La distruzione atomica di Vicenza

Fonte:http://www.informacitta.vi.it/

Delle presenza di armi atomiche sul nostro territorio abbiamo letto tanto. Del famoso “Site Pluto”, misterica base di Longare con questo nome che sta tra il cane Disney e il dio dell’Ade, è stato detto di tutto, ed anche il suo  contrario. Ci sono dati sulla quantità di plutonio presente, sulla potenza delle testate, sulla effettività delle mine  atomiche che vi sarebbero (state?) stoccate, ci sono rapporti sull’incidenza del cancro dopo il collasso degli 8 depositi del 2000. Libri come “L’atomica europea” di Paolo Cacace danno per certa la presenza di missili nucleari a breve raggio (un modello che porta un nome divertente: Honest John) sin dal 1954. Del resto, è difficile per noi rammentare davvero come si stava in quel tempo, perché si stava – a tutti gli effetti – in guerra.

La guerra fredda, per quanto fosse combattuta ad un livello invisibile, era la realtà vera di tutta la politica del pianeta. E se Vicenza era minacciata dall’orrore del fuoco atomico, ecco, non si poteva trattare solo di ordigni americani, che potevano nuocere al territorio solo nel malaugurato – e fortunatamente, mai capitato – caso di malfunzionamento. No, l’apocalisse atomica su Vicenza era a tutti gli effetti un preciso progetto sovietico. Le testate che avrebbero dato la morte nucleare alla città del Palladio avrebbero avuto scritte in cirillico sulla scocca dei loro missili. Il primo ministro sovietico Nikita Khrushev, in quell’aprile 1959 in cui l’Italia firmò per ospitare i missili Jupiter americani, fu chiarissimo: promise che “in caso di guerra, l’Italia sarebbe stata uno dei primi obbiettivi di distruzione atomica” (Paolo Cacace, L’atomica europea, Fazi, p.81). La Russia, anche quella post-sovietica, non è l’America, ed è davvero difficile vedere i documenti venire declassified. Eppure qualcosa riesce a trapelare, specie dai servizi di altri paesi del blocco sovietico ora finiti nelle maglie della UE. Viene così a galla il programma che Mosca aveva per la nostra città: l’annientamento. Puro e semplice. In uno studio sulla strategia degli eserciti del Patto di Varsavia in caso di scontro frontale col mondo libero,  lo storico ceco-americano Vojtech Mastny ha raccolto materiale per affermare che “sul fianco meridionale, il compito dell’esercito ungherese era quello di far parte di un’operazione in cui Monaco, Verona e Vicenza sarebbero state incenerite da un bombardamento atomico, così come lo sarebbe stata Vienna, capitale della neutrale Austria” (Vojtech Mastny, A cardboard castle? An inside history of the Warsaw Pact 1955-1991, Central European University Press, p.23).

I dettagli dell’operazione, come spiegano con dovizia di particolare gli studiosi Suppan e Mueller, sono contenuti in una grande manovra di esercitazione militare che Mosca e Budapest lanciarono nel maggio 1965. “Ad un possibile attacco dell’Occidente con 30 ordigni atomici, il Patto di Varsavia avrebbe risposto con un immediato contrattacco nucleare da 7405 kilotoni su Baviera Austria e Alta Italia (…) la lista è davvero paurosa: armi nucleari occidentali avrebbero colpito Budapest, Debrecen, Miskole, Szekesfehervar e altre città alle ore 07:00. Nello stesso preciso istante Vienna avrebbe dovuto essere distrutta da due bombe atomiche da 500 kilotoni l’una, seguita alle 07:02 da Monaco, Oberammergau, Verona, e Vicenza.” (Arnold Suppan – Wolfgang Mueller, Peaceful Coexistence or Iron Curtain? Austria, Neutrality, and Eastern Europe in the Cold War and Détente, LIT Verlag Muensterm p.209).

Spazzati via due minuti dopo la Sachertorte e il walzer, da una bomba che è dalle venti alle trenta volte più potente di quella di Hiroshima. (Continua….)

Pd46

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *