Grecia, partono gli aiuti. Ma a salvarsi è solo la troika

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/crisi/accordo_aiuti_grecia_troika.html

L’accordo è stato raggiunto nella notte, la comunicazione ufficiale è arrivata attorno alle 5. 130 miliardi di euro nuovi nuovi, cui se ne aggiungono altri 107 di riduzione sugli interessi dei prestiti precedentemente concessi. Un mix di aiuti pubblico-privato, che a detta dell’eurogruppo riunitosi nella notte trascorsa dovrebbe dare nuova linfa all’economia Greca; e che invece, nell’opinione di molti analisti, servirà soltanto a procrastinare il default, consentendo alle banche creditrici di correre ai ripari – e consegnando, nel frattempo, una buona fetta di sovranità ellenica nelle mani di organismi finanziari.

Sono servite ben 14 ore per giungere ad un accordo. Alla riunione era presente la creme della finanza internazionale: i ministri delle finanze dei 17 paesi della zona euro, il Presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Junker, i vertici della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale (Mario Draghi e Christine Lagarde). La troika al completo, insomma.

L’accordo prevede una tranche di aiuti da 130 miliardi di euro, con l’obiettivo di raggiungere un rapporto debito/Pil del 120,5 per cento entro il 2020 (attualmente si aggira attorno al 160 per cento). A questi aiuti comunitari si aggiungerà l’apporto dei privati detentori del debito greco (perlopiù banche), che hanno accettato di vedere ridotti di parecchio – il 53,5 per cento del valore nominale, corrispondente ad oltre il 70 per cento di quello effettivo – i profitti sul debito precedentemente contratto. L’apporto dei privati è quantificabile sui 107 miliardi; il valore totale del pacchetto approvato stanotte è dunque di circa 237 miliardi di euro.

Come contropartita, la troika ha preteso l’espropriazione di un’altra fetta di quella poca sovranità rimasta nelle mani dei greci. Il commissario Ue agli affari economici Olli Rehn ha detto chiaramente che Ue, Bce ed Fmi rafforzeranno e renderanno permanente la propria presenza ad Atene per sorvegliare l’applicazione del programma di risanamento delle casse pubbliche e la riduzione progressiva del debito.

Altre clausole inserite nell’accordo: la creazione di un conto bloccato dove i greci verseranno d’ora in avanti gli interessi sul loro debito; l’inserimento nella Costituzione greca di una norma che dà assoluta priorità al pagamento del debito su ogni altro tipo di spesa pubblica (sanità, scuole, pensioni).

Tutte le parti si sono dichiarate soddisfatte dell’accordo raggiunto. Il presidente della Bce Mario Draghi lo ha definito “un accordo molto buono”; Junker ha parlato di un accordo che “garantisce la tenuta della Grecia nell’Euro e le dà il tempo di tornare su un percorso di crescita sostenibile”, mentre il premier italiano Monti, presente alla riunione nelle vesti di ministro dell’economia, lo ha definito “un bel risultato”, aggiungendo che la decisione della notte scorsa ha dimostrato che “l’Europa è anche in grado di funzionare”.

Ma da cosa deriva tutto questo entusiasmo? Non certo dall’aver salvato la Grecia. Come hanno spiegato ampiamente molti analisti la misura adottata serve soltanto a rimandare di qualche tempo il default. Con l’obbligo del pareggio di bilancio sancito dal nuovo fiscal compact europeo, le politiche di austerità imposte dalla troika (presente ad Atene a controllare che il proprio volere sia eseguito alla lettera), le politiche monetarie rigorose della Bce, una ripresa economica è per la Grecia praticamente impossibile, e la recessione attuale è un pallido preludio di quella di domani.

No, l’entusiasmo dei vertici finanziari è probabilmente dovuto al fatto di aver salvato se stessi, e alle migliori condizioni. Hanno evitato il default immediato di uno stato e le conseguenti ripercussioni sull’economia mondiale; hanno fatto sì che il debito venga ripagato, seppur con interessi minori, scongiurando grosse perdite da parte di banche ed investitori privati; hanno imposto politiche economiche ultraliberiste, che consentiranno a banche e multinazionali di appropriarsi dell’immenso patrimonio greco (culturale, energetico, paesaggistico); hanno ridotto il popolo ad una condizione di estrema povertà e semi-schiavitù, creando al contempo manodopera a basso costo.

Allungare l’agonia della Grecia – e farlo minimizzando l’entità del prestito e massimizzando i profitti – era il massimo che la troika potesse sperare. Significa avere più tempo sia per depredare la terra ellenica (un default implica l’annullamento o il rinegozia mento dei debiti contratti e dunque la riappropriazione della propria sovranità) che per minimizzare o annullare le perdite dei creditori in vista dell’inevitabile fallimento.

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