Stritolati da debito pubblico, corruzione ed evasione

Scritto da: Torquato Cardilli
Fonte: http://www.litaliano.info/Stritolati-da-debito-pubblico.htm

debito

Come risparmiare almeno 50 miliardi all´anno
Le tre piaghe italiane sono la corruzione che secondo la Corte dei Conti vale non meno di 60 miliardi ogni anno, l´evasione e la frode fiscale che secondo le stime del Tesoro si aggirano sui 120 miliardi all´anno e il debito pubblico che ci costa oggi 100 miliardi all´anno di soli interessi.
Eliminare la corruzione? Figuriamoci! Nessun governo è stato capace di sradicare il fenomeno diventato sistema. Eliminare l´evasione e la frode fiscale? Manco a parlarne. Politici di ogni provenienza, giuristi improvvisati, garantisti solo per i malfattori, stanno avvitandosi sul destino di Berlusconi, condannato in via definitiva per frode fiscale a 4 anni di reclusione perdendo tempo per stabilire se sia ancora degno di stare al Senato della Repubblica. Solo per questo all´estero ci paragonano al paese delle banane.
Abbordiamo almeno il tema del debito pubblico che (tra titoli a breve, a medio termine ed a lunga scadenza) a metà agosto 2013 ammontava a 2.075 miliardi di euro pari al 130% del prodotto interno lordo, con una costante tendenza a crescere irrimediabilmente al di là di quanto il paese e la sua popolazione siano in grado di sopportare. Né l´ultimo governo Berlusconi, né quello di Monti (salvo i primi due mesi), né l´attuale di Letta sono riusciti a fermare questa folle corsa senza freni verso il precipizio, nonostante il reale impoverimento del popolo italiano e le ripetute spoliazioni delle varie “finanziarie” a danno dei contribuenti (vedi riepilogo qui sotto).
L´interesse che lo Stato si è impegnato a pagare per questo debito mostruoso, calcolato mediamente al 4,5%, comporta a questo livello un´ulteriore spesa di 100 miliardi ogni anno. Cifra enorme e insostenibile, che brucia i sacrifici del popolo onesto che paga le tasse e che per giunta non riceve i servizi ad esse commisurati.
Come vengono pagati gli interessi? Con la stampa di nuove emissioni di titoli, per importi sempre più robusti e con scadenze più frequenti, che si sommano al debito principale anziché eroderlo. Di questo passo, possiamo starne certi, ad agosto 2014 il nostro debito pubblico sarà superiore a quello attuale di un centinaio di miliardi, mentre si avvicina sempre di più il giorno in cui il cappio si stringerà definitivamente al collo degli italiani. Sarebbe questa la capacità di chi ci governa? Qualunque buon padre di famiglia o donna di casa, abituata alle economie domestiche, saprebbe fare meglio.
Poniamoci la domanda su chi determini il livello degli interessi e dove questi finiscano. Sono le società di rating, enti privati compenetrati nel mondo bancario e nella speculazione internazionale (i casi Lehman Brothers, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Standard & Poor´s sono stati eloquenti) che, incuranti dei disastri economici inflitti a chi non ne ha colpa, rispondono solo alla logica del profitto.
E´ qui che entra in gioco lo spread, cioè il differenziale che il mercato dei prestatori impone al debitore come sovrapprezzo di interessi rispetto a chi è ritenuto più affidabile. In Europa, per convenzione, lo spread viene calcolato rispetto ai titoli tedeschi. Esso è soggetto alle dinamiche tipiche del mercato che sconta la capacità del debitore di fare fronte agli impegni in relazione alle prospettive economiche, alla stabilità politica e sociale ed all´andamento dei tassi interni.
Alcuni esempi servono a chiarire meglio la questione della relatività dello spread.
Paragoniamo il nostro stipendio a quello del vicino di pianerottolo. Noi riceviamo uno stipendio di 1.000 euro e il nostro vicino di 900. Lo spread è 100 in nostro favore. Improvvisamente il nostro vicino viene licenziato e rimane con la cassa integrazione di 500 euro. Lo spread sale immediatamente a 500 in nostro favore. Forse che siamo diventati più ricchi? Forse che abbiamo più soldi da spendere? Certamente no. Abbiamo sempre i nostri 1.000 euro ed è con quelli che dobbiamo fare i conti. Poi accade che il vicino trovi un altro impiego a 1.400 euro; in questo caso lo spread diventerebbe di 400 in suo favore. Per questo cadiamo in miseria? No, stiamo esattamente nelle stesse condizioni di prima. Quindi lo spread non impatta direttamente sul tenore di vita.
Adattiamo questo esempio alle dinamiche tra Stati.
Posto che l´interesse in Italia è del 5%, e in Germania dell´1%, lo spread è 4. Se in Italia l´interesse sale dal 5% al 7% immediatamente avremmo un costo aggiuntivo di interessi del 2%, e questo indipendentemente dallo spread che potrebbe anche restare immutato se anche in Germania il costo del denaro passasse dall´1% al 3%. Analogamente, se l´interesse sul debito italiano restasse al 5% ma i titoli tedeschi passassero dall´1% al 3%, lo spread si ridurrebbe da 4 a 2, senza alcun giovamento immediato sulle finanze pubbliche italiane e sulla montagna del debito.
Dunque è chiaro che lo spread ha un valore relativo, è un parametro poco efficiente per calcolare la salute dell´economia di un paese, esso serve solo come strumento alla grande finanza manipolatrice del mercato per incassare profitti enormi. E´ perciò più importante prestare attenzione al reale tasso di interesse.
Se i politici ed i media italiani capissero questa semplice verità eviterebbero di riempire ogni giorno la testa degli elettori con i grafici sullo spread, attribuendo il merito o il demerito della sua altalena a questa o a quell´altra azione del Governo. Sarebbe molto più didattico ed onesto se indicassero chiaramente, volta per volta, quanto ci costa realmente in interessi, non solo in valore percentuale, ma anche in cifra assoluta, ogni emissione del Tesoro e se indicassero a quale scopo la raccolta della sottoscrizione è destinata. Perché non lo fanno? Perché se l´elettore fosse correttamente informato sull´imbecillità dei propri governanti e sulla loro incapacità di gestire la cosa pubblica, li manderebbe tranquillamente a quel paese.
Si potrebbe obiettare che un altro indicatore utile per conoscere la sostenibilità del debito è il rapporto tra debito (da non confondere con il deficit) e PIL. In realtà c´è un altro indicatore più adatto: è molto più utile conoscere la spesa effettiva per gli interessi piuttosto che il debito in termini assoluti.
Supponiamo che vi siano due paesi in concorrenza: il paese A con un debito di 1.000 miliardi al tasso di interesse medio del 5% e il paese B con un debito di 2.000 miliardi al tasso medio di interesse dell´1%. Il debito del paese A costa 50 miliardi all´anno, mentre quello del paese B, pur essendo doppio in valore assoluto, costa meno della metà, solo 20 miliardi all´anno.
Se la virtù consiste nell´avere un debito minore come si spiega che il paese A più virtuoso spreca, ogni anno, 30 miliardi di interessi in più rispetto al paese B meno virtuoso cha ha un debito doppio e che quei miliardi li risparmia?
Quale paese tra i due sopra citati è in migliore situazione per gli investimenti e per i servizi? Ovviamente il secondo che può investire 30 miliardi senza aumentare il debito, nonostante che il primo sia indebitato per la metà.
Quando si va a chiedere un mutuo in banca il primo scrutinio avviene sulle garanzie solide, ossia quanto sia consistente lo stipendio o il reddito in modo da garantire il rimborso.
Se una famiglia ha un mutuo di 2.000 euro al mese (1.000 di interessi e 1.000 di capitale) rispetto ad un reddito di 3.000 euro al mese, si trova certamente in una situazione difficile. Se la rata fosse poniamo di 1.200 (di cui 200 di interessi e 1000 di capitale) la situazione sarebbe più florida. Come si vede, il fattore che gioca di più è l´entità dell´interesse.
Calare questo esempio alla situazione di uno Stato significa adottare come indicatore il rapporto tra il peso degli interessi sul debito e i proventi del gettito fiscale anziché quello del rapporto debito/pil, al centro dei trattati europei, sfruttato dalle società di rating e che diventa causa dei molti problemi che dobbiamo affrontare.
Se per un attimo facessimo finta di non avere il debito, o di avere un debito a costo zero (com´è nell´Islam) risparmieremmo immediatamente 100 miliardi di interessi. Quindi il primo problema da affrontare non è tanto l´esistenza del debito, quanto il gravame degli interessi, che a livello privato è quello che differenzia lo strozzinaggio dal tasso di legge.
Il Giappone, per ritornare all´esempio di prima, ha un debito pubblico che supera di 2 volte il PIL ma con un tasso di interesse prossimo allo zero. La Germania ha un debito pubblico in valore assoluto simile a quello italiano, ma con un tasso di interesse molto inferiore.
A questo punto è facile intuire come la questione del debito deve essere aggredita non solo sul fronte del capitale per le spese ingiustificate e improduttive di tutti i governi che invece le foraggiano per acquisire il consenso (si parla tanto di spending review, ma alla fine le lobby e i centri di potere annullano ogni sforzo), ma soprattutto sul fronte degli interessi.
Dunque l´Italia è sotto il giogo di 100 miliardi di euro l´anno di interessi contro un gettito fiscale di 800 miliardi di euro con un rapporto di 100 a 800. Se riducessimo l´onere per gli interessi potremmo avere un rapporto di 30 a 800, liberare enormi risorse per investimenti produttivi, dare una decisiva spinta per la crescita senza gravare sulle tasche dei contribuenti e sfatare il tabù dell´indicatore Debito/PIL.
Come si riducono gli interessi sul debito?
Prima di rispondere a questa domanda è necessario fare un passetto indietro per capire chi sia il detentore di questo credito. Il debito pubblico italiano in piccola parte (il 14% pari a 290 miliardi) è in mano dei risparmiatori privati italiani, mente la maggior parte (86%) è posseduta per il 45% (pari a 934 miliardi) dalle banche italiane e per il 41% (pari a 851 miliardi) dalle banche straniere, istituti finanziari, fondi di investimento.
Quindi dei 100 miliardi pagati per gli interessi il 14%, cioè 14 miliardi ritornano ogni anno nelle tasche delle famiglie italiane, 45 miliardi vanno nei forzieri delle banche italiane e 41 miliardi se ne partono per l´estero.
Con quale capitale le banche italiane comprano il debito pubblico italiano? Con il denaro prestato all´1% dalla Banca Centrale Europea, lucrando un profitto del 4%, cioè un investimento praticamente esente rischi. Quindi possiamo calcolare che su questi 45 miliardi di euro di interessi 4,5 miliardi tornano alla BCE e 41,5 miliardi restano come profitto delle nostre banche. E dove finiscono? Si volatilizzano in fidi agli amici per avventure finanziarie spericolate e truffaldine come hanno insegnato i vari crack Parmalat, Monte dei Paschi, Antonveneta, Unipol. San Paolo, ecc.
Ora una persona ragionevole potrebbe chiedersi ma perché la BCE invece di prestare i soldi alle banche per comprare titoli di stato italiani all´1% non presta direttamente i soldi all´Italia consentendole di risparmiare questi 41,5 miliardi all´anno di interessi?
La risposta negativa è che lo proibisce il trattato dell´Unione Europea, sottoscritto dai governi e non approvato dai popoli (art.123, comma 1 del trattato di Lisbona) che vieta la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca Centrale Europea a istituzioni, organi od organismi dell´Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l´acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali.
A parte la follia di voler persistere nell´impoverire un intero popolo per un articolo di un trattato (imposto dalla Germania) che dovrebbe essere modificato, va considerato che il comma successivo dello stesso articolo dice che le disposizioni che precedono non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell´offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati.
Dunque lo stesso articolo che vieta alla BCE di prestare denaro direttamente agli Stati, offre la scappatoia consentendo alla BCE di prestare denaro agli enti creditizi di proprietà pubblica. Quindi la BCE invece di prestare denaro alle banche private all´1% perché acquistino i titoli di stato italiani al 5% può prestare queste somme ad un ente creditizio pubblico come la Cassa Depositi e Prestiti (si potrebbe anche istituire un Ente di Credito Pubblico ad hoc per evitare opacità e confusioni di ruoli e capitali). Questo Ente di Credito Pubblico invece di dividere gli utili miliardari tra gli azionisti li riverserebbe interamente nelle casse pubbliche. Risultato? Il costo del debito pubblico italiano piazzato in questo modo si riduce all´1%. Infatti: la BCE presta all´1% all´ECP che acquista titoli di stato all´interesse del 5%, ma il 4% di spread lo restituisce al suo azionista che è il Tesoro.
In questo modo l´onere effettivo del debito pubblico crollerebbe e lo Stato Italiano otterrebbe un risparmio gigantesco come se il debito pubblico costasse l´1%.
Uovo di Colombo? Macché semplice buon senso e assenza di speculazione a danno di tutti per favorire pochi.E invece che cosa si inventa il pregiudicato di Arcore, con i suoi giannizzeri? La questione dell´IMU sulla prima casa che non intacca gli interessi miliardari dei gruppi di potere e che, con la scusa di favorire il popolo, in realtà arreca il maggiore vantaggio proprio ai ricchi.
Forse non sarebbe un male se la Magistratura, svillaneggiata di continuo da una certa parte politica che vorrebbe togliergli poteri, strumenti e mezzi di investigazione, andasse ad indagare perché non sia stato attivato questo meccanismo e dove siano andati a finire i miliardi così sprecati.


COME E´ CRESCIUTO IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

dal 2009 al 2013 in miliardi di euro (dal bollettino della Banca d´Italia)

Anno 2009: governo Berlusconi, da gennaio a dicembre + 61 miliardi
Gennaio 1.700,256
Febbraio 1.708,060
Marzo 1.741,257
Aprile 1.750,392
Maggio 1.752,188
Giugno 1.751,632
Luglio 1.753,520
Agosto 1.757,534
Settembre 1.786,841
Ottobre 1.804,541
Novembre 1.783,858
Dicembre 1.761,191

Anno 2010: governo Berlusconi, da dicembre a dicembre + 82 miliardi
Gennaio 1.787,846
Febbraio 1.795,066
Marzo 1.797,672
Aprile 1.812,790
Maggio 1.827,104
Giugno 1.821,982
Luglio 1.838,296
Agosto 1.843,006
Settembre 1.844,817
Ottobre 1.867,398
Novembre 1.869,924
Dicembre 1.843,227

Anno 2011: governo Berlusconi, da dicembre a ottobre (10 mesi) + 66 miliardi
Gennaio 1.879,926
Febbraio 1.875,965
Marzo 1.868,060
Aprile 1.890,622
Maggio 1.897,472
Giugno 1.909,919
Luglio 1.911,807
Agosto 1.899,553
Settembre 1.883,749
Ottobre 1.909,192

Anno 2011: governo Monti, da novembre a dicembre (2 mesi) – 12 miliardi

Novembre 1.905,012
Dicembre 1.897,946

Anno 2012: governo Monti, da dicembre a dicembre + 91 miliardi

Gennaio 1.935,829
Febbraio 1.928,211
Marzo 1.946,083
Aprile 1.948,584
Maggio 1.966,303
Giugno 1.972,940
Luglio 1.967,480
Agosto 1.975,631
Settembre 1.995,143
Ottobre 2.014,693
Novembre 2.020,668
Dicembre 1.988,363

Anno 2013: governo Monti, da dicembre ad aprile (4 mesi) + 53 miliardi
Gennaio 2.022,665
Febbraio 2.017,644
Marzo 2.034,763
Aprile 2.041.293

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