Tav al Nord e meno treni al Sud, chi vuole dividere il Paese?

Fonte:http://www.ilcambiamento.it/

Il progresso fermato da un gruppo di violenti, poliziotti picchiati, manifestanti definiti potenziali assassini. È la descrizione che tutti i giornali nazionali ed i tg forniscono di quanto accaduto in Val di Susa domenica 3 luglio. È da qui che si capisce che è una guerra, quella per il Tav, e come ogni guerra il potere se la gioca con tutti i mezzi a disposizione, in primis l’informazione.

È un meccanismo tipico, influenzare l’opinione pubblica cercando di trasformare un conflitto sorto per ragione d’interesse in un fatto principalmente valoriale: uno scontro fra buoni (la classe dirigente, strenui difensori del progresso) e cattivi (una banda riottosa e violenta che assale i poliziotti inermi e, si suppone, vorrebbe continuare ad usare il mulo per il trasporto delle merci). Due categorie che tutti sono in grado di assimilare senza troppi dilemmi interiori, abituati a ciò fin dai vecchi film western.

Intanto mentre monta il caso mediatico e le vecchiette sfrattate per lasciar spazio alla devastazione della propria valle – comprensiva di inquinamento di falde acquifere e dispersione di milioni di tonnellate di acqua – diventano improvvisamente delle potenziali “assassine”, il cantiere di Chiomonte non si ferma. I lavori sono ripresi lunedì quasi come se niente fosse successo.

Fa quasi sorridere la situazione di lunedì descritta nel centro del paese dal Sole 24 Ore: “nonne a passeggio con i nipotini, uomini che prendono il sole”. Un idillio. Come se non fossero i pacifici cittadini della Val di Susa a protestare contro il Tav, ma un branco di violenti venuti da chissà dove e con chissà quali scopi.

Il messaggio è chiaro: non si blocca il progresso. Almeno non in Val di Susa. Infatti basta spostare lo sguardo un po’ più a sud per capire come il progresso non solo si sia fermato ma abbia inserito la retromarcia. In un interessante articolo riportato da Greenreport.it, la presidente di Italia Nostra, sezione di Reggio Calabria, Angela Martino, fornisce un bel po’ di dati interessanti sui collegamenti ferroviari nel mezzogiorno.

Da 2005 ad oggi la Calabria ha perso circa 5.500 chilometri/treno al giorno (significa che ogni giorno vengono percorsi 5.500 chilometri in meno dai treni che partono dalla Calabria, vi arrivano o vi transitano). Sono state soppresse molte tratte, tra cui quelle che collegavano il capoluogo di provincia con Torino, Taranto, Milano, Catanzaro e inoltre la Palermo–Roma.

La notte il servizio è scarso e gli orari dei treni sembrano pensati da una mente diabolica per renderli inutilizzabili dai pendolari. Sembra poi, stando a quanto riferito dalla Uilt (Unione italiana lavooratori trasporti, ndr), che già dal 2011 potrebbero essere eliminati del tutto i collegamenti notturni di Calabria e Sicilia con le altre regioni e da marzo potrebbero essere soppressi altri 12 treni a lunga percorrenza verso il Nord. Tutto questo forse in vista dell’arrivo dei treni ad alta velocità? Decisamente no. Il Tav c’è già, al sud, nella sua versione definitiva e arriva fino a Salerno.

Andiamo verso uno scenario in cui sarà possibile viaggiare da Torino a Lione in due ore, da Milano a Parigi in quattro, ma ci vorrà un giorno intero per raggiungere la Calabria o la Sicilia dal nord. Perché, viene da chiedersi? Perché si vuole trascinare con la forza il nord Italia nel cuore dell’Europa – a costo di distruzioni di paesaggi e guerre civili – e staccare il sud persino dal resto della penisola? Perché si vogliono portare i ministeri a Milano e si fa di tutto per peggiorare l’emergenza rifiuti a Napoli?

Non c’è una risposta facile, a portata di mano, solo impressioni. L’impressione che la classe dirigente italiana, proprio nel 150esimo compleanno della nazione, voglia scrollarsi di dosso il mezzogiorno, come una propaggine fastidiosa ed inutile. Chissà, forse ha ragione Gigino, tassista napoletano intervistato dal Paìs: “qui abbiamo i posti più belli del mondo, se le cose funzionassero bene al nord non ci andrebbe più nessuno”.

A.D.

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