La dimensione interna

Scritto da: Calvero il Gio
Fonte: http://ilporticodipinto.it/content/la-dimensione-interna

Quando mia madre stette male, ma male veramente, cose che neanche ho il sentimento di voler rielaborare per evitarne la pena, ricordo che la mattina dopo, guardandomi allo specchio, vi erano tre/quattro peli bianchi della barba che il giorno prima – proprio quelli – erano neri e, dall’angolo esterno degli occhi, una nuova, precisa, e piccola ruga scendeva sicura di sé sulla mia faccia.

Non m’interessa in alcun modo considerare la relatività degli anni, perché, come dovrebbe essere noto, se tu parli a un settantenne dei tuoi cinquant’anni, lui ti dirà che “Ma cosa stai dicendo? hai ancora cinquant’anni!”; se tu parli a un sessantenne dei tuo quarant’anni, la storia – indovinate – si ripete. Poi a un certo punto ci si ferma, naturalmente – un limite c’è – perché, a trent’anni, non ti viene neanche l’idea di lamentare seriamente una qualche vecchiaia, così come il cinquantenne che se mai sentisse una simile lamentazione, neanche si preoccuperà di consolarti, ma ti manderebbe semplicemente a fanculo e con tutto il cuore, facendo il suo dovere – oltretutto.

Eppure … eppure il confine c’è, eccome se c’è. Per ognuno si sposta di poco più in là rispetto a un altro, ma là vicino si trovano tutti e, per il resto, a riguardo della vecchiaia, sono o saranno soltanto autoinganni ed eufemismi di varia misura e portata. Compreso l’inventarsi obiettivi che diano un senso al nonsenso.

Il concetto di vecchiaia, nella sua accezione più cruda, diciamo che dovrebbe essere quello che si identifica nel perdere la tua indipendenza, la tua autosufficienza; quando i tuoi acciacchi limitano sostanzialmente la tua quotidianità, che se qualcuno ti dà uno spintone mentre stai a fare la fila alle Poste, tu non ci pensi nemmeno nell’anticamera dell’anticamera del cervello se sia il caso di reagire oppure no – se non a parole, ovviamente, ma è un altro discorso. Ora lo sai, sei vecchio.

Quindi dovrei dedurre, cosa? che la vecchiaia è quando hai perso la tua autosufficienza? … io dico di no; a quella metterei un altro nome invece, forse “inizio della fine”, forse “decadenza”, forse semplicemente – la fine.

Perché dico questo? perché sostengo che c’è un’altra vecchiaia, e la ritengo un fatto.

Sopra i quaranta si è vecchi? … beh, che dire, si dovrebbe dire di no. Addirittura la Vita (recita l’adagio) inizierebbe a quarant’anni. Mi viene da ridere. Non c’è cosa che mi fa veramente ridere e girare le balle allo stesso momento come questa sonora bugia. Poi mi viene in mente la battuta di Woody Allen (se non erro era la sua): – Quarant’anni è l’età in cui hai capito tutto, ma è troppo tardi.

Ora, dai, siamo buoni, diciamo pure che l’ottimismo ci ha rapiti se dessimo ragione al buon Woody, perché se ci fermiamo e ci guardiamo intorno, dando per buona la sua battuta che i quarantenni abbiano capito tutto oggigiorno, direi che semplicemente è una bestemmia. Però il senso rimane, certo con una buona licenza poetica, ma tant’è: – è troppo tardi

… e non finisce qui: – per soprammercato, oggi la propaganda spinge (e ci riesce alla grande) a che si diventi adulti prima del tempo (e, attenzione, non maturi). Questa cosa, attraverso i Media e i Social e il Cinema e la Scuola, è spinta e inoculata nelle generazioni a tal punto – che la precocità è messa in vendita a prezzi allettanti. Ma anche gratis, a dirla bene. Non solo così la vecchiaia arriverà prima, ma anche il potere di alzare la testa verrà meno; e chiudiamo qui questa digressione.

Quello che mi fa pensare e mi ha fatto pensare, è una presa di coscienza che noi si conserva in uno sgabuzzino della mente – per bene, protetta dall’umidità e dall’inverno. Alla fine, ecco che la vecchiaia è il Tabù per eccellenza e che nessuno (le eccezioni sono veramente poche) ne parla davvero al netto degli eufemismi e di ogni edulcorata considerazione…

… che il sesso, a confronto, è un soggetto molto meno imbarazzante. Un po’ come la morte e l’accanimento terapeutico della grande medicina moderna; neanche darci il coraggio di morire per tempo è più concesso! Anche qui, siamo sempre meno coraggiosi.

Il tramonto ha dei bei colori? … oh sì, il tramonto sì, a proposito di prese per il culo. Il tramonto: – non l’uomo. Questa cosa del “tramonto” (ma anche delle stagioni) presa in prestito come metafora del passare della vita e della bellezza che ha in sé… è una delle più insulse bugie che ben pochi poeti hanno avuto il coraggio di denunciare onestamente. Il paradosso, questo è il bello, è proprio la frase che per la maggiore dice della bugia che amiamo di più; a dire e a dirci di quanto sappiamo prenderci in giro, proprio lì, quando qualcuno, e con palesato orgoglio, ti risponde che “…io sono giovane dentro!”…

… appunto, è la vecchiaia.

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