India: l’avanzata dell’Isis è un grosso problema

Scritto da: Daniele Pagani
Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2014/09/isis-problema-india

Baiji oil refineryDa New Delhi torna a scriverci Daniele Pagani, con un pezzo che vi consiglio vivamente di leggere sui problemi che anche in India rischia di provocare l’avanzata dell’Isis in Iraq e si ricollega con quanto scritto da me ieri. Buona lettura!

Al netto della situazione attuale, è strano pensare come alcuni mesi fa l’Iraq non occupasse nessuna posizione nell’agenda politica di Narendra Modi. I progetti dell’allora aspirante Primo Ministro non prevedevano alcun cambio di programma nelle relazioni con lo stato mediorientale: ogni anno numerosi indiani si sarebbero diretti in Iraq in cerca di lavoro e l’India avrebbe continuato a rifornirsi di petrolio nelle raffinerie del paese. Nessuno si sarebbe aspettato un cambiamento di scenario tanto profondo da mettere a rischio alcuni aspetti della sicurezza nazionale. La rapida avanzata del gruppo terrorista sunnita Islamic State of Iraq  and Syria (ISIS o ISIL o IS, secondo le interpretazioni) rappresenta per la coalizione guidata dal Bharatiya Janata Party (Bjp) un problema complesso che si articola su diversi livelli.

La questione più impellente riguarda quaranta muratori indiani presi in ostaggio dai miliziani del Califfato nel mese di giugno: attualmente le trattative sono ad un punto morto e un team di esperti legati al Ministero degli Esteri è al lavoro per la ricerca di una possibile soluzione. Gli ostaggi, però, non sono gli unici cittadini indiani in terra iraqena e il governo ha espresso preoccupazione per gli oltre 20 mila che vivono e lavorano in Iraq.

Sushma Swaraj, Ministro degli Esteri indiano, ha reso noto che il governo si farà carico di coprire le spese di viaggio di tutti coloro che decideranno di rientrare. Chi rifiuterà l’offerta sarà tenuto a firmare una dichiarazione scritta. La preoccupazione traspare da un recente appello della Ministro rivolto ai concittadini residenti nella capitale in cui chiede: “a tutti coloro che risiedono a Baghdad di ritornare. Analogamente alla Libia, la situazione ci concede, per ora, di poter soccorrere le persone”.

L’avanzata dell’ISIS rappresenta per l’India anche e soprattutto un problema energetico. Dall’inizio delle ostilità si è verificato un costante aumento dei prezzi all’acquisto del petrolio grezzo. L’India è il quarto maggiore importatore al mondo: consuma ogni giorno circa 40 milioni di barili di greggio, il 78% dei quali di importazione. Quantità di questa portata fanno sì che anche il minimo rialzo dei prezzi risulti essere disastroso. Secondo i calcoli del Ministro delle Finanze Aarun Jatley, l’aumento di un solo dollaro per barile porterebbe l’India a spendere circa 44 miliardi di euro in più ogni anno. Un colpo difficilmente riassorbibile dalle casse nazionali. L’incremento dei prezzi all’acquisto si scaricherebbe poi certamente sul prezzo di vendita al dettaglio, finendo per pesare sulle già scarse finanze dei consumatori indiani.

Una ulteriore espansione delle milizie dell’ISIS, inoltre, potrebbe mettere a rischio la certezza dell’approvvigionamento. L’Iraq è il secondo fornitore di petrolio della Repubblica Indiana e garantisce l’afflusso di venti milioni di tonnellate di greggio ogni anno. Dharmendra Pradhan, Ministro per il Petrolio ed il Gas Naturale, ha fatto sapere che attualmente il rischio di vedere interrotti i rifornimenti è molto basso. Il principale luogo di provenienza del petrolio diretto in India è infatti l’oleodotto di Basra, nell’estremo sud del Paese, una località molto distante dalle zone settentrionali in cui si localizza il conflitto.

In via precauzionale, il Ministro ha però richiesto alle compagnie petrolifere nazionali di preparare un piano di diversificazione degli acquisti, così da evitare eventuali problemi futuri. I paesi fornitori appetibili non sono molti e, considerati i costi insostenibili del trasporto di petrolio dal Sud America, esiste la possibilità concreta che l’India consideri l’opzione iraniana. Viste le sanzioni ONU che proibiscono l’incremento di importazioni dall’Iran, però, questa decisione non è affatto automatica. Secondo il quotidiano Business Today, il governo indiano avrebbe avviato le procedure per saldare il 30% dei debiti pendenti verso gli oleodotti iraniani – circa 3,2 miliardi di Euro – così da sbloccare i rapporti commerciali, congelati dal 2009.

La fama e le vittorie militari dell’ISIS comportano anche potenziali problematiche di sicurezza nazionale. L’India, tra i suoi 170 milioni di cittadini musulmani, ospita la seconda comunità sciita al mondo dopo l’Iran – circa 50 milioni di individui. Le violenze e l’aperta ostilità dei terroristi sunniti dell’ISIS verso il mondo islamico sciita rischiano di compromettere la tradizionale convivenza pacifica delle due correnti nel Subcontinente. Recentemente Maulana Syed Kalbe Jawad Naqvi, alto rappresentante del clero sciita indiano e presidente della sezione dell’organizzazione religiosa Anjuman-e-Haideri, ha lanciato una campagna nazionale per il reclutamento di volontari pronti a partire per l’Iraq a difendere luoghi sacri agli sciiti. L’organizzazione ha specificato la non bellicosità dell’iniziativa, volta a raccogliere volontari che provvedano principalmente a garantire primo soccorso ai feriti e l’arrivo di aiuti umanitari. “In caso di attacco diretto a luoghi ritenuti sacri”, specifica la dirigenza dell’organizzazione, “provvederemo a formare uno scudo umano per proteggerli. La nostra intenzione non è proteggere l’Iraq. Siamo solo preoccupati per i nostri santuari.”

Di contro, Maulana Salman Al-Husaini Nadwi, preside sunnita del dipartimento di Sharia – la legge morale e religiosa islamica – nella prestigiosa scuola coranica indiana Darul Uloom Nadwatul Ulama, ha deciso di inviare una lettera di benvenuto e benedizione diretta a Abu Bakr Al-Baghdadi, l’autoproclamatosi califfo dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Il rinnovato attivismo delle due correnti sembra concretizzare un possibile scontro – ideologico e non – fino ad ora accuratamente evitato da tutti i governi indiani. L’ISIS, inoltre, ha individuato l’India come un paese in cui i musulmani vivono in stato di subordinazione, invitando I musulmani indiani ad unirsi a loro, attraverso un un filmato propagandistico sottotitolato in Urdu e Hindi.

Le preoccupazioni del governo Modi si rivolgono anche oltre frontiera, soprattutto al vicino Pakistan, dove sono attive numerose organizzazioni terroristiche disposte a rispondere all’appello dell’ISIS e ad inviare volontari. I servizi segreti indiani hanno recentemente informato il Dipartimento di Stato americano in merito ad un afflusso di uomini ed armamenti diretti in Iraq e provenienti dal confinante stato islamico.

Le recenti dichiarazioni di intenti di Al-Quaeda, secondo cui ci sarebbero cellule pronte ad agire in India, rendono lo scenario ancora più complicato e preoccupante. Alla luce di queste considerazioni, risulta comprensibile la preoccupazione del governo indiano per le prossime elezioni regionali in Kashmir – previste entro la fine dell’anno. Le organizzazioni jihadiste attive in Pakistan, siano esse  affiliate ad al-Quaeda o all’ISIS, potrebbero decidere di delocalizzare il conflitto nella zona del Kashmir occupata dal Pakistan. Le preoccupazioni si sono rese concrete dopo il ritrovamento da parte dell’esercito indiano di un tunnel sotterraneo in via di costruzione, lungo circa 150 metri e atto a scavalcare la Linea di Controllo, la frontiera che separa le porzione del Kashmir pakistano dal territorio indiano.

Nonostante la lontananza territoriale e l’assenza nell’agenda politica della campagna elettorale, la situazione iraquena rischia di essere il problema più serio e complesso che l’India si trova ad affrontare negli ultimi anni. Un pro

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