Croazia, la grande lentezza

Scritto da: Rodolfo Toè
Fonte: http://rassegnaest.com/2014/05/20/economia-croazia-ue/

A quasi un anno dall’ingresso nell’Ue, Zagabria deve ancora trarre i primi profitti dall’integrazione. L’Economist l’ha definita recentemente “una delle dieci peggiori economie del pianeta”. La recessione continua, gli investimenti dall’estero non arrivano, i ritardi strutturali sono quelli di sempre. 

Il quartiere di Novi Zagreb (archivio Rassegna Est)
Il quartiere di Novi Zagreb (Archivio Rassegna Est)

 

È una delle dieci peggiori economie al mondo, almeno per quanto riguarda la crescita, secondo la intelligence unit dell’Economist. Insieme a paesi come l’Ucraina, la Libia, il Venezuela o la Repubblica Centrafricana.

L'economia croata (2014-2019)
L’economia croata (2014-2019)

La Croazia, a un anno quasi dal proprio ingresso nell’Unione Europea, non riesce a risolvere i propri problemi strutturali e a mettere un argine al declino economico, che sembra inarrestabile. «L’economia è stagnante, la disoccupazione cresce e molti giovani croati si lasciano avvelenare dall’odio. Alcuni flirtano con il fascismo e la nazione è scossa da una generale ventata di intolleranza, verso chiunque pensi, preghi, scriva o parli in modo differente». Sono, queste, le parole del presidente croato, Ivo Josipović. Le ha pronunciate solo poco tempo fa.

Il bilancio della crisi europea, per Zagabria, è pesantissimo: quest’anno, probabilmente, la Croazia frenerà la sua caduta (si parla di crescita zero). Ma per cinque anni il paese è rimasto in recessione (la più lunga da quando la repubblica si è resa indipendente), perdendo qualcosa come il 13% del proprio Prodotto interno lordo.

Tra i policymaker croati si parla già, apertamente, del rischio di una «stagnazione prolungata». I tanto attesi investimenti stranieri, nell’attesa di conoscere i dati definitivi anche per il 2013, sono in realtà andati diminuendo mano a mano che il paese continuava sulla strada dell’integrazione europea, come si può verificare dando un’occhiata ai dati ufficiali diffusi dalla Banca centrale croata. Se commisurati al Prodotto interno lordo, essi sono ritornati oggi agli stessi valori che avevano all’indomani della guerra negli anni novanta.

Gli investimenti diretti dall'estero in Croazia (Tradingeconomics, su dati della Banca centrale croata)
Gli investimenti diretti dall’estero in Croazia (Tradingeconomics, su dati della Banca centrale croata)

La situazione offre al governo margini strettissimi per affrontare le difficoltà strutturali dell’economia. La prima, quella che più viene avvertita dai cittadini del ventottesimo paese dell’UE, è la disoccupazione: a gennaio 2014 era del 22%, il dato più alto in dodici anni. Su una popolazione di 4,4 milioni, secondo l’Ufficio nazionale di statistica, solo un quarto risulta regolarmente impiegato. I pensionati sono circa un milione.

Ma l’impiego non è l’unico problema a dovere essere affrontato dalla politica croata. Desta preoccupazione anche la situazione delle finanze pubbliche, messe inevitabilmente a dura prova dalla crisi economica e, dal primo luglio scorso, anche dai vincoli europei. Il debito pubblico, che nel 2013 rappresentava il 59,6% del Pil, ora è del 64,7%. Bruxelles chiede a Zagabria di comprimere la propria spesa pubblica, anche alla luce della procedura iniziata a gennaio contro la Croazia a causa del proprio deficit eccessivo (quello programmato è del 4,6% del Pil, Bruxelles vorrebbe riportarlo entro il 3% e indica come obiettivo il 2,7% entro il 2016).

La Croazia ha risposto con un pacchetto straordinario di misure di austerità, approvato nell’aprile scorso, che prevedono un aumento dell’accisa sui carburanti e sui costi di telefonia, oltre che pesanti tagli ai sussidi agricoli e alle piccole e medie imprese. Misure che dovrebbero consentire di ridurre il disavanzo di circa lo 0,4%, secondo il croato Dalje. Da anni Zagabria è impegnata a rivedere la propria spesa pubblica e a riformare una pubblica amministrazione che, dai tempi della Jugoslavia, è ritenuta troppo grande se commisurata alle effettive dimensioni della popolazione. L’esempio più lampante di questo processo è forse la riforma del settore della sanità, che per contenere i costi ha deciso la riduzione del numero degli ospedali e dei posti letto, obbligando 21 istituti (sui 31 totali esistenti nel paese) a fondersi per razionalizzare le risorse.

Il paradosso è che queste misure di austerità hanno però ulteriormente indebolito il potenziale di crescita del paese. Ad affermarlo sono due delle più importanti agenzie di rating internazionale, Standard & Poor’s e Moody’s, che negli ultimi mesi hanno deciso di rivedere l’affidabilità dei titoli croati. S&P ha tagliato il rating sui titoli croati da BB+ a BB; mentre Moody’s ha mantenuto inalterato il suo giudizio – Ba1 -, cambiando però l’outlook da stabile a negativo.

A concludere il quadro, fosco, sul primo anno di questa Croazia europea, ci pensano due spettri. Il primo è quello, a dire il vero ancora lontanissimo, del bailout. Zagabria si sta muovendo tra margini di liquidità sempre più stretti. Il governo ha dovuto emettere una prima tornata di bond in euro alla fine del 2013 e dovrebbe collocarne altri sul mercato a breve.

Il settore privato non se la sta passando meglio, anche se per il momento si continua a respirare: i profitti del settore bancario si sono ridotti sensibilmente, diminuendo del 70% tra il 2012 e il 2013. I mutui non più performanti ammontano al 15,6% del totale e sono inevitabilmente cresciuti durante la crisi, ciononostante – secondo il vicegovernatore della Banca centrale, Damir Odak, «il settore bancario è solido. Il capitale è adeguato e se anche dovessimo oggi rifinanziare intermente il debito delle nostre banche, disporremmo comunque di riserve sufficienti».

Il secondo spettro è contenuto nella dichiarazione di Josipović che già abbiamo citato. Se non si può parlare di fallimento dell’integrazione europea, è chiaro che per ora i benefici della membership a Zagabria non si vedono. I croati si riscoprono impoveriti: sulla graticola finiscono, inevitabilmente, Bruxelles e la maggioranza socialdemocratica del premier Zoran Milanović, che in questi anni non ha saputo dare risposte concrete alla crisi e che non sembra in grado di gestire la situazione.

Lo scorso sei maggio il ministro delle finanze, Slavko Linic, è stato rimosso dal proprio incarico con l’accusa di corruzione, per un importo di 3,5 milioni di euro. Il nazionalismo e le destre, intanto, riguadagnano forza approfittando anche di battaglie simboliche come quella contro l’introduzione del cirillico nella città di Vukovar, distrutta dai serbi nell’ultima guerra. L’umore a Zagabria è cambiato. Se – e quanto – il sogno europeo sia divenuto una chimera, per i croati, lo si scoprirà prestissimo. Le prossime elezioni europee, a questo riguardo, daranno già una prima risposta.

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