La rubrica della fotografia: La camera obscura

Scritto da: Raffaella Bolla e Gianluca Menti
Fonte: La patatina fritta

Ciao a tutti

Ci è stato chiesto di scrivere qualcosa riguardante la fotografia, tenendo una rubrica in questo blog.

Abbiamo così deciso di cominciare questa nuova avventura nell’affascinante mondo della fotografia, iniziando dalla sua storia.

La fotografia è una disciplina relativamente giovane che però già possiede una ricchezza di contenuti paragonabile alle altre arti, essendoci stata un’evoluzione velocissima di questo mezzo, il quale ha portato la sua diffusione ad un livello capillare mai prima d’ora raggiunto.

Tutto sembra inizi con Aristotele nel IV a.c., quando, per poter osservare un’eclissi di sole, creò la camera obscura. Con questo nome possiamo indicare uno strumento capace di riprodurre su una superficie l’immagine capovolta della realtà. Questo processo avviene, similarmente a quanto accade nei nostri occhi, facendo passare la luce attraverso un piccolo foro (foro stenopeico) , e proiettando l’immagine su di un piano ad esso prospiciente. La camera obscura può avere diverse misure: può essere una piccola scatola, come pure un’intera stanza, da cui prende il nome di “camera”.

Nei nostri occhi succede lo stesso fenomeno: l’immagine entra attraverso il foro della pupilla e si forma capovolta sulla retina, posta in fondo all’occhio. Il cervello poi automaticamente raddrizza l’immagine, attraverso un raffinato meccanismo.

La camera obscura diviene così il principio base di ogni strumento fotografico, dai primi esemplari di macchina fotografica, alle ultime macchine dotate di sensore.

Lungo la storia l’evoluzione della camera obscura è assai ben documentata: nel 1039 lo scienziato arabo  Alhazan Ibn Al-Haitham la usò per lo stesso scopo di Aristotele.

Nel 1515 fu Leonardo da Vinci a descrivere tale processo, che chiamò Oculus Artificialis (Occhio Artificiale). La versione della camera obscura Leonardesca fu poi applicata alla pittura, permettendo agli artisti di ricalcare le viste di paesaggio.

Fu invece il fisico pavese Girolamo Cardano ad utilizzare una piccola lente convessa, antenata degli odierni obiettivi, per ottenere un’immagine più nitida.

Tre anni dopo Giambattista Della Porta, fisico napoletano, descrisse nel suo libro Magia Naturalis un apparecchio con lente e specchio riflettore per il raddrizzamento dell’immagine, in questo caso proiettata su di un vetro smerigliato.

Negli stessi anni il veneziano Daniele Barbaro descriveva una camera obscura utile per il disegno prospettivo.

Nel seicento prese piede l’uso della camera obscura portabilis: una scatola con una lente da una parte, sopra il foro di entrata della luce ed uno schermo di vetro smerigliato dall’altra, cosicchè l’immagine potesse essere vista dall’esterno della camera.

Nel 1620, per poter effetuare i suoi rilievi topografici, Giovanni Keplero, usava una tenda da campo come camera obscura. Una lente ed uno specchio, posti sulla sommità della tenda, rinviavano l’immagine su di un piano all’interno.

Dal ‘600 in poi l’uso della camera obscura prese piede nel mondo dell’arte, venendo utilizzata non solo per le vedute di paesaggio ma anche per la ritrattistica.

Una sua versione gigante fu costruita a tale scopo nel 1646 ad Amsterdam, da Athanasius Kircher. In questa camera, che permetteva all’artista di entrarvi, un foro consentiva alla luce di passare andando a riprodurre il paesaggio esterno sulla parete opposta. A questo punto il disegnatore tracciava su un grande foglio appeso alla parete i tratti principali del paesaggio, per poi completare l’opera in studio.

Kircher si avvide anche della possibilità di ripetere all’opposto il processo, creando le basi per la lanterna magica e quindi per i moderni proiettori.

Fu solo nel 1685 che il tedesco Johann Zahn realizzò la prima camera obscura reflex che perfezionava le precedenti. All’interno di questa era possibile, grazie ad uno specchio posto a 45 gradi rispetto alla lente dell’apertura, riflettere l’immagine su di un vetro opaco. Posizionandoci sopra i fogli da disegno era possibile ricalcare l’immagine proiettata. Lo stesso inventore costruì in seguito un modello più piccolo e meno complicato trasportabile ovunque.

To be continued!

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