Scotch: brand o nome comune del nastro adesivo?

Scritto da: Fabio Noce
Fonte: http://www.ufficio.eu/scotch-brand-o-nome-comune-del-nastro-adesivo

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Quando utilizziamo il termine “scotch”, solitamente, intendiamo il generico nastro adesivo, ma in realtà Scotch è un marchio della 3M. Qual è la storia dello Scotch? Chi è l’inventore del nastro adesivo utilizzato in ogni casa ed in ogni ufficio?

La storia dello Scotch

La storia dello Scotch inizia nel lontano 1930 quando Richard Dew, un ingegnere ventiquattrenne della 3M (Minnesota Mining and Manufactoring Company), ebbe un’idea geniale. La 3M era un’azienda mineraria che, in seguito a difficoltà economiche, si era convertita alla produzione della prima carta vetrata che poteva essere utilizzata anche su superfici bagnate (il cui utilizzo comportava una produzione di polvere molto minore e quindi meno rischi per gli operai).

Ed è proprio da questo che Dew prese lo spunto per creare il nastro adesivo. Osservando le operazioni di alcuni verniciatori che lavoravano in una carrozzeria, notò come ci fosse la necessità di coprire e proteggere le parti di carrozzeria che non dovevano essere riverniciate. Dew inventò un nastro di carta in cui una faccia era ricoperta da una sostanza adesiva. Gran parte del lavoro iniziale fu dedicata alla ricerca di un materiale adesivo che permettesse la presa grazie alla sola pressione della mano, ma che allo stesso tempo fosse semplice da rimuovere al termine dell’utilizzo.

Appena messo in produzione, lo Scotch venne però subito modificato sostituendo la carta con un prodotto di recente invenzione: il cellophane (Jacques Branderberger, 1908). La versione di Scotch realizzata con pellicola trasparente fu messa in commercio nel 1930 e godette subito un grande successo in particolar modo per la sigillatura dei cibi e, durante la grande depressione, anche per le piccole riparazioni domestiche.

Il grande successo dello Scotch fu ancora più amplificato dal supporto sviluppato ad hoc per srotolare e tagliare il nastro in modo semplice. Il primo modello fu realizzato nel 1932 in ghisa, mentre il secondo e più famoso, tanto da essere usato ancora oggi, fu ideato da John Borden (anch’egli dipendente della 3M) e messo in commercio nel 1939.

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Durante il periodo della seconda guerra mondiale lo Scotch venne prodotto dalla 3M quasi esclusivamente come supporto per le truppe americane. Furono infatti sviluppati più di 100 tipi diversi di nastro adesivo (sigillatura, protezione armi ed esplosivi, riparazione tende, …) e tra questi nacque anche il nastro bi-adesivo ovvero il nastro con entrambi i lati incollanti.

Nell’immediato dopoguerra il successo della 3M non si fermò e fu così che vennero create nuove tipologie di nastro adesivo adatte ad ogni necessità: nastri resistenti all’acqua, al freddo ed al calore, nastri riflettenti, nastri fluorescenti per la segnaletica stradale, nastri con finitura opaca sulla quale è possibile scrivere e altri ancora.

I principali riconoscimenti per lo Scotch arrivarono nel 1985, quando i consumatori lo votarono come il “prodotto più indispensabile in casa” (davanti a vestiti auto-stiranti, alluminio, collant e t-shirt), e nel 2004 quando il MoMA (Museum of Modern Art) di New York lo inserì nella mostra denominata “Capolavori Umili” in cui venne dato spazio ad oggetti di uso comune.

Ad oggi, dopo più di 80 anni, lo scotch rimane uno strumento indispensabile ed irrinunciabile in casa ed al lavoro!

L’origine del nome Scotch

E per quanto riguarda il nome? La parola “scotch” significa “scozzese” ed è stata utilizzata per denominare il nastro adesivo, si dice, a causa di ciò che accadde in una carrozzeria. I primi nastri utilizzati dai verniciatori per la protezione delle zone che non necessitavano di verniciatura avevano l’adesivo solamente sulle parti esterne (per risparmiare sul collante) e questo poteva portare ad un risultato non eccellente.

Qualche cliente, lamentandosi, deve aver pronunciato le parole “Dì ai tuoi padrone di essere meno tirchio [con la colla n.d.r.]” utilizzando però come sinonimo poco amichevole di “tirchio” la parola “scotch” (gli scozzesi sono rinomati per la loro “parsimonia”) e fu da questo che prese il nome il nastro adesivo più famoso al mondo!

Riduzione della fertilità maschile e pesticidi sono in relazione

Fonte: http://www.primapaginadiyvs.it/riduzione-della-fertilita-maschile-e-pesticidi-sono-in-relazione/

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Uno studio condotto ad Harvard ha dimostrato che esiste una relazione fra i pesticidi usati in agricoltura e la riduzione della fertilità maschile.

Che i pesticidi fossero pericolosi per la salute è noto da tempo, ma le analisi in merito erano sempre state condotte su persone che venivano in contatto con questi veleni per ragioni professionali. Ora, per la prima volta, grazie agli studiosi del Dipartimento di nutrizione ed epidemiologia della Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston, sono stati presi in esame anche i danni che i pesticidi provocano a chi consuma frutta e verdura.

Lo studio pubblicato il 30 marzo 2015 sulla rivista Human Reproduction ha evidenziato fra i consumatori di frutta e verdura con alti livelli di pesticidi residui come fragole, spinaci e peperoni
una percentuale inferiore di spermatozoi rispetto alla norma, e un calo, anche nello sviluppo dei nuovi.

I ricercatori hanno utilizzato i dati di 155 uomini che hanno fornito 338 campioni di seme fra il 2007 e il 2012 con tanto di accurate informazioni sulla loro alimentazione. Per classificare le quantità di pesticidi nella frutta e nella verdura i ricercatori hanno utilizzato i dati del Programma Pesticidi del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, dove peperoni, spinaci, fragole, mele e pere sono classificati ad alto contenuto di pesticidi residui, mentre piselli, fagioli, pompelmi e cipolle hanno un contenuto moderato o basso di pesticidi residui.

I risultati hanno mostrato che gli uomini che hanno mangiato più di 1,5 porzioni al giorno di frutta e verdura con alti livelli di pesticidi residui, avevano il 49% di spermatozoi in meno, oltre ad un volume eiaculato minore, e ad una minore percentuale di sviluppo di nuovi spermatozoi rispetto al normale.

“Questi risultati non dovrebbero scoraggiare il consumo di frutta e verdura in generale”, ha detto Jorge Chavarro, assistente professore di nutrizione ed epidemiologia e senior autore dello studio.
E ha proseguito affermando:”Questo suggerisce che l’attuazione di strategie mirate a evitare residui di pesticidi, come ad esempio il consumo di prodotti da agricoltura biologica o evitare i prodotti noti per avere grandi quantità di residui, può essere la strada da percorrere”.

Grazie a questo studio, è stato quindi finalmente dimostrato uno dei danni che i pesticidi provocano alla salute dei consumatori, tuttavia, il cammino per ottenere un’agricoltura che sia veicolo di salute non può che passare attraverso una assoluta coerenza da parte dei consumatori, che ogni giorno, attraverso la scelta consapevole, non possono esimersi dal sostenere le filiere corte e chi adotta sistemi agricoli naturali.

Ormai da molti anni abbiamo attuato un modello di agricoltura industriale non sostenibile che sta creando innumerevoli problemi, dall’aumento della resistenza di parassiti ed infestanti, all’impoverimento della fertilità del suolo. Inoltre questo modo di coltivare che non tiene conto dei ritmi naturali, consuma ingenti quantità di energia e ha contribuito ad inquinare le acque sotterranee.

La questione è sotto gli occhi di tutti, ma solo in pochi si stanno rendendo conto del reale pericolo che stiamo correndo.

Innumerevoli, assurdi, cambiamenti climatici, per cui si trovano ogni volta spiegazioni che non vogliono tener conto delle irrorazioni chimiche nei cieli, meglio note come scie chimiche, rendono le coltivazioni sempre più vulnerabili.

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In tutto questo, le multinazionali si pongono sul mercato come fornitrici di semi e prodotti chimici dedicati ad un modello di agricoltura progettata in laboratorio, dove gli OGM vengono pubblicizzati come come sicuri ed inevitabili.

Lo sviluppo di una agricoltura che sia ecologica e naturale, dove i metodi tradizionali, insieme ad una collaborazione scientifica che escluda l’uso di pesticidi e diserbanti, deve quindi essere imperativo.

Una agricoltura ecologica per un Mondo più sano non è utopia, esistono già delle aziende agricole in tutta Europa che stanno utilizzando sistemi sostenibili, che preservano e utilizzano con successo le efficaci funzioni degli ecosistemi nelle coltivazioni.

La salute dell’ambiente, dei cittadini, e un cibo sano, sono quindi gli obiettivi che dobbiamo realizzare per difendere la Vita.

Olio di palma dannoso e nocivo: i danni dell’olio di palma

Fonte: http://www.naturopataonline.org/alimentazione/grassi/9849-olio-di-palma-dannoso-e-nocivo-i-danni-dellolio-di-palma.html

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Olio di palma dannoso e nocivo: i danni dell’olio di palma e i rischi per la salute

Ormai tristemente noto al pubblico come l’olio vegetale raffinato più utilizzato nell’industria alimentare è celebre per essere stato e ancora oggi l’olio principale utilizzato nelle fritture di molte catene di Fast Food. Ma soprattutto per essere impiegato in quasi ogni genere di alimenti: da biscotti, alcuni generi di dolci ma anche nell’industria cosmetica a causa del basso prezzo rispetto ad altri genere d’oli come l’olio d’oliva e l’olio d’arachidi.

L’olio di palma raffinato fa male: i danni cardiovascolari di un concentrato di grassi saturi

Uno dei primi studi riconosciuti sui danni del consumo di olio di palma raffinato risale al 1987, e tiene conto di una sperimentazione nelle isole Mauritius (nell’oceano indiano sud occidentale), quando venne sostituito l’olio di palma con l’olio di soia in un tentativo di prevenire le malattie cardiovascolari all’epoca un rischio critico per le autorità sanitarie. I risultati inconfutabili confermarono che i livelli di colesterolo cattivo nella popolazione era stato ridotto di quasi il 15%.

In sé l’olio di palma non è così dannoso come la sua controparte raffinata o l’olio di olio di palmisto che contiene addirittura più grassi saturi dell’olio di palma raffinato. Ma chiaramente la convenienza gioca una parte importantissima nell’industria e l’olio di palma presente nei prodotti è quasi sempre raffinato.

L’olio di palma è praticamente ovunque: carburante, detergenti e alimenti

Dalla cura per il corpo all’alimentazione, dal settore cosmetico a quello alimentare ed il suo contenuto di colesterolo cattivo, LDL, non sono i soli elementi nocivi dell’olio di palma. I danni all’ambiente sono altrettanto esorbitanti se non addirittura superiori a quelli dell’uomo.

Il Biodiesel è l’impiego principale dell’olio di palma al di là dell’industria cosmetica e alimentare. Il cui consumo rivaleggia entrambe. Al contrario di ciò che può suggerire il nome, è stato marchiato come “non ecologico”. U.S. Environmental Protection Agency, agenzia che si occupa della cura e della protezione dell’ambiente, a causa delle alte emissioni di anidride carbonica e per i costi esorbitanti della sua produzione.

In alcune zone del mondo come l’Indonesia e l’Uganda la deforestazione causata dalla coltivazione dell’olio di palma ha causato gravissimi danni all’Habitat colpendo sia la flora che la fauna di zone sempre crescenti.

Scarso dal punto di vista nutrizionale rispetto praticamente e dannoso per l’apparato cardiovascolare a causa del suo contenuto di grassi saturi vi è anche un ulteriore rischio per l’insorgere di diabete e patologie come l’aterosclerosi e tristemente alcuni tipi di tumori. (Lipids 2014 – Perreault M ).

Per concludere, un altro studio risalente tra il periodo 1980-1997 condotti in ben oltre venti paesi (da Brian K Chen e altri) ha finalmente confermato un dato allarmante: un kilogrammo di olio di palma all’anno stima 68 morti ogni 100.000 nei paesi civilizzati. Considerando la presenza dell’olio di palma raffinato negli alimenti e nella cosmetica una persona può solo immaginare quanto realmente se ne consuma anno dopo anno.

La Cina invecchia. E va in pensione più tardi

Fonte:http://www.valori.it/economia/la-cina-invecchia-va-pensione-piu-tardi-8524.html

Un graduale aumento dell’età pensionabile tra il 2017 e il 2022. È il programma allo studio del governo cinese con l’obiettivo di garantire un risparmio alle casse pubbliche. Lo riferisce il quotidiano di Pechino Caixin.

Un graduale aumento dell’età pensionabile tra il 2017 e il 2022. È il programma allo studio del governo cinese con l’obiettivo di garantire un risparmio alle casse pubbliche. Lo riferisce il quotidiano di Pechino Caixin. Attivo nell’assistenza a oltre 200 milioni di persone, il sistema pensionistico cinese ha versato nel 2014 assegni previdenziali per 2,1 trilioni di yuan (340 miliardi di dollari) incassando contributi complessivi per 2,4 trilioni (390 miliardi di biglietti verdi). Gli assegni mensili erogati dallo Stato, ricorda Caixin, variano moltissimo: da 2.000 yuan per un ex impiegato privato o statale residente in città, ad appena 70 per un contadino.

Il dibattito sulla riforma del sistema pensionistico cinese è in atto da molto tempo. A suggerire l’innalzamento dell’età pensionabile è il progressivo invecchiamento della popolazione. I cinesi con 60 o più anni di età rappresentano oggi il 15% della popolazione e il loro numero complessivo, nota ancora il quotidiano, dovrebbe crescere del 40% entro il 2020 quando la loro incidenza sulla popolazione toccherà quota 19,3%. Secondo le stime governative, la percentuale dovrebbe salire addirittura al 43,2 nel 2050.

Foto: Khalidshou (Wikimedia Commons)

GRECIA… CHICKEN GAME!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2015/03/31/grecia-chicken-game/

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Nelle ultime settimane sulla Grecia e dalla bocca dei principali protagonisti abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto.

Ieri davanti al Parlamento greco Tsipras ha dichiarato…

“Per ripagare il debito greco serve una ristrutturazione…”

Nel frattempo in ordine sparso, ministri, sottosegretari e via dicendo…

Un «compromesso onorevole ma non ci sarà una incondizionata capitolazione”

“Non vogliamo uscire dall’euro, ma non siamo disposti a tutto” (Koronakis)

” La Grecia si trova vicina ad un punto di rottura. L’Europa germanizzata e l’UE stanno letteralmente soffocando il nostro Paese.” (Lafazanis)

“Stiamo creando ambiguità con creditori in modo intenzionale perché devono sapere che siamo pronti a una spaccatura” (Tsakalotos)

E via dicendo! Nel frattempo dall’altra parte…

“Tra i principali punti di differenza” tra Atene e UE ci sono “la riluttanza Grecia discutere riforma pensioni e privatizzazioni”

Sempre e soli li privatizzazioni e pensioni, hanno dimenticato stipendi e welfare, loro amano distruggere tutto, non esiste paese al mondo nel quale il FMI e i suoi sicari non abbiano fatto terra bruciata ovunque, socialmente soprattutto!

“Riforme frammentarie, vaghe colleghi greci non sono stati in grado di spiegare tecnicamente cosa comportassero”.

Come fai a spiegare tecnicamente un suicidio?

Acceleratore pigiato e nessuno che sposti il volante di una sola virgola, ma purtroppo la Grecia non ha scampo, in una maniera o nell’altra dovrà sterzare verso la libertà!

Spiace che in molti si appassionino alle vicende greche guardando esclusiavamente a quello che accade dal punto di vista economico o finanziario, ciò che conta invece è quello che sta accadendo dal punto di vista umano.

Non c’è alcun futuro per questa Europa, un groviglio di capitali e mercati che riesce a produrre uno simile scempio nel cuore, nella culla della DEMOCRAZIA …

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Nebbia totale ovunque, ma in mezzo all’inettitudine e alla stupidità dei burocrati europei, li stessi falliti che stanno amministrando il fallimento dell’Europa, un squarcio di luce, un lampo di umanità sempre e solo dal basso…

Erwin Schrumpf, l’austriaco  che distribuisce farmaci in Grecia.

Una delle tante storie silenziose di altruismo e coraggio che regalano Speranza, una storia da leggere tutta in un fiato, lui Erwin, ma tutti noi insieme a lui ci chiediamo …

“Continuo a non capire come difficoltà così gravi e penuria di assistenza medica possano esistere oggi nel cuore dell’Europa. Questo mi sconforta, ma l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle lacrime di felicità della gente ad ogni nostro arrivo”.

Ogni giorno arrivano notizie inutili su un inutile negoziato il cui destino è già segnato, ma in realtà pochi che si chiedano che futuro possa esserci per un’unione senza anima, costruita sul più colossale sbaglio e menzogna della storia economica, l’euro, un’Europa che ha un unico obiettivo le merci e i capitali e che ha lasciato proliferare una metastasi nel cuore della storia, la Grecia.

Parafrasando l’incontro con i mercanti nel tempio…

La mia Europa sarà chiamata, casa di accoglienza per tutte le genti. Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!“.

Se qualcuno vuole andare oltre la cortina fumogena che quotidianamente lasciano i media europei e italiani questo è il momento

Questa è la Grecia, il più grande successo dell’EURO, un documentario, un bagno di CONSAPEVOLEZZA! 

La città perduta dell’Honduras: tracce di una civiltà senza nome

Fonte: http://www.focus.it/cultura/mistero/archeologia-civilta-scomparse-mistero-in-honduras

I resti di un’antica civiltà precolombiana sono stati rinvenuti nella foresta della Mosquitia: potrebbe trattarsi della leggendaria Città Bianca, della quale finora non era mai stata trovata traccia.

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“Comitato di benvenuto” nella terra dei misteri, nella rappresentazione artistica di Libby Bailey.|Libby Bailey

Antiche leggende del Centro America raccontano della Ciudad Blanca (Città Bianca), qualche volta chiamata Città del Dio Scimmia, nascosta da qualche parte in Honduras, nella regione della Mosquitia, la più grande foresta pluviale a nord dell’Amazzonia. Le leggende sono però adesso qualcosa di più che racconti tramandati di generazione in generazione: una spedizione guidata da Chris Fisher, antropologo della Colorado State University, ha infatti trovato i resti di una misteriosa civiltà proprio nella Mosquitia.

Nascosta nella foresta. Come di consueto nel caso di importanti ritrovamenti, l’esatta posizione del sito archeologico è top secret, per evitare saccheggi. Ciò che trapela dal dipartimento di antropologia dell’università è che si tratta di una delle aree più inaccessibili e incontaminate del Centro America, sul versante orientale dell’Honduras. Dell’antica città sono venuti alla luce finora pochi frammenti: il team di ricerca, composto da archeologi honduregni oltre che statunitensi, ha trovato blocchi di pietra, apparentemente tagliati a mano, e 52 oggetti parzialmente sotterrati che sono, forse, indizio di un rituale. Gli studiosi confidano di fare ulteriori scoperte scavando più in profondità.

Statuette di epoca Maya: sono comuni le rappresentazioni di figure umane che indossano copricapo simili a caschi.

Tra i reperti più interessanti c’è quello che è stato battezzato il giaguaro mannaro: «Una figura che sembra indossare una specie di casco», commenta Fisher, che potrebbe rappresentare uno sciamano in stato di trance nel mondo degli spiriti.

600 anni da soli. Della Città Bianca parlò il conquistador Hernàn Cortés nelle sue scorribande cinquecentesche e forse la sorvolò anche Charles Lindbergh nel 1927, ma nessuno la trovò mai, perciò la sua esistenza è finora rimasta confinata nella mitologia. Oggi si stima che l’ignota civiltà precolombiana, cui gli studiosi non hanno ancora dato un nome, abbia prosperato nella Mosquitia dal 1000 d.C. al 1400, per poi scomparire per cause ancora da chiarire. L’isolamento della città è stato tale che, secondo Fischer e i suoi colleghi, dall’epoca dell’abbandono (circa 600 anni fa), nessuno ci ha mai messo più piede. Questa tesi è supportata anche dalla straordinaria diversità biologica che caratterizza l’intera zona e dal fatto che molti animali hanno dimostrato, con il loro comportamento curioso e disinvolto, di non aver mai visto prima un essere umano.

Un esempio di mappatura del terreno con il LIDAR, tecnologia usata in molti ambiti, dalle prospezioni idrogeologiche alle ricerche archeologiche.

Archeologia con il LIDAR. Lo straordinario ritrovamento non è il frutto di una caccia alla cieca o di un evento fortunoso. Il primo indizio risale al 2012, durante una ricognizione aerea di una valle a forma di cratere della Mosquitia, e sulla base di quello gli sforzi dei documentaristi Steve Elkins e Bill Benenson hanno poi permesso di localizzare il sito. Grazie alla collaborazione con il Center for Airborne Laser Mapping della University of Houston, che ha contribuito alle ricerche con la tecnologia Lidar (Laser Imaging Detection and Ranging, la stessa usata da Google per Street View), è stato possibile mappare la foresta pluviale e identificare i segni lasciati dalla civiltà scomparsa, come le tracce di un intervento umano sulle sponde del fiume e le cicatrici lasciate sul terreno da antichi edifici.

La spedizione ha poi confermato le interpretazioni avanzate sulle immagini Lidar. Il lavoro dei ricercatori è però solo agli inizi. La Città Bianca, se di questa si tratta, potrebbe rivelare una verità ancora più grande: secondo gli studiosi potrebbe infattii trattarsi solo del primo di una serie di insediamenti perduti, che dimostrerebbero l’esistenza di una grande civiltà che ha presidiato il territorio del Centro America a est dei Maya, rimasta finora sconosciuta per cause ancora tutte da capire.