Soia: controindicazioni e rischi per la salute

Scritto da: Dott. Walter Bottai
Fonte:  http://www.naturopataonline.org/alimentazione/cosa-mangiamo/15184-soia-controindicazioni-e-rischi-per-la-salute.html

soia controindicazioni

Tutto quello che avreste dovuto sapere sulla Soia ma nessuno vi ha mai detto (forse).

Quale soia? La soia gialla, semi rotondi nome scientifico Glicine Max viene spesso confusa con la soia verde o soia rossa; in realtà la cosiddetta soia verde non è soia ma un fagiolo, nome scientifico vigna radiata da cui si ricavano da secoli ( in oriente ) i famosi “germogli di soia” che soia non sono.

Vigna radiata

La soia verde non esiste ma esistono i fagioli mungo (vigna radiata) ai quali si attribuisce erroneamente il nome di soia. La vigna radiata è originaria dell’India e ne esistono, del genere vigna, diverse decine di specie. Il nome scientifico di vigna è stato dato a tale specie in onore del suo scopritore, un botanico italiano di nome Domenico Vigna (morto nel 1647) . In origine Linneo l’aveva classificato come Faseolus radiatus.

I germogli

La vigna radiata o mungo fin dall’antichità si diffuse in tutti le parti subtropicali dell’Asia fino all’Europa. In oriente venne utilizzata molto nell’alimentazione umana sottoforma di germogli. In Cina da millenni si riconoscono notevoli proprietà nutrizionali ai germogli, e la vigna radiata fu utilizzata in cina prevalentemente come germogli. La flotta cinese nel 1400 circa utilizzava fare scorte di vigna per la produzione in mare aperto di germogli che venivano consumati regolarmente onde mantenere la buona salute dell’equipaggio, cosa non nota in occidente, i cui marinai dovettero fare i conti con lo scorbuto, per carenza di vitamina C, nelle lunghe traversate. Quindi la tradizione e il consumo di mungo da parte del genere umano è di vecchia data. In Europa e in Italia i fagioli del genere Vigna sono stati da utilizzati per l’alimentazione umana da lungo tempo, anche i fagioli cosiddetti dall’occhio appartengono al genere Vigna.

E la soia ?  Non ha molto a che vedere col genere Vigna infatti appartiene al genere Glicine.

Benché l’uso della soia sia antichissimo non fu mai usata per l’alimentazione umana, salvo forse in tempi di carestia. Essa veniva usata per fissare azoto nei terreni onde poter coltivare i cereali. Gli ideogrammi cinesi risalenti a più di 1000 anni A.C testimoniano l’uso dei cereali sacri indicati con l’immagine dello stelo e del seme mentre per la soia l’ideogramma ritraeva la sola radice indicativa del fatto che la parte più importante era la radice che arricchiva il terreno di azoto e lo preparava per la coltivazione dei cereali sacri, che erano orzo frumento miglio e riso. La soia non fu mai usata come alimento per il genere umano.

La soia e gli inibitori in essa contenuti

Nella soia sono contenuti degli inibitori della tripsina e di altri enzimi deputati alla digestione delle proteine, tali sostanze non si riescono a distruggere, se non parzialmente con la cottura, inoltre nella soia sono presenti delle emoaglutinine pericolose soprattutto per chi ha necessità di mantenere il sangue fluido ed evitare coaguli. Quindi per tali persone il latte di soia è sconsigliato. Inoltre tali inibitori uniti all’emoagglutinina sono inbitori della crescita. La soia contiene anche elevate quantità di acido fitico che a livello digestivo complessa minerali come calcio, magnesio, ferro, rame, zinco riducendone notevolmente la biodisponibilità. Intanto per quantificare, la soia secca seme e quidi la matertia prima per fare il latte di soia contiene l’1,8% di acido fitico, le proteine di soia l’1,20% mentre le lenticchie secche ne contengono lo 0,42% i fagioli dall’occhio (vigna radiata 0,44%, riso integrale 0,52% crusca di frumento 3,14% farina di frumento 00 0,29%. Quindi le parti più esterne dei semi di cereali e di legumi sono molto ricche di acido fitico e quindi ricche di antinutrienti. La soia comunque tra tutti i legumi e cereali ha il contenuto più alto di acido fitico 4-6 volte di più di cereali e altri legumi.

La fermentazione della soia e la sua edibilità 

fu in Cina che fu messa a punto la tecnica dalla coagulazione del puré di soia tramite il solfato di magnesio e questo processo rese più edibile l’alimento, si diffusero allora alimenti come il tofu, inoltre anche il processo di fermentazione riduce ma non elimina la presenza degli antinutrienti.

E i vegetariani?

Devono maneggiare con attenzione la soia e derivati ma anche gli altri legumi che se usati al posto della carne possono provocare carenze di ferro, calcio, magnesio, ma soprattutto zinco la cui insufficienza può interferire negativamente con la sintesi delle proteine e del collagene, quindi la salute delle articolazioni per esempio, inoltre lo zinco è indispensabile per lo sviloppo dell’apparato nervoso è implicato nel controllo della glicemia ecc. È stato constatato che una dieta ricca di soia e legumi nei bambini può causare problemi nella crescita e rachitismo o addirittura un arresto della crescita inoltre vi può essere inibizione dell’attività tiroidea; l’alto contenuto di fitoestrogeni, come del resto gli estrogeni naturali, inibiscono la tiroide

se poi consideriamo che l’acido fitico sequestra lo zinco che è indispensabile per la trasformazione del T4 (ormone tiroideo ) in T3 ( forma attiva dell’ormone tiroideo ) abbiamo in una sinergia di danni.

Latte di soia

Da ciò si può ben comprendere come una colazione a base di latte di soia e magari fiocchi di mais ( il mais è un inibitore dell’attività tiroidea) ripetuta quotidianamente possa fare insorgere problemi seri nel lungo periodo. La pericolosità del latte di soia come sostituto del latte materno è stata messa in evidenza addirittura dal dipartimento britannico della salute che, pubblicato nel 1966, dichiarava la pericolosità dei fitoestrogeni in essa contenuti per la salute del bambino.

La scienza ufficiale che dice?

Come facilmente arguibile, e prevedibile se ne sta’ nell’ombra, ci sono molti, troppi interessi, le industrie investono capitali enormi sulla soia, e il suo consumo viene spinto e sostenuto in barba alla sua valenza antinutrizionale. Nella stessa FDA americana ci sono stati contrasti per la pubblicazione dei benefici nel consumo di soia per i suoi poteri anticolesterolo e quindi (potenzialmente) nel ridurre i rischi d’insorgenza di problemi cardiaci e la non pubblicazione degli effetti negativi.

Soia e alimentazione animale

La soia fu usata anticamente per l’alimentazione animale; c’è da chiedersi come mai?

Forse gli antichi notarono che gli animali dopo lo svezzamento col latte materno ingrassavano di più se alimentati anche con soia? Dopo tutto l’inibizione dell’attività tiroidea porta in genere ad un accumulo di grassi e a una riduzione del metabolismo. Forse, certo è che evitarono accuratamente di usarne preferendo i classici cereali. E per quanto riguarda la Cina e l’oriente in genere il cereale principe non fu il frumento (ricco di glutine) ma il riso in cui il glutine è assente. Saggezza Cinese.

Conclusioni

Non bisogna mai demonizzare nulla, ma è bene avere più elementi per poter prendere meglio le decisioni. Nel caso della soia un suo uso regolare, in sostituzione della carne, è da evitare, meglio le lenticchie, e i fagioli (passati per lasciare indietro le bucce). I rischi ci sono e sono grandi.

Comunque è meglio evitarla completamente nell’infanzia e nell’età dello sviluppo.

Certo il latte di soia è comodo come sostituto del latte vaccino, ma esiste anche il latte di riso, di avena, di farro, di kamut, che sono senz’altro più sicuri.

Salute nel mondo: la classifica dei Paesi più sani

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/salute-mondo-classifica.php

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Un gruppo internazionale di scienziati ha progettato la “città ideale”

L’Italia si colloca al 20esimo posto in una lista di 188 Paesi più ‘in salute’ del mondo: in cima alla classifica Islanda, seguita da Singapore e Svezia, mentre gli ultimi posti troviamo la Repubblica centrafricana, la Somalia e il Sud Sudan. Le nuove stime, pubblicate sulla rivista ‘The Lancet’, si basano sull’analisi degli obiettivi di sviluppo sostenibile per la salute delle Nazioni Unite e sono state elaborate da esperti indipendenti della University of Washington di Seattle (Usa).

L’obiettivo è quello di migliorare una serie di aspetti, fra cui quelli alcuni legati alla salute della popolazioni come tasso di obesità o di infezioni, mortalità infantile sotto i 5 anni o incidenza dei suicidi. Secondo le osservazioni dei ricercatori, i Paesi ai primi posti della classifica hanno già, in parte o del tutto, raggiunto molti degli obiettivi. L’Italia si piazza abbastanza bene nella valutazione di quanto avanzati siano i Paesi verso il raggiungimento dei ‘bersagli’ indicati dalle Nazioni Unite, prima di Francia, Giappone, Stati Uniti, ma dopo Germania, Spagna e Regno Unito.

In generale più di tre quinti dei Paesi hanno già raggiunto gli obiettivi relativi alla riduzione della mortalità materna e infantile.

Solo piccoli miglioramenti sono stati raggiunti nell’incidenza dell’epatite B, mentre gli indicatori di obesità infantile e consumo di alcol sono in media peggiorati. Meno di un quinto delle nazioni considerate ha raggiunto l’accesso universale all’acqua potabile e ai servizi igienici. Nessuno ha eliminato del tutto malattie infettive come la tubercolosi e l’Hiv. Considerati questi risultati raggiunti nel corso degli ultimi 25 anni, avverte lo studio, l’obiettivo di cancellare queste patologie nei prossimi 15 anni è altamente irrealistico.

Riduzione della diffusione delle malattie cardiovascolari, del diabete, dell’obesità, delle malattie legate a inquinamento atmosferico: importanti passi avanti per la salute potrebbero essere ottenuti se le grandi città venissero modificate in modo da favorire il trasporto pubblico e l’uso di bici per gli spostamenti, rendere semplici gli spostamenti a piedi e comunque disincentivare l’uso di mezzi privati.

Un gruppo internazionale di scienziati ha progettato la “città ideale”, descritta sulla rivista Lancet.

Gli esperti hanno applicato il loro modello teorico di città ideale a grosse metropoli mondiali (Melbourne, Boston, Londra) e quantificato il guadagno in termini di buona salute per i rispettivi abitanti. Hanno così stimato che a Melbourne, si potrebbe arrivare a una riduzione del 19% del peso delle malattie cardiovascolari, del 14% del diabete. A Londra, invece, si giungerebbe a riduzioni del 13% e del 7% rispettivamente. A Boston, del 15% e dell’11%.

La “città ideale” è un centro urbano compatto, che abbia cioè case, uffici, negozi e servizi tutti vicini tra loro e “walking distance”, ovvero a una distanza tale gli uni dagli altri da poter tranquillamente muoversi a piedi per ogni necessità. È una città con piste ciclabili e infrastrutture ad hoc per proteggere ciclisti e pedoni da incidenti stradali. Una città dove uscendo da casa si trova subito nell’arco di pochi metri una fermata di bus o metro per essere facilmente collegati dal trasporto pubblico a luoghi lontani e quindi non necessitare di muoversi con la propria auto.

Lupo mannaro o assassino seriale?

Fonte: http://storia-controstoria.org/europa-segreta/bestia-di-gevaudan/

Francia meridionale. Mappa del territorio in cui ebbero luogo le aggressioni della „bestia di Gévaudan“.
Carta di: Sanguinez CC BY SA 3.0

Francia meridionale. Mappa del territorio in cui ebbero luogo le aggressioni della "bestia di Gévaudan". Carta di: Sanguinez CC BY SA 3.0

 

Gévaudan, Francia meridionale. Estate 1764. La prima vittima, una

ragazzina. Una bestia assetata di sangue ha aggredito la bambina facendola a pezzi. Sarà la prima di una lunga sequela di morti violente, più di un centinaio. Per tre anni questo mostro terrorizzò gli abitanti di Gévaudan. Nessuno riusciva a stanarlo. I fatti erano talmente gravi e imperscrutabili, che addirittura re Luigi XV inviò le sue truppe a caccia dell’assassino. Senza nemmeno sapere chi o cosa cercare: una bestia feroce? Un killer seriale? Oppure il Diavolo in persona che, per punire gli abitanti di Gévaudan dei loro peccati, sterminava senza pietà i loro figli e le loro donne? Il caso della bestia di Gévaudan non fu mai pienamente risolto.

Dolmen e sangue

Al mistero truce delle morti, si aggiunge l’atmosfera magica dell’area di Gévaudan (oggi Dipartimento di Lozère) che sin dai tempi più antichi era luogo di sepoltura. Lo testimonia la forte presenza di dolmen e menhir, resti del Neolitico. Nell’epoca in cui si verificò il caso della bestia, il Gévaudan faceva parte della diocesi di Mende e la Francia era governata da re Luigi XV. Tutto iniziò con il racconto di una contadina di Langagne che affermava di aver visto una bestia spaventosa, una specie di lupo gigantesco che aveva tentato di saltarle addosso, facendo fuggire i cani. Furono i buoi a salvare la donna, mettendosi fra lei e la bestia, minacciando il mostro con le loro corna affilate.

 

Nessuno volle crederle, ma pochi giorni dopo, il 30 giugno, accadde il primo fatto di sangue. Si trovò morta in mezzo a un campo la ragazzina quattordicenne Jeanne Boudet, della parrocchia di Saint-Etienne-de-Lugdarès, sgozzata e orribilmente sfigurata, in parte divorata. Da quel momento i morti si susseguirono. Di tanto in tanto si spostava il raggio d’azione del mostro, ma restava pur sempre circoscritto dalle campagne del Gévaudan, in un’area di circa 90 km. A Masméjean, nelle vicinanze del bosco di Mercoire, la bestia uccise una ragazza quindicenne e poi un ragazzo della stessa età. Poco più tardi una donna e ancora due ragazzini.

Nell’arco di tre anni la bestia avrebbe colpito 240 persone, quasi tutte donne e bambini. Più di un centinaio di vittime trovò la morte, 53 di esse sopravvissero all’attacco riportando notevoli ferite. La tecnica omicida era sempre la stessa: le vittime venivano sgozzate e poi dilaniate. Come in un film dell’orrore, si narrava di corpi mutilati, teste mozzate, volti irriconoscibili, organi strappati dal ventre. Dappertutto erano le ferite profonde di terribili zanne.

Che animale poteva compiere simili efferatezze su esseri umani? La contadina aveva parlato di un lupo enorme, grande quanto un asino. Nessuno aveva mai visto un animale simile in vita sua. Si trattava forse del Diavolo? Così dovette pensare il vescovo della diocesi di Mende, monsignor Gabriel-Florent de Choiseul Beaupré, che scrisse in una pastorale:
“La Giustizia divina, dice Sant’Agostino, non può ammettere l’infelicità degli innocenti. La punizione da lui mandata presume sempre la presenza del peccato di chi l’ha attirata su di sé.”

La presenza del peccato? E che mai potevano aver fatto, di così terribile, dei bambini inermi per meritare quella punizione feroce? Forse le colpe dei genitori ricadevano sui figli innocenti? Domande che di certo si pose anche re Luigi XV, il quale, messo al corrente dei fatti cruenti di Gévaudan, si decise a inviare nel Midi un’unità di 57 dragoni agli ordini del capitano Duhamel. Inutilmente. Nemmeno questi uomini armati e abituati alla lotta riuscirono a scovare il mostro. Ci provarono allora due cacciatori esperti giunti dalla Normandia, noti per aver ucciso ben 1200 lupi. Niente. Anch’essi se ne tornarono a casa a mani vuote.Ci provò il cacciatore del re, monsieur Francois Antoine, scortato da una schiera di aiutanti e un nutrito branco di cani, alcuni dei quali specializzati nella caccia al lupo. Niente, nemmeno questa volta. Anzi, Antoine accusò i fratelli Chastel, due giovani uomini presenti all’operazione, di averlo condotto intenzionalmente in una zona paludosa mettendo in pericolo la sua vita. Il cacciatore del re ci avrebbe quasi lasciato le penne, mentre i Chastel se ne stavano a guardare. Alla fine di agosto, i due fratelli furono tenuti in stato di arresto per dodici giorni. E in questi dodici giorni la bestia di Gévaudan non aggredì nessuno. Una coincidenza?

Forse, ma questo fatto diede adito a speculazioni e sospetti presso la gente del luogo. Si arrivò a insinuare che i Chastel avessero allevato il mostro nascostamente e lo lasciassero libero di tanto in tanto per sfogare le loro smanie assassine. In ogni caso, poco dopo la liberazione dei due fratelli, la bestia colpì ancora. Non servirono le spedizioni di contadini armati di forconi e coltelli, non servirono le carogne appositamente avvelenate e preparate ad hoc nei boschi per attirare il mostro, e non servirono neanche i soldati travestiti da donna, pronti ad accogliere il lupo o falso lupo che fosse. Il mostro continuava a mietere vittime indisturbato.

La pallottola d’argento

Nel febbraio 1765, un esercito di 20.000 persone rastrellò meticolosamente campi e boschi alla ricerca della bestia di Gévaudan. Senza successo. In settembre, re Luigi XV e il vescovo di Mende giocarono l’ultima carta: misero una taglia sul mostro di Gévaudan, una somma enorme per l’epoca: 9000 libbre. E finalmente qualcosa accadde. Francois Antoine, il cacciatore di corte, sparò il colpo fatale. Uccise un grosso lupo e presentò trionfante la carcassa alle genti di Gévaudan. Dopodiché si recò a Parigi, dal re, a incassare la taglia.

La maledizione sembrò aver fine. Il mostro era morto. Il mese di settembre passò. In ottobre e in novembre non accadde nulla. Ma proprio quando le genti di Gévaudan si credevano sicure e tirarono un rosso sospiro di sollievo, la bestia tornò all’attacco. Dapprima aggredì un ragazzino quattordicenne che riuscì a salvarsi. Poi ferì gravemente un bambino di sette anni e infine uccise tre ragazzine, poco prima della festa di Natale. Un altro Natale di sangue per le genti di Gévaudan.

Testimoni oculari scampati alla morte affermarono che la bestia non dimostrava nessun interesse per gli animali, non degnava di uno sguardo le pecore al pascolo, ma puntava direttamente sugli esseri umani. E soprattutto su donne e bambini. Un comportamento davvero obsoleto per un lupo. Ma era poi davvero un lupo? Oppure un uomo travestito da lupo? Un assassino seriale affetto da cannibalismo? Un lupo mannaro?

A quel punto si fece avanti Jean Chastel, padre dei due fratelli sospetti di cui sopra. Questi era un oste dalla nomina di cacciatore impavido. Per qualche motivo sconosciuto lo chiamavano “la maschera”. Chastel proclamò che c’era un solo modo di uccidere un lupo mannaro: una pallottola d’argento fabbricata espressamente a tale scopo. Dunque preparò la munizione con le proprie mani e la fece poi benedire da un sacerdote. Così, armato di una pallottola d’argento e forse anche con l’intenzione di riscattare il nome dei figli, andò a caccia del mostro. E in effetti lo trovò e lo uccise. Era il 19 giugno 1767. Una bestia enorme, si disse, e non era un lupo. Allora di che si trattava?

Il rapporto Marin e la lettera di Puy-de Dôme

Nel 1958 venne alla luce un bizzarro documento depositato all’Archivio Nazionale di Parigi. Il “Rapport Marin”. Questo fascicolo, inserito in una raccolta di documenti che riguardavano l’eliminazione di animali pericolosi, porta il numero F 10-476. E fu redatto dal notaio Roch Etienne Marin nel castello di Besques il 20 giugno 1767, dunque il giorno dopo l’uccisione della bestia di Gévaudan. Ecco la parte più saliente:

“Il signor Marchese ha fatto portare questo animale nel suo castello di Besques, parrocchia di Charraix. Così abbiamo deciso di recarci lì per esaminarlo e, una volta arrivati, il signor Marchese d’Apchier ci ha fatto mostrare l’animale che ci parve essere un lupo. Ma straordinario e molto differente per la sua figura e le sue proporzioni dai lupi che si vedono nel nostro paese. Più di trecento persone giunte dai dintorni per vederlo, ci hanno confermato quanto segue: molti cacciatori e molta gente a noi nota ci hanno fatto notare che questo animale assomiglia a un lupo soltanto nella coda e nella parte posteriore, giacché la sua testa, come si vedrà sulla base delle proporzioni riportate più avanti, è mostruosa! I suoi occhi hanno una membrana singolare che va dalla parte inferiore dell’orbita sino a ricoprire il globo oculare. Il suo collo è ricoperto di un pelo molto spesso di un grigio rossastro attraversato da qualche striscia nera. Sul petto ha una grande macchia bianca a forma di cuore, le sue zampe presentano quattro dita armate di grossi artigli, molto più lunghi di quelli di un lupo normale. Ugualmente le zampe sono molto robuste, soprattutto le anteriori, dal colore di cerbiatto, (…) un colore mai visto addosso agli altri lupi.”
Poi vengono elencate, in modo molto dettagliato, le misure della bestia che, secondo il Rapporto Marin, presentava una “lunghezza dalla radice della coda alla parte superiore della testa di 99 cm, una larghezza di spalle di 30 cm e un diametro della coda di 9,5 cm.”Un’altra testimonianza giunge da un documento custodito nell’Archivio dipartimentale di Puy-de-Dôme. Si tratta di una lettera riguardante la bestia di Gévaudan scritta dall’Auvergne ad un nobile del luogo:

“Il signor di *** ha effettuato un esame. Afferma che a testa era mostruosa, di una forma quadrata, molto più grande e più lunga di quella di un lupo normale. Il muso è un po’ ottuso, le orecchie dritte e larghe alla base, gli occhi neri con delle membrane protruse e molto singolari. Erano come un prolungamento dei muscoli oculari inferiori. Queste membrane servivano a ricoprire a volontà le due orbite alzandosi e scivolando giù sotto le palpebre. L’apertura della gola è molto ampia, gli incisivi sembrano quelli di un cane, gli altri denti sono grandi e ineguali, il collo molto largo e corto con un pelo ruvido, estremamente lungo e folto con una striscia trasversale nera che scende sino alle spalle.”

Anche l’autore di questa lettera sottolinea il colore rossastro del pelo e la macchia bianca sul petto a forma di cuore.

Ma era davvero un lupo?

A giudicare dal comportamento estremamente aggressivo, alcuni esperti zoologi – primo fra tutti il canadese Ronald Lawrence – sospettano che la bestia di Gévaudan fosse un incrocio di lupo e cane. I pastori del Settecento si servivano di grossi cani da guardia che avevano il compito di proteggere le loro greggi dall’attacco dei lupi, ma non di rado i cani si accoppiavano con i lupi stessi. Ne derivavano degli ibridi dalla natura particolarmente aggressiva. Questo perché, portando in sé il patrimonio genetico del cane, tali ibridi non temono di avvicinarsi all’uomo e, al contempo, sono aggressivi e forti come lupi. Così Lawrence. Un’altra ipotesi, basata soprattutto sul colore del pelo, è che si trattasse di una iena. Ma la iena è un animale africano, non europeo. Inoltre la descrizione dettagliata della dentatura della bestia riportata nel Rapporto Marin, non corrisponde affatto alla dentatura di una iena.

Illustrazione d'epoca. Il cacciatore Francois Antoine presenta la bestia uccisa alla corte di re Luigi XV

Illustrazione d’epoca. Il cacciatore Francois Antoine presenta la bestia uccisa alla corte di re Luigi XV

Ultima ipotesi, più fantasiosa ma accattivante: e se la bestia fosse stata „controllata“ da qualcuno? Magari i fratelli Chastel erano davvero coinvolti in prima persona nella vicenda, come si mormorava in giro. Se i Chastel avessero allevato un animale particolarmente aggressivo – un ibrido di lupo e cane – che un giorno cominciò ad attaccare la gente e poi prese gusto alla carne umana? Chi ci dice che la pallottola d’argento di Chastel padre abbia compiuto davvero il miracolo di andare a colpire l’animale giusto e apparentemente introvabile senza che il cacciatore sapesse, sin dall’inizio, dove trovarlo? Per esempio… nascosto da qualche parte dai suoi figli? Sia come sia, Jean Chastel detto “la maschera” mise fine all’incubo e divenne un eroe.

E il mostro, almeno per l’opinione ufficiale del XVIII secolo, si rivelò essere un animale indefinito, ingordo di carne umana. A questo punto mi viene in mente la storia di un leone della Tanzania, del Parco Nazionale di Tsavo. Dal 2002 al 2004, il felino divorò almeno 35 persone. Un altro killer. L’esperto zoologo Rolf Baldus analizzò a suo tempo la carcassa del „mostro“ di Tsavo, nonché lo svolgersi dei fatti, e trovò la seguente spiegazione. Il leone soffriva di un forte mal di denti che gli rendeva la caccia particolarmente faticosa. Più comodo per lui era aggredire esseri umani, che non corrono veloci come gazzelle, e la cui carne è meno dura e più facile da masticare. Chissà, magari anche la bestia di Gévaudan aveva lo stesso problema. Il mal di denti.

Amerigo Vespucci

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=3062&biografia=Amerigo+Vespucci

Amerigo Vespucci

La scoperta nella scoperta

Amerigo Vespucci nasce il 18 marzo 1454 a Firenze, terzo figlio del notaio fiorentino Nastagio (o Anastasio) e della nobildonna di Montevarchi Lisa (o Elisabetta) Mini. Trasferitosi, nel 1489, a Siviglia, in Spagna, su incarico di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, banchiere (detto Lorenzo il Popolano), entra in contatto con Cristoforo Colombo: pochi anni più tardi si aggrega ad Alonso de Hojeda, che ha ricevuto l’incarico, per conto della Corona, di esplorare le coste del continente americano in direzione sud.

Il primo viaggio cui Vespucci prende parte avviene tra il 1497 e il 1498, in compagnia di Juan de la Cosa (celebre cartografo e pilota cantabrico), sotto il comando di Juan Diaz de Solis. La spedizione è voluta dal re Ferdinando II di Aragona, desideroso di scoprire la distanza tra l’isola di Hispaniola e la terraferma, in maniera tale da poter contare su una visione più precisa e ampia delle terre appena scoperte. Le navi attraccano nell’attuale Colombia, nella penisola della Guajira (le descrizioni che Vespucci fa dei nativi locali e delle loro amache richiama alla mente gli indigeni Guajiros), dopodiché la spedizione si dirige verso la laguna di Maracaibo, che ricorda – a Vespucci – Venezia: proprio per questo motivo, dà a quella terra il nome di Venezuela. Amerigo e gli altri uomini ritornano in Europa dopo aver costeggiato le coste del Centro America, e in particolare aver navigato tra la Florida e l’isola di Cuba (della quale, appunto, viene in quell’occasione dimostrata l’insularità).

Il secondo viaggio di Vespucci verso il continente americano avviene tra il 1499 e il 1500, nel corso della spedizione diretta da Alonso de Hojeda: anche questa volta, è presente Juan de la Cosa. Toccata terra nei luoghi che attualmente corrispondono alla Guyana, tuttavia, Vespucci si separa dal cantabrico, e prosegue in direzione sud, fino a giungere circa a 6 gradi Sud, alla foce del Rio delle Amazzoni. Parlerà del suo arrivo tra la bocca nord e la bocca sud (Parà) del fiume in una lettera inviata a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici: l’esploratore italiano, dunque, diventa il primo europeo a scoprire l’estuario del Rio delle Amazzoni (in particolare le disimboccature nei cui pressi oggi sorgono le città di Belem e di Amapà), pochi mesi prima che ci riesca anche Vicente Yanez Pinzon. Di tale viaggio, Amerigo lascia in eredità numerose descrizioni relative alla fauna incontrata (a stupirlo è soprattutto la bellezza dei pappagalli) e alle popolazioni locali. Non solo: durante questo viaggio, egli individua le stelle che in seguito verranno denominate “La Croce del Sud”, che appunto segnalano la direzione sud. La spedizione si conclude rientrando verso nord, passando nei pressi del fiume Orinoco e dell’isola di Trinidad prima del ritorno in Europa.

Poco dopo, Vespucci prende parte a un terzo viaggio, questa volta al servizio del Portogallo, in una spedizione guidata da Gonzalo Coelho, che si ferma nelle isole di Capo Verde per alcuni giorni, entrando in contatto con Pedro Alvares Cabral, che con le sue navi sta tornando dall’India. Nell’arcipelago africano, Amerigo ha modo di conoscere Gaspar da Gama, ebreo che gli descrive la vegetazione, la fauna e i popoli indiani: il suo racconto, comparato a ciò che egli aveva osservato nei suoi viaggi precedenti, lo convince ulteriormente che i luoghi che ha visitato non sono asiatici. Insieme con Coelho, giunge nei pressi delle coste del Brasile, e il primo giorno dell’anno 1502 raggiunge una baia stupenda, ribattezzata Rio de Janeiro. Il viaggio continua verso sud in direzione del Rio de la Plata (nominato, inizialmente, Rio Jordan) per poi proseguire fino a 52 gradi Sud di latitudine, a poca distanza dallo stretto che scoprirà il portoghese Ferdinando Magellano diciotto anni più tardi. Vespucci non si spinge oltre il Rio Cananor, in Patagonia, e scopre le stelle attualmente conosciute con il nome di Alfa Centauri e Beta Centauri, ai tempi invisibili alle latitudini mediterranee (pur essendo in precedenza note agli antichi Greci).

Vespucci compie un quarto viaggio, nel biennio 1503-1504, sempre agli ordini dei Portoghesi, che lo porta all’isola che in seguito verrà chiamata Fernando de Noronha, in mezzo all’oceano, e poi verso le coste brasiliane. Si tratta, però, di una spedizione che non conduce a scoperte particolarmente significative, durante il quale – tuttavia – Amerigo compie osservazioni e ragionamenti che lo portano a inventare un nuovo metodo per individuare, con la tecnica della distanza lunare, una longitudine.

Nominato dal re Ferdinando II di Aragona “Piloto Mayior de Castilla” nel 1508, egli diventa responsabile dell’organizzazione dei viaggi nelle terre nuove e della formazione di cartografi e piloti, permettendo loro di imparare a utilizzare l’astrolabio e il quadrante. Amerigo Vespucci muore a Siviglia il 22 febbraio 1512, lasciando tutti i suoi beni alla moglie Maria Cerezo, dalla quale non ha avuto figli.

Vespucci attualmente è riconosciuto come uno degli esploratori più importanti del Nuovo Mondo (e non a caso il continente ha preso il suo nome). Tra i suoi tanti meriti, il principale fu quello di aver capito che le nuove terre non facevano parte del continente asiatico, ma di una nuova parte del globo.

Occorre sottolineare, in conclusione, che dal punto di vista storiografico la figura di Vespucci è considerata da alcuni piuttosto ambigua soprattutto a causa dell’autenticità delle sue lettere, spesso contestata: si sostiene, in particolare, che l’esploratore abbia esagerato la propria influenza negli avvenimenti e romanzato eccessivamente gli eventi, o addirittura modificato le testimonianze dei viaggiatori suoi contemporanei. Resta il fatto che la diffusione di tali lettere spinse Martin Waldseemuller, cartografo, a rinominare il continente come il femminile del suo nome in latino (cioè Americus Vespucius) nella “Cosmographiae Introductio”: l’importanza dell’esploratore fiorentino, insomma, non può proprio essere ridimensionata.

Perché Putin vuole salvare il cane che affoga (cioè Obama)

Scritto da: Piotr
Fonte: http://diegosiragusa.blogspot.it/2016/09/perche-putin-vuole-salvare-il-cane-che.html

Civiltà contro barbarie

Mi è stata ricordata di recente da un amico. Era una scena così consueta che quasi me la scordavo: le ragazze a Damasco con la gonna sopra il ginocchio, a volte in compagnia di amiche col foulard islamico. E già, la Siria laica e multiconfessionale dove le donne hanno pari diritto. Bastava passeggiare per vederla. Durante la Pasqua i canti che uscivano dalle chiese cristiane si mescolavano al richiamo dei muezzin e nessuno ci faceva caso. Nella grande moschea degli Omayyadi, uno dei luoghi più sacri dell’Islam, su cui svetta il minareto di Gesù, il luogo più venerato era il cenotafio di San Giovanni Battista.

In quella città civile e tranquilla di notte si poteva girare senza problemi. Anche le ragazze sole, come anch’io ho visto.

Aleppo era una meraviglia con una piacevole vita notturna nel quartiere armeno, dove nei suoi raffinati ristoranti si vedevano uomini e donne vestiti alla moda orientale od occidentale. Certo, senza tette e culi in vista, perché “laico” non vuol dire per forza “esibizione del corpo femminile”. Ma è un discorso complesso di cui mi sa che dovremo riparlare, perché qui da noi in Occidente si esaltano le “compagne Pussy Riot” (Paolo Ferrero), cioè quelle che facevano orge in un museo di Mosca con una ragazza incinta che partorirà dopo una settimana, o che rubavano un pollo surgelato in un supermercato per farsi filmare mentre se lo infilavano nella vagina. Quel gruppazzo stonato diventato famoso perché cantava sull’altare di una delle maggiori chiese di Mosca “Merda, merda, merda del Signore!” facendosi finalmente arrestare (anche nei paesi UE la pena per questo genere di cose è di tre anni).

Le nostre eroine punk! Le eroine del pollo e del pancione! Cugine per affinità elettive delle Femen, un’agenzia di marketing imperiale (le “attiviste” sono  “assunte a progetto”), che punta tutto sul potere evocativo del corpo femminile nudo,  molto amata dalle nostre femministe. Per quali imprese? Forse perché si fecero fotografare in fila con le mutande abbassate e le regolamentari tette fuori mentre pisciavano sulla foto dell’allora presidente ucraino Janukovyč, in sostegno del golpe nazista in corso? O forse, Dio non voglia, perché si facevano fotografare esultanti davanti alla Casa dei Sindacati di Odessa mentre dentro i loro amici nazisti stupravano le donne e poi le bruciavano vive o le strangolavano? Anche donne col pancione. Sì, anche col pancione!

Perché parlo di queste cose? Perché si sta parlando di laicità, di diritti delle donne. Perché non ho mai sentito dire dalla sinistra che la Siria èlaica. Non ho mai sentito dire dalla sinistra che in Siria le donne hanno pari diritto. E nemmeno che possono fare il bagno in bikini. E perché, per la solita inversione occidentale, da noi c’è una propaganda grezza ma molto petulante che misura la civiltà sul burkini, su quanti centimetri di pelle femminile è possibile mostrare, sull’accettazione o il rifiuto della stretta di mano, sulla dose minima giornaliera ammessa di pornografia. Non su quante persone si è deciso a freddo di ammazzare.

Civiltà contro barbarie.

Chi è stato in Siria poco prima dell’aggressione imperiale capisce in modo palmare cosa intendo quando parlo di “fermare la barbarie”.

E non la “barbarie dei Russi ad Aleppo” come straparla la velinara Lucia Goracci, con la voce notarile di chi è stata pagata e messa lì dal sinistro TG3 per dire un’idiozia a cui non crede, una che nella crisi siriana ha mostrato entusiasmo solo quando si fece fotografare raggiante e sorridente in mezzo ai tagliagole (Lucia, all’epoca ti si poteva concedere il beneficio dell’ignoranza, ma oggi?). D’altra parte, come potrebbe crederci una persona mediamente raziocinante a queste idiozie?

Come potrebbe ad esempio credere al tentativo statunitense di controbilanciare il loro deliberato bombardamento sull’Esercito Arabo Siriano con il “bombardamento” del convoglio umanitario alle porte di Aleppo? Un tentativo da asilo infantile, dato che la propaganda di guerra deve dare per scontato o deve sperare che siamo tutti scemi, perché è alla frutta. Non è forse da asilo infantile (e criminale) mettere in scena un “bombardamento” in una delle zone più monitorate del globo così che i Russi ci hanno messo un nanosecondo a spiattellare fotografie aeree, rilievi, tracciati radar che hanno permesso ad ogni singolo esperto militare non corrotto di concludere che di bombardamento non si è trattato? E infatti, guarda caso, le fotografie mostrano i tagliagole proprio lì vicino al convoglio.

E poi, scusatemi tanto, ma perché bombardare un convoglio che: a) era già stato perquisito dall’Esercito Arabo Siriano, b) aveva ottenuto il via libera e, last but not least, c) era della Mezzaluna Rossa, cioè un’organizzazione che lavora a stretto contatto col governo di Damasco, cioè quel genere di organizzazioni “filo-Assad” denunciate dalle “vere” ONG super partes, cioè quelle pagate da Soros, USAID, Dipartimento di Stato e multinazionali varie? Qualcuno me lo spiega?

Civiltà contro barbarie

Ci sarà un crescendo di bugie ed accuse. E’ inevitabile, perché l’Esercito Arabo Siriano sta per liberare gli ultimi quartieri di Aleppo in mano ai tagliagole. E i tagliagole sono disperati e i loro sponsor sono furenti. Qualcuno ha fatto notare che se si contano tutti gli ospedali che l’aviazione siriana avrebbe distrutto, ne salta fuori il Paese col più alto numero in assoluto di nosocomi del mondo. E’ vero che la sanità pubblica è un diritto nella Siria laica e multiconfessionale, ma qui si esagera. Eppure vedrete se non ne verrà bombardato qualcun altro. Ne potete star certi.

Ma le denunce disperate, le richieste di aiuto dei medici, degli infermieri, dei civili, dei leader religiosi dell’Aleppo martoriata da anni dai tagliagole e difesa strenuamente dall’Esercito Arabo Siriano, no, quelle non contano. Sono anni che due milioni di persone gridano letteralmente nel deserto. Nelle menti desertificate dei nostri governanti, dei nostri media e della nostra sinistra.

Eppure, non so se avete notato, in mezzo all’infuriare di accuse e contro accuse, nonostante le ingiurie e le patenti bugie che i nostri media e i nostri governi vomitano sulla Russia, Lavron e Kerry continuano a sentirsi e a incontrarsi. Perché? Ve lo siete mai chiesti?

Ho cercato di impostare una risposta qui:

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126527&typeb=0

Ogni crisi sistemica crea un caos sistemico. E il caos sistemico penetra anche nelle nazioni che lo generano, anche in quella più forte e potente. E il caos sta imperando a Washington.

Può quindi essere difficile da capire per chi pensa in bianco e nero, ma Lavron continua a incontrare Kerry non perché spera ancora in una tregua. Entrambi hanno detto che non ci credono più. Si incontrano perché Putin cerca disperatamente di mantenere in sella Obama, l’Obama azzoppato, l’Obama a cui forse ubbidiscono solo i figli, non certo il Pentagono e non certo la Cia, che conducono le loro specifiche guerre, che hanno le loro peculiari strategie, una elaborata sulla riva destra del Potomac e un’altra a Langley, tutte contro il Foggy Bottom dove Kerry prende decisioni che vengono immediatamente, anzi preventivamente, boicottate su indicazione delle tre arpie statunitensi assetate di sangue: Hillary Clinton, Samantha Power e Susan Rice alle quali possiamo aggiungere una degnissima quarta arpia, Victoria Nuland (le donne al potere sono meglio degli uomini? Ne riparleremo).

Putin ha fatto abbondantemente capire che preferisce una cattiva pace a una buona guerra. Per quello cerca di aiutare Obama, passando sopra a insulti ormai fuori misura e a provocazioni, anch’esse fuori misura. I Russi conoscono perfettamente la debolezza interna di Obama e non ne gongolano, ma la temono. Dopo il bombardamento di Der Ezzor che ha rotto la tregua non hanno puntato il dito su Obama, ma da un’altra parte. Di Obama e Kerry hanno detto una cosa molto precisa: Non hanno la capacità di onorare gli impegni presi. Non hanno affermato che li hanno traditi, ma che è al di fuori delle loro possibilità farli onorare.

Paradossale eh? Putin sta cercando di difendere Obama da uno strisciante pronunciamento militar-securitario contro di lui.

I Russi hanno diviso gli States in una parte sana (anche se non santa) e in una parte malata (e satanica) e, in vista anche delle prossime elezioni, stanno dando tutto l’aiuto che è loro possibile alla parte sana, seppur non santa, con cui potrebbero negoziare l’adattamento al nuovo mondo multipolare (che sia questa alla fin fine l’interferenza di cui parlano i collaboratori della Clinton?).

Non sarebbe la prima volta che la Madre Russia salva un Occidente sull’orlo del suicidio.

 

Para Bellum

Fonte: http://www.marcomessina.it/2015/03/para-bellum/#more-5307

parabellumagaDa più parti giungono chiari segnali che la Storia che conosciamo è costellata di lacune e false verità. Gli assetti geopolitici di cui oggi vediamo gli effetti sono figli dei due conflitti mondiali scoppiati nel Ventesimo Secolo. È evidente, dunque, come una completa comprensione dei fatti che portarono allo scontro frontale grandi potenze come USA, Gran Bretagna, Germania e Unione Sovietica aiuti anche a capire i rapporti che intercorrono tra l’Europa moderna e gli Stati Uniti d’America, i quali dalla loro parte si sentono legittimati a mettere in atto politiche belligeranti e dichiaramente ostili verso paesi molto lontani dai loro confini, forti del consenso o comunque della non contrarietà degli Stati del vecchio continente.

Degli eventi che hanno caratterizzato il secolo scorso, oggi ci restano una serie di dogmi comunemente riconosciuti che nessuno osa mettere in discussione nei dibattiti pubblici, pena la gogna mediatica o la rovina della carriera. Laddove si cerchi di imporre un punto di vista diverso su talune tesi vi è il tentativo di porre fine al confronto con etichette abusate come “nazista” o “fascista”. Termini, questi, che, come tutti i ‘fatti umani’, per dirla con Giovanni Falcone che così definiva la mafia, hanno avuto una storia fatta di uomini e di idee che non possono essere lasciati all’oblio del tempo né ridotti a strumento di offesa dialettica.

Gherardo Colombo, ex magistrato ai tempi di Mani Pulite, ospite nel programma condotto su La7 da Lilli Gruber OttoeMezzo, mentre tesseva giustamente le lodi del Codice Penale così come redatto durante il Ventennio, si affrettava ad allontanare da sé ogni eventuale accusa di apologia del Fascismo. Il che non è fonte di biasimo del sottoscritto, dal momento che l’antifascismo è un principio cardine su cui si fonda la Costituzione Italiana, ma invero di preoccupazione, perché questa ritrosia nell’affrontare certe tematiche rappresenta un ostacolo al riconoscimento della verità storica. Nella Germania della Merkel questa inibizione nel rivolgere lo sguardo ai fantasmi del passato si estrinseca con la formulazione di leggi liberticide che puniscono chi tenta di mettere in discussione i crimini del Nazismo senza fare distinzioni tra fanatismo e ricerca storica.

È questa la faccia della sconfitta 70 anni dopo la disfatta militare.

Fortunatamente, questo stato di cose presenta delle crepe. Una di queste è sicuramente Para Bellum, un libro pubblicato dalla AGA Editrice che raccoglie due discorsi di Adolf Hitler pronunciati nel ’41 e nel ’39, oltre ad uno scambio epistolare tra il Führer e il presidente USA Franklin Delano Roosevelt. Non ci troviamo quindi di fronte alla rielaborazione personale degli eventi attraverso la lente di uno storico, bensì portiamo indietro le lancette della Storia ritornando alle parole dei suoi protagonisti. Contrariamente a quanto comunemente si è indotti a pensare, Hitler non si configura come colui che accese la miccia della seconda guerra mondiale, unico responsabile di un conflitto che ha causato 71 milioni di morti. Dalle parole del Führer emerge un quadro di tensione internazionale che vedeva la Germania nazista stretta tra l’incudine delle potenze occidentali, USA, Francia e Gran Bretagna, e il martello dell’URSS. Hitler questo lo sapeva benissimo, e, da uomo chiamato alla ricostruzione della Grande Germania, tentò di venire a patti e con la Polonia e con la Russia con proposte di pace e accordi di non belligeranza a cui non si dà la giusta luce nelle narrazioni ufficiali. Quando si dibatte di temi economici, spesso si sente ripetere il mantra dell’inflazione come preludio all’avvento di Hitler. Questo è però un clamoroso falso storico, perchè la vera molla che portò Hitler a salire al potere e restituire alla Germania la sua identità fu il Trattato di Versailles del 1919 con cui le potenze vincitrici della prima guerra mondiale frammentarono il territorio del Regno di Germania lasciando che minoranze tedesche finissero sotto il controllo di potenze straniere mentre il resto della nazione soffriva la fame sotto il peso di una crisi economica causata principalmente dalle ingenti spese di riparazione imposte dai vincitori. E fu questa situazione a indurre Hitler a fare qualcosa per riconquistare i territori perduti e sottrarre alle discriminazioni parte del popolo tedesco ivi residente in Polonia, Boemia e Moravia, nei territori confinanti con la Cecoslovacchia e in Austria. Dalle carte emerge dunque la figura di un leader non interessato ad estendere i propri confini indiscriminatamente bensì seguendo l’obiettivo dichiarato di ridare unità al popolo tedesco e vigore al Reich. E ci riuscì.

Chi allora ha voluto e ottenuto la guerra? Come riportato nelle interessanti appendici di Para Bellum curate da Alessandra Colla, diverse fonti oggi dimostrano che i massimi ispiratori e istigatori della seconda guerra mondiale furono gli Stati Uniti nella persona del suo presidente F.D.Roosevelt. Venendo meno alle promesse fatte al popolo statunitense, Roosevelt autorizzò massicci finanziamenti e forniture di armi verso l’Armata Rossa di Stalin per fronteggiare i tank tedeschi nel nome della tanto sbandierata anche ai giorni nostri sicurezza nazionale, retorica di propaganda atta a coprire gli interessi di banchieri e commercianti di armi che già avevano svolto un ruolo decisivo nella entrata in guerra degli USA nel primo conflitto mondiale, come ampiamente dimostrato dalla Commissione Nye (1934-1936). Analogamente, per la seconda guerra mondiale sono il Memorandum McCollum e le inchieste seguite all’emanazione nel 1966 del Freedom of Information Act a dimostrare che gli Stati Uniti provocarono ad arte l’incidente di Pearl Harbour per entrare nel conflitto e sedersi al tavolo dei vincitori.

“La gente dimentica in fretta“, ammonisce Sabina Marineo nel suo Trappola Globale. Libri come Para Bellum insegnano che la memoria storica non è un cimelio preconfezionato da tenere sotto la teca ed esibire solo in occasione delle giornate commemorative, ma un tesoro di informazioni che ognuno di noi può contribuire a diffondere in qualunque momento.

Solo separando il grano dei fatti dal loglio della propaganda e delle ricostruzioni tendenziose si può giungere ad una corretta comprensione delle dinamiche che agitano il mondo contemporaneo, in special modo nelle aree di crisi. (Pietro Ferrari, introduzione a Para Bellum).

DEUTSCHE BANK NON E’ LEHMAN…!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2016/09/30/deutsche-bank-non-e-lehman/

Risultati immagini per cappellaio matto

L’altro ieri abbiamo ascoltato l’ex governatore della Bundesbank. Axel Weber, dire che non c’è alcun momento Lehman all’orizzonte, ieri invece è stato il turno del  ministro delle finanze austriaco Hans Joerg Schelling…

Deutsche Bank non è un’altra Lehman per l’Europa, dice ministro finanze Austria

LONDRA (Reuters) – I problemi di Deutsche Bank non sono per l’Europa un’altra Lehman Brothers, secondo il ministro delle Finanze austriaco che ha parlato invece di una generale crisi di redditività per gli istituti di credito della regione. (…)

Schelling ha spiegato che la questione di Deutsche Bank non sarà tema di discussione al prossimo incontro dei ministri delle finanze europeo, anche se ha ricordato che nessuno avrebbe pensato che il collasso di una banca di media taglia come Lehman avrebbe scatenato una valanga così catastrofica.

“Questo non dovrebbe più accadere perché abbiamo la direttiva bancaria, l’unione bancaria, un regolatore comune, il meccanismo di risoluzione, i depositi garantiti previsti dalla regole dell’Unione europea. Questo significa che abbiamo tutti gli strumenti in campo a livello europeo per stabilizzare i mercati finanziari”.

Bene meglio così, ora sappiamo che Deustche Bank non è Lehman e che il problema di Deustche Bank è solo un problema di redditività!

Peccato che 10 hedge fund non la pensano così…

Deutsche Bank, dieci hedge fund in ritirata. Sell-off a Wall Street

…le indicrezioni hanno fatto volare i CDS e crollare i prezzi dei bond senior di Deutsche Bank!

Ciò che fa sorridere sono le dichiarazioni dei portavoce di DB…

“I nostri clienti di trading sono tra gli investitori piu’ sofisticati al mondo”, “Siamo fiduciosi che la maggioranza di loro comprenda a pieno la nostra posizione finanziaria stabile, il contesto macroeconomico attuale, le trattative in corso in Usa e i progressi che stiamo facendo con la nostra strategia”.

Deutsche Bank: hedge fund prendono le distanze, “nostra posizione

In fondo anche il Gorilla di Wall Street applicava la sua strategia e dopo aver incassato tra i 300 e i 500 milioni di dollari prima o poi tornerà sulla scena, senza aver pagato nulla, in fondo non c’è nessuna prova di frode, in una certa finanza funziona così, fottere il prossimo è la regola, istituzionalizzata.

Richard Fuld: perché il gorilla di Lehman è tornato

Vediamo se piano, piano le lezioni servono…Continua la bufera su Wells Fargo

Non c’è più nulla da aggiungere, quello che avevamo da dire lo abbiamo detto per sei lunghi anni, il solito catastrofista quello di Icebergfinanza, peccato che in fondo sono stato solo un ottimista qualunque ben informato in buona compagnia.

Non è la solvibilità o la mancanza di capitale che può distruggere una banca  ma la perdita della fiducia, la perdita dell’accesso alla liquidità è ovvio che il governo tedesco dovrà intervenire è solo questione di tempo. 

Ora attenzione perchè nel fine settimana gli eventi potrebbero precipitare, ma allo stesso tempo potrebbero essere messe in atto azioni che temporaneamente riportino fiducia sul mercato, temporaneamente, perchè la fiducia è una cosa ESTREMAMENTE delicata.

Ora non resta che attendere che la verità figlia del tempo faccia il suo corso, in fondo era folle anche solo immaginare quello che sta accadendo, come direbbe il nostro cappellaio matto…

” Si dice che per sopravvivere qui bisogna essere matti …quasi come un cappellaio…e per fortuna io lo sono!La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità!

Deustche Bank non è Lehman e soprattutto non è interconnessa con nessuno visto che sempre Axel Weber ha dichiarato che l’interconnessione tra le banche è stata largamente ridotta a livello sostenibile.

Non c’è nulla di divertente in quello che sta accadendo il rischio è che molti innocenti perdano il loro posto di lavoro, non solo nelle banche ma anche nell’economia, reale, come sta già accadendo purtroppo, grazie ad un manipolo di esaltati psicopatici, intrisi di avidità, manager falliti che hanno un unico scopo, il profitto più alto nel minor tempo possibile a qualunque costo.

In troppi hanno sorriso in questi anni facendo finta di nulla e sottovalutando un problema che era li sotto gli occhi di tutti, un elefante in una stanza di cristalli, giorno dopo giorno, sempre più grande, sempre più fragile e si, parliamo di Monte dei Pasci di Siena,delle banche italiane, dei titoli di Stato italiani, come dicono i tedeschi, quelli si che sono problemi, giusto perchè, Deutsche Bank non è Lehman…

Nel fine settimana appuntamento con il nostro Machiavelli ne avremo di cose da raccontarci a partire dalle ” Cose dell’Alemagna ” MACHIAVELLI E LE COSE DELL’ALEMAGNA

“Per avere scritto, alla giunta mia anno qui, delle cose dello imperatore e della Magna, io non so che me ne dire di più; dirò solo di nuovo della natura dell’imperatore, quale è uomo gittatore del suo sopra tutti gli altri che a’ nostri tempi o prima sono stati; il che fa che sempre ha bisogno, ne somma alcuna è per bastargli in qualunque grado la fortuna si trovi. È vario, perché oggi vuole una cosa e domani no; non si consiglia con persona, e crede ad ognuno; vuole le cose che non può avere, e da quelle che può avere si discosta, e per questo piglia sempre i partiti al contrario.

… vuole le cose che non può avere, vuole le cose che non può avere, vuole le cose che non può aver…

C’è del marcio in Alemagna!

“L’Italia è un luogo carissimo per vivere, non me lo posso permettere. Per questo emigro”

Scritto da: Mitt Dolcino
Fonte:  http://scenarieconomici.it/litalia-luogo-carissimo/

Eh sì, forse non ve ne siete accorti ma l’Italia è diventata carissima. Soprattutto al nord dove il flusso di europei che calano per farsi le vacanze anche solo di qualche giorno è ormai costante. In breve, oggi lo stato a causa dei vincoli europei di bilancio (e del non poter svalutare la nostra moneta non esistendo più la lira) è obbligato ad aumentare le tasse e ridurre le prestazioni, oltre nel caso ad aumentare direttamente il costo del mero consumare con incrementi dell’iva essi stessi benedetti dall’EU. Chiaramente un turista vede solo la seconda parte, l’IVA appunto, oltre il costo/opportunità dei commercianti – soprattutto quelli piccoli ed artigiani – che alzano i prezzi per sopravvivere coi consumi dei turisti del nord Europa “che se lo possono permettere”, peccato che detto aumento trascini dietro se un aumento ingiustificato dei prezzi anche per gli italiani che risiedono in zona.

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Il problema sono le tasse. Ad esempio l’IMU, peggio di una patrimoniale sulla sostanza in quanto non permette di dedurre i debiti (ad es. le ipoteche) costa circa l’1% del valore commerciale delle seconde case, follia. E soprattutto in un paese che si sta deidustrializzando e dove i giovani italiani – come quello che ho citato nel titolo – emigrano, sostituiti da extracomunitari da sfruttare [e qui si aprirebbe tutto un altro capitolo, a che servono i migranti in Italia se non c’è né domanda di beni né di occupazione? Quando negli anni sessanta i meridionali emigravano al settentrione italiano c’era una forte domanda di manodopera a basso costo ma oggi???].

I problemi non finiscono qui, la tassazione dei redditi da dipendente è infatti folle in Italia soprattutto considerando che, come si ricava da eminenti pubblicazioni internazionali (su tutte la pubblicazione triennale di UBS, “Wages and earnings”*), gli stipendi nazionali lordi sono molto più bassi di quelli centro europei. A cui si aggiunge una tassazione tra le più alte del mondo…. Dei costi invece, che dire, quelli si che sono europei!
E tutti quei costi a cui neanche volendo possiamo sottrarci, costi tra i più elevati della terra spesso a fronte di prestazione da terzo mondo: parlo ad esempio del costo delle assicurazioni obbligatorie a volte legate in qualche modo ai consumi (ad es. assicurazioni auto, tra le più care d’Europa), o del costo spropositato per mantenere un conto bancario, o dei costi per l’energia e per il gas tra i più cari d’Europa (ricordando che il costo materia prima di gas ed elettricità è meno caro della media europea, chi lo fa lievitare sono appunto i costi ancillari a cui non possiamo sottrarci, accise, trasporto, tasse etc.). O le Autostrade, costruite con soldi pubblici e con lo scopo di fornire un servizio ai cittadini a prezzi corretti, oggi diventate carissime dopo il banchetto delle privatizzazioni dove tutti quelli che contano hanno magnato…. (esempio da manuale della pericolosità di un monopolio pubblico che diventa privato). image
Nella stessa direzione vanno i costi imposti della burocrazia spesso ingiustificati, ad esempio la verifica tecnica annuale di nuove tecnologie quali ad es. le pompe di calore per centinaia di euro ogni volta quando all’estero gli obblighi sono molto meno stringenti… Per non parlare del costo per difendersi dall’agenzia delle entrate negli innumerevoli casi in cui si inventano letteralmente delle infrazioni solo per spillare soldi ai contribuenti (memento gli innumerevoli casi riportati da “Striscia la Notizia”).
E che dire di quanto lo stato spende pro capite per la sanità, valore tra i più bassi d’Europa e sempre più simile alla salma greca; ossia noi continuiamo a pagare costi imposti per la sanità nelle nostre buste paga (i dipendenti nemmeno vedono tali costi in quanto versati dal datore di lavoro) ma a fronte di prestazioni da ridere. O da piangere, che è meglio, oggi in alcune ASL non sono nemmeno più in grado di garantire i farmaci salvavita se troppo cari (Chieti mi sembra di ricordare).
Passando all’educazione, una volta nostro fiore all’occhiello, spero abbiate notato come la qualità sia in crollo verticale di pari passo col taglio dei costi di fatto imposti dall’Europa senza guadare se detti tagli impattino servizi essenziali per i cittadini (la base del colonialismo è proprio questa).

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Dulcis in fundo il trucco dello Stato per non pagare le pensioni: alzare l’età pensionabile e far costare carissimo l’anticipo pensionistico da quando normalmente ci si aspetta uno possa smettere di lavorare a quando percepirà la pensione, età sempre più simile ai 70 anni. Ossia, per non voler tagliare le rendite assurde percepite oggi dai boiardi di sistema (giudici, amministrativi e politici su tutti, oltre all’ampia platea di coloro che hanno versato pochi anni di contributi e percepiscono tutta la vita, i famosi baby pensionati da svariate migliaia di euro mensili) si fa in modo di non pagare le pensioni ai poveracci di domani, pensate che l’APE-anticipo pensionistico prima doveva costare l’1.5% poi il 2% ora invece costa il 6% dell’importo mensile ma con il limite del 20% su tre anni e sette mesi. Avete capito bene, per anticipare la pensione da quando non lavorerete più – diciamo 62 anni – a quando (di norma 70 anni) vi restituiranno quello che avete pagato in contributi dovrete ridurvi la pensione del 20%. Naturalmente parlo di lordo, poi dovete toglierci le tasse (non vale ricordare ai nostri governanti che nella Germania che ci impone l’austerità le pensioni sono pagate nette, senza tasse…). image

Insomma l’Italia è un paese carissimo. Per questo il neolaureato citato nel titolo con cui ho parlato lo scorso fine settimana, figlio di amici di famiglia, se ne è andato all’estero. Per altro con molta freddezza e raziocinio. E con il mio plauso!
La domanda è cosa succederà dopodomani, se tutti i giovani formati ed anche chi ha mezzi se ne andranno come resterà in piedi il carrozzone Italia? Non parlo di oggi, i miei anziani genitori continueranno a prendere la pensione, ma dopodomani? Ossia quando gli italiani verranno sostituiti da extracomunitari, quando saremo colonia?

Purtroppo questo trend di progressivo decadimento continuerà in assenza di un’uscita dalla moneta unica, non serve mendicare decimali di deficit con l’EU (interessata solo a che noi rimaniamo nell’euro, ndr) se non si risolve il problema alla radice!

Ossia fra qualche anno, quando sarà troppo tardi, là si che spunteranno i forconi! I nostri interventi purtroppo sembrano servire solo per enunciare i nomi dei futuri colpevoli, invece di far qualcosa per evitare l’inevitabile crollo del sistema.