Cina: le foto dello smog che affoga la città di Shenyang

Fonte: http://iljournal.today/primo-piano/cina-le-foto-dello-smog-che-affoga-la-citta-di-shenyang/

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L’altissimo livello di inquinamento ha provocato una vera e propria nebbia sui cieli di Shenyang

Sono le tipiche foto che “parlano da sole”. Sono state scattate nella città di Shenyang, nella provincia di Liaoning della Cina nord-orientale, letteralmente soffocata dallo smog. Il picco della concentrazione di PM2.5 – particelle nell’aria di misura inferiore a 2,5 micron di diametro – ha raggiunto 1.017 microgrammi per metro cubo. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’inquinamento è in pratica visibile a occhio nudo.

Leggi anche la polemica per la “maratone nello smog” di Pechino

Non è certo la prima volta che le città della Cina vengono avvolte in un manto di smog. A Shangai, nel 2013, fu addirittura disposta la chiusura degli uffici pubblici proprio a causa della presenza di agenti inquinanti in una misura oltremodo dannosa per la salute

Dieta Antitumorale

Fonte: http://www.mr-loto.it/alimentazione.html

Noi siamo quello che mangiamo, dicevano gli antichi, e oggi anche la medicina lo conferma; in sostanza, gli alimenti che entrano nel nostro corpo attraverso la bocca vengono digeriti, metabolizzati ed impiegati per formare nuove cellule che andranno a far parte del nostro corpo.

In pratica di tutto il cibo di cui ci alimentiamo tratteniamo qualcosa, in base alle caratteristiche del cibo stesso, questo mi sembra un concetto scontato.

Per chi avesse dei dubbi su quanto affermato, suggerisco di dare un’occhiata a questa pagina ospitata nel sito della Stampa, sezione salute.

Ma non tutti gli alimenti sono uguali; se è vero che noi siamo quello che mangiamo dovremmo scegliere, per il benessere del nostro corpo, solo il cibo migliore, rispettando così un’alimentazione corretta al fine di prevenire, per quanto è in nostro potere, quella che è considerata la vera tragedia del nostro secolo: il cancro.

Mettere in atto una dieta antitumorale bilanciata, includendo in essa tutta una serie di alimenti aventi comprovate caratteristiche antitumorali, questo è quello che possiamo fare, il resto è nelle mani di Dio.

Alimentazione e dieta antitumorale
Alimentazione e dieta antitumorale

Negli ultimi decenni, l’esposizione ad agenti mutageni come fumo e inquinamento atmosferico, l’abuso di alimenti raffinati e troppo ricchi di grassi, hanno raddoppiato l’incidenza dei tumori.

Se è vero che contro l’inquinamento delle nostre città possiamo fare ben poco, è anche vero che possiamo fare molto per quanto riguarda la nostra dieta e la scelta dell’alimentazione idonea alla nostra salute in termini di prevenzione antitumorale.

Molti di noi, causa la minaccia di malattie definite del “benessere”, come il cancro o l’infarto, si convincono sempre più che l’alimentazione costituisce la causa principale della maggior parte dei mali.

Oggigiorno siamo sempre più “bombardati” da continui e spesso contrastanti messaggi della stampa e della televisione e spesso influenzati da una spregiudicata speculazione  commerciale; il risultato di tutto ciò è che facciamo sempre più fatica a capire quali alimenti fanno bene e quali no.

Nel corso degli anni sviluppiamo abitudini alimentari che ci vengono insegnate e tramandate dalla vita familiare, a cominciare dai primi anni di vita, e molto spesso non ci chiediamo nemmeno se quello che mangiamo quotidianamente può essere in qualche modo dannoso alla nostra salute.

Lo scopo di questa pagina è quello di segnalare quelli che sono gli alimenti particolarmente ricchi di sostanze antiossidanti e che quindi dovrebbero avere proprietà antitumorali con le relative caratteristiche.

Quello che segue, quindi, è solo un breve cenno a quello che  è, a grandi linee, il tipo di cibo che andrebbe evitato per il nostro benessere.

Dieta Antitumorale – Cibi da evitare

Dieta antitumorale e alimentazione
Dieta antitumorale e alimentazione

Per prima cosa l’eccesso di carne e salumi, in quanto, oltre ad un’abbondanza di grassi saturi contengono conservanti come i nitrati che possono essere molto dannosi per la nostra salute.

Molto sconsigliato cuocere la carne alla brace; questo tipo di cottura libera il benzopirene, nota sostanza cancerogena.

Anche la cottura con la pentola a pressione è sconsigliata in quanto l’alta temperatura distrugge completamente la vitamina C inclusa negli alimenti.

Un altro tipo di cottura che andrebbe evitato, o perlomeno usato con molta parsimonia nella cottura del cibo, è la frittura; l’alta temperatura infatti libera una sostanza cancerogena chiamata acroleina.

Anche l’uso smoderato del sale è un comportamento molto rischioso per la nostra salute; in esso è infatti presente una molecola molto pericolosa che è il sodio, responsabile della ritenzione idrica e dell’ affaticamento cardiaco. Il suo abuso può essere correlato con l’insorgere di certi tipi di tumore, per cui è vivamente consigliato tenere sotto controllo l’apporto di sale nella nostra dieta.

Per chi volesse approfondire l’argomento su come ci si può difendere dal cancro potete visionare le dieci regole che sono la sintesi in un volume edito dal fondo mondiale per la ricerca sul cancro e rappresentano un buon punto di riferimento per comprendere meglio cosa si intende per dieta antitumorale.

Andiamo ora ad esaminare quali sono gli alimenti da inserire nella nostra dieta antitumorale in quanto considerati in possesso di sostanze ad attività antitumorale.

Alimenti Contenenti Antiossidanti

I cibi della salute sono una trentina circa, sono stati studiati e classificati da scienziati i quali hanno dimostrato che nutrirsi regolarmente di questi alimenti aiuta ad evitare malanni più o meno gravi: malattie cardiache, cancro, invecchiamento precoce, diabete e altre ancora.

Tutte queste malattie hanno in comune il processo di ossidazione che è causato da atomi di ossigeno privi di un elettrone che aggrediscono le molecole vicine distruggendole. Per contrastare, e tentare di prevenire questo meccanismo, ci viene in aiuto l’impiego di determinati alimenti nella nostra dieta antitumorale. Bisogna però fare delle precisazioni.

Precisazioni

Ovviamente non esiste una formula magica o una dieta antitumorale in grado di preservarci da tali malattie in quanto esiste sempre una concomitanza di fattori, alcuni a noi sconosciuti, che possono contribuire all’insorgere delle più diverse patologie.

Esiste tuttavia uno stile di vita che, se attuato, è sicuramente in grado di apportare notevoli benefici alla nostra salute; una corretta alimentazione, unita ad una costante attività fisica ed al controllo dello stress, rappresentano sicuramente le basi per fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità al fine di mantenerci in salute il più a lungo possibile.

Andrea Palladio

Fonte: http://www.andreapalladio.net/

dettaglio

Andrea Palladio (1508-1580)
Figlio del mugnaio Pietro della Gondola e di Marta detta “la zota”, Andrea nasce a Padova nel 1508. Nella città del Santo egli compie le sue prime esperienze come scalpellino nella bottega di Bartolomeo Cavazza da Sossano, che sembra avergli posto condizioni particolarmente dure. Nel 1542, infatti, dopo un primo tentativo fallito, riesce a fuggire a Vicenza: qui entra nella bottega di Pedemuro San Biagio, tenuta da Giovanni di Giacomo da Porlezza e Girolamo Pittoni da Lumignano, a quell’epoca scultori molto famosi a Vicenza.

Tra il 1535 e il 1538 avviene l’incontro che cambierà radicalmente la sua vita: mentre lavora nel cantiere della villa suburbana di Cricoli conosce Giangiorgio Trissino, poeta e umanista, che lo prenderà sotto la sua protezione. Sarà proprio lui a soprannominarlo Palladio, a guidarlo nella sua formazione culturale improntata soprattutto sullo studio dei classici, a condurlo, infine, più volte a Roma. Qui Andrea si trova per la prima volta a contatto con le architetture che aveva imparato ad amare, può osservare dal vivo i monumenti imperiali, ammirandone la bellezza e studiandone i materiali, le tecniche costruttive, i rapporti spaziali. Ma i viaggi col suo mecenate significano anche l’incontro con i “grandi” del tempo: Michelangelo, Sebastiano Serlio, Giulio Romano, Bramante.

Intorno al 1540 inizia intanto la sua attività autonoma di architetto, con opere come il Palazzo Civena a Ponte Furo (Vicenza) e la villa Godi a Lonedo, mentre nel 1549 si situa l’episodio che lo consacrerà definitivamente: la ricostruzione delle Logge della Basilica di Vicenza in sostituzione di quelle quattrocentesche. Il progetto del Palladio ha la meglio su una concorrenza decisamente agguerrita (erano stati fra gli altri consultati Serlio, Sansovino, Sanmicheli, Giulio Romano). Da allora le nobili famiglie vicentine e veneziane si contenderanno l’attività del Palladio. Inizia così il periodo più intenso dell’attività palladiana, che si concretizzerà in opere di assoluta bellezza, dal palazzo Chiericati alla villa Barbaro di Maser, dalla “Malcontenta” a Mira alle chiese veneziane del Redentore e di S. Giorgio Maggiore, fino alla notissima Rotonda.

Nel 1570, inoltre, Palladio pubblica il trattato I quattro libri dell’architettura, espressione della sua cultura, dei suoi ideali ed anche della sua concreta esperienza. Negli anni ’70 è a Venezia in qualità di “proto”, cioè consulente architettonico, della Serenissima. Tra febbraio e marzo del 1580 vengono intanto avviati i lavori per la costruzione del teatro Olimpico, edificato su richiesta degli Accademici Olimpici (lo stesso Andrea era stato nel 1556 socio fondatore) per la recitazione della tragedia classica. Tuttavia, prima che l’opera sia completata il Palladio si spegne il 19 agosto 1580.

L’ENI e il petrolio russo

Scrito da: Luisa Gris
Fonte: http://luniversale.you-ng.it/2015/02/22/leni-e-il-petrolio-russo/

eni-logo3Il 25 giugno 1962 venne presentato alla Commissione per la Sicurezza del Senato degli Stati Uniti un rapporto dal titolo “problemi sollevati dall’offensiva petrolifera sovietica”, realizzato su richiesta di Kenneth Keating, senatore repubblicano di New York. Parte del rapporto era dedicato alla possibilità che il petrolio sovietico giungesse clandestinamente in Europa grazie alla complicità dell’ Eni e dell’Egitto (che in quel rapporto veniva definita “monopolio petrolifero italiano a forte tendenza filo-sovietica”); si avanzava l’ipotesi, ritenuta assai allarmante per la sicurezza del mondo libero, che parte del petrolio sovietico acquistato dall’Egitto, fosse poi trasferito clandestinamente in Italia, per essere raffinato negli impianti siciliani dell’Eni ed essere poi distribuito nella penisola e in altri paesi dell’Europa occidentale.

L’ipotesi di questa triangolazione clandestina era sorta dallo studio delle quantità di greggio prodotte, esportate e importate dell’Egitto nel corso del 1961: secondo i dati raccolti da Hoskins e poi inseriti nel rapporto per il Senato, in quell’anno dal sottosuolo egiziano era stata estratta una quantità di greggio sufficiente al fabbisogno interno, mentre il Paese aveva importato 1.300.000 tonnellate dall’Urss nel corso dello stesso anno; l’Italia aveva importato dall’Egitto 1.500.000 tonnellate di greggio. Da questi rapporti si evinceva che la quantità di petrolio estratto dai pozzi non poteva essere sufficiente sia per la domanda interna che per l’esportazione, per la quale dunque si era fatto probabilmente ricorso al petrolio proveniente dal Mar Nero.

L’ente italiano volle replicare che il fabbisogno petrolifero del Paese arabo era stato nel 1961 di cinque milioni di tonnellate ed era stato coperto solo in parte dai giacimenti egiziani: 700.000 tonnellate infatti erano state fornite dalla produzione della Cope (il 50 per cento apparteneva all’Eni) e 1.200.000 dalla Anglo-Egyptian Oil Company; ma poi le autorità italiane avevano dovuto acquistare 1.300.000 tonnellate di greggio saudita dalla Calex e un 1.800.000 dall’Unione Sovietica.

La Cope a sua volta non aveva estratto solamente le 700.000 tonnellate destinate al mercato egiziano: dei 2.300.000 tonnellate estratte complessivamente dalla Cope nel 1961, infatti, oltre alla quota destinata al fabbisogno interno del Paese, una parte era stata venduta alla Calex (500.000 tonnellate) e le rimanenti 1.110.000 tonnellate erano state importate dall’Eni in Italia. In base a queste cifre non vi sarebbe stato nessun trasferimento occulto di petrolio sovietico da parte dell’Italia attraverso l’Egitto, dal momento che tutto il greggio giunto in Sicilia sarebbe stato estratto dalla Cope.

In un comunicato stampa diffuso attraverso l’Agenzia Italia, la dirigenza Eni aggiungeva che: “Le insinuazioni acquistano un significato particolare, perché sono contenute in un rapporto ufficiale del Senato statunitense e sono indirizzate contro un’impresa che appartiene allo Stato italiano. La sola fonte citata è un articolo del Christian Science Monitor, pubblicato il 12 dicembre 1961, che a sua volta riprende un articolo del Sole 24 Ore del 22 novembre. Un sospetto lanciato con tanta leggerezza contro l’Eni si rivela per ciò che è realmente: il più recente tentativo da parte dei grandi interessi petroliferi mondiali di gettare discredito su una compagnia la cui unica colpa è stata di aver rotto la congiura del silenzio verso le pratiche monopolitistiche, grazie alle quali essi hanno sfruttato per trent’anni i consumatori di tutto il mondo”.

Il rapporto voluto nel 1962 dal Senato nordamericano sui “Problemi sollevati dall’offensiva petrolifera sovietica” rifletteva il clima di apprensione e di allarme con il quale da qualche anno i politici e i dirigenti delle compagnie occidentali guardavano alla situazione petrolifera mondiale: la metà degli anni Cinquanta aveva segnato l’ingresso dell’Unione Sovietica fra i Paesi esportatori di petrolio, dal momento che la scoperta di nuovi giacimenti nella regione del Volga e negli Urali consentì al Paese di raddoppiare in cinque anni la quantità di greggio estratto dal sottosuolo. I dirigenti di Mosca decisero di adottare una politica aggressiva e di immettere nel mercato internazionale crescenti quantità di petrolio a un prezzo inferiore del 20 o 30 per cento rispetto a quello del greggio estratto in Medio Oriente.

Mattei, spinto dalla costante necessità di petrolio a buon mercato per garantire il pieno utilizzo degli impianti di raffinazione, nel 1960 firmò un accordo con l’Unione Sovietica che prevedeva l’importazione in Italia di 12 milioni di tonnellate di petrolio sovietico in quattro anni, per un valore complessivo di circa 12 miliardi di lire, che l’Eni avrebbe pagato cedendo a Mosca 240.000 tonnellate di tubi di acciaio, 50 milioni di tonnellate di gomma sintetica, oltre ad alcuni impianti di pompaggio. Con questo accordo l’Italia veniva ad occupare il primo posto, fra i Paesi europei, nelle importazioni di greggio sovietico con tre milioni di tonnellate annue, contro le 2,8 della Germania Federale, le 2,2 della Finlandia e 1.400.000 tonnellate della Svezia. In termini di dipendenza dal petrolio sovietico, comunque, l’Italia era in buona compagnia all’interno della Nato nel 1963, mentre il greggio di Mosca copriva il 25 percento del fabbisogno italiano; garantiva anche l’11 percento di quello della Germania Federale, il 40 percento della Grecia e ben il 93 percento del fabbisogno energetico dell’Islanda.

Pesticida Monsanto trovato nei prodotti intimi femminili

Scritto da: Luca Tomberli
Fonte: http://www.primapaginadiyvs.it/pesticida-monsanto-trovato-nei-prodotti-intimi-femminili/

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Il principio chimico del pesticida più venduto al mondo è stato riscontrato negli assorbenti interni. Uno studio condotto in Argentina dall’Università Nazionale di La Plata ha rivelato questa scioccante verità.

Il  team  di scienziati multidisciplinari ha trovato tracce di glisofato nell’85% dei prodotti per la cura e l’igiene femminile venduti nei supermercati. Gli stessi ricercatori sono rimasti stupefatti del risultato della loro indagine. L‘organo riproduttivo femminile assorbe facilmente le sostanze chimiche presenti nei tamponi, e così le sostanze tossiche, entrando nel flusso sanguigno, mettono a repentaglio la salute delle donne.

Ma non è finta qui, il pericolo del cotone al glisofato non coinvolge soltanto l’universo femminile. La gran parte del cotone commercializzato nel mondo è Ogm. Queste piante create in laboratorio, per essere coltivate, hanno bisogno del Round Up, il pesticida della Monsanto.  Le applicazioni di glifosato sul cotone Ogm avvengono quando il bozzolo è aperto per cui l’organismo non può difendersi.

Ogni giorno indossando dei capi di cotone Ogm come jeans, magliette e  biancheria intima che possono rilasciare sulla nostra pelle un gran numero di sostanze tossiche rischiamo la nostra salute. Per questo è bene indossare prodotti lavorati con cotone non Ogm. Comunque il pericolo è costante. Le coltivazioni Ogm, contrariamente a quanto affermano i lobbysti delle multinazionali, abbisognano di una grande quantità di pesticidi.

Il Glisofato attacca la vita, oltre ad arrivare quotidianamente nei piatti, adesso vi è la certezza che invade anche l’intimità del corpo delle donne. Ma che mondo è mai questo se la vita viene combattuta sin dall’origine. Nel marzo scorso l’OMS ha finalmente dichiarato cancerogeno il glifosate. Diversi studi classificano i pesticidi pericolosi per  la salute umana ed i medici più coscienti avvertono del pericolo le donne in gravidanza e le giovani mamme, dato che il glifosato è stato trovato anche nel latte materno. Cosa  deve fare di ancora più grave la Monsanto per essere chiusa e cacciata dal pianeta?

Basta con il glifosato, bandiamolo dai nostri campi. La AIAB E LA FIRAB hanno lanciato il manifesto “STOP GLISOFATO”   per chiedere a Governo, Ministeri competenti e Parlamento di applicare il  principio di precauzione in nome della tutela della salute pubblica, vietando definitivamente produzione, commercializzazione e uso di tutti i prodotti a base di glisofato.

Bene, impediamo che il veleno della Monsanto entri nell’ambiente, ma dato che le multinazionali ne sanno una più del diavolo, non demandiamo queste battaglie soltanto a delle associazioni di categoria, informiamoci, vigiliamo ed attiviamoci in prima persona dato che ne va della nostra salute.

Oslo dice no alle auto nel centro città (ma entro il 2019)

Fonte: http://www.improntaecologica.it

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Oslo, la capitale della Norvegia, sta per dire addio alle auto nel proprio centro cittadino.
Il nuovo consiglio comunale, in carica dalla metà di settembre scorso, infatti, ha annunciato lo stop alla circolazione delle automobili private nella zona più centrale della città come parte di un piano per tagliare in modo drastico le emissioni di gas serra del 50% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990.
Nel progetto per i prossimi quattro anni c’è anche l’impegno per favorire il trasporto pubblico, il disinvestimento dei fondi pensione dai combustibili fossili e la riduzione di tutto il traffico veicolare del 20% entro il 2019.
Al tempo stesso, il governo cittadino punta ad incentivare l’uso della bicicletta, non solo con sovvenzioni per l’acquisto di bici elettriche, ma anche costruendo 60 chilometri di piste ciclabili entro la fine del mandato.
Già altre città hanno introdotto un divieto temporaneo per le auto nel proprio centro, ma il provvedimento annunciato dal consiglio comunale di Oslo è la prima misura permanente di questo tipo per una capitale europea.

Non si placa la crisi di Macao

Fonte: http://www.valori.it/internazionale/non-si-placa-la-crisi-di-macao-10481.html

Le mille luci di Macao. Foto: Brenden Brain (Wikimedia Commons)

Restano molto poco rassicuranti le prospettive economiche di Macao, la regione amministrativa speciale della Cina sottoposta da tempo al giro di vite governativo sul gioco d’azzardo. Lo riferisce CNN Money analizzando il momento critico dell’ex colonia portoghese. Dopo anni di crescita economica alimentata del gioco d’azzardo, la città fa ora i conti con i limiti imposti da Pechino nell’ambito della sua nota campagna anticorruzione. Un’iniziativa che ha determinato un vero e proprio esodo dei grandi scommettitori e un calo significativo delle entrate. La città, ricorda CNN Money, è chiamata a cercare nuove fonti di guadagno, ma la strada della diversificazione si starebbe rivelando particolarmente complessa. “Non penso che possa esserci un futuro per i resort che non offrono il gioco d’azzardo”, ha dichiarato Lawrence Ho, uno dei principali imprenditori locali del settore alla stessa emittente Usa.

A Macao, dove il gioco d’azzardo è arrivato a garantire ingressi pari all’80% del Pil locale, la recessione viaggia ormai a ritmi impressionanti. A fine maggio, riferiva Bloomberg, la città aveva registrato una contrazione economica su base trimestrale del 25%, la peggior performance del Pianeta. L’intervento del governo cinese si è concretizzato in una serie di restrizioni che hanno reso più complicato l’accesso dei piccoli scommettitori, che coprono circa il 25% del mercato locale, e hanno ostacolato l’attività dei cosiddetti “junkets”, gli agenti creditizi informali che operano nel settore delle grandi commesse e che, notava in passato il Wall Street Journal, erano stati responsabili nel solo 2013 di ricavi complessivi per 30 miliardi, quasi due terzi del fatturato dei casinò.

UN LEGUME ANTICO: LA ROVEJA

Scritto da: Rossella
Fonte: http://www.terraemadre.com/2015/10/30/un-legume-antico-la-roveja/

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Pochi sanno cos’è la roveja. Eppure è un legume che cresceva in Italia. La roveja, anche detta rubiglio o corbello, affine al pisello e con sapore simile alla fava, è tradizionalmente coltivato nelle Marche. Molto probabilmente proveniva dal Medio Oriente: in Europa è conosciuta sin dalla preistoria, e insieme a lenticchia, orzo e farro, rappresentava la base dell’alimentazione umana nel neolitico. Sia i Greci che i Romani lo consideravano un legume prelibato.

La roveja fu coltivata per secoli sui terreni di alta quota dei Monti Sibillini dove faceva parte dell’alimentazione di base dei contadini. Quasi scomparsa dalle tavole, è stata recuperata grazie a un Presidio Slow Food. Simile a un piccolo pisello, di colore marrone scuro, rossiccio o verde scuro, la roveja è gustosa e nutriente ed è ottima nelle zuppe, su crostoni o per preparare la farrecchiata, sorta di polenta che si usa condire con le alici.

Questo tipo di pisello, oltre ad essere coltivato, cresceva e cresce tuttora, in modo spontaneo, nei prati e lungo le scarpate. Si seminava in primavera, si falciava a fine estate e, dopo qualche giorno di essiccazione, si trebbiava con una trebbia fissa, come per la lenticchia.
Sono notevoli le proprietà nutrizionali della roveja, con alto contenuto di proteine, pochi grassi e preziosi minerali come fosforo e potassio. La roveja contine anche vitamina B1.

La coltivazione della roveja è andata scomparendo perchè, come per la produzione di lenticchie a quote elevate e in aree impervie, anche nel caso della roveja la raccolta è molto faticosa e difficoltosa. I mezzi moderni sono perfetti per gli steli più bassi delle varietà di frumento selezionate negli ultimi decenni e non riescono a lavorare gli steli lunghi delle antiche varietà. Infatti la roveja è falciata a mano. Occorre lavorare chinati e ovviamente ci vuole molto tempo.

Foresta del Cansiglio: gli alpinisti si schierano

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/2-diritti-ambientali/4097-foresta-del-cansiglio-gli-alpinisti-si-schierano.html

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Il Club Alpino si schiera in difesa dell’antica foresta del Cansiglio, con un intervento del suo presidente regionale del Friuli Venezia Giulia, Antonio Zamboni. L’antica foresta era curata con attenzione dalla Repubblica di Venezia, che si riforniva qui di legname per le navi della principale flotta europea. Ma invece di abbattere l’intera foresta, la Serenissima stabilì un rigoroso sistema di gestione forestale: di ogni albero veniva annotata l’età e la previsione di taglio, erano previste pene severe per i trasgressori. La gestione della foresta era affidata a un Capitano Forestale, che per legge, pur non essendo di origini nobili era assimilato all’aristocrazia veneziana.

Ora però la Serenissima non c’è più, e la Regione Veneto promuove faraonici progetti di impianti sciistici, strade e altre strutture. “Il Club Alpino Italiano e del FVG guardano con preoccupazione le notizie che si leggono sulla stampa: esili strade forestali da far diventare strade turistiche in quota, costruzione di laghi artificiali che modificano il paesaggio e strutture abbandonate al degrado perché costa rimuoverle; nuovi ampliamenti o nuovi poli sciistici anche in FVG, legati a un ipotetico sviluppo turistico invernale per cui si prevedono continui investimenti pubblici” spiega Antonio Zamboni “Una politica vecchia, difficile da modificare; un chiodo fisso trasversale alle forze politiche, mentre alla montagna serve altro”.

“Se si vuol inserire all’art.1 della Costituzione il valore della bellezza per difendere il paese dal degrado e dalla speculazione per ridare un valore anche al territorio, si cominci ad agire da subito in questa direzione: tutela, educazione, rispetto, piacere di osservare e imparare” aggiunge Zamboni. “Qui c’è in un’area di grande pregio naturalistico, ambientale e la politica sembra non accorgersene. Nostro compito è far riconoscere questo patrimonio collettivo, continuare a difenderlo per preservarlo, tutelarlo, non stravolgerlo, per il bene delle prossime generazioni; migliorare la gestione del turismo nelle aree protette, tenendo conto dell’ambiente in cui si opera”.

L’unica alternativa a una politica di recupero della montagna è il consumo accelerato di risorse naturali, che minaccia la salute di una delle più antiche e storiche foreste d’Italia. Per questo domenica 15 novembre alpinisti e ambientalisti si sono dati appuntamento a Pian Cansiglio per proteggere l’antica foresta e le altre aree del demanio regionale. Gli ambientalisti propongono la creazione di una rete di aree protette da affiancare ai Parchi Regionali, utilizzando il personale regionale già esistente (senza nuovi carrozzoni nè costosi apparati) peri creare una pluralità di occasioni dove sperimentare la convivenza di economia e tutela.