da un gufo: “Chi sei?”. “Non lo so più, credevo di essere la crescita” rispose Matteo. “Prima ero piccolissima, poi altissima, adesso piccola di nuovo!” “Bah”, replicò il Gufo, “succede. Vuoi regolare la statura? Mangia un po’ del fungo: una parte ti farà crescere l’altra rimpicciolire”.
Presi alcuni pezzetti di fungo, Alice proseguì e giunse a una grande tavola preparata per il tè alla quale sedevano la Lepre Marzolina, il Cappellaio Matto e un’altro Gufo. Matteo sedette anche lui e la Lepre le disse: “Tanti auguri per la tua non-crescita. Vuoi del tè?”
“Cos’è una non-crescita?”
“Una festa che puoi festeggiare 364 volte all’anno”.
“Questi sono matti.” pensò Matteo, vedendo che il Cappellaio le versava del tè… che non esisteva.
E allora riprese il cammino, mentre gli altri due tentavano di infilare il …Gufo nella teiera.

Chiedo scusa ma alle volte bisogna davvero giocarcela con l’ironia questa crisi anche se in realtà non c’è nulla da ridere e solo da piangere.

C’erano gufi ovunque ieri a palazzo Chigi, il Gufoistat, il Gufobankitalia e addirittura il Gufocortedeiconti.

MILANO – L’Istat taglia le stime di crescita dell’economia italiana e mette in guardia il governo dopo il varo della manovra che dovrebbe stimolare la crescita del Paese. I tecnici dell’Istat stimano, infatti, un “effetto nullo della manovra nel biennio 2015-2016″ per effetto combinato “dell’impatto positivo del bonus degli 80 euro sulla crescita dei consumi” e dell’”effetto negativo dovuto alla clausola di salvaguardia sull’aumento automatico dell’iva nel 2016″, nel caso in cui scattasse. (Repubblica)

Per un gufo che se ne va ne arriva subito un’altro…Taglio risorse, la Corte dei Conti mette in guardia dall’aumento delle tasse di Regioni e Comuni  giusto per coprire qualche buco Corte dei Conti: le Regioni truccano i bilanci …

… e poi un’altro ultimo gufo ancora…

L’allarme di Bankitalia: «Pensioni a rischio se il Tfr resta in busta paga.

A proposito di Bankitalia, guardate cosa si scopre in autunno nei sotto Boschi italiani

Ma tanto agli italiani ormai non fa più effetto nulla ditemi che non è vero che siamo il popolo più ignorante del mondo, ditemelo perchè diversamente non abbiamo più alcuna speranza… ‘Most ignorant‘ countries revealed in new poll

Ma torniamo alla festa di non crescita perchè nel Paese delle meraviglie c’è sempre bisogno di speranza, ovvero di prevedere la quarta ripresa non pervenuta degli ultimi quattro anni …

«Nel biennio successivo, alla formazione del reddito disponibile lordo delle famiglie, sostenuta dai redditi da lavoro dipendente (in presenza di un aumento degli occupati), contribuiranno anche le altre componenti di reddito, come conseguenza del miglioramento ciclico dell’economia. Questo favorirà la graduale riduzione dei livelli di incertezza che hanno frenato la crescita dei consumi. La spesa per consumi privati è prevista in aumento dello 0,6% nel 2015 e dello 0,8% nel 2016, anche per effetto delle misure di bilancio e fiscali adottate a sostegno dei redditi»

Il Gufo rivolgendosi a Matteo… Chi sei, bambino?    In questo momento non lo so, signore. Se potessi lo farei, ma purtroppo sono confuso, ho cambiato idea dieci, cento, mille volte e questa è una cosa che sconcerta!  Il Gufo sorridendo:  Devo dirti una cosa importante, bambino! Ricordati di non perdere mai la calma, qualunque cosa accada (…soprattutto durante il mese di novembre suggerisce Machiavelli) , non c’è nessun gomblotto per spaccare in due l’Italia, ci stanno pensando loro… ce lo chiede l’Europa!

Un tesoro nel relitto di Anticitera. E forse una seconda nave

Fonte: http://ilfattostorico.com/2014/10/16/un-tesoro-nel-relitto-di-anticitera-e-forse-una-seconda-nave/

Dopo tre settimane di immersioni al largo dell’isola di Anticitera, una spedizione internazionale ha prodotto i risultati sperati: prove che il relitto del 70 a.C. contiene ancora molti dei suoi tesori, e l’autorizzazione per continuare gli scavi archeologici.

Forse la cosa più interessante è stato scoprire che ci sono due relitti sul fondo del mare, non solo uno. Il relitto principale proviene da una nave molto grande per l’epoca (50 metri). Il secondo possibile relitto si trova a circa 200 metri.

Edward O'Brien, della Woods Hole Oceanographic Institution, scende nel mare con la "Exosuit" (Brett Seymour, Return to Antikythera 2014)

Il relitto principale è quello trovato dai subacquei greci nel 1900, e poi visitato nuovamente nel 1976 con Jacques Cousteau. Queste spedizioni non erano proprio degli accurati scavi archeologici, bensì delle operazioni di recupero destinate a portare in superficie i tesori sepolti. Tra questi vi furono dozzine di statue di marmo e bronzo, gioielli d’oro incrostati di gemme e il famosissimo Meccanismo di Anticitera, capace di calcolare di movimento di Sole, Luna e pianeti.

Nei primi giorni di ricerca, il team – proveniente da Grecia, Stati Uniti e Australia – ha mappato il sito con telecamere 3D e lo ha scannerizzato col metal detector. Il più grande ritrovamento del successivo scavo è stata una lancia di bronzo lunga 2 metri, ritenuta appartenere a una statua. È stata inoltre scoperta una caraffa in terracotta rossa ancora intatta, probabilmente usata per servire il vino. Un anello di bronzo usato per la costruzione della nave è stato trovato con un pezzo di legno del ponte ancora attaccato. La squadra ha infine recuperato un’ancora della prua e frammenti di anfore.

(Brett Seymour, Return to Antikythera 2014)

(Brett Seymour, Return to Antikythera 2014)

Diversi altri oggetti sono stati trovati a oltre 200 metri di distanza, tra cui un’altra ancora, un pezzo di tubatura di piombo (forse una parte della pompa di sentina), e un mucchio di anfore disposte come se fossero ancora nella stiva di 2.000 anni fa.

Gli archeologi pensano che questi oggetti possano provenire da un’altra nave, in viaggio con la prima. Ci sono quattro tipi di anfore nel primo relitto, e le loro forme e i loro marchi impressi mostrano che risalgono al I secolo a.C. e vengono dai porti di Rodi, Kos, Pergamo ed Efeso. Il secondo sito ha rivelato gli stessi quattro tipi di anfore, della stessa epoca e degli stessi porti. Forse le due navi viaggiavano insieme e salparono verso il loro tragico destino, finendo in una tempesta e infrangendosi sulle roccie di Anticitera.

Theotokis Theodolou, archeologo e funzionario del ministero greco, ha detto: “Non è certo che ci siano due navi, ma potrebbe essere. C’è ancora molto lavoro da fare”. Il gran numero di statue finora rinvenute ha portato gli archeologi a credere che ci siano ancora molti reperti da scoprire sotto sabbia e sedimenti.

Il team spera di poter tornare il prossimo anno, usando strumenti per aspirare rapidamente i sedimenti in gran quantità. Si potrà impiegare anche la futuristica muta chiamata Exosuit, utilizzata due volte quest’anno. Grazie a questa muta un subacqueo può rimanere immerso fino a 50 ore a una profondità di 300 metri.

(AFP, Getty Images)

“Questo posto ha ancora molti segreti”, dice Theodolou. “E noi vogliamo tornare ancora, e ancora e ancora, per scoprirli”.

(Brett Seymour, Argo)

Scientific American

WHOI

Return to Antikythera

Piantare un prato selvatico: ottima idea per favorire la biodiversità

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it

prato-selvaticoSicuramente non tutti i nostri lettori possiedono dei terreni di cui disporre liberamente, ma può essere che qualcuno sia interessato a trasformare un ordinatissimo prato in qualcosa di diverso: un prato selvatico, ovvero una piccola zona in cui la biodiversità e l’impollinazione vengono favorite dalla presenza di fiori a rischio estinzione, animali selvatici, uccelli e insetti. I prati selvatici sono belli da vedere, ma non richiedono grosse manutenzioni: non occorre innaffiarli e concimarli come si fa con i tappeti verdi.

Un prato selvatico non è necessariamente frutto del caso, può anche essere “pilotato” per promuovere la crescita di specie endemiche. Prima di vederlo davvero fiorire in tutto il suo splendore, brulicante di preziose attività ecologiche nel verso senso del termine, possono passare anche tre o quattro anni.

I mix di semi di fiori selvatici sono oggi molto ricercati per rinaturalizzare zone brulle, cave o aree ex agricole. I sacchetti delle sementi (di aziende come SemeNostrum e 3biitalia, per citarne solo un paio) si trovano nei garden center, ma occorre dare la preferenza non ai semi provenienti dall’estero, bensì a quelli delle piante spontanee tipiche del proprio territorio.

Il primo anno del lavoro dovrebbe essere principalmente dedicato a estirpare le eventuali erbacce già presenti – o meglio a falciarle prima che esse producano il seme. E poi si deve passare alla semina, con un taglio ogni anno, tanto per tenere la crescita sotto controllo. Verso il terzo anno moltissime piante saranno in piena fioritura attirando api e altri insetti impollinatori, che a loro volta alletteranno gli animali e gli uccelli che di essi si nutrono. Su quello che era un tempo un terreno sterile e dimenticato si sentiranno profumi e suoni davvero suggestivi.

Castagne: proprietà, usi, benefici e valori nutrizionali

Scritto da: Marta Albè
Fonte: http://www.greenme.it

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Le castagne sono un frutto tipico della stagione autunnale. Le possiamo raccogliere nei boschi e in zone lontane dall’inquinamento cittadino. Il nome scientifico della castagna è Castanea vulgaris. Le castagne che mangiamo normalmente sono il frutto del castagno e si differenziano dalle castagne dell’ippocastano, che sono invece dei semi.

Con l’arrivo dei primi freddi avete voglia di caldarroste?

Ecco alcune informazioni utili sulle castagne.

Valori nutriizonali delle castagne

Le castagne contengono il 7% di proteine, il 9% di lipidi e l’84% di carboidrati. Come tutti gli alimenti di origine vegetale, le castagne sono prive di colesterolo. 100 grammi di castagne (parte edibile) forniscono 81 mg di fosforo, 30 mg di calcio, 0,9 mg di ferro e 395 mg di potassio.

Sono dunque una fonte importante di sali minerali preziosi per la salute. 100 grammi di castagne forniscono 165 chilocalorie. Le castagne sono un alimento ad alto valore energetico, utile in autunno e in inverno per recuperare le forze. Contengono fibre utili per l’attività intestinale.

Consulta qui la tabella Inran sulla composizione nutrizionale delle castagne.

Proprietà e benefici delle castagne

Forse non sapete che le castagne nel Medioevo erano considerate un alimento afrodisiaco, soprattutto quando venivano lasciate macerare nel vino, oppure lessate nel vino stesso. Dal punto di vista nutrizionale le castagne hanno una composizione simile a quella dei cereali. Per questo per molto tempo le castagne sono state soprannominate “cereali che crescono sugli alberi”.

Le castagne sono molto digeribili se sono ben cotte. Pur essendo simili a cereali come orzo o frumento a livello nutrizionale, le castagne non contengono glutine. Vengono consigliate in caso di anemia e sono una fonte di acido folico, la cui assunzione viene raccomandata in particolar modo alle donne in gravidanza. Contengono fosforo, che le rende un alimento utile per il sistema nervoso. Sono utili in convalescenza, ad esempio per anziani e bambini dopo un’influenza.

Usi delle castagne in cucina

Per quanto riguarda gli usi delle castagne in cucina, innanzitutto dobbiamo nominare le caldarroste, che tradizionalmente vengono preparate grazie ad un caminetto a legna o ad una brace. Dalle castagne essiccate si ricava la farina di castagne, che viene utilizzata per la preparazione del tradizionale castagnaccio, da arricchire con uvetta e pinoli.

Con le castagne si possono preparare delle ottime zuppe. Ad esempio, potrete arrostire le castagne e poi cuocerle in un brodo di verdure erbe aromatiche insieme ai vostri ortaggi preferiti. Con le castagne lessate si può preparare una purea utile per farcire le verdure ripiene. Sia la farina di castagne che le castagne lessate sono ingredienti utili per la preparazione di torte e biscotti.

LEGGI anche: Castagne che passione! Quattro modi per cuocere e come conservarle

Usi tradizionali delle castagne

Nella tradizione popolare la castagna è stata utilizzata per molto tempo in rimedi terapeutici molto diffusi. Nel Medioevo si utilizzavano le castagne per combattere emicrania e gotta. L’acqua di lessatura delle foglie e delle bucce delle castagne veniva consigliata a chi soffriva di dolori cardiaci.

A chi soffriva di problemi alla milza si suggerivano le caldarroste, mentre le castagne lessate venivano somministrate ai malati di fegato. Con l’aggiunta di liquirizia e felce dolce le castagne diventavano un rimedio per chi soffriva di disturbi di stomaco.

La farina di castagne veniva utilizzata in caso di flusso mestruale abbondante, per i dolori renali in gravidanza e per prevenire il rischio di aborto. In caso di tosse la castagna veniva utilizzata per il suo effetto espettorante e antispasmodico.

Controindicazioni delle castagne

Non ci sono particolari controindicazioni al consumo di castagne per le persone in salute. Ma le castagne talvolta vengono sconsigliate a chi soffre di diabete, obesità, colite, aerofagia e patologie legate al fegato. In questo caso il consiglio è di approfondire l’argomento con il proprio medico per capire se il consumo anche soltanto occasionale di castagne potrebbe provocare effetti indesiderati.