Giotto Immenso artista e acuto imprenditore

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2800&biografia=Giotto

 

 

 

 

 

 

Giotto da Bondone, meglio noto semplicemente come Giotto, nasce probabilmente nell’anno 1267, a Colle di Vespignano, presso Vicchio, nel Mugello. Pittore, architetto, scultore, è una delle massime figure dell’arte non solo italiana, ma dell’intero Occidente. E’ ricordato per aver dato un senso del tutto nuovo ai concetti di colore, spazio e volume, “riprendendo” e immortalando i suoi soggetti direttamente dalla realtà, “dal naturale”, come si diceva un tempo. La sua arte segna il passaggio dal Medioevo all’Umanesimo, di cui può ben dirsi il traghettatore, almeno per tutto quanto attiene l’arte figurativa.

Uomo d’affari ed imprenditore, il suo nome è legato alla città di Firenze, di cui diviene, nel 1334, “Magistrum et gubernatorem”, per quanto riguarda il lavori del duomo e delle parti più importanti della città.

Di famiglia contadina, il suo nome deriverebbe con ogni probabilità da Angiolotto, o al limite da Ambrogiotto, due nomi all’epoca molto usati. Suo padre è Bondone di Angiolino, lavoratore della terra, secondo le cronache dell’epoca. Prendendo per buona la testimonianza di un grande storico dell’arte come Giorgio Vasari, l’allora maestro Cimabue l’avrebbe scovato, ragazzino, nel tentativo di disegnare delle pecore, durante una delle sue giornate di lavoro al campo. In verità, appare ormai certa l’iscrizione del futuro artista nella potente “Arte della lana di Firenze”, dopo l’inurbamento della sua famiglia, di cui si attesta la venuta nella parrocchia di Santa Maria Novella.

Ad ogni modo, intorno ai dieci anni, il piccolo Giotto comincia già a frequentare la bottega di Cimabue, dove di lì a poco suo padre finirà per collocarlo in pianta stabile.

Tra il 1285 e il 1288, è molto probabile che l’artista, durante i suoi studi, abbia soggiornato per la prima volta a Roma, forse al seguito del suo maestro Cimabue o, come scrivono alcune cronache, insieme con Arnolfo da Cambio, altra figura importante a quel tempo.

L’influenza di Cimabue è evidente in quelle che sono considerate le prime opere dell’allievo: la “Croce dipinta” di Santa Maria Novella, compiuta tra il 1290 e il 1295, con il volto del Cristo dai lineamenti tardo bizantini, e nella “Madonna col bambino”, conservata nella pieve di Borgo San Lorenzo, databile anch’essa intorno al 1290.

In questo stesso periodo, Giotto sposa tale Ciuta, da Ricevuta, di Lapo del Pela di Firenze. La data di nozze con tutta probabilità dovrebbe essere il 1290, ma non ci sono certezze in merito. Con la donna il pittore avrà otto figli, anche se alcune cronache gliene attribuiscono cinque (quattro femmine e un maschio).

Verso il 1300, dopo alcuni probabili pernottamenti anche ad Assisi, Giotto fa ritorno a Firenze. Realizza nell’arco di un biennio le opere “Il polittico di Badia” e la tavola firmata con le “Stigmate di San Francesco“. Frequenti sono i suoi ritorni nella capitale, dove attende ai lavori del ciclo papale nella Basilica di San Giovanni in Laterano, oltre ad occuparsi di altre decorazioni, preparando la città ad accogliere il Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII. È, forse, uno dei periodi di massimo splendore e slancio artistico per il pittore toscano.

Dal 1303 al 1305 è a Padova, chiamato a realizzare l’affresco della cappella di Enrico Scrovegni. La “chiamata” ricevuta al Nord, testimonia la grande considerazione che gode a quel tempo l’artista, considerato ormai nettamente superiore al suo maestro Cimabue. Come dirà lo stesso Dante Alighieri nella “Divina Commedia”: “Ora Giotto ha il grido”.

Intorno al 1311, ritornato a Firenze, dipinge una delle opere più importanti della sua carriera di artista: la “Maestà” degli Uffizi. Collocata originariamente nella chiesa fiorentina di Ognissanti, l’opera esprime tutta la grande modernità dell’artista, in procinto di stabilire un nuovissimo rapporto con lo spazio, come testimonia la prospettiva del trono.

Tra il 1313 e il 1315 cerca di assicurarsi alcuni affari importanti, come certi appezzamenti di terreno da un tale ser Grimaldo, di cui si lamenta in alcune lettere, o nominando un procuratore per riavere delle masserizie lasciate nella capitale anni prima, non ancora ritornate all’ovile. Dipinge intanto, probabilmente entro il 1322, la Cappella Peruzzi, sita in Santa Croce a Firenze. È ormai un uomo ricco, non vi sono dubbi su questo, che cura con astuzia le proprie finanze e che, nei momenti di assenza dalla sua città, affida al figlio Francesco il compito di gestire i suoi affari, dai poderi alle committenze di lavoro.

Tra il 1322 e il 1328 inoltre realizza il Polittico Stefaneschi alla Pinacoteca Vaticana, Il Polittico Baroncelli e l’affresco a secco delle “Storie Francescane” della Cappella Bardi, sita in Santa Croce, sempre a Firenze. Il lavoro per Baroncelli rappresenta una vera e propria testimonianza di vita trecentesca ed è notevole: una delle sue migliori realizzazioni. Quello per la famiglia Bardi, banchieri importanti della città, consta di sette riquadri, incentrati su alcune scene tratte dalla vita di San Francesco.

Nello stesso 1328 Giotto si trasferisce nella città di Napoli. Durante questo periodo compie diversi studi e lavori, percependo da Roberto d’Angiò una somma di denaro importante, oltre al beneficio dell’esenzione fiscale. Tuttavia, del periodo napoletano non rimane nulla. Intorno al 1333 Giotto soggiorna anche a Bologna, di ritorno dal Meridione. Nel 1334, a Firenze, ove rientra, le autorità cittadine lo nominano capomastro nell’Opera di Santa Maria del Fiore, oltre che Soprintendente assoluto alle opere del Comune. In pratica, gli viene affidato il Duomo fiorentino, oltre che la costruzione delle mura della città, con uno stipendio di circa cento fiorini all’anno.

Il 18 luglio del 1334, dà inizio al campanile da lui disegnato, che prenderà il suo stesso nome, per quanto la realizzazione finale non risponderà fedelmente ai suoi voleri iniziali. Il giorno 8 gennaio del 1337 Giotto muore a Firenze: viene sepolto con grandi onori in Santa Reparata (Santa Maria del Fiore), a spese comunali.

ENNESIMO ATTENTATO A NIGEL FARAGE. SABOTATA LA SUA AUTO.

Scritto da: Francesca Bertarelli
Fonte: http://sapereeundovere.com/ennesimo-attentato-a-nigel-farage-sabotata-la-sua-auto/

Il leader dello UKIP, Nigel Farage, racconta al Daily Mail come nell’ottobre scorso sia stato vittima di un terribile incidente stradale, causato da unamanomissione ai bulloni di tutte e quattro le ruote della sua Volvo V 70. Incidente volutamente taciuto da Farage fino allo scorso weekend quando, contattato da un giornalista, ha deciso di raccontare l’accaduto: “Stavo rientrando nel Kent da Bruxelles e mi trovavo nei pressi di Dunkirk, sull’autostrada francese…”.

“È successo in un brutto punto perché c’erano lavori sulla carreggiata opposta“, prosegue il leader dello UKIP, “quindi le auto procedevano in entrambi i sensi di marcia sulla mia stessa corsia quando, ad un tratto, mi sono reso conto che la mia auto stava perdendo aderenza e non avevo vie d’uscita. Ho rallentato, messo le quattro frecce e a quel punto una gomma si è staccata. Ho fermato il veicolo, sono sceso immediatamente e, il più velocemente possibile, ho scavalcato il guard-rail per mettermi in salvo da un camion che stava sopraggiungendo”.

Quando i servizi di emergenza sono giunti sul posto hanno poi riferito a un Nigel Farage ancora sotto shock che, con ogni probabilità, era stato vittima di un sabotaggio. Nel corso degli accertamenti, la polizia francese gli riferiva infatti che “può accadere che i bulloni di una ruota possano essere leggermente allentati, ma non tutti e quattro e non in tutte e quattro le ruote”. Sugli eventuali mandanti, Farage ha dichiarato: “Non so chi possa essere stato ma, visti gli avvenimenti nella mia vita in questi ultimi due anni e mezzo, posso dire che non sono sorpreso“.

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Bloomberg: il Kazakistan chiama Wall Street

Fonte: http://www.valori.it/finanza-etica/bloomberg-il-kazakistan-chiama-wall-street-11259.html

Il palazzo presidenziale ad Astana, Kazakistan. Foto: Ken and Nyetta, Wikimedia Commons

Il palazzo presidenziale ad Astana, Kazakistan. Foto: Ken and Nyetta, Wikimedia Commons

93 miliardi di dollari. È il tesoro messo sul tavolo dal presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev per l’avvio di una serie di operazioni finanziarie destinate a garantire alle casse dello Stato quei rendimenti che, ad oggi, sono sostanzialmente mancati. Un’opportunità di grande rilievo per i grandi operatori di Wall Street a partire dai colossi del private equity che, di recente, sono stati ospiti di una conferenza sul tema a New York che ha visto in qualità di speaker lo stesso capo di Stato kazako e l’ex numero uno della Federal Reserve Ben Bernanke. Lo riferisce Bloomberg.

Le fortune del Kazakistan, largamente dipendenti dalle esportazioni dell’industria energetica locale, sono amministrate dal fondo sovrano del Paese, un veicolo finanziario da 64 miliardi di dollari. Negli ultimi cinque anni, nota però Bloomberg, le performances del fondo si sono rivelate deludenti di fronte all’incapacità di quest’ultimo di garantire rendimenti superiori a un misero 2% annuo. I risultati modesti avrebbero convinto Nazarbayev a guardare ai cosiddetti investimenti alternativi e, in particolare, ai noti pesi massimi del comparto come KKR, Blackstone e Carlyle (tutti presenti all’incontro di New York, ovviamente).

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Brasile: banda di taglialegna sgominata in territorio indigeno

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/popoli-indigeni/4101-brasile-banda-di-taglialegna-sgominata-in-territorio-indigeno.

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Una banda di taglialegna illegali è stato sgominata dalle autorità brasiliane nei pressi del territorio di una tribù amazzonica ancora non contattata. I taglialegna sono stati arrestati da una task force del governo brasiliano, che ha sequestrato quaranta camion carichi di legname abbattuto illegalmente. I taglialegna sono stati fermati nella riserva di Guariba, una zona cuscinetto istituita per proteggere il territorio della tribù Kawahiva, un gruppo etnico altamente minacciato. Il Kawahiva non  hanno avuto ancora alcun contatto con il mondo esterno, ma le attività di taglialegna nel loro territorio rischia di trasmettere malattie a loro sconosciute che potrebbero ucciderli tutti, come in passato è già accaduto con numerosi popoli indigeni della regione.

“Il luogo in cui  gli Indiani non contattati vivono, pescano, cacciano e coltivano deve essere protetto. Il mondo intero deve sapere che quella è la loro foresta e che le autorità devono rispettare il loro diritto a viverci”, ha commentato il leader yanomami Davi Kopenawa.

Secondo  Survival, i Kawahiva rischiano genocidio. Questo popolo ha espresso il proprio desiderio di rimanere isolato. Il contatto con il mondo esterno potrebbe rivelarsi fatale per loro, come lo è stato per innumerevoli popoli indigeni in passato. Ma la loro situazione è tutt’altro che disperata: se viene rispettato il loro diritto a restare indisturbati nei propri territori,saranno in grado non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare.

Dal 2013, un decreto volto a proteggere le terre dei Kawahiva come Territorio Indigeno giace sulla scrivania del ministero brasiliano della Giustizia. Survival International ha chiesto alle autorità agire prontamente  per salvare il Kawahiva dall’estinzione.